Читать книгу Centro Storico - Porta Palazzo E Dintorni 1990 - Guido Pagliarino - Страница 8
ОглавлениеAbdùl Satelèch prega Dio su un tappeto verzino
che fu di suo padre e del padre del nonno del padre.
Da quando è venuto a Torino fuggendo dall'Africa,
il suo tappetino lo tiene ravvolto alla vita
e solo lo spiega a pregare rivolto alla Mecca.
Abdùl Satelèch sta su un'auto sul corso Valdocco
trovata relitta e stargata e vi mangia e vi dorme:
non vuole ammassarsi in soffitte affittate da cinici
a più di duecento migliaia di lire per mese,
tra gente che pecca sfidando la Legge, che spaccia
o fa le rapine alle donne e agli anziani indifesi.
Lui tira il carretto per conto di qualche ambulante
e fa le consegne dei fiori per Lucio il fioraio
– a volte, qualcuno lo chiama a portare dei mobili
e allora guadagna quel giorno tre volte di più – .
La sera lo vedono in tanti che stende il tappeto
tra gli alberi in mezzo alle àuto e si volge al Signore,
né più lui s'accorge di voci, di rombi, di clacson,
di gente che attorno lo guarda ridendo di lui.
Poi mangia da solo e la notte la passa sull'auto;
gli stracci e i giornali d'inverno gli bastano appena
e quasi congela, ma Abdùl chiede niente a nessuno.
Quest'uomo, di certo, è nel cuore dell'unico Dio.
Volevano fargli la pelle laggiù al suo paese
perché non taceva di fronte ai soprusi d'un capo;
ma pure a Torino c'è gente che vuole che muoia:
Omàr Salazìm gli ha proposto di vendere droga,
e lui gliel'ha detto che il male è nemico del Bene
e più non gli parli e gli resti voltato e distante.
Omàr l'ha giurato, che o cede o gli toglie la vita,
e ieri l'ha fatto picchiare da quattro dei suoi,
poi gli hanno bruciato davanti il tappeto verzino.
Non passa più molto che Abdùl lo ritrovano morto.
Lui pensa: «Alla fine ritorno nel grembo di Dio».