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CAPITOLO PRIMO

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Massime generali

Per intenderci senza spreco di parole, innanzi tutto convien adottare un vocabolo pel quale si rappresenti con esattezza matematica quel personaggio singolarmente favorito dalla natura e completato dalla scienza e dalla pratica sociale, che si propone di passare lietamente la vita a spese del credito pubblico e privato.

Il mio cognome può servire a tal uopo. Lʼuomo che intende vivere per il debito, che si sente chiamato a questa sublime missione di rigenerare lʼumanità col sistema delle imposte involontarie, si chiami dunque puffista. Accordando il nome di puffisti a questa grande e nobile specialità della razza umana che fra poco avrà cessato di essere una specialità per divenire una imponente maggioranza, io sono certo di raccomandare me stesso ad una fama imperitura!

Ho emesso, senza avvedermene, un grandioso concetto, che esige una pronta spiegazione per farsi comprendere agli intelletti meno arguti. Ho detto che il puffista è chiamato a rigenerare lʼumanità col sistema delle imposte involontarie.

Non è mestieri che io vi faccia notare quanto sia orribile, assurda, contraria agli intendimenti della natura quella legge che obbliga lʼuomo a pagare il diritto dellʼesistenza coi più vili metalli, collʼoro, collʼargento, col rame coniato.

Lʼuomo!.. questo re del creato, questa nobile personificazione della intelligenza, fatto ad immagine e similitudine del creatore – questo padrone di tutta la natura animata ed inanimata – questo Dio della terra e dellʼOceano – eccolo ridotto, per una vicenda di false ed abusate teorie, a doversi privare di tutte le cose più necessarie alla esistenza, a dover perire dal freddo e dallʼinedia per mancanza di pochi baiocchi! – La società è oggimai organizzata di tal guisa che al libero abitatore del globo non è più permesso di staccare un pomo da un albero, di cogliere una spica di frumento, di succhiare un grappolo dʼuva se prima non abbia trovato qualche spicciolo in fondo del suo portamonete! – A tale noi siamo giunti – povera razza umana! – che nel centro più popoloso del globo, a Londra, a Parigi, laddove concorrono tutti i prodotti dellʼuniverso, laddove fanno mostra dalle vetrine tutte le squisitezze e le ghiottornie della sapienza culinaria, un uomo – un re della creazione che non abbia due soldi nel taschino del gilet, è costretto a morir di fame… o a rischiare la galera – rubando!

Morire… o rubare! Tale è lʼorribile dilemma che la esosa politica della società impone inesorabilmente a questo animale fatto ad imagine e similitudine di Dio, ridotto a non avere moneta spicciola!

Morire o rubare! – No, perdio! – abbiamo gridato noi. – Giuraddio! mi rispondete voi col fremito di una coscienza indignata: – Nè morire, nè rubare! – Un temperamento ci deve essere – se non cʼè, bisogna trovarlo – chè in verità, se non ci fosse modo di eludere il tremendo dilemma, sarebbe ad invocarsi il diluvio universale o la pioggia sulfurea per cui ebbero a perire Sodoma e Gomorra.

Via! respiri la umanità desolata!.. Non provochiamo la collera di Dio colle bestemmie della disperazione! Il temperamento fu trovato – fu trovato da secoli – e questa provvidenziale invenzione noi la dobbiamo ai… puffisti.

Io non voglio morire – io non voglio rubare – ha detto il primo puffista– io ho diritto di vivere – e le leggi non hanno diritto di condannarmi perchè io mi prevalgo del mio diritto. – Dunque?..

Dunque… si viva col debito! – od anche col credito – che è lo stesso.1

Ma i puffisti si ingannarono! mi grida qualcuno – perocchè tutti sappiamo che le leggi condannano i debitori, nè più nè meno dei ladri; chè se il debito può prolungare di qualche tempo lʼimpunità, non riesce però a sottrarci completamente agli inumani rigori della legge!2

Questa osservazione non può partire – scusatemi! – che da un puffista di terza classe – da un puffista esordiente – da un puffista che non ha ancora studiato la grandʼarte. – Un vero puffista vi risponde che queste pene del Codice detto civile non rappresentano che uno spauracchio od un pericolo più immaginario che reale pei poveri pesciolini di acqua dolce. Noi grossi pesci di alto mare, noi sfidiamo la gracile reticella ordita di rattoppi, noi squarciamo le maglie e passiamo oltre… puffando!

Ritenete questa massima: in prigione per debiti non vanno che pochi imbecilli i quali si posero in carriera senza conoscere i primi rudimenti dellʼarte.

Ma di ciò sarà discorso più tardi e non ci mancheranno, a sostegno delle nostre teorie, esempli notevolissimi.

1

Nel più ingenuo paese che prosperi in Europa sotto il sole della civiltà, gli ottusi che leggono senza comprendere sono in numero sterminato. Quando apparve per la prima volta nel poco ammirabile paese lʼopuscoletto di Roboamo Puffista, i volghi letterati urlarono allo scandalo, e il clamore della indignazione esplose così impetuoso e brutale, che i venditori girovaghi di stampati, atterriti dalle invettive, riportarono allʼeditore le copie dello incriminato volumetto protestando di non voler più oltre prestarsi allo spaccio della merce abbominevole. Allarmarsi per un titolo, condannare un libro prima di leggerlo e riprovarlo senza averlo compreso, son casi che avvengono ogni giorno, laddove lʼintelligenza umana, evirata dai gesuiti e dai pedanti, è inevitabilmente condotta ad incaponire. Benedetta la Francia! benedetta la nazione dello spirito e della tolleranza, dove si possono scrivere e pubblicare dei libri intitolati: Lʼarte di rendersi antipatico, Lʼarte di ingannare il prossimo, Lʼarte di rubare, ecc, ecc. senza incorrere la scomunica dei citrulli. Nellʼopuscoletto di Roboamo Puffista, che è da capo a fondo una satirica ironia, diretta a smascherare la frode, si contengono delle osservazioni le quali importerebbero un più serio sviluppo. Vi siete mai chiesti se il debito sia un crimine, o in quali casi lo sia, e come avvenga che nellʼordine delle moderne istituzioni, la condizione inesorabilmente imposta a tutti gli enti individuali e collettivi, è quella di doversi indebitare? Avete mai considerato che il debito, nellʼabominevole condizione creata dalla società a milliaja e milliaja di individui diseredati, rappresenta lʼunica valvola di salvezza fra la disperazione e il delitto?

Credete voi che il puffista, se questa valvola si chiudesse, non si darebbe al ladroneggio, forsʼanco allʼassasinio? Allorquando i governi ed i popoli ignoravano la grandʼarte di reggersi sul debito, non avvenivano più frequenti le invasioni, le guerre di conquista brutalmente coronate dalla rapina e del saccheggio? Provatevi un poco, o citrulli, a procedere su questa via di considerazioni; vedrete allora, capirete forse, ciò che in altri paesi meno gaglioffi fu capito da un pezzo, che lʼironia e la satira vestite delle apparenze più frivole, sono le lanterne magiche dalle quali si sprigiona la luce più atta a porre in evidenza le verità meno apparenti o meno esplorate.

2

Evidentemente, lʼopuscolo dellʼottimo Roboamo fu scritto in quellʼepoca barbara, quando ancora esisteva, a frenare la baldanza del puffismo invadente, lo spauracchio dellʼarresto personale. Noi dobbiamo a Napoleone III, imperatore dei francesi, lʼiniziativa della provvida riforma che emancipò i debitori dalle antiche tirannidi del codice commerciale. Quando le nuove franchigie vennero proclamate in Francia, lʼonorevole corpo accademico dei reclusi di Clichy improvisò una splendida luminaria. La Bastiglia dei debitori era demolita, e il santo diritto del libero puff affermato allʼumanità. La costituzione del secondo impero era basata sul puff; fino a quando Napoleone III tenne le redini dello Stato, i puffisti ottennero protezioni, favori, privilegi. Via! Non disconosciamo i benefizii resi da quel potente sovrano alla causa dei diseredati! Sulla base del monumento che fra poco vedremo erigersi in Milano alla memoria di Lui, proporrei che si scolpisse lʼepigrafe:

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