Читать книгу La Trasformazione: Sull'Eterno Corpo Glorioso Spirituale E Sul Nulla Eterno Infernale - Guido Pagliarino - Страница 8
Il corpo umano materiale psichico
ОглавлениеChe su questa terra una persona, oltre al proprio corpo dotato di io o anima â psyché â, abbia un individuale animo, o spirito o pneuma â pneyma â creato sostanzialmente immortale non è stato provato né da metafisiche e religioni orientali né, in occidente, dai pitagorici, da Platone e dai platonici e neppure è stato dimostrato dal Padre della Chiesa santâAgostino (354-430) il quale, influenzato dalla lettura delle Enneadi del neoplatonico Plotino, su di una tradizione spiritualista ormai stabile nella teologia dei suoi tempi, semplicemente, assunse che lâanima umana è pneumatica e immortale, divenendo coi suoi scritti il tramite più importante nella Chiesa fra le idee platoniche e il Cristianesimo. Che ogni essere umano abbia un pensiero personale, una personalità , non può essere sufficiente perché si possa parlare senzâaltro di suo pneuma particolare. à sperimentale il fatto che siamo corpi umani con una psiche la quale muta e sâaccresce con lâesperienza â la cultura â grazie alle sinapsi del cervello che consentono alle cellule nervose del cerebro stesso, i neuroni, dâinteragire con lâambiente. à in altri termini sperimentale che abbiamo un corpo materiale-animale psichico, proprio come afferma, nella neotestamentaria prima lettera ai Corinzi, lâebreo convertito a Cristo Saulo-Paolo: siamo in uno dei primissimi anni 50 del I secolo e la Chiesa è solo alle origini e dalla predicazione orale apostolica stanno cominciando a nascere i libri del Nuovo testamento; siamo a molti secoli prima della nascita dello spiritualista Agostino dâIppona. Non si può intendere San Paolo se lo si consideri uno spiritualista, egli non è platonico, non parla affatto di pneuma personale dellâessere umano su questa terra; e anche per gli altri ebrei ogni uomo è solo il proprio corpo, che ha sì anima, ma nel senso di psiche, di io, cioè è un corpo umano pensante, mentre spirito o pneuma â ruach, a volte traslitterato come ruà h â è solo Jahvè il Creatore. Peraltro lâuomo è diversificato dagli altri viventi dal fatto dâessere creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26): importano meno di tale espressione gli altri vocaboli e concetti dellâantropologia religiosa ebraica, vale a dire che ogni uomo è unione inseparabile di nefesh, vita o vitalità , (psyché nelle traduzioni in greco, psiche o anima in italiano) e di bashar (sarx nelle traduzioni in greco, da non confondere, come vedremo, con soma che nelle lettere di san Paolo è il corpo della persona in grazia di Dio): bashar è la carne viva dellâuomo, cioè il suo corpo materiale-animale.
NellâAntico testamento troviamo questi concetti e le parole che li descrivono nei testi della Torah (Pentateuco per i cristiani), scritti fra il VII e il IV secolo a.C. e, più precisamente, fra il V e il IV i libri Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, mentre il Deuteronomio, parola che dignifica Seconda Legge, è forse situabile nel VII secolo in una prima stesura perduta detta âlibro dellâAlleanzaâ, ne parla il successivo libro 2 Re (22, 3-20), e sicuramente è scritto nel V secolo il testo giunto a noi. Troppo lungo sarebbe parlare qui della formazione e della datazione dei libri veterotestamentari, ma volendo approfondire si può vedere il saggio divulgativo di Guido Pagliarino âIl Vento dell'Amoreâ, Tektime Editore, 2018.
La nefesh o anima non è dunque per la Bibbia qualcosa di separabile dal corpo e capace di sopravvivere senza di esso.
Un poâ come nella Grecia del IV secolo avanti Cristo è per Aristotele (384-322 a.C.) anche se câè chi, richiamandosi alla Metafisica aristotelica, libro XII, 3, 1070, ritiene che questo filosofo non escluda la sopravvivenza dello spirito intellettivo individuale, e lo vedremo un poâ meglio qualche rigo oltre. Intanto si consideri che per lo Stagirita lâEssere non è il Dio-Amore incarnato e umanissimo dei cristiani e nemmeno è lâebraico Jahvè, sollecito e paterno verso il suo popolo eletto anche se, come tutti i padri dellâantichità , può punire assai severamente; il Dio aristotelico pensa solo a ciò che è perfetto, cioè pensa solo sé stesso, dunque ignora il mondo anche se questo, dopotutto, muove perché câè lui; dunque, il Dio dâAristotele non considera gli uomini e men che mai li ama, mentre sono essi a doverlo amare proprio perché è perfetto, e difatti lâanima umana è attratta dallâEssere senza châegli si muova verso di essa. Però la stessa anima tende allâEssere solo durante la propria vita terrena perché, come sâè detto, non sopravvive al proprio corpo. Comâè noto, lâanima è contemplata in modo specifico da Aristotele nei tre libri del trattato intitolato appunto DellâAnima; il filosofo si chiede se corpo e anima siano tra loro separabili e se la seconda abbia la potenzialità di passare, reincarnandosi, da corpo a corpo come pensavano Platone e prima di lui i Pitagorici, oppure se, finendo il corpo dâesistere, cessi anche la sua anima. Per Aristotele quelle che chiama affezioni o attività dellâanima non possono esserci senza il relativo corpo, ad esempio lâira, che per la scienza del suo tempo deriva dal bollire del sangue, non può esserci senza il medesimo plasma, e il corpo devâessere fornito di strumenti di senso per poterli esercitare sulla realtà , cioè devâessere dotato di organi affinché possa esserci unâanima che intende la realtà : senza gli orecchi, ad esempio, lâanima non sente, e però per lo Stagirita noi sentiamo non perché abbiamo gli orecchi, ché se questi per ipotesi fossero staccati dal corpo non udiremmo, ad esempio il cadavere fresco ha ancora orecchi non decomposti ma non sente più, bensì perché attraverso gli orecchi è lâanima che ode (la moderna fisiologia sa bene che non è lâapparato uditivo in sé che sente e che esso è solo strumento, però la stessa fisiologia afferma che lâapparato uditivo è strumento del cervello e non dellâanima). Insomma, per Aristotele lâuomo vive in quanto ha corpo e anima, perché egli è il loro insieme, sinolo, e dunque, in opposizione a Platone, in DellâAnima Aristotele giunge a negare la sopravvivenza della stessa anima umana. Si diceva poco sopra che questo filosofo può anche dare lâimpressione dâavere una sia pur debole speranza di vita eterna. Parrebbe preferibile lâidea opposta, anche se questo non appare in DellâAnima ma nella Metafisica: Aristotele scrive nel XII libro della stessa: âSe, poi, rimanga qualcosa anche dopo, è problema che resta da esaminare. Per alcuni esseri nulla lo vieta: per esempio, per lâanima: non tutta lâanima, ma solo lâanima intellettiva; tutta sarebbe impossibileâ (Metafisica, libro XII, 3, 1070, traduzione di Giovanni Reale, Milano, 1978). Ebbene (cfr. Guido Pagliarino, à Uomo, Pozzuoli (Na), 2007): âSi deve però notare châegli aggiunge, il che non sempre è notato e citato da coloro che sostengono che Aristotele credesse allâimmortalità dellâanima: âComunque, è chiaro che non occorre affatto, per questo, ammettere lâesistenza delle Idee: lâuomo genera lâuomo e lâindividuo un altro individuoâ (ibid). Dunque, se lâanima intera non è separabile dal corpo, tuttavia la sua parte più alta potrebbe esserlo? Intanto, devâessere chiaro che, comunque, per lo Stagirita lâintelletto individuale, che nel caso sarebbe più pneumatico che psichico, perderebbe la personalità nel raggiungere il culmine in Dio, a differenza che per il reincarnazionista Platone; sappiamo che lo spirito per Platone riguardava il mondo superno delle idee: dunque, Aristotele ripiegherebbe, in proposito, sulle idee del proprio maestro: se credesse alla sopravvivenza; ma non mi pare evitabile lâimpressione châegli lâammetta solo per estremo scrupolo, infatti non manca di ricordare che lâuomo genera lâuomo e che per questo non câè bisogno delle idee e, con ciò, ho la sensazione châegli sottintenda, ancora una volta, che per lui solo la specie è eterna. Ricordiamoci poi che gli scritti aristotelici giunti a noi non costituiscono una trattazione sistematica destinata al pubblico; e due altre cose vanno tenute presenti, cioè che nei suoi primi anni Aristotele è ancora legato a Platone e che gli scritti che conosciamo saranno ordinati e pubblicati molto tempo dopo la sua morte, e non secondo lâordine temporale della loro stesura, onde non si può escludere, mi pare, che lâammissione inserita nella Metafisica che lâanima individuale potrebbe sopravvivere sia dellâepoca, per così dire, platonica, espressa cioè prima dei tre libri del De Anima in nessuno dei quali, invece, tale ammissione appare.â
Presso gli antichi ebrei tutti gli esseri viventi non solo hanno ma sono la vita, la nefesh circola nel sangue tanto degli umani che degli animali ed è per questo che il sangue non può essere mangiato: nel Deuteronomio è scritto: â[â¦] tuttavia astieniti dal mangiare il sangue, perché il sangue è la vitaâ â in lingua ebraica invece di vita si legge nefesh â âtu non devi mangiare la vita insieme con la carneâ (Dt 12, 23). Peraltro non sono caratteristici del solo Giudaismo1 i concetti espressi dalle parole nefesh e bashar e nemmeno lo è la ruach ovvero il vento o spirito divino soffiato nella persona affinché viva, si tratta di concetti comuni ad altre religioni e filosofie coeve. Per quei giudei che credono alla risurrezione, in ambiente farisaico e non presso i sadducei che pensano che tutto finisca con la morte, lâessere umano giusto2 risuscita in un mondo nuovo, è corporeo e il suo corpo, senza difetto alcuno, ha la propria psiche come nella prima vita â i farisei non suppongono una trasformazione del corpo materiale in spirituale, come si legge invece nella lettera neotestamentaria 1 Corinzi di san Paolo â; nelle accademie rabbiniche si discute sulla precisa età che dimostrerà il corpo una volta risorto, tutti comunque lo suppongono giovane e bello; la risurrezione avverrà solo alla fine dei tempi; la persona vivrà in altra terra e sotto nuovi cieli, dove sarà perfettamente giusta: si potrebbe parlare dâun altro paradiso terrestre; in attesa di risorgere, secondo i farisei il defunto rimane interamente morto ovvero, con un eufemismo châentra pure nel Cristianesimo, dorme: è lo sheòl, il luogo ebraico dei morti; i giusti stanno nella parte alta dello sheòl, nel seno di Abramo, dove sono in attesa di risorgere dietro al patriarca capostipite, i reprobi stanno in fondo, senza speranza di risurrezione; ovviamente i rabbini e gli altri spiriti colti del Giudaismo sanno che si tratta di un midrash, cioè dâunâallegoria cui è sottesa la sostanza dâuna verità teologica, unâallegoria che simboleggia semplicemente la morte dalla quale i giusti risorgono alla fine dei tempi e gli altri no.
Tale raffigurazione dello sheòl si ritrova pure nella parabola evangelica del ricco egoista e del povero Lazzaro (Lc 16, 19-31), Lazzaro peraltro che non devâessere confuso con lâomonimo amico di Gesù, morto e da lui risuscitato, che troviamo nel vangelo secondo Giovanni (Gv 11, 1-44).
Lâebreo e fariseo san Paolo la vede similmente agli altri farisei, ma con una variante; infatti, se è vero châegli pure, nella sua epistola di teologia antropologica 1 Corinzi, dice che lâuomo in terra è un corpo materiale-animale psichico â chiama corpo la persona completa perché anche per lui il corpo comprende la psiche e, quindi, coincide con lâintero individuo umano â e se è vero che crede come gli altri farisei alla vita eterna dei giusti, per lui nellâattimo dellâassunzione a Dio la persona salvata, cioè giustificata da Cristo, si trasforma da animale psichica in spirituale gloriosa. Peraltro, se è pur vero che per il Cristianesimo del I secolo e di buona parte del II un essere umano è su questa terra interamente materiale e, dunque, è il suo stesso corpo, sulla base dellâesperienza, a formarne ed esprimerne il pensiero â noi diciamo grazie al cervello, gli antichi dicevano grazie al cuore â, la stessa persona può ragionare a livello elevatissimo fin a poter pensare a Dio, diversamente dagli animali che hanno ricevuto solo un soffio vitale e, i più evoluti, una capacità mentale ridotta in funzione della mera sussistenza; il Creatore resta personalmente presente nellâessere umano, cioè ogni persona ha in sé anche lâindivisibile spirito divino o, in altri termini ancora, in ciascun uomo e in ciascuna donna ci sono corpo, anima e spirito; ma mentre il corpo e lâanima sono personali, lo spirito è lâanimo stesso di Dio, vivificante la persona e illuminante la sua mente, tantâè vero che per la teologia cristiana Gesù â il Figlio uomo e Dio â sâè incarnato per salvare la stirpe adamitica in corpo e anima, non anche in ispirito: ovvio, ché lâanimo dellâessere umano non aveva bisogno dâessere salvato visto che non è suo personale ma si tratta di Dio stesso.
Nei secoli II e III3 , diversamente dai cattolici, vale a dire dai cristiani dellâunica Chiesa â lo scisma ortodosso è di là da venire â, i cristiani gnostici,, ma sarebbe forse meglio dire gli gnostici cristianeggianti considerando la loro ottica sostanzialmente diversa da quella cristiana, nonostante figure formalmente comuni come, anzitutto, quella di Gesù, sono divisi in varie piccole sette, anche se con idee basilari tra loro comuni. Hanno invece un concetto antropologico diverso da quello cristiano, intendono cioè il proprio spirito non come presenza indivisa in tutti gli esseri umani del pneuma vivente e animante di Dio, ma come pneuma personale, anche se lo considerano quale scintilla cascata in terra dal pleroma divino e sventuratamente incarnatasi.
La parola pleroma, o pleroma paradisiaco, che generalmente significa pienezza e fa riferimento alla globalità dei poteri divini, la totalità di tutto ciò che è effuso benignamente da Dio, è usata non solo dagli gnostici ma anche in ambienti teologici cristiani. Si potrebbe forse dire lâà mbito di Dio. Comunemente nella Chiesa si parla di Paradiso.
Secondo gli stessi gnostici, come già per Platone, la materia è male e non lâha creata lâEssere perfetto ma è sempiterna e, a un certo punto, lâha modellata, facendola divenire il mondo, un incosciente celeste chiamato il Demiurgo, cioè lâArtefice o lâArtigiano: comâè noto, si tratta di figura immaginata da Platone per far quadrare la sua visione delle idee superne perfette e del mondo immanente imperfetto, un sorta di dio minore in preda alla mania di potenza, ma assai poco capace quale artigiano cosmico; se non fossero stati imprigionati nei corpi materiali da quel maldestro spocchioso del dio Demiurgo, gli spiriti umani sarebbero rimasti â preesistenza dei medesimi â felici4 . Inoltre per gli gnostici, antifemministi ante litteram, le donne non hanno lo spirito o, come in genere si dice imprecisamente, ânon hanno lâanimaâ, e non si salvano, ché per gli gnostici corpo e anima (anima è qui nel senso classico di psiche, non di pneuma) periscono, sopravvive solo lo spirito di certuni, cioè di loro stessi, gli spirituali, in grado dâacquisire appieno la conoscenza nonché rigorosamente maschi, mentre non si salvano gli esseri umani materiali, ossia gli altri uomini di sesso maschile, e tutte le donne. Secondo però la fazione degli gnostici valentiniani, una parte degli altri maschi, detti gli psichici, può avere una salvezza di secondo livello, non nel pleroma ma ai suoi margini, grazie allâanima-psiche particolarmente intelligente che consente dâacquisire grossolanamente la conoscenza.. Risulta inoltre addirittura unâeccezione per le donne, anche se sicuramente non di cifra femminista: nel vangelo gnostico dello pseudo Tommaso, seconda metà del II secolo, e nel coevo vangelo gnostico della pseudo Maria (Maria di Magdala, non la Madonna), la Maddalena, con sbalordimento del Pietro gnostico che quasi se ne dispiace, viene resa degna di vita eterna dal parimenti gnostico Cristo, ma non in quanto donna bensì perché egli ha trasformato in maschile, e dunque (sic) intelligente, lâanima di Maria Maddalena, consentendole così di raggiungere un livello di gnosi sufficiente alla salvezza
Sempre a proposito di salvezza eterna delle donne, può essere interessante osservare per inciso che gira da secoli la bufala, apparsa ai tempi della Rivoluzione francese su gazzette5 e oggi massicciamente diffusa nel mondo grazie al web, che la Chiesa avrebbe indetto un concilio ecumenico per discutere se le donne avessero o no lâanima (nel senso di pneuma). Mai ci fu un concilio della Chiesa relativamente allâanimo delle donne, e grazie a internet si possono verificare rapidamente e rigorosamente sul sito del Vaticano, lâelenco e gli oggetti dei concili ecumenici (si può vedere tale elenco anche, più succintamente, al termine di questo saggio nellâAppendice 1). à ben noto che le donne venivano battezzate fin dallâinizio del Cristianesimo proprio per la salvezza della loro anima e che alcune di esse erano venerate come martiri cristiane già nei primi secoli della Chiesa; e, prima di tutto, la Madonna era considerata beata almeno dallâanno 80 del I secolo, in cui era stato scritto, al più tardi, il vangelo di Luca, nel quale si riporta un inno cristiano coevo, che sarà poi noto come il Magnificat, in cui, sulle labbra stesse della Madonna, è posta lâaffermazione gioiosa âtutte le generazioni mi chiameranno beataâ: si sarebbe forse considerata beata una persona destinata allâannichilimento?6
Per gli gnostici conta la conoscenza mentre per i cristiani è essenziale â o dovrebbe esserlo â lâamore.
A parte gli aristotelici, per cui lâanima è mortale col suo corpo, e a parte gli epicurei, che sono materialisti ed escludono ogni principio spirituale, per i pensatori greci antichi â e, come sâè appena ricordato, per gli gnostici â lâessere umano ha non solo corpo e anima ma pure pneuma personale e questâultimo è la sola componente umana assolutamente vitale, per essi lâuomo sopravvive esclusivamente in essenza, cioè il suo corpo con la sua psiche-anima non risorge e solo lo spirito si salva. Quando i colti greci e latini sostenitori della sopravvivenza del solo spirito si convertono al Cristianesimo ammettono, dato che lo dice il Testamento, che alla fine dei tempi risorgerà anche il corpo e non solo lâanima châessi intendono in senso non solo psichico ma spirituale. Poiché i credenti gentili acquistano lâassoluta supremazia su quelli ebrei dalla seconda metà del II secolo, il Giudeo-Cristianesimo si muta in Cristianesimo ellenizzato, o per meglio dire platonizzato. A questo punto si pensa nella Chiesa che lâuomo non è solo un corpo animale raziocinante che, grazie a Cristo che lo giustifica, risorge trasformato gloriosamente in spirituale, ma che già sulla terra la persona ha il suo spirito individuale oltre al corpo: da allora per lâantropologia cristiana lâessere umano ha corpo personale, ha individuale anima-spirito e non più semplice anima-psiche e, inoltre, ha in sé il vivificante pneuma divino indiviso e presente in tutti gli uomini. Le conseguenze non sono da poco.
Cenni allâidea dâinferno vissuto derivante dalla platonizzazione del Cristianesimo
Da un lato la nuova concezione favorisce la conversione al Cristianesimo dei colti greco-romani i quali giungono a intendere il pensiero cristiano come il compimento della filosofia greca; alcuni di loro, addirittura, divengono apologisti cristiani e altri, più tardi, padri della Chiesa; dâaltro lato, una volta che il pensiero cristiano si è generalmente platonizzato, cambia il concetto di perdizione del peccatore impenitente: prima, la persona dannata era vista come colui o colei che, meramente, muore per sempre perché non si trasforma in persona spirituale e perciò non è assumibile allo Spirito di Dio, ossia lâeternità infernale era il non vivere mai più, era il fallimento totale della propria esistenza; dopo la platonizzazione, lâinferno diventa atrocemente vissuto, infatti se lâanima umana è spirituale in sé fin dal concepimento della persona, essa è, logicamente, anche immortale e, allora, lâinferno in cui il dannato precipita devâessere sempiternamente da lui vissuto; quanto al corpo, ormai si pensa che Dio lo farà risorgere alla fine del mondo affinché soffra pur esso per sempre assieme allâanima.
Solo nel XX secolo, finalmente, durante e dopo il concilio ecumenico Vaticano II, nascono dibattiti sullo scandaloso inferno vissuto. Il Cristianesimo delle origini, restato nella semioscurità per tanto tempo, inizia di nuovo a mostrasi, dopo che teologi si sono accorti che certe lagnanze e miscredenze forse si sederebbero se si tornasse al pensiero della Chiesa dei primi due secoli.
Il corpo umano e la sua trasformazione secondo san Paolo
Vediamo meglio cosa vuol significare san Paolo, nelle sue Lettere neotestamentarie, laddove, nella loro versione italiana, leggiamo corpo, anima, spirito.
Lâapostolo delle genti usa i termini greci sarx e soma per indicare il corpo. Col primo vocabolo, traducibile anche come carne umana, intende lâintera persona quando non è in grazia di Dio e, essendo peccatrice mortale, è rivolta alla morte invece che alla Vita in Dio, a meno châella si converta. Con soma san Paolo dice dellâessere umano quando la sua fede, la pistis, nel battesimo ha incontrato la Charis, la Grazia, e dunque lâuomo, ripieno del Pneuma divino, ha la strada aperta per lâassunzione alla Vita: in senso stretto, solo Gesù risorge, perché egli è divino oltre che umano, i salvati sono assunti a Dio grazie a Cristo.
Tanto che la persona sia in grazia quanto che non lo sia, san Paolo considera psichico il corpo umano, in quanto è un corpo che ragiona e ha libertà di scelta: ognuno è una persona completa in corpo e anima-psiche; leggendo corpo dobbiamo comprendere anche la relativa psiche, cioè dobbiamo intendere che si tratta della persona completa: parlare di risurrezione del corpo è come parlare di risurrezione della persona.
Quando nelle versioni in italiano delle lettere paoline troviamo anima o spirito, dobbiamo far attenzione al contesto7 . Nellâoriginale certe volte, anche a proposito dellâessere umano, san Paolo usa pneyma, ma per indicare la situazione dellâessere umano sulla terra in Grazia, non additando cioè una sua anima personale spirituale, ma significando che lo Spirito, che è come dire lâAmore assoluto e lâassistenza spirituale del Paraclito (Avvocato, Protettore) cioè del medesimo Spirito santo, agiscono in lui. Altre volte san Paolo usa la parola psyché: come sâè detto, egli non si riferisce a unâessenza eterea ma alla concreta individuale ragione-psiche che ogni essere umano (malati psichici integrali a parte ovviamente) possiede e che è concepita dal corpo, che Dio ha creato capace, a differenza del corpo animale, di ragionare sofisticatamente ad alto livello e di sentirsi individuo elevato sulle altre specie e ulteriormente elevabile credendo in Dio e nella propria assunzione a lui nellâeterno.
Câè un che di diverso tra corpo glorioso e corpo su questa terra; san Paolo scrive nella 1 Corinzi: âMa qualcuno dirà : âCome risuscitano i morti? Con quale corpo verranno? Stolto! Ciò che tu semini non prende vita se prima non muore; e quello che tu semini non è il corpo che nascerà , ma un semplice chicco [â¦]. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (1 Cor 15, 35-44.). â Tra vita terrestre e vita in Dio degli assunti câè somiglianza, si tratta sempre di individui, non ci si confonde cioè nellâEssere perdendo la propria individualità come, invece, per certe filosofie religiose orientali. Risuscita, con lâindividuale psiche-anima, trasformato in spirituale il soma del giusto: il corpo risorto dellâessere umano giustificato da Cristo e perciò assunto a Dio è un corpo glorioso pneumatico, ineffabile, spirituale, eternamente vivo per e nel Pneuma divino; in altri termini, un corpo glorioso pneumatico è una persona ineffabile, spirituale, eternamente viva per e nel Pneuma divino.
Non risorge una greca anima-essenza secondo il platonismo, anche se questa è lâidea vincente nella Chiesa tra la fine del II secolo e il XX; e ancor oggi tuttavia, nonostante molte discussioni teologiche e saggi pubblicati al riguardo, posteriori al concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965), forse nel timore di scandalizzare fedeli, figura nel Catechismo della Chiesa cattolica lâaffermazione che anzitutto è lâanima spirituale del beato che va a Dio e châella si congiunge al corpo alla fine dei tempi.
Dobbiamo pensare più al neoplatonismo che a Platone e al platonismo di mezzo. Come rileva Aldo Moda8 , in particolare fu Plotino â peraltro, si può notare, filosofo assai critico verso il Cristianesimo â a rendere lâanima il substrato delle verità eterne, ad averne rifiutato la corporeità e ad averne affermato lâinseità , ad averne illustrato lâimmortalità in quanto natura unica, semplice, interamente inclusa nel fatto di essere vivente. Il fondamentale Padre della Chiesa santâAgostino, come già sâera accennato, oltre che da ormai consolidata tradizione ecclesiastica trasse, in primo luogo, dalla lettura delle Enneadi di quel filosofo neoplatonico la visione dellâanima in sé stessa spirituale e immortale.
II â OTTICHE ANTROPOLOGICHE CRISTIANE E CRISTIANEGGIANTI
La risurrezione di Cristo e, analogamente, lâassunzione a Dio per suo tramite degli esseri umani giustificati è un concetto inteso in tre guise diverse dai credenti, a seconda della loro ottica antropologica e, in generale, del loro pensiero metafisico-teologico:
1 Secondo i cristianeggianti gnostici, Gesù il Salvatore non porta in terra, come credono invece i cristiani, lâamore di Dio per ogni essere umano e lâinsegnamento ad amarsi gli uni gli altri fino al sacrificio, ma offre la conoscenza del divino, la gnosi; il dono è indirizzato solo ai migliori, gli spirituali o pneumatici, che posseggono lâanimo (o spirito o pneuma) oltre al corpo e allâanima-psiche, e non è rivolto agli esseri umani materiali, o ilici o terreni, che sono costituiti solo dal proprio corpo con la sua anima-psiche; per Valentino dâAlessandria (â 165 circa) e i suoi seguaci esiste pure una terza categoria di umani, gli psichici, i quali sono privi di animo ma hanno sia libero arbitrio sia unâanima-psiche sufficientemente intelligente per poter raggiungere un certo livello di gnosi: a seconda delle loro scelte intellettuali, costoro possono salvarsi, anche se solo ai margini del pleroma, oppure morire per sempre come i materiali: per gli gnostici valentiniani essi stessi e gli altri gnostici sono spirituali, i giudei e i cristiani, i quali credono errando che il Demiurgo-Jahvè sia Dio stesso, sono psichici e possono salvarsi solo se, avendo psiche molto intelligente, riescono a giungere a un livello sufficiente di conoscenza del vero divino, i pagani sono materiali e senzâaltro finiscono nel nulla della dannazione. Secondo il pensiero gnostico in genere, come dâaltronde per il platonismo, lâuomo spirituale che ha raggiunto la gnosi quando muore è ammesso appieno nel pleroma di Dio col proprio animo, mentre il suo materiale corpo psichico perisce, proprio come quello deglâilici e quello degli psichici che non si sono potuti o voluti elevare nella gnosi. Per gli gnostici anche Gesù il Salvatore risorge da morte soltanto come puro Spirito e non come corpo e anima umane; addirittura, per quei particolari gnostici che saranno detti doceti dagli studiosi â da dokeo, sembro â lâumanità di Cristo è soltanto apparente: apparenti sono il suo corpo psichico umano, la sua morte e la sua risurrezione, per essi Cristo è solo divino e semplicemente continua a essere nonostante lâapparenza della sua morte. Diversamente, secondo i cristiani il Salvatore oltre che Spirito è vero uomo in corpo e anima-psiche, egli è realmente ucciso e veramente risorge da morte. Tuttavia ci sono diversi modi cristiani dâintendere la Risurrezione:
2 Uno dei modi, suscitato non solo dal Nuovo Testamento ma da una mentalità essenzialista-platonica e che è tipico del Cristianesimo ellenizzato, è semidualista se non addirittura dualista. Secondo questo sentire la risurrezione è analoga per Cristo e per gli altri uomini ma con una differenza temporale: b1) per il solo Gesù, che è giustamente visto come vero Dio in Spirito e vero uomo in corpo e anima ma essendo questa ritenuta spirituale e intrinsecamente immortale, avviene la risurrezione dellâanima stessa nellâattimo del trapasso: âIn verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradisoâ dice Cristo sulla croce al cosiddetto buon ladrone pentito, suppliziato alla sua destra (Lc 23, 43); e avviene la risurrezione e trasformazione in spirituale glorioso del corpo il terzo giorno dopo la morte; b2) per gli altri uomini, câè assunzione a Dio dellâanima al momento della morte e solo alla fine dei tempi, al Giudizio Universale, anche il corpo risorge, si trasforma in spirituale glorioso e si ricongiunge alla sua anima, beandosi anchâesso in Dio. La differenza è dettata solo da una ragione pratica: per riconvertirsi dopo la crocifissione e morte di Cristo gli ormai increduli seguaci non solo dovevano incontrare il Risorto glorioso e spirituale, ma non ritrovare nella tomba il materiale suo corpo, altrimenti avrebbero pensato a una mera allucinazione e non avrebbero creduto: il corpo doveva sparire dal sepolcro e i discepoli di Gesù, vedendo la tomba vuota, potevano verificare che Cristo era interamente risorto, primizia fra i morti come dice san Paolo nella 1 Corinzi: âOra, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono mortiâ (1 Cor 1, 20).
C) Lâaltro modo cristiano dâintendere la risurrezione è ispirato a un monismo radicale ed è quello stesso del Cristianesimo delle origini. Due però sono le relative ottiche, quella appunto dei primordi della Chiesa, detta della dormizione, e quella che viene formandosi col tempo sulla base della riflessione teologica e che si potrebbe dire della risurrezione istantanea integrale: c1) Nei primi due secoli della Chiesa si pensa, san Paolo in testa, che la persona morta dorma sino alla fine dei tempi e al Giudizio9 , quando i resti mortali dei salvati da Cristo si animano, trasformati finalmente in gloriosi e spirituali, e câè lâassunzione a Dio della persona. c2) Col passar del tempo, mentre parallelamente si fa strada dalla fine del II secolo lâidea spiritualista e semidualista ricordata al punto B), ne sorge unâaltra, sempre monista, che trova finalmente sistemazione teologica nella seconda metà del IV secolo in un paio di fondamentali omelie10 del Padre della Chiesa san Giovanni Crisostomo11 : morendo, si esce dallâimmanente e perciò anche dal tempo, dunque è logico tralasciare lâidea, meramente umana, di dormizione e intendere, più essenzialmente, che nellâattimo stesso della morte câè lâassunzione in Dio sia del corpo sia della sua anima-psiche che da esso è indivisibile: la persona completa salvata esce dal mondo-tempo, si trasforma sùbito in spirituale gloriosa e sale immediatamente al Trascendente, anche se nellâimmanente continua a scorrere il tempo e il cadavere del beato vi rimane, ormai bruta materia: la massa di quel corpo si dissolverà nel nulla con tutto il resto dellâuniverso quando questo finirà â se finirà : il senso teologico di fine del mondo, al di là delle allegorie, è quello di fine della specie umana.
Quanto sopra per quanto riguarda la Salvezza dei beati o, se si preferisce altro termine, dei salvati.
Il concetto di purgatorio per molti secoli non câè, i casi sono ancor solo due: senzâappello, o alla morte ci si salva, o ci si danna.
Per adesso si tralascia lâargomento purgatorio, ci si tornerà più avanti, in apposita sezione12 .
Per quanto riguarda la situazione infernale del dannato, essa è diversa a seconda delle concezioni antropologiche sopra richiamate:
Nel caso della concezione A) la dannazione consiste nellâannichilimento della persona ed è propria dello Gnosticismo; come sâera visto, essa riguarda le persone materiali, cioè prive di animo-pneuma, che alla morte cadono nel nulla, eterna privazione di Dio, cioè, in ancor più semplici parole, non risorgono e perciò più non esistono, e riguarda inoltre gli psichici che non si elevano nella conoscenza del vero divino. Non è questione dâamore e di odio come nel Cristianesimo, secondo gli gnostici non ci si danna per odio verso Dio e il prossimo, non ci si salva perché si ama alla sequela di Cristo, ma si cade nel nulla perché non si ha la conoscenza adeguata a salvarsi, e questa non è stata raggiunta perché non si possiede lo pneuma che lâavrebbe consentito.
Può essere interessante ricordare per inciso che per Platone non si tratta di persone spirituali da una parte e di altre irrimediabilmente materiali dallâaltra, ma gli spiriti son stati resi tutti imperfetti dalla carne in cui sono stati imprigionati per colpa del Demiurgo, e però gli stessi, teoricamente tutti, possono giungere a perfezione e alla salvezza nellâEssere grazie alla ricerca durante una o più reincarnazioni, ricerca che comprende anche quella etica: quella stessa perfezione che, verosimilmente, il filosofo doveva ritenere dâaver ormai raggiunta egli stesso. Evidente è lâinfluenza su Platone del pensiero reincarnazionista orientale, forse non conosciuto direttamente dal filosofo ma assunto dal pitagorismo (cfr. il Fedone platonico) il cui pensiero non è dissimile da quello dellâinduismo, tanto che per Pitagora anche gli animali partecipano allo stesso ciclo delle nascite e rinascite; Pitagora a sua volta poteva aver assunto lâidea dalla dottrina orfica che, reincarnazionista, vedeva nella ricerca e ritrovamento della memoria della propria origine divina lâunica possibilità dâuscita dalla ruota delle rinascite e di accesso finale al mondo dei giusti. Lâidea di reincarnazione è anche uno dei cardini del successivo neoplatonismo; e qualche suggestione in merito tocca forse, per un momento, pure santâAgostino che sappiamo influenzato dal neoplatonismo di Plotino; egli scrive nelle sue âConfessioniâ: âDimmi, Signore, dimmi se la mia fanciullezza venne dietro ad altra mia età morta prima di essa e se prima ancora di quella vita, o Dio mia gioia, io fui forse in qualche altro luogo o in qualche altro corpo.â
Nel caso del concetto antropologico B) secondo il quale lâanima-psiche è spirituale e immortale, si ha dapprima la discesa allâinferno, vissuto, della sola anima pneumatica immortale e, alla fine del mondo, pure del corpo che si riunisce eternamente allâanima; quindi si soffre anche una perenne pena fisica, come aveva scritto santâAgostino nellâopera âDe catechizandis rudibusâ: âQuelli che deridono la resurrezione, credendo che questa carne che si decompone non può risorgere, risusciteranno in essa per le pene e Dio dimostrerà loro che chi poté fare questi corpi prima che fossero, può in un attimo restituirli così come erano.â13
Nel caso della concezione C), diversa sia da quella di anima immortale alla Platone, sia da quella del perituro sinolo umano alla Aristotele, mentre il corpo del giusto con la sua individuale psiche-anima risorge, quello del peccatore non pentito, semplicemente, resta morto: lâinferno coincide con la morte eterna della persona. Si possono al riguardo richiamare, fra altre affermazioni del Nuovo Testamento, la testimonianza di Gesù nel Vangelo secondo Giovanni: âIo sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà ; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno [â¦]â14 e, per contro, si può ricordare lâammonizione di san Paolo nella lettera ai Romani: â[â¦] il salario del peccato è la morteâ (Rm 6, 23); san Paolo tuttavia aggiunge, nello stesso versetto, âma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.â
Per inciso, può essere interessante unâosservazione relativa alla più volte citata concezione antropologica aristotelica del sinolo umano che, comunque, per lo Stagirita è mortale tanto che la persona sia stata giusta quanto che sia stata peccatrice: Tal idea, dopo essere passata in ambiente culturale arabo, insidia in tempo rinascimentale il credo di cristiani neo aristotelici; in particolare, influisce sullâillustre filosofo Pietro Pomponazzi il cui relativo pensiero, pubblicato nel 1516, viene giudicato eretico quasi immediatamente dal V concilio Lateranense, svoltosi fra il maggio 1512 e il maggio 1517 â vedi anche lâAppendice 2, I 21 concili ecumenici della Chiesa e tracce dei relativi argomenti trattati -, concilio che tuttavia, più che richiamarsi allâaffermazione di san Paolo sulla trasformazione del corpo umano da materiale a spirituale, si basa sul platonismo con la sua anima umana naturalmente immortale. Sâera scritto in un precedente saggio15 : âIl filosofo arabo Averroè (Ibn Rushd, 1126-1198) tanto tempo dopo Aristotele, afferma dietro di lui che lâintelletto produttivo16 è unico comâè unica la specie umana e conclude espressamente che non câè permanenza in vita per la persona ma solo per le specie e che di quella umana sopravvive lâintelletto produttivo, cioè la razionalità dellâuomo di tutti i tempi, e non lâanima intellettiva personale17 . Lâidea dâAverroè passa a un certo numero di cristiani colti, causando crisi di fede, tanto più che Aristotele è ormai considerato in quel tempo quasi un cristiano ante litteram, in qualche modo ispirato da Dio, almeno di fondo, prima della venuta di Cristo. Tra coloro che perdono la fede ragionando sullâinseparabilità di anima e materia, câè il noto filosofo cristiano e aristotelico Pietro Pomponazzi (1462-1524), anche se continua a manifestarla pubblicamente, come tanti altri, secondo la cosiddetta doppia verità , religiosa e filosofica: un atteggiamento â che viene attribuito erroneamente allâaristotelismo averroista â tutto sommato di comodo perché mostrarsi credenti evita di correre rischi con lâInquisizione e, comunque, di perdere privilegi sociali. Il Pomponazzi scrive un suo trattato sullâimmortalità dellâanima proponendosi dâesporre fedelmente la dottrina dâAristotele, diversa da quella, a suo parere, stravolta dalla dottrina cattolica scolastica e in particolare da san Tommaso dâAquino, il quale secondo lui avrebbe coperto con la ragione quanto doveva riguardare la sola fede. Il Pomponazzi, in sintonia con Averroè, conclude che lâanima non può svolgere la propria più alta funzione, quella intellettiva, se privata dei dati provenienti dagli organi del corpo: anche per lui, morto il corpo, morta lâanima; ovvero, per il principio della doppia verità , se per la fede lâanima è immortale, secondo ragione invece muore col corpo, con cui costituisce unâunità vale a dire forma una singola persona, cioè, aristotelicamente, è un sinolo.
Lâerrore sta nel vedere la sopravvivenza in modo platonico, possibile cioè solo grazie a unâanima intrinsecamente immortale, invece di contemplare paolinamente, e pure secondo la Genesi, lo spirito di vita di Dio che, secondo il Cristianesimo del I secolo, non solo mantiene viva la persona sulla terra ma la fa risorgere dopo la morte, o per meglio dire la mantiene viva nellâEssere eterno, in modo soprannaturale, prescindendo dalla naturale mortalità del suo corpo e della sua inscindibile anima.
Parlerò ancora della sopravvivenza a proposito dei cosiddetti Novissimi, parola che è la trascrizione in italiano del termine latino plurale novissÄma cioè cose estreme o ultime. A volte lo si trova citato in greco antico come éschata. Sâintende parlare in sintesi, usando tal vocabolo, di Paradiso (lâunico che si deve, o si dovrebbe, scrivere con lâiniziale maiuscola perché è un soprannome di Dio), di purgatorio, accolto dai soli cattolici e dâinferno.
Dirò anche qualcosa, per inciso, sul limbo dei neonati e dei giusti morti senza battesimo e di come nacque fra i teologi tal fantasiosa idea del limbo, non dogmatica nemmeno per i cattolici.
Intanto torniamo ai casi A), B), C) più nei particolari e cominciamo, nel capitolo seguente, a esaminare il caso A, la risurrezione del solo animo.