Читать книгу Il Ventottesimo Libro - Guido Pagliarino - Страница 8
ОглавлениеMi son prefisso dâannotare i detti e i fatti di Rabbì Gesú1 . Ne ho informato il Maestro, che non s'è mostrato contrario: "So che conosci Torah, Nebi'im e Ketubim2 , che hai notizie di storia e scrivi per diletto poesie e novelle", m'ha detto in un sorriso dopo aver approvato col capo.
Da pochissimo tempo sono stato chiamato. Ero, fino a pochi giorni or sono, un pubblicano, incassavo tasse per conto dellâoccupante Roma e parte ne trattenevo per la mia borsa, non solo la percentuale stabilita, ma un poco di più, falsificando la contabilità : è prassi. La pecunia dunque non mi mancava e non m'importava proprio nulla del disprezzo dei miei compatrioti; oltretutto, quelle stesse persone non disdegnavano di venire segretamente da me per farsi imprestare denari, quando ne avevano bisogno per la semina o un matrimonio; e io ricambiavo il loro disprezzo caricando glâinteressi.
Sono Levi Matteo Bar3 Alfeo, peccatore.
Quella mattina, mentre ero al mio banco in piazza a Cafarnao4 , intento come al solito a controllare e a registrare i movimenti delle merci e a incassarne le tasse, ecco una gran folla venire dal Giordano. Alla sua testa stava Gesú di Nazareth. Sapevo di lui fin da bambino, essendo anchâio nazareno. Mâera sempre apparso una persona comunissima, così lâavevo dimenticato finché, mesi fa, era giunto qui. Non l'avevo avvicinato. Sentendone dire da gente sulla piazza, lâavevo giudicato un pigro che non aveva voluto continuare lâattività di costruttore del padre e sâera dedicato, come tanti altri falsi profeti, a elemosinare, ricambiando con massime di minuta saggezza e trucchi da magonzolo. à pur vero che la gente pensava operasse veri miracoli, ma si sa bene che glâignoranti son creduloni. Appunto, i tanti che in quel momento lâaccompagnavano stavano dicendo, a gran voce, che aveva appena guarito un paralitico; ma non così uno di loro, un dotto scriba, che taceva e scuoteva la testa con espressione nientâaffatto amichevole.
Gli scribi son gente da cui è meglio guardarsi, assai influenti, che se prendono a malvolere qualcuno possono fargli assai male. Vivono accanto ai sacerdoti quali ascoltati interpreti della Legge. Di norma appartengono alla setta dei farisei, cui sono accomunati dallo zelo meticoloso per le forme. Tanti secoli fa, al tempo dellâesilio babilonese, gli scribi avevano custodito il patrimonio letterario religioso israelita, tramandandolo ai discepoli di generazione in generazione, finché nel loro à mbito, or son cinque o sei secoli, era stata messa per iscritto la Legge. Erano dunque diventati i depositari ufficiali delle antiche tradizioni dei padri entrando, parte di loro, nellâassemblea giuridica e religiosa dâIsraele, il sinedrio. Almeno in teoria, possono essere di qualunque stato sociale, salendo grazie allo studio, com'è in genere per i farisei, classe dei teologi divisa in sette scuole di cui due principali, quella di Hillel, che prèdica la misericordia, e quella di Shammai, che disprezza chi non è fariseo. Un altro gruppo di potenti, anzi il più potente, è quello dei sadducei. Si proclamano i discendenti dellâantico gran sacerdote Saduc. Sono gli aristocratici d'Israele e, per diritto di nascita, appartengono alla casta sacerdotale; ma sono interessati più alla politica che alla religione; infatti, a differenza dei farisei, non credono alla vita dopo la morte. Come ho saputo da condiscepoli, in poco tempo il Maestro sâè messo contro tutti e tre i gruppi.
Ecco che, fermatosi proprio accanto a me, quello scriba ha esclamato a gran voce, rivolto a Gesú e ai suoi: "Bestemmia! Quel peccatore ha detto al paralitico: Ti sono rimessi i tuoi peccati. Bestemmia! Egli, semplice uomo, sâatteggia come lâAltissimo". Io, del tutto in sintonia, ho sorriso compiaciuto. Il Maestro ha lasciato allora il suo gruppo e sâè avvicinato a noi. Pensavo volesse litigare con lo scriba, invece lâha ignorato e, ormai prossimo, ha guardato me negli occhi. "Come?" ho pensato preoccupandomi, "non se la prende con lui che l'ha attaccato pubblicamente, ma con me per un semplice sorrisino?!". Egli però non mi ha affatto rimproverato; mi ha ordinato, con voce dolce: "Matteo, seguimi". Ebbene, non riesco ancora a capacitarmene, io, uomo dâaffari abituato a comandare, non ho potuto che obbedire: il mio cuore ha ragionato solo più di lui e i miei reni sono stati presi da enorme entusiasmo5 . Poiché era quasi l'ora del pranzo, emozionato e felice ho incaricato il mio aiutante di gestire il banco delle tasse e ho invitato Gesú e i suoi a casa mia, lì vicino.
Quand'eravamo già a tavola sotto il porticato della mia dimora, sono giunti alcuni ospiti, mercanti della piazza che approvvigionano la locale centuria romana, considerati dunque, come noi esattori, traditori e peccatori imperdonabili. Da tempo ero solito ospitarli, dietro mercede: la mia casa è prospiciente la piazza e dal porticato potevano gettare un occhio sui loro banchi durante la pausa per il pasto. Avevo da sempre l'abitudine a pranzi grassi, come tutti i benestanti e diversamente dalle persone non abbienti che solo per cena assumono un pasto un poâ più sostanzioso. Le gran mangiate sono una delle cose della vita più piacevoli e, in verità , adesso mi mancano. Anche quel giorno erano in tavola, fra l'altro, carni pregiate di bove e d'agnello e vino eccellente a otri; non come per le mense comuni che non vedono quasi mai la costosa carne ma solo pane, pesce, erbe, zuppe, latte e formaggio, e dove il vino è bevuto con parsimonia. Gesú e i discepoli giungevano da un lungo disagiato viaggio, erano stanchi e avevano fame; dunque, non appena si sono accomodati sulle stuoie, hanno reso onore alla tavola. Tuttavia, dopo non molto, siamo stati interrotti dallo scriba di prima châè passato con alcuni dei suoi davanti alla casa, secondo il Maestro con intenzione: "Già , eccolo di nuovo", ci ha detto abbozzando un sorriso, non appena l'ha visto arrivare. Lo scriba, un volta accanto, ha esclamato, ma senza guardarci e tirando diritto: "Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e degli altri peccatori?!" ma Gesú dietro a lui, lasciato il sorriso: "Non i sani hanno bisogno del medico ma gli ammalati! Non i giusti ma i peccatori hanno bisogno di misericordia! Imparate cosa significa il detto dei Libri: Misericordia io voglio e non sacrifici6 ; e io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Medicina è lo Spirito dellâAltissimo che induce al perdono e indirizza al bene, pota i tralci maligni della pianta, raddrizza l'albero storto, incide e libera dagli umori cattivi". Quei brutti musi si sono apertamente scandalizzati, mentre si allontanavano è venuto da loro: "Si dice messaggero dellâAltissimo! Bestemmia!"; e proseguendo, si mormoravano cose negli orecchi e, ogni tanto, qualcuno di essi si voltava indietro per un momento, guardandoci con espressione corrucciata: non ho potuto afferrare i cattivi propositi che, sicuramente, stavano pronunciando.
Era previsto dallâAltissimo che quel pranzo non fosse tranquillo. Dopo non molto, sono giunti davanti al mio porticato alcuni discepoli particolarmente fanatici del profeta Giovanni detto il battezzatore, stretti osservanti della Legge , i quali, come corre voce, fanno ormai gruppo a sé. Li ho riconosciuti subito, infatti le loro figure sono ben note in paese, sempre in giro a scocciare tutti per un nonnulla. Qualcuno doveva averli informati del mio invito. Anch'essi se la sono presa col nostro pasto: "Come!" hanno rimproverato Gesú per bocca d'uno di essi, tutti indirizzandoci sguardi durissimi: "In questi giorni sacri noi digiuniamo santamente e i tuoi discepoli non digiunano?!". Fosse stato per me, avrei semplicemente lanciato a quel cretino e ai suoi compari: "Fatevi gli affaracci vostri, brutti imbecilli!" invece il Maestro, sorridendo tranquillo, ha replicato mite: "Non è possibile che glâinvitati a nozze siano in lutto mentre lo sposo è con loro. Digiuneranno quando lo sposo sarà loro tolto. Chi mai mette un pezzo di stoffa grezza su di un vecchio vestito?! I vostri usi sono come un vecchio abito ormai logoro. Il rattoppo con stoffa nuova squarcerebbe il vestito procurando uno strappo peggiore. Neppure si mette il vino nuovo negli otri vecchi e ormai consunti, se no questi si rompono per la residua fermentazione, vanno perduti e il vino si versa. Invece, si mette il vino nuovo in forti otri nuovi e così anche i vecchi si conservano". "Nella Legge non c'è nulla di simile!" ha replicato duro un altro di quei noiosi. Se ne sono andati con espressioni indignatissime.
Noi abbiamo in seguito discusso sulle parole di Gesú, concludendo ch'egli portava sì un messaggio nuovo, ma che pure il vecchio meritava d'essere conservato. Invece, ancora ci chiediamo cosa significasse che lo sposo non sarà più con glâinvitati. Gesú si riferiva a sé? Farà un viaggio da solo? Si sposerà e ci abbandonerà ? Perché, almeno con noi, non si spiega chiaramente?!
Proprio farraginose quelle mie prime ore da discepolo! Mentre s'era solo alla metà del pasto, è giunto affannato il capo della sinagoga di Cafarnao, Già iro, sâè inginocchiato dietro al Maestro e gli ha detto ansimando a testa bassa e mani giunte: "Mia figlia è moribonda, ma se tu vieni e imponi la tua mano su di lei, vivrà ". Suppongo avesse avuto notizia della guarigione del paralitico. Tuttavia, proprio in quel momento è sopraggiunto qualcuno di corsa gridando, in verità senzâalcuna delicatezza: "à morta!". Già iro è balzato in piedi lanciando un urlo; tuttavia, memore della propria alta carica, sâè subito ricomposto e⦠ha detto a Gesú una cosa che m'è apparsa del tutto assurda: "Se tu vuoi, ella rivivrà !". Ridare la vita è enormemente di più che sanare un male: ho pensato che il Maestro si trovasse davvero in grave imbarazzo. Invece, tranquillamente sâè alzato dal desco ed è andato via con Già iro; noi dietro, curiosissimi. Non bastava. Sulla via, una donna che soffriva notoriamente d'emorragia ininterrotta all'utero da dodici anni, ed era dunque esclusa dalla comunità di preghiera perché impura come tutte le femmine durante i mestrui, gli s'è avvicinata alle spalle, passando fra i molti che avevano preso a seguirlo, e gli ha toccato il mantello. Senza voltarsi il Rabbì ha chiesto, ma con un viso che non esprimeva vera interrogazione: "Chi m'ha toccato?". Doveva aver già intravisto quella disgraziata. S'è girato e le ha detto, semplicemente: "Coraggio, figlia mia, la tua fede tâha sanata"; e lei è guarita davvero: "Sì, ha smesso!" ha urlato piena di gioia. "Vai subito a lavarti", le ha raccomandato il Maestro, "poi presentati a un sacerdote coniugato e non vedovo e fatti visitare da sua moglie, per avere da lui la dichiarazione ufficiale di purità ed essere riammessa alla preghiera nel tempio". Siamo giunti dopo una buona mezz'ora alla casa del capo della sinagoga, piuttosto distante. Con mia delusione, Gesú ha preso con sé solo Simone, Giacomo e Giovanni e, entrando, ha chiesto a noi altri d'aspettarlo sul retro, davanti all'uscio secondario; perciò quanto segue mâè stato raccontato da quei condiscepoli dopo ch'erano usciti. Vedendo in casa flautisti appena convocati per accompagnare le preghiere funebri e udendoli lanciare le alte grida di dolore che sono nell'uso, il Maestro ha ordinato loro: "Ritiratevi perché la fanciulla è viva e soltanto sta dormendo". Quelli, persone abituate ai lutti e per nulla coinvolte se non per mercede, lo hanno deriso: "à arrivato il gran medico!"; "â¦ma guarda tu che arcitonto!"; "Capisce le cose al volo, eh? l'intelligentone!". à intervenuto Già iro che ha mandato via con malagrazia quei villanzoni e pure i propri famigliari e servi che s'erano accalcati attorno a Gesú e creavano confusione; poi l'ha di nuovo scongiurato di risuscitare la figlia, una ragazza che, mi è stato detto, dimostrava una dozzina d'anni. Senzâindugio il Maestro ha preso la mano della morta, le ha ordinato di alzarsi e... lei si è alzata! Ha comandato di darle da mangiare e, subito dopo, senza fermarsi almeno ad ascoltare i ringraziamenti e le lodi di Già iro, è uscito per la porta secondaria, che dà sull'orto dove noi altri lo si aspettava. Io, saputo che la ragazza era di nuovo viva, son rimasto esterrefatto. Se nâè sparsa immediata fama attorno alla casa, anche se il nostro Rabbì, come ormai ho capito, non vuole gli entusiasmi d'una folla avida solo di sensazionale; benché il Maestro fosse uscito discretamente dal retro, è stato intravisto dall'accompagnatore di due ciechi che immediatamente ci ha seguito coi suoi assistiti, i quali hanno preso a urlare con voci assordanti: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi!" così che hanno attirato tutta lâaltra gente. Quando abbiamo fatto per risederci alla mia mensa, sempre seguiti da quel codazzo molesto, i ciechi hanno finalmente osato accostarsi. Il Maestro ha chiesto loro: "Credete che io possa guarirvi?". Gli hanno risposto di getto: "Sì, Signore"; e Gesú: "Sia fatto secondo la vostra fede", ed essi hanno veduto. Poi ha chiesto alla folla d'allontanarsi e ai due di non diffondere oltre il fatto, ma non erano ancora lontani che già gridavano a squarciagola la notizia a tutti quelli che incontravano. Così sono arrivate nuove persone che, senza lasciarci continuare il pranzo appena ripreso, hanno presentato a Gesú un indemoniato muto; e il Maestro, nuovamente impietosito, scacciando il demòne di quel male ha dato la parola al poveretto; però alcuni farisei shammaiani, che s'erano avvicinati per spiare, hanno sparso voce, davanti alla casa, che fosse stato il Diavolo ad aiutarlo: altri gran guastafeste gli shammaiani, fanatici del rigore! Fatto sta che, arrabbiatissimo per lâattacco al Maestro e, forse, pure perché aveva fame e voleva finire il pranzo tranquillo, il discepolo Simone Bar Giona, uomo robusto che porta sempre con sé un lungo bastone per tenere a bada la folla, ha chiesto veementemente a Gesú se dovesse andare "a legnarli tutti quanti sul loro dannato groppone". Il Maestro lo ha calmato: "Otterresti di farti imprigionare e fustigare per aggressione, non di porre freno alle calunnie; anzi, direbbero châè stato il Diavolo a picchiarli perché erano nella verità : no, Simone, non è con la violenza che si convertono i peccatori". Finalmente sâè terminato il pasto in pace; immediatamente il Rabbì ha annunciato ai suoi discepoli che con loro avrebbe lasciato la città il dì seguente e io ho scelto, lì per lì, di seguirlo, lasciando ai miei parenti l'amministrazione della dimora e la tutela di mia moglie. Ho preso parte della pecunia che avevo in casa, per metterla a disposizione della comunità . Mia moglie mi ha quasi urlato: "Quel mago ti ha ipnotizzato per averti come servo e farsi regalare i nostri soldi! Tutti quei falsi ciechi e paralitici sono suoi complici; e la ragazzina morta, poiâ¦ah, che babbeo sei! Già iro e la sua famiglia erano d'accordo, non l'hai capita?! Se no, perché quel furbastro non avrebbe voluto che tu entrassi in casa, eh?". Credo che, prima di conoscere il Maestro, lâavrei presa a botte, ma lâincontro con Gesú mâha addolcito e così, semplicemente, non ho risposto a Sara e sono uscito: senza neppure sbattere la porta. Ormai da gran tempo non andavo più d'accordo con mia moglie, tanto che stavo quasi pensando al ripudio; oltretutto, Sara è terra sterile, non m'ha dato neppure un figlio; ma ora che sono via io, non sarà più necessario mandar via lei. Ho raggiunto il Maestro e i suoi nella casa dei fratelli pescatori Simone e Andrea, dove tutti hanno base. La mattina dopo, siamo partiti.
Ho avuto qualche notizia su parenti di Gesú. Il mio condiscepolo Giacomo Bar Cleofa mi ha detto dâessere egli stesso congiunto del Maestro: fu seminato in Maria moglie di Cleofa il quale era parente del defunto Giuseppe di Nazareth padre del Maestro. Ha aggiunto che Cleofa e Maria ebbero anche un altro figlio, Giuseppe il giovane, che a differenza di Giacomo ha preferito non seguire il Rabbì e a Nazareth gestisce la bottega che fu di Gesú e, prima di lui, di suo padre Giuseppe il vecchio. Altri parenti di Gesú sono Simone e Giuda, figli di Taddeo ed Emeria la quale è congiunta di Anna, la mamma di Maria di Nazareth, e perciò è parente del Maestro. Anche Giuda Bar Taddeo è discepolo di Gesú mentre ho saputo che Simone, come il giovane Giuseppe Bar Cleofa, non ne subisce affatto il fascino ed entrambi lo considerano uno stravagante e sparlano di lui.
Abbiamo girato per città e villaggi. Ieri il Rabbì ha guarito una certa Maria che aveva i sette diavoli della lussuria nel ventre, per cui doveva congiungersi ogni giorno con molti uomini e senza mai averne soddisfazione. Era stata ripudiata dal marito che, sapendola assatanata, per compassione non ne aveva chiesto la condanna a morte per adulterio e l'aveva scacciata segretamente. Viveva da girovaga, coi doni che le facevano i maschi con cui peccava, e il suo nome era famigerato. Ieri sera s'è presentata inaspettatamente a Gesú, mentre si cenava. Il Maestro era, con alcuni di noi, sotto il portico della casa d'un certo Simone, un fariseo shammaiano che lâaveva invitato, dâaccordo con altri della propria setta, per capire meglio cosa pensasse di loro e che, subito, l'ha compreso molto bene: Gesú, rispondendo a una precisa domanda del padrone di casa, senza esitare gli ha detto: "Vi credete santi perché praticate le forme di culto, e per voi tutti quelli che non sono farisei sono peccatori, gente della terra li chiamate, perché dite che solo voi risorgerete e tutti gli altri resteranno sepolti nella morte eterna;7 ma io vi dico che il peccatore che si pente è enormemente maggiore di voi che non vi pentite e che lâinfero della morte vi aspetta eternamente, se non cambiate mentalità ".
Il nostro Rabbì ha idee chiarissime. Non l'ho sentito una sola volta predicare o rimproverare premettendo dei forse e dei mi pare, frequenti nel parlare comune. Non ha vezzo alcuno, non teme il giudizio e le reazioni di coloro che bolla, il suo pensiero è fermo e il suo insegnamento è così alto che è impossibile, per un uomo in buona fede, stupirsi delle sue certezze e della forza della sua parola.
Proprio allora la peccatrice, che doveva averlo visto entrare, sâè intrufolata e sâè buttata in ginocchio davanti al Maestro, bagnandogli i piedi con le lacrime. Li ha asciugati coi propri capelli e ha iniziato a cospargerli di un olio profumato che aveva portato con sé. Simone il fariseo ha avuto unâespressione di disgusto: per lui, quella donna era tra le peggiori della terra. Ha parlato negli orecchi a due scribi della sua setta, che erano stesi sulle stuoie ai suoi lati. Costoro hanno guardato Gesú e hanno tentennato la testa. Comâegli ci ha poi spiegato, dovevano aver pensato che non sapesse distinguere una peccatrice da una donna onesta e, dunque, passasse ingiustamente per un maestro. Il nostro Rabbì l'ha interpellato con severità : "Simone, osserva bene questa donna. Io sono entrato ospite da te e, per disprezzo nei miei riguardi, non mâhai dato la rituale acqua per i piedi e il panno per rasciugarli; lei me li ha lavati con le lacrime e me li ha asciugati coi capelli, cioè con tutta sé stessa. Men che mai tu hai ordinato ai servi di cospargermi il capo con olio profumato, lei mâha asperso sui piedi il profumo che ha comprato apposta per me con tutte le sue sostanze. Poiché ha molto amato, le sono perdonati tutti i suoi peccati ed è liberata dai demòni del furore dei sensi. à invece a chi ama poco che poco si perdona". Qui, aprendosi al sorriso sâè rivolto alla donna: "Maria, ti sono perdonati i tuoi peccati. Per la tua fede, sei salva. Va' in pace". Quei bacchettoni dei commensali, ovviamente, si sono scandalizzati: "Chi crede mai d'essere quello là , per perdonare i peccati?" ha fatto un primo, steso in prossimità del padrone di casa; "Si pensa forse lâAltissimo in persona, âsto peccatore?!" ha calcato un secondo, più vicino al nostro Rabbì; "Bestemmia! Bestemmia!" è venuto da molti altri. Lâospite ha congedato assai rudemente Gesú, noi e la donna: spintonati dai servi, ci siamo trovati in istrada. Quella Maria, non appena fuori, assolutamente calma come se non avesse appena subito oltraggi e violenza, ha baciato le mani al Maestro e gli ha chiesto se poteva seguirlo. Le ha risposto Gesú, a sua volta serenissimo ben diversamente da noi: "à ancora troppo presto per le donne, ma tra un anno potrai raggiungermi a Cafarnao, se lo vorrai ancora".
Quasi tutto il popolo crede da secoli alla venuta del Messia dellâAltissimo. Ormai soltanto i sadducei e i farisei vicini al tempio e al sinedrio, coi loro seguaci, accolgono la tradizione sacerdotale per la quale il cielo8 sostiene Israele solo se obbedisca alla lettera alle norme mosaiche, che i sacerdoti hanno il dovere di far rispettare con assoluto rigore, fino allâimplacabilità , tradizione secondo la quale i sacerdoti stessi sono i capi dâIsraele. Tutti gli altri seguono la più pietosa tradizione messianica per la quale lâAltissimo ha fatto a suo tempo un patto col re Davide, promettendogli protezione per la sua discendenza fino a suscitare lâultimo, più grande e più magnanimo dei re, il Messia. Diverse persone pensano che proprio il nostro Rabbì sia l'Unto promesso dalle Scritture, il re che guiderà Israele a dominare il mondo e fonderà l'universale regno di pace senza fine, e anch'io la penso così. Ecco perché i due ciechi lo avevano chiamato figlio di Davide e Signore. Câè tuttavia parecchio da fare prima del trionfo; ieri ci ha detto: "C'è molta messe ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai". Evidentemente ha voluto farci notare che non abbiamo ancora un esercito per conquistare il potere. Così abbiamo pregato. Gesú ci farà suoi ministri? Che salto sarebbe, da disprezzato pubblicano a ministro del re! Immagino la faccia basita che farebbe quella cretina violenta di mia moglie nel saperlo! Da altri, sâintende, ché certamente non me la terrei accanto, quella scema arrogante. Quando ho parlato cogli altri discepoli della conquista del regno e della nostra nomina a ministri, sono apparsi sui loro volti sorrisi di gran soddisfazione; non su tutti però, non su quello del condiscepolo Giovanni; il giovanetto, anzi, ci ha guardati con un certo compatimento, poi ha detto: "Il Maestro conquista nella pace". Strano ragazzo, devo dire; e poi a quell'età , non dovrebbe permettersi di guardarci così!