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I – 2000 ANNI DI SFIDA

Qualcosa di assolutamente improbabile accade nel 1945.

A Nag Hammadi, l’antica Chenoboskion d’Egitto, viene scoperta un’importante biblioteca antica con testi in gran prevalenza gnostici, in parte cristianeggianti come un vangelo apocrifo di Tommaso. Si tratta d’una completa raccolta con quaranta scritti riportati su tredici codici che erano stati sepolti entro una giara. Per quei reperti, finalmente, si può approfondire lo Gnosticismo4 , insieme di dottrine derivanti da filosofia e teosofia5 greche e da promesse di redenzione di culti misterici orientali, ebraici, egiziani, pitagorici, orfici, dionisiaci, ermetici6 , mistico-astrologico-magici: lo Gnosticismo nasce e vive su un terreno precedente fatto di religioni e di loro presunti misteri, che pretende di svelare nel profondo, e inoltre di concetti di filosofi7 .

Tuttavia, precisiamolo subito un po’ meglio, lo Gnosticismo (da gnosi = conoscenza) non è la religione di sapienti che ricercano grazie alla filosofia e trovano per tal via di ragione la Salvezza, com’era per Platone, ma è il credo di coloro che raggiungono la pienezza di Luce in modo mistico, per certuni di loro, questo già nello Gnosticismo pre-cristiano, approfondendo in sé, in segreto, una prima illuminazione ricevuta da un rivelatore-salvatore, per gli altri grazie solo ad auto-illuminazione, senza la persona d’un rivelatore, grazie alla scintilla divina (pneuma) presente in essi stessi, gli spirituali. È quest’illuminazione mistico-esoterica la vera sapienza per gli gnostici precristiani e per i successivi gnostici cristianeggianti.

Sulla base delle antiche confutazioni teologiche di Padri della Chiesa e di altri scrittori ecclesiastici dei primi secoli, fin verso la metà del XX s’era conosciuto soprattutto lo Gnosticismo cristiano, pure chiamato Cristianesimo gnostico o Gnosticismo cristianeggiante, espressione quest’ultima che mi sembrerebbe la più appropriata perché, come vedremo, i fondamenti del Cristianesimo sono assenti. Normalmente userò però la prima espressione, Gnosticismo cristiano, perché è la più comune; ma ponendo “cristiano” in corsivo.

Mi pare che, più che cercare una presunta essenza del Cristianesimo e confrontarla con quella, altrettanto presunta, dello Gnosticismo cristiano, il che porterebbe a inutili discussioni su quale sia tra i due il vero Cristianesimo - con questo sgombro subito il terreno al riguardo - si tratti di precisare che cosa intendano etichettare con la parola Cristianesimo i membri stessi della Chiesa; e mi riferisco, lo dico senz’altro, al credo nelle reali morte e risurrezione di Gesú Cristo, il Figlio seconda Persona della Trinità e vero Dio in Pneuma, e insieme vero uomo in corpo e anima (o psiche, cioè psyché in greco antico, tradotta anima in latino e poi in italiano): il Cristo che ha portato all’intera umanità, nessuno escluso, l’Amore totale per Dio e per il prossimo compreso il nemico, non una conoscenza per pochi eletti come nello Gnosticismo: differenza fondamentale.

Le citate scoperte favoriscono il paragone tra Gnosticismo cristiano e Gnosticismo pagano e giudeo.

I papiri di Nag Hammadi contengono testi relativi agli gnostici sethiani, di cui lo scrittore ecclesiastico antico Epifanio aveva sentito parlare e che aveva citato, vale a dire “La rivelazione di Adamo a Seth” e altri libri attribuiti al Seth Celeste, detto l’Allogeno, oppure alla sua terrestre incarnazione Seth figlio dell’Adamo della Genesi; nonché, riferiti a Zoroastro, Zostriano, Messos e a un figlio di Noè, Sem. Si trovano inoltre rivelazioni rivolte da Seth ai predicatori gnostici definiti gli Ultimi Profeti: sono “L’ipostasi degli Arconti” con alcuni brani del cosiddetto “Libro di Norea” che Epifanio citava, “La rivelazione di Dositeo”, il “Pensiero della Grande Potenza”, “La triplice Epifania”, opere che secondo quanto ritenevano i critici cristiani antichi avrebbero riportato insegnamenti di Simon Mago; inoltre, il “Vangelo degli Egiziani”, chiamato pure “La lettera e il Libro sacro del Grande Spirito Invisibile”, di un certo Eugnosto di cui non si sa che il nome. Altri testi fanno riferimento al ben noto gnostico cristiano Valentino: “Sulla Risurrezione”, “Vangelo della Verità”, Trattato delle Tre Nature”. Sempre di ambiente gnostico cristianeggiante, sono stati rinvenuti a Nag Hammadi il “Vangelo di Tommaso”, il “Vangelo di Filippo”, il “Libro di Tommaso scritto da Matteo” e varie rivelazioni riferite dagli autori agli apostoli Pietro, Paolo, Giacomo e a un segretario di Pietro, Silvano. La giara racchiudeva pure il trattato “Asclepius”, ermetico, non gnostico. Relativamente allo Gnosticismo cristiano sono opere cardinali i tre vangeli di Tommaso, di Filippo e della Verità, tutti traduzioni in lingua copta di originali greci.

I testi cristiani apocrifi (= nascosti) sono quelli che non furono riconosciuti dalla Chiesa come testimonianze autentiche della predicazione apostolica e non vennero perciò inclusi nel Nuovo testamento8 . A differenza dei Libri canonici, nati nella Chiesa delle origini come scritti fondamentalmente comunitari, gli apocrifi erano opere individuali e connesse a ristretti gruppi di fedeli. Essi rispondevano a due diverse esigenze. Da una parte, (apocrifi non canonici ma non eretici), gli autori erano mossi dal desiderio di presentare alla propria cerchia notizie su Gesú e i suoi parenti e discepoli che i Vangeli canonici non riportavano. Ad esempio, il libro dello Pseudo-Matteo si dilunga, tra l’altro, sulla nascita di Gesú e la fuga in Egitto, parlandoci d’un bue e d’un asinello nella stalla della Natività e precisandoci che questa stalla era una grotta. Dall’altra parte (apocrifi eretici), si trattava di espressioni di dottrine diverse da quella della Chiesa, per lo più esoteriche. Queste opere sostenevano i loro dogmi differenti da quelli cattolici, in particolare a proposito della Trinità e di Cristo, e presentavano idee dualistiche e gnostiche e posizioni estremiste, come un eccessivo ascetismo e l’estrema importanza data alla castità accompagnata dalla condanna del matrimonio e della procreazione, come nel “Vangelo degli Egiziani” che sostiene l’encratismo, una sorta di esasperato moralismo antisessuale; e pure mostravano discriminazione tra gli esseri umani eletti e gli altri non destinati a salvarsi, come si desume dai Vangeli gnostici di Tommaso, di Filippo, della Verità. Si noti inoltre, a proposito di quegli apocrifi che vogliono, anzitutto, rispondere all’esigenza di saperne di più rispetto alle notizie contenute nei Vangeli neotestamentari, che parte di essi contiene comunque una o più impressioni eretiche degli autori, come il “Vangelo di Pietro” che ha sì lo scopo di descrivere nei dettagli la risurrezione di Cristo, ma contiene secondariamente l’eresia doceta: il docetismo considerava il corpo di Gesú un mero fantasma. Oltre che per lo studio dello Gnosticismo, i testi apocrifi sono utili per certe notizie storiche che essi riportano o che se ne possono ricavare. Ad esempio, gli “Atti di Giovanni” c’informano che fin dall’antichità si celebravano messe per i defunti; abbiamo informazioni inoltre sulle modalità del Battesimo e dell’Eucaristia nel Cristianesimo antico; sui nomi dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna, notizia forse veritiera e riportata solo oralmente fino al II secolo; sui nomi dei “re” magi, Gaspare, Melchiorre, Baldassarre; apocrifi ci presentano il cerimoniale della Presentazione al Tempio e ci dicono dell’Assunzione di Maria a Dio in corpo e anima alla fine della sua vita; lo “Pseudo-Matteo” ci fa capire indirettamente che la venerazione per lei era già viva ai tempi della stesura di questo libro, fine II secolo / inizio III, dato che immagina idoli pagani che si prostrano alla Madonna. Certi apocrifi influiscono sul costume cristiano; ad esempio, il presepe è ispirato a testi come il citato “Pseudo-Matteo”; ed è la stessa cosa per moltissime opere d’arte come la Natività di Giotto che presenta una cometa in cielo secondo la letteratura apocrifa - fors’anche, peraltro, a causa del passaggio della cometa di Halley negli anni di vita del pittore - mentre il Vangelo canonico secondo Matteo parla semplicemente di una stella; molti affreschi e vetrate di cattedrali e basiliche hanno a base episodi apocrifi, ad esempio nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Inoltre, l’eccessiva pruderie, nel corso della Storia, di alcuni ambienti cristiani, sia cattolici e ortodossi, sia protestanti, è influenzata dalla mentalità sessuale ultrarigorista di certo pensiero gnostico.

Gli apocrifi influenzarono, anche di più, l’Islam, fino a entrare nella sua letteratura sacra: gran parte dei temi evangelici del Corano deriva da quei libri.

L’apocrifo Vangelo di Tommaso (o Raccolta delle parole segrete di Gesú) non dev’essere confuso con un altro apocrifo, già precedentemente noto, detto “Vangelo dell’infanzia dello Pseudo-Tommaso”. Il manoscritto ritrovato è una copia dell’inizio del IV secolo. C’è chi ha ritenuto di poter datare l’originale in lingua greca agli anni 110-130, ma è pure stata formulata l’ipotesi ch’esso sia addirittura dell’ultimo decennio del I secolo, all’incirca in corrispondenza della formazione del quarto Vangelo canonico, Giovanni, da cui peraltro differisce totalmente nello spirito e nella forma. Per molti versetti è assimilabile ai sinottici, cioè ai vangeli di Matteo, Marco e Luca così chiamati perché offrono molti versetti eguali o assai simili, e soprattutto al primo e all’ultimo; anche in questo caso, però, differente è la forma e diverso è il significato grazie a varianti o ad aggiunte di versetti non presenti nei Vangeli neotestamentari. Se sulle prime si potrebbe pensare che all’autore fossero noti i sinottici, c’è pressoché unanimità tra gli studiosi, data la gran differenza concettuale, nel ritenere che ci fosse a base piuttosto, per gli uni e per l’altro, un’antecedente fonte comune, detta convenzionalmente Q (dalla parola Quelle, appunto Fonte in tedesco), poi diversamente dai sinottici utilizzata dall’autore Tommaso inserendo incitamenti alla gnosi. L’opera è una collezione di detti (loghìa) di Gesú, di qualche parabola e di rari dialoghi coi discepoli, mentre i Vangeli canonici, oltre a contenere a loro volta parabole, dialoghi e detti, sono narrazioni, peraltro non in ordine cronologico quanto alla vita pubblica di Cristo, a parte le finali Passione e Risurrezione; queste sono infatti quanto, fondamentalmente, gli evangelisti vogliono annunciare, essendo il Cristianesimo della Chiesa antica basato proprio sulla Risurrezione, da intendersi in senso reale e non simbolico, conseguente alla vera morte di Gesú; il Nuovo testamento dice, inequivocabilmente, che la risurrezione di Cristo non è simbolica ma reale: “Se Cristo non è risuscitato, allora è inutile la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15, 14)9 .

Il Vangelo di Filippo è contenuto nello stesso volume immediatamente dopo quello di Tommaso. L’esistenza del testo era già nota perché ne aveva parlato lo scrittore ecclesiastico antico Epifanio, vissuto fra il 310 e il 403. La copia in copto di Nag Hammadi dovrebbe risalire al 330, ma gli studiosi ritengono che l’originale in greco sia più o meno coevo rispetto al Vangelo gnostico secondo Tommaso, precisamente, come minimo, dell’anno 90 e, al massimo, dell’anno 130; inoltre, che anch’esso non sia in rapporto diretto coi Vangeli canonici pur avendo non pochi versetti simili. Sarebbe un’opera della scuola gnostica valentiniana (su cui ritorneremo).

Infine, il Vangelo della Verità si differenzia in quanto consiste in una preziosa trattazione di argomenti basilari dello Gnosticismo – dei quali parleremo tra poco – che costituiscono quella che, secondo l’autore, è la Verità rivelata da Gesú Cristo a proposito dell’origine e del fine delle cose, della cosiddetta emanazione, della caduta degli animi nel buio della materia, dell’ignoranza di sé medesimi quali eoni derivanti dalla Luce divina, dell’errore, della dimenticanza di Dio, della necessità di conoscenza per tornare a lui. A quest’opera avevano accennato anticamente Ireneo e Tertulliano, con riferimento agli gnostici valentiniani; un testo, secondo Ireneo (in “Denuncia e confutazione della pseudo gnosi”), che pur contenendo la parola Vangelo è dissimile da quelli cristiani perché le cose che vengono dagli Apostoli sono tradite. Anche questo codice è dell’anno 330 circa, mentre l’originale è del II secolo, all’ingrosso attorno al 180: ne parla Ireneo, morto verso il 200, dichiarandolo “piuttosto recente”. È all’incirca contemporaneo del cosiddetto Canone Muratoriano cattolico, elenco non ufficiale della maggior parte di quelli che saranno considerati i libri canonici neotestamentari della Chiesa. Più degli altri due, il Vangelo della Verità è strettamente gnostico-cristiano, sia in particolare per la cristologia, sia per la più generale teologia.

È col diffondersi dello Gnosticismo, per la Chiesa “falsa gnosi” cioè falsa conoscenza, che si comincia, attorno all’anno 180, a stabilire, tanto a mezzo del Canone Muratoriano quanto grazie a un elenco scritto nella seconda metà del II secolo da Ireneo vescovo di Lione, quali sono le opere che testimoniano genuinamente il Cristianesimo dell’età apostolica, cioè i libri che, usati fin dall’inizio ininterrottamente in tutte le chiese e non solo in alcune, saranno chiamati Nuovo testamento10 ; l’uso sarà ancor solo di fatto, una certa qual ufficializzazione arriverà nel IV secolo da alcune cattedre episcopali mentre per la proclamazione dogmatica si dovrà attendere il Concilio di Trento.

Gnosticismo: un fenomeno antico

Gli gnostici non fanno parte di un culto ufficialmente riconosciuto, e d’altronde il fatto stesso della segretezza ne è in contrasto; e neppure di una qualche corrente profetica. Solo col tempo si hanno gruppi gnostici, cristianeggianti, che si fanno riconoscere, ma rimanendo esoterici, in quanto i loro riti restano appunto segreti: un po’ come per la moderna Massoneria che, all’apparenza, ha raccolto aspetti della gnosi mistica; si tratterebbe tuttavia d’un’influenza più formale che sostanziale.

Se da una parte le cerimonie massoniche d’iniziazione, piene di prove, celebrano il ricordo delle iniziazioni gnostiche e se, in esse, la conoscenza delle parole e dei segni costituisce, secondo quanto aderenti alla Massoneria rendono pubblico, indispensabile condizione per superare la guardia dei custodi delle sfere celesti; se inoltre è comune il linguaggio simbolico, peraltro appartenente più in generale alla tradizione alchemica, ermetica e cabalistica; e pur se sono qualificanti anche qui i mezzi della conoscenza intuitiva e simbolica, vi sono nella Massoneria essenziali cose estranee alla gnosi antica. Infatti la conoscenza massonica non è religiosa in senso stretto; non c’è una visione escatologica nelle logge massoniche, a differenza che nelle consorterie gnostiche classiche; e per i massoni una tensione morale permea tutta la loro costruzione, mentre nello Gnosticismo questa è assente, essendo preoccupazione sola dello gnostico quella della sua personale salvezza eterna, senza filantropia, senza il concetto cui i massoni molto tengono di bene e progresso dell’umanità. Il termine era stato preso a prestito a un certo punto, essendosi approfondita nel frattempo la conoscenza del fenomeno gnostico antico, mentre al suo sorgere la Massoneria non poteva ancora conoscere a fondo lo Gnosticismo. Pare che i richiami alla gnosi in una parte dei rituali e delle parole abbia significato espressione simbolica della perfetta conoscenza del trascendente, ma non l’adesione a una dottrina gnostica, causa i suoi fondamenti dogmatici non conciliabili con il pensiero antidogmatico massone.

Come già s’era accennato, gli gnostici antichi non definiscono sé stessi come tali, bensì come pneumatici o, è lo stesso, spirituali; infatti, la parola Gnosticismo identifica solo convenzionalmente, presso gli studiosi, un insieme di dottrine e pratiche esoteriche d’una certa qual omogeneità: vengono definiti gnostici quei gruppi filosofico-religiosi antichi che hanno a base del loro pensiero i concetti del dualismo tra bene e male; degli spiriti intermediari tra Dio e uomo e di esseri, diversi da Dio, plasmatori del mondo materiale, considerato malefico; di animo quale scintilla divina imprigionata nella materia; che ritengono necessario conoscere secondo una via soprattutto mistica per liberare l’animo e condurlo alla luce divina; che contemplano un essere soprannaturale salvifico, rivelatore della vera conoscenza, anche se nello Gnosticismo precristiano si tratta a volte d’auto-illuminazione derivante dalla scintilla divina, dal pneuma stesso presente negli gnostici, i quali accolgono l’astrologia come componente del sapere. Si tratta di sette che praticano riti esoterici, così come tengono segreto l’elenco e ritengono limitato il numero di coloro che, dotati di pneuma, la rivelazione gnostica possono ricevere. Parte di quelle persone crede alla reincarnazione secondo Orfismo e Pitagorismo; non coloro che hanno a base l’Egitto; infatti per gli Egizi antichi non ci sono reincarnazioni e inoltre, secondo il generale sentire semita e poi giudeocristiano, quanto risorge è il corpo; è proprio per questo che gli egiziani lo mummificano.

Si noti che la gnosi, la conoscenza per illuminazione, per gli aderenti allo Gnosticismo antico ha come oggetto il cosiddetto Sé ontologico, considerato da loro reale e consustanziale alla realtà divina stessa: un Sé che gli gnostici ritengono precisamente la vera realtà, meramente spirituale, dell’essere umano imprigionata qui nella materia, un Sé che non è semplicemente presente nell’uomo spirituale ma corrisponde al suo unico e vero io, anche se gli è necessaria l’illuminazione per scoprire quella coincidenza e liberarsi dalla soggezione alla materia, per tornare finalmente allo spirituale pleroma. Lo Gnosticismo esprime e tenta d’opporsi all’angoscia esistenziale del suo tempo, cercando una personale soluzione, al di fuori di istituzioni e confessioni religiose.

Così capita di nuovo oggigiorno in quel fenomeno spirituale che si può chiamare neognosticismo, pure per il quale è fatto caratterizzante la conoscenza per illuminazione avente come oggetto il Sé ontologico.

Dunque conoscere vuol dire per gli gnostici antichi risvegliarsi da una situazione di oblio e di schiavitù alla materia prendendo coscienza del proprio vero essere, del citato Sé ontologico e ciò, se da una parte è premessa alla Salvezza, dall’altra genera grave tristezza nell’angoscia di liberarsi dai vincoli e tornare alla Patria divina. Si legge nel “Vangelo della Verità” che il processo di scoperta comincia con l’individuale, solitaria esperienza dell’angoscia insita nella stessa situazione umana.

Cosa caratterizzerebbe lo Gnosticismo? Il dualismo? No, esso non è infatti caratteristica del solo Gnosticismo e va tenuto oltretutto presente che, all’interno della concezione dualista, ci sono differenze non secondarie tra lo Gnosticismo pagano e quello giudeo. Gnosticismo è un termine che non ha una precisa definizione scientifica. Ci sono studiosi che chiamano gnostiche sette come quella essena (su cui torneremo) che presentano solo una parte dei concetti elencati. Altri includono nello Gnosticismo addirittura la più antica religione iranica, il Mazdeismo che ha come base l’idea d’un dio del bene e d’un dio del male fra loro in lotta e, quindi, è apparentemente dualista anche se, come s’era detto, si tratta di fondo d’un monoteismo.

Due caratteri distinguono sempre gli gnostici, l’esoterismo e la dissimulazione, ma da soli non bastano a contraddistinguerli.

In questo saggio si userà la parola Gnosticismo per dottrine che presentano almeno alcune delle sue caratteristiche principali; non nel caso si tratti di pratiche spiritistiche, dell’idea singolare, più o meno paranoide, di essere un eletto, del credo nella reincarnazione e nell’astrologia. Altrimenti si deborderebbe troppo.

Gnosticismo cristiano, nemico del Cristianesimo

Nella sua forma cristianeggiante lo Gnosticismo fu un formidabile nemico del Cristianesimo, un avversario che, una volta entrato nelle fila della Chiesa, non solo si affinò di molto ma ritenne d’essere il vero Cristianesimo e rischiò di eliminarne, almeno presso i credenti colti, i fondamenti evangelici, cioè la realtà fisica della risurrezione di Gesú e l’imperativo di Cristo di farsi piccoli nell’amore per gli altri, sostituendoli con quello dell’illuminazione degli eletti da parte di un Cristo che avrebbe portato, e a loro soli, la vera sapienza salvifica; un Cristo che a loro sentire non sarebbe morto, perchè privo di corpo, e sarebbe tornato semplicemente al Cielo col suo spirito al termine della permanenza in terra; e proprio per questo gli gnostici cristiani non accettavano il martirio, ricevendone dalla Chiesa l’accusa di vigliaccheria.

È da considerare l’idea11 che nel periodo precristiano e in quello del proto Cristianesimo, i più antichi elementi dello Gnosticismo fossero non solo piuttosto disomogenei ma non ancor fusi e che dottrine ben organizzate si raggiungessero solo nel II secolo d.C. C’è chi ha precisamente affermato12 che l’identificazione tra le figure del redentore gnostico e del Figlio dell’Uomo sia uno sviluppo dello Gnosticismo cristiano. Per certi studiosi del secolo XX però, primo Rudolf Bultmann, era stato il Cristianesimo a derivare dallo Gnosticismo. Ci sono ancor oggi, da cattedre universitarie di Storia comparata delle religioni, ricercatori che sospettano la stessa cosa. Era, di fondo, la tesi di positivisti del XIX secolo, anche se non si riferivano espressamente allo Gnosticismo, ma in generale alle categorie della filosofia e della mitologia greche e delle teosofie orientali. Per il fondatore del positivismo Auguste Comte, era stato Paolo, nato a Tarso nell’ambiente giudaico ellenista della diaspora e che conosceva altrettanto bene il greco e l’ebraico, a creare il Cristianesimo13 , richiamando un oscuro personaggio nazareno, Gesú, assai diverso dalla persona risultante dalle Lettere paoline, figura da Paolo definita del Cristo-Messia-Dio (l’Unto-Dio) tradendo, oltretutto, la tradizionale figura del messia atteso dai giudei, il quale avrebbe dovuto sì essere dotato di grandi carismi e governare un millenario regno di pace, ma essere solo uomo: Paolo, sempre secondo il Comte, aveva creato la nuova religione connotandola di pensiero e di miti ellenici. Si trattava però di ipotesi non sostenute da documenti, ché il punto di riferimento era per il Comte e per gli altri critici positivisti il Nuovo testamento di cui rifiutavano quale invenzione quanto non corrispondeva alle loro tesi. Individuavano nella dispersione del popolo ebraico la condizione oggettiva del notevole e relativamente celere sviluppo del primo Cristianesimo14 : qualunque nuovo movimento religioso fosse nato fra i giudei della diaspora, dicevano, avrebbe avuto notevole probabilità di diffusione grazie alla medesima, dato che in moltissimi centri del bacino del Mediterraneo, soprattutto in Egitto, nell’Asia Minore, in Italia, c’erano comunità ebraiche che ogni tanto visitavano Gerusalemme ed erano in contatto epistolare con altri ebrei. Il movimento si sarebbe espanso presto e grandemente all’ambiente gentile greco-romano, debordando dal Giudaismo ellenizzato grazie, fin dall’inizio, alla frenetica attività di Paolo e alla sua grecità, nonché all’opera dopo di lui di altri cristiani giudeo-ellenizzati o greco-romani, fra cui un presunto autore elleno del Vangelo secondo Giovanni. Vedremo invece che l’ellenizzazione vera e propria del Cristianesimo non è precedente, al più presto, gli anni 135 - 140 del II secolo, periodo nel quale entrano in gioco i primi apologisti greco-cristiani. Era stato supposto pure che Gesú, durante i suoi anni oscuri, all’incirca fra i dodici e i trent’anni, avesse studiato dottrine spirituali in Oriente; tuttavia, quest’idea era ormai in decadenza prima della metà del XX secolo: come riferiva Alan Bouquet in una sua Storia delle religioni scritta nel 1941 15 , “gli studiosi del Nuovo Testamento che ci precedettero errarono nel supporre che il Cristianesimo iniziasse con l’attività di un maestro di tipo socratico, o confuciano, che dovesse alla sua capacità dialettica il proprio notevole successo e che poi si corrompesse trasformandosi nel culto esoterico di un eroe divino”.

La sfida tra Cristianesimo e Gnosticismo cristiano non s’è chiusa nel passato, anche se ufficialmente il secondo è stato sconfitto dalla Chiesa già nel V secolo, dopo aver cominciato a indebolirsi fin dal III. In realtà risorge più volte in eresie16 cristiane ed è ancora vivo sotto altri nomi, in certe sette e nella persona di membri della stessa Chiesa. Anzi, nel movimento New Age - Next Age costituisce per il Cristianesimo un forte avversario.

V’è oggigiorno chi pensa che la via mistico-ascetica alla conoscenza di Dio sia senz’altro superiore a quella dello studio della Parola, il che può vedersi quanto meno come atteggiamento gnostico. Mi pare il caso, ad esempio, di Marco Vannini nel suo saggio “Il volto del Dio nascosto”17 che, salvo alcuni versetti di Giovanni, ignora il Testamento ed esalta la mistica greca. Mi sembra che in sostanza la tesi di quest’autore sia che il migliore cristiano è quel mistico che segue l’esempio di Gesú nell’esperienza dell’Uno, raggiungendo nel sommo intuitivo della propria ragione l’unità profonda con Dio stesso. Fatto è che, come risulta dal complesso dei Vangeli, non è di tipo mistico l’esempio di Cristo che il credente deve seguire, ma pratico, nella carità del giorno per giorno. Solo in alcuni versetti di Giovanni, se estrapolati dall’insieme del suo Vangelo, si può trovare apparente avallo a quella tesi, come dove Gesú afferma che lui e il Padre sono una cosa sola; ma nel Cristianesimo, secondo l’insieme del Nuovo testamento, s’intende che Gesú-Cristo-Figlio è Persona divina dell’unico Dio, non che l’uomo Gesú è giunto misticamente a fondersi con Dio. Mi pare, salvo errore, che il Vannini nutra per la Scrittura una certa qual disistima, che ne rifiuti il sentire ebraico e apprezzi solo quanto, in Giovanni, appare venire da quello greco. Vedremo, oltre, versetti di Giovanni che alcuni studiosi hanno ritenuto scritti da un greco gnostico.

Pure adesso c’è chi, anche tra cristiani, ignorando che il Cristianesimo ha come base religiosa essenziale la reale risurrezione di Gesú, non una dottrina derivante da speculazioni, afferma che sotto l’insegnamento praticato ai comuni credenti, cioè quasi a tutti, si cela il vero sapere rivelato da Cristo a pochi discepoli e da questi tramandato a una parte sola dei loro allievi. Uno di quegli eletti sarebbe stato l’apostolo Giovanni, per l’essere stato il migliore amico di Cristo - il discepolo che Gesú amava -, e, secondo il Bultmann, perché nel suo Vangelo si situerebbero basilari concetti gnostici. Pure gli apostoli Tommaso e Filippo sono da due millenni ben piazzati fra quei presunti eletti tra gli eletti di Cristo, il primo per aver voluto conoscere a fondo la verità mettendo le dita nelle piaghe del Risorto e il secondo per avergli chiesto di fargli vedere il Padre.

Vi sono oggi cristiani che praticano riti segreti magico-iniziatici e spiritismo. Li troviamo, oltre che nel movimento New Age -Next Age, fra cattolici integristi dell’estrema destra che aderiscono a conventicole da considerarsi piuttosto gnostiche che cristiane, per l’atteggiamento di disdegno culturale e umano verso le persone più semplici, o soltanto ritenute tali perché non delle loro. Anche protestanti partecipano a sedute spiritiche o sono tentati o addirittura credono nella reincarnazione. Altri cristiani sono membri di confraternite esoteriche, più o meno massoniche, Rosa-Croce, o di cattoliche fratellanze che si rifanno segretamente agli antichi Templari o al Martinismo di fine ‘700.

II - L’ANTICO G NOSTICISMO

L’antico Gnosticismo attraversa tre fasi:

Il precristiano ha come aderenti pagani e, parallelamente, ebrei.

Quello intermedio, introducendo la persona di Gesú, usa alcuni concetti cristiani. Riguarda in modo particolare giudei. Il più famoso esponente, anche se non tra i più gnostici, ne è il samaritano Simon Mago.

Nell’ultima fase, dai primi decenni del II secolo, ha ormai una forte base di concetti cristiani. Questo Gnosticismo cristianeggiante trova adepti soprattutto presso greci e romani colti.

Nello Gnosticismo precristiano, come ad esempio presso i barbelognostici, la redenzione deriva dal risveglio dell’Uomo primordiale per opera di una Grande madre - Sophia, Sapienza o Barbelos - che discende nel fondo del primordiale abisso; in seguito la funzione di Salvezza è svolta dalla figura maschile di Seth, presso i sethiani; finalmente, con lo Gnosticismo cristiano, è assolta da Cristo.

Tuttavia, anche nello Gnosticismo cristiano non risulta nulla del mistero della reale incarnazione di Cristo il Figlio-Dio-uomo, della sua vera morte per crocifissione e della sua risurrezione in corpo e anima umani, concetti, anzi per i credenti fatti storici compreso l’ultimo, essenziali per il Cristianesimo. Per quegli gnostici il Salvatore, dopo che è disceso sulla terra, senza incarnarsi, e ha rivelato la vera conoscenza, ascende, senza essere mai morto, attraverso i cieli materiali che Sophia aveva posti a confine del mondo dell’universo fisico, e ricostituisce l’unità dello spirituale pleroma in una finale conflagrazione di luce splendida che elimina la materia e sigilla la redenzione degli esseri umani.

Gnostici greci ed ebrei

Gli antichi maestri gnostici impartiscono segreti insegnamenti ai loro discepoli sui fondamentali problemi dell’umanità, l’origine e il fine dell’essere umano, la struttura universale, il significato del male e del dolore: questo costituisce la parte filosofica delle loro dottrine; e offrono una via religiosa di salvezza ultraterrena. La conoscenza viene raggiunta dagli adepti massimamente in forma mistica, anche attraverso rituali magico-religiosi. C’è una gerarchia; parte delle rivelazioni occulte è riservata ai membri di grado più alto.

I sistemi filosofico-religiosi degli gnostici sono in parte diversi a seconda del contesto culturale in cui sorgono e del tempo in cui nascono, ma ci sono fondamentali punti comuni.

Il male per gli gnostici non è assenza di bene o risultato d’una colpa umana, come invece nelle religioni giudea e cristiana, e poi islamica, ma una realtà in sé che ci fronteggia angosciandoci, un caos che è regno di quella morte cui l’uomo pare inevitabilmente indirizzato e per cui la vita è vana. Ma lo gnostico si considera speciale, fondamentalmente alieno da questo mondo e destinato a sopravvivere grazie a una particolare illuminazione ricevuta da un redentore divino che l’ha indirizzato a una vera, essenziale conoscenza, di tipo soprattutto intuitivo mistico, la quale può elevare il suo spirito a Dio e condurlo alla salvezza ultraterrena.

Mito gnostico essenziale è quello dualista, che nasce dall’esigenza di spiegare il male e armonizzare l’idea d’un Dio increato perfetto e trascendente con un universo materiale immanente, compreso il corpo dell’uomo, di cui il suo spirito è prigioniero; un mito che deve spiegare come il fondamento dell’esistere, l’Uno, conservi la sua unicità e immutabilità perfette e insieme si manifesti nel molteplice divenire. Dio è infatti l’Essere ma si esprime in molteplici enti, forme intelligibili del mondo, compreso l’ente antropologico. Per gli gnostici, poiché Dio è buono e la materia è cattiva, egli non può esserne il diretto creatore. Egli crea in quanto, essendo Amore, non desidera stare solo; ma non il mondo materiale, bensì il pleroma, regno della divina pienezza popolato di sue creature spirituali (eoni). Quanto più si avvicinano ai confini del pleroma, tanto meno quegli spiriti sono perfetti.

La letteratura gnostica ha forma mitologica, precisamente i fondamentali problemi dell’uomo sono espressi tramite miti; ma altrimenti dalle mitologie primordiali della natura, che raccontavano il rapporto fra l’uomo e il cosmo, nei testi gnostici il rapporto dell’uomo col divino è narrato in forma allegorica; non si tratta solo del dramma dell’uomo, in esso è coinvolto anche il dio gnostico, un Uno che ha l’idea, senza però voler esprimerla nel mondo, dell’Anthropos primordiale, archetipo dell’ente uomo; e le anime degli illuminati possono risalire dopo morti a quell’idea di Dio. È concezione diversa da quella delle religioni ortodosse giudea e cristiana, per le quali non ci sono preesistenti anime e Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, nel senso che soffia in lui un alito della sua Vita e della sua Ragione rendendolo non solo vivo come gli animali e le piante, ma capace di ragionare a fondo, fare libere scelte e intuire il Trascendente.

Per una parte degli gnostici, l’eone più lontano dall’Uno, a volte chiamato Sophia, Sapienza, è stato preso o meglio presa da Lussuria; e da Sophia è nato un Demiurgo, quello stesso di cui scriveva Platone, cioè un plasmatore – non creatore – del mondo materiale: la materia, sia pur buia, inattiva, sterile, per la maggior parte degli gnostici è coeterna a Dio. Da altri, in particolare in ambiente giudaico e, poi, cristiano, il Demiurgo è identificato col Dio crudele dell’Antico Testamento Jahvè18 Da altri ancora, questi è ritenuto generato dal Demiurgo.

Il Demiurgo, o suo figlio, malamente realizza il modello ideale del mondo che esiste da sempre e per sempre nella mente di Dio, il quale è all’oscuro dell’iniziativa oppure per qualche motivo non può o non vuole impedire che si plasmi l’universo e, in questo, gli esseri umani. Quel maldestro Artigiano modella il corpo dell’uomo, dotato di psiche, o ragione, e gli dona vita, o anima vegetativa. Sophia infonde allora all’essere umano la sua essenza spirituale: spirito, o pneuma, o animo; ma per la maggior parte dei sistemi gnostici, il dono è fatto solo ad alcuni, gli pneumatici appunto, o spirituali; non ai molti altri esseri umani: ilici, cioè materiali; per certi gnostici vi sono però uomini dotati di un’ottima psiche (o anima, alla latina), detti appunto psichici, che ricercando possono faticosamente giungere a ottenere l’animo, la scintilla divina quasi come gli spirituali. Il Demiurgo plasma pure i sette pianeti allora conosciuti, compresa la Luna, detti Governatori in quanto, secondo astrologia, essi governano tramite il destino il mondo terrestre e tutta la materia in genere. Oltre le loro sfere, vive Dio, il Bene, che dunque non è onnipresente: non è nei pianeti e non è nel nostro mondo nei quali c’è solo il male. I pianeti, considerati spiriti personali, eoni - presso gli ebrei gnostici, angeli maligni -, esercitano un’influenza malefica sugli esseri umani. Secondo certi gruppi, non dal Demiurgo ma dalla Mente Prima è emanato a propria immagine un archetipo d’Uomo, l’Anthropos, che dovrebbe restare nel pleroma ma, desideroso di creare, scende dalle sfere celesti e, accoppiandosi con Natura, dà vita al genere umano; l’uomo immanente trae il corpo dalla madre e l’animo immortale dal padre. È stato supposto che questa diversa visione abbia base non solo in antiche tradizioni ebraiche ma nell’Ermetica, di cui è fondatore il leggendario Ermete Trimegisto, nome greco del dio egiziano Toth. Vi sono peraltro studiosi che pensano non ci sia rapporto fra Ermetica e Gnosticismo. Certo è che le due filosofie esoteriche hanno in comune il platonismo, dalla cui dottrina delle idee, o essenze, traggono il concetto che ogni entità del mondo è copia imperfetta dell’Idea divina immateriale che sta nella mente di Dio, unica realtà; ad esempio, l’Idea del cavallo: essa si riferisce a tutti i cavalli esistenti ma ciascuno di questi è più o meno lontano dall’Idea che ne ha Dio, a seconda della bellezza, della forza, della velocità, dell’età e, in genere, della ipposità, o cavallinità del singolo equino, che come ogni cosa del mondo materiale è mera ombra dell’essenziale realtà ideale divina. Gli ermetici e gli gnostici hanno un sentire comune non solo sulla teoria delle idee; tanto in un testo ermetico, il Poimandres, quanto nei libri gnostici detti “ortodossi”, si parla della liberazione dell’animo umano dalla schiavitù dei pianeti, perché possa ascendere le sfere fino al cielo più elevato da cui era sceso suo padre. Più che l’Ermetismo è però la gnosi mistica che conosce bene “i cancelli delle sfere” e i nomi dei demoni che ne sono guardiani, e ha le parole esoteriche necessarie a passare da una sfera all’altra. Nel Libro di Enoch si dice appunto d’una salita di questo personaggio attraverso le sette sfere dei cieli. È un testo apocrifo ebraico che influenza, forse, un’allegoria della I Lettera di Pietro del Nuovo testamento, relativa all’Ascensione di Cristo.

Non solo gli gnostici giudei ma pure quelli ellenici si rivolgono all’aspetto esoterico, ascetico e alchemico19 della complessa mistica giudaica, comprendente un’interpretazione allegorica di insegnamenti orali, non presenti nella Scrittura, tramandati da illuminati ai neofiti. Parte di questa mistica porterà secoli dopo alla Qabbãlãh (Cabbala o Cabala)20 con l’aggiunta di elementi delle filosofie neoplatonica e araba. Lo Gnosticismo subisce il fascino non solo dei simboli giudaici della tradizione esoterica ma pure della Scrittura ortodossa. Il doppio racconto, di due autori diversi, della creazione di Adamo, di cui alla Genesi, è steso già nel VI secolo a.C. e, oltretutto, è forse basato sopra una tradizione orale precedente, cioè è anteriore alle concezioni gnostiche.

Ci sono tuttavia differenze concettuali importanti fra gnosticismi greco ed ebraico: nel sistema che possiamo già dire, convenzionalmente, cabalistico, la materia non è eterna ma creata, Adamo è stato emanato direttamente da Dio e fatto a sua immagine, come nella Genesi ma con una variante: il mondo terrestre non viene da Dio: Dio ha espresso altre nove Sephiroth - Emanazioni - oltre all’Uomo e da quelle è venuto il mondo materiale; il resto dell’universo è spirituale e i pianeti sono angeli maligni ribellatisi a Dio. La setta ebrea pregnostica dei magariani distingue tra Dio e un suo angelo creatore non solo del mondo ma pure dell’uomo, così giustificando sia il male sia i tratti antropomorfici21 dello Jahvè della Genesi e di altre Scritture bibliche. La complessa, diversificata compagine angelica degli gnostici ebrei può aver avuto origine dalla religione dualista mazdea che contemplava angeli del bene derivanti da un Dio buono e angeli del male, demoni, originati da un concorrente Dio del male. Per tutti i giudei però, gli angeli sono invece sempre creati da Dio; essi sono dotati di una iniziale libertà di peccare; parte di questi angeli, per sua stessa ribellione–divisione, diviene diabolica, dopo di che la scelta buona o cattiva viene radicalizzata da Dio per sempre, senza più possibilità di peccare per i buoni e, per i demoni, di salvarsi. È un’idea che, simbolicamente, passerà nell’Apocalisse cristiana di Giovanni, che parla d’una battaglia in Cielo in cui satana (il dragone-serpente) e i suoi sono sconfitti dalla schiera angelica dei buoni e precipitati da Dio sulla Terra; e che è presente in apocalissi ebraiche composte, all’incirca, dal II - I secolo a.C. al I secolo d.C., come il Libro di Enoch: nessuna di fede sia per la religione ebraica sia per quella cristiana. L’idea d’una reale battaglia tra angeli è tuttavia fortemente presente nel sentire dei cristiani, non solo prima dell’epoca contemporanea ma, almeno in molti credenti, ancor oggi, anche se non si tratta d’un dogma definito; anzi, la teologia ha ben presente l’allegoricità di quella tenzone.

Gli gnostici, e primi tra loro quelli ebrei, si interessano sùbito, verso gli anni 35 - 40 d.C., al primo Cristianesimo, che è d’ambiente giudeo.

Esseni gnostici? Essenismo matrice del Cristianesimo? Qumran

Prima di parlare degli gnostici pre-cristiani e cristiani, è bene dare uno sguardo alla setta ebrea degli esseni, che aveva aspetti gnostici; ed è interessante vedere se sia provato a sufficienza quanto alcuni affermano, che l’Essenismo, lo si qualifichi o no come gnostico, abbia portato al pensiero cristiano.

Gli storici antichi Filone d’Alessandria e Giuseppe Flavio22 , ebrei e contemporanei degli esseni del I secolo, mostravano ammirazione per questa setta, viva almeno dal 100 a.C. e durata fino al 68 d.C.23 ; ritenevano trattarsi di uomini dediti alla preghiera e all’amore per il mondo: li vedevano un po’ come dei santi monaci. Su quelle idee, storici moderni hanno pensato che Gesú, prima della sua vita pubblica, fosse stato uno di quei monaci e che la sua predicazione avesse tratto dall’Essenismo; inoltre che il battesimo impartito a Cristo da Giovanni Battista fosse stato un battesimo esseno. Fatto è che quella dottrina, la vera dottrina essena, era tenuta nascosta al pubblico dagli adepti; anzi, gli esseni facevano circolare su di loro false notizie per confondere il resto del mondo, considerato in blocco un avversario maligno e insalvabile24 da distruggere alla fine dei tempi.

È stato possibile sgomberare l’equivoco grazie al rinvenimento, tra la fine degli anni ’40 e la prima metà dei ’50 del XX secolo, presso Qumran, angolo nord ovest del Mar Morto, un ritrovamento altrettanto improbabile quanto quello di Nag Hammadi, di basilari documenti esseni25 e testi della Scrittura. La setta li aveva nascosti prima dell’anno 68 in grotte, per occultarli alle legioni romane che stavano mettendo Israele a ferro e fuoco e avrebbero distrutto di lì a non molto l’abitato di Qumran e poi, nel 70, Gerusalemme col suo tempio.

La confraternita essena è stata ritenuta gnostica per il suo considerare la materia un male, per pensarsi il gruppo eletto del popolo ebraico, per praticare, forse, la magia e certamente per conoscerla. Un punto essenziale è però assente: il mito del redentore divino. Gli esseni credono, secondo la tradizione israelita, alla figura del messia nel senso di un re carismatico, solo uomo; però sono due i messia attesi dagli esseni, che dovrebbero guidarli verso la Fine dei Giorni, uno regale e uno sacerdotale - Gesú Cristo incarnerà invece entrambe le figure -. La Fine dei Giorni arriverà durante un apocalittico Giorno dell’Odio: una battaglia finale tra gli esseni e tutti gli altri in cui la potenza di Dio in persona distruggerà i figli del male insieme agli angeli satanici: anche nell’Essenismo, come nel Giudaismo e poi nel Cristianesimo, non c’è un dualismo tra un Bene e un Male equipotenti, il secondo è meno forte.

La Sfida

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