Читать книгу Sumalee. Storie Di Trakaul - Javier Salazar Calle - Страница 12
Singapore 6
ОглавлениеLa mattina seguente mi incontrai con Sumalee per trascorrere la giornata insieme. Lei si offrì di mostrarmi la città e di essere la mia guida personale, ed io pensai fosse una proposta fantastica. Era una professionista dei viaggi e molto più carina di Josele o Dámaso. Inoltre, i miei colleghi avevano un appuntamento con il fotografo della festa per giocare a golf ed era uno sport che non mi attraeva granché.
Nonostante fossimo rimasti alzati fino a tardi la sera precedente alla festa, ci incontrammo molto presto alla porta del tempio di Leong Nam, nel quartiere di Geyland, perché lei disse che voleva mostrarmi qualcosa che si vedeva meglio la mattina presto. Sabato ci eravamo scambiati i numeri di cellulare in caso di contrattempi e la prima cosa che feci appena sveglio fu guardare il mio telefono con la paura che lei avesse disdetto l'appuntamento; ma non c'era nessun messaggio da parte sua. Quando arrivai, lei stava già aspettando. Indossava un paio di blue jeans corti che non arrivavano nemmeno a metà coscia, una canotta turchese e un maglione molto sottile in un'altra tonalità di blu. Era bellissima e sapeva come mettere in risalto la propria bellezza. Quando mi vide in lontananza, sul suo volto comparve un sorriso incredibile e mi venne incontro di corsa. Mi diede un abbraccio e un bacio sulla guancia.
«Ciao, David! Avevo voglia di vederti.»
Pronunciava la "a" del mio nome con un delizioso mix di "a" e "i". Qualcosa come Daivid che suonava come musica paradisiaca per me.
«Buongiorno. Non hai idea quanto avevo voglia io. Non sono riuscito a pensare ad altro da quando ci siamo salutati ieri sera.»
«Che scemo! Non esagerare.»
«É così, credimi. Cosa mi farai vedere oggi? Mi tieni sulle spine.»
«Questo è il quartiere di Geylang. È uno dei meno evoluti di Singapore e mantiene la cucina più tradizionale della zona. Qui c'è il tradizionale mercato asiatico di Geylang Serai. È pieno di negozi di frutta e altri prodotti freschi, quasi tutti gestiti da malesi. La domenica mattina sono pieni di gente e di rumore, ma se arrivi presto hai tutto il mercato per te», spiegò con entusiasmo. «Amo venire quasi all'alba e passeggiare tra le bancarelle con il via vai degli ambulanti che le preparano e l'incredibile effluvio di un misto di frutta fresca che c'è prima che si riempia di gente e si confonda con il resto degli odori. È come camminare tra i frutteti. Mi ricorda alcune parti della mia terra.»
Si poteva vedere dalla sua espressione che le piacevano davvero quelle passeggiate.
«Mi sembra proprio bello. O forse sei un'ottima venditrice. Dai! Fammi da guida.»
Iniziammo a camminare tra i fruttivendoli lungo le strade principali e attraverso i lorong, come in malese chiamavano i vicoli laterali. Le case erano nello stile di quelle della zona indiana, basse, di due altezze e ciascuna di un colore. Ci fermavamo alle diverse bancarelle e Sumalee mi spiegava i diversi frutti tipici dei mercati di questa zona: la longan, bianca all’interno e che sembrava una patata fuori, il mango che già conoscevo, il mangostano, ancora più dolce del mango, e quello che più attirò la mia attenzione, il durian, con punte verdastre e delle dimensioni di un piccolo melone. Quando ne aprirono uno a metà, sembrava che l'interno avesse una polpa gialla.
«La cosa curiosa di questo frutto», spiegò Sumalee «è che ha un odore molto forte che ne impedisce il consumo sui mezzi pubblici e negli hotel per non dare fastidio alle altre persone. Annusa!», disse mettendomene un pezzo sotto il naso e costringendomi a muovermi velocemente per sbarazzarmi di quella puzza.
«Mi hai macchiato il naso.»
«Aspetta un attimo», disse Sumalee, tirando fuori un fazzoletto dalla tasca e pulendomi accuratamente. Non riuscivo a smettere di fissarla mentre lo faceva. «Ecco, a posto.» Qualcosa dentro di me rabbrividì a quel gesto.
C'erano anche molte bancarelle di pesce essiccato, rospi, razze o anguille. Tutto ciò che un occidentale può aspettarsi da un mercato orientale.
Sumalee aveva ragione. Era una passeggiata rilassante, con un misto di aromi dolci che ti trasportavano in campagna. Col passare del tempo si riempì di persone, pochissimi occidentali, e i rumori e gli odori cambiarono completamente, perdendo tutto il fascino iniziale.
«Beh, cos'altro puoi fare qui intorno?»
«Dipende da quello che ti piace. A sud c'è quello che chiamano il quartiere a luci rosse di Singapore, come quello di Amsterdam.»
«No grazie. Con una donna come te al mio fianco, non credo che potrei trovare niente di simile né nel quartiere a luci rosse né cercando in tutta Singapore. Nemmeno in tutta l'Asia.»
Per un attimo mi fissò senza dire niente. Era come se stesse cercando nella mia mente attraverso gli occhi. Temetti, per un momento, di averla offesa, ma non dissi nulla.
«Ci sono anche molti templi e il Malay Cultural Village. Un museo dove puoi vedere l'artigianato, ascoltare musica tradizionale e gustare la cucina tipica.»
«Dato che siamo in una zona malese, potremmo andare ad ascoltare della musica tradizionale e mangiare qualcosa di tipico, giusto? Sono un tipico turista. In effetti, ho letto una guida turistica durante il viaggio per arrivare qui.»
«Perfetto! Andiamo da quella parte.»
Con la mano destra afferrò la mia mano sinistra e mi spinse a seguirla. Per un istante, le strinsi forte la mano per assicurarmi che fosse lì.
Arrivammo al museo in pochi minuti. Era un complesso di diversi edifici bassi con tetti a coste, in stile molto orientale. All'interno c'erano rappresentazioni di oggetti e strumenti tipici della Malesia come carri trainati da buoi, esempi di artigianato e ogni tipo di informazione sulla loro cultura e gastronomia. C'era anche una casa visitabile allestita proprio come avrebbero dovuto essere quelle tradizionali. Si capiva che le piaceva viaggiare e imparare cose nuove, oltre che per lavoro, perché guardava tutto con la curiosità tipica di un bambino piccolo, stupendosi di tutto, emozionandosi per tutto. La visita mi piacque, ma non tanto quanto lei perché mi concentrai solo sul tocco della mia mano con la sua e sull'osservare affascinato tutte le espressioni sul suo viso. Aveva un volto angelico. Desideravo così tanto baciarla!
Quando finimmo la visita, lei mi disse che mi avrebbe portato a mangiare qualcosa di tipico di Singapore e mi lasciai guidare senza dire una parola. Invece di entrare dalla porta principale, mi condusse nel vicolo e bussò alla porta di uscita della cucina. Ero incuriosito. La porta fu aperta da un uomo panciuto con un grembiule sporco e che urlava con rabbia, ma quando vide Sumalee tacque e rientrò, chiudendo la porta con un forte colpo. Un minuto dopo si riaprì e apparve una ragazzina piccolissima, anch'essa thailandese, che si gettò tra le braccia di Sumalee. Iniziarono a parlare in thailandese e poi Sumalee mi fece cenno di avvicinarmi.
«Lui è David. David, questa è la mia amica Kai-Mook di cui ti ho parlato ieri sera. Anche lei è thailandese e lavora in questo ristorante. Preparerà il cibo per noi.»
«Piacere di conoscerti. Non devi preoccuparti, Sumalee non ha detto niente di male su di te», la rassicurai sorridendo.
«Anche a me. Entrare per scegliere lo Swikee.» Il suo inglese non era molto buono.
«Scegliere cosa?» guardai Sumalee.
«Entra e vedrai.»
La seguii in cucina e mi portarono in un posto dove c'era una ciotola gigante con un coperchio. Kai-Mook lo sollevò e dentro c'erano una dozzina di rane che saltavano per cercare di scappare dalla loro prigione di plastica.
«Rane?!», esclamai guardando Sumalee.
«Sì, sono considerate una prelibatezza tipica da queste parti. Preparano una deliziosa zuppa di rane, la Swikee.»
«Se lo dici tu ... La verità è che non le ho mai mangiate.»
Ero un po' titubante, ma non volevo sembrare schizzinoso, quindi scelsi le rane che volevo, quelle che ritenevo le più belle se possibile, e mi sedetti al tavolo che ci era stato assegnato per aspettare il cibo mentre parlavo con Sumalee di quello che avremmo fatto dopo. Non ci volle molto perché Kai-Mook comparisse con una zuppiera in mano. Quando la aprì e ci servì la zuppa di rane dovetti ammettere che sembrava molto appetitosa. Con strisce di peperoni rossi, qualcosa che sembrava coriandolo, peperoncino e qualcos'altro che non riuscivo a identificare.
Iniziai a mangiarla con un po' di apprensione, ma non appena assaporai il primo boccone tutte le mie paure svanirono. Era buonissima! Divorai avidamente il resto delle rane. Alzai la testa e vidi che Sumalee mi osservava divertita.
«È buona, vero?»
«Devo ammetterlo, questo è un piatto di lusso. Devo portare qui i miei amici. Resteranno stupiti.»
«Sapevo che ti sarebbe piaciuta. Lo chef di questo ristorante prepara la zuppa di rana più saporita di tutta la città. Se vieni con loro chiedi di Kai-Mook e avrai il trattamento speciale della casa. Adesso ti conosce e si prenderà cura di te come se fossi io stessa.»
La guardai negli occhi mentre sospirava. Non sapevo che pazzia stessi facendo, ma stavo per dirle cosa cominciavo a provare per lei quando Kai-Mook ci interruppe avvicinandosi per chiedere com'era la zuppa. Le dissi la stessa cosa che avevo detto a Sumalee, che era deliziosa e lei tornò in cucina contenta. Anche il resto del pasto erano piatti sconosciuti, molto gustosi, ma nessuno come la zuppa. Ridemmo tutto il tempo e ci raccontammo storie divertenti che ci erano capitate durante i nostri viaggi.
Al termine del pranzo, Kai-Mook le diede una borsa. Non volle dirmi cos'era. Inoltre, non mi permise di pagare e insistette sul fatto che era il suo giorno come guida e che avrebbe sostenuto le spese. Le presi il viso e, guardandola intensamente, le diedi un bacio delicato sulla fronte mentre le mie dita le accarezzavano le tempie. Potei vedere come tremava quando feci questo gesto, non sapevo se per emozione o per rifiuto. L'importante era che non si allontanò da me. Un brivido di eccitazione attraversò il mio corpo al contatto con la sua pelle. In quel momento, sentii un bisogno quasi irrefrenabile di gettarmi su di lei e baciarla, ma riuscii a trattenermi. Non solo mi piaceva stare con lei e mi sentivo molto a mio agio, ma mi eccitava anche immensamente.
Uscimmo in strada. Lei andò dritta in un piccolo parco proprio di fronte e porse la borsa ad una donna che sembrava una senzatetto. La donna estrasse qualcosa da dentro e vidi che era del cibo. Chiacchierarono un attimo come se si conoscessero da sempre e poi continuammo per la nostra strada.
«È una donna in difficoltà. La conosco da altre volte in cui sono venuta a trovare Kai-Mook. Le porto sempre del cibo caldo in modo che possa mangiare bene almeno un giorno.»
Oltre ad essere carina, era anche una brava persona. Non smetteva mai di sorprendermi.
Le misi un braccio intorno alle spalle e prendemmo l'autobus per l'East Coast Park, nel sud-est dell'isola. Avevamo deciso di cambiare completamente panorama e volevo vedere un po' d'acqua e là c'erano le spiagge, le palme e il mare. Un luogo perfetto per conoscere un po' di più Sumalee.
Quando arrivammo scendemmo per uno dei sentieri che entravano nel parco. Sumalee rimase pensierosa per un momento, poi si voltò verso di me.
«Sai andare sui pattini?»
«No, non ho mai provato. Da bambino ho provato un po' con lo skateboard, ma il mio equilibrio non era molto sviluppato, quindi ho rinunciato presto.»
«Beh, allora un altro giorno ti mostro come si fa. E andare in bicicletta?»
«Questo sì, certo.»
«Beh, noleggeremo delle biciclette per visitare il parco, ti va?»
«Perfetto!»
Detto, fatto. Andammo al noleggio e sebbene si potessero scegliere biciclette tandem e risciò con tettuccio, optammo per due bici rosse tradizionali per il resto della giornata. Apparentemente era un'attività popolare, perché il parco era pieno di ciclisti e persone che pattinavano. C'era una corsia con due direzioni chiaramente contrassegnate. Sumalee mi spiegava tutto mentre pedalavamo con calma.
«Il parco è suddiviso in diverse aree. In base alla zona puoi fare una cosa o l'altra. A Singapore sono molto organizzati, lo scoprirai.»
«Sì, me ne sto rendendo conto.»
«Qui a destra c'è la zona barbecue. Molte famiglie e gruppi di amici vengono qui per lo più nei fine settimana. Ci sono anche molti ristoranti e caffè se preferisci non lavorare. Ma devi prenotare. Può essere fatto online.»
«Come hai detto tu», affermai sorridendo, «molto organizzati. E questa?»
«Questa è l'area degli sport acquatici. È possibile noleggiare kayak, sci nautico, fare immersioni e molto altro ancora. Ti piacciono questi sport?»
«Sì, moltissimo. E a te?»
«Non ho provato molto spesso, ma potremmo provarci insieme.»
«Ce l'ho in programma da quando ho saputo che sarei venuto qui.»
«Ora stiamo raggiungendo l'area abilitata a giocare sulla sabbia. È molto tipico per le persone costruire castelli. Guarda!»
Ci fermammo un attimo per osservare un gruppo di giovani che aveva appena finito di costruire un enorme tempio di sabbia. Doveva essere alto quasi due metri e largo quattro. Nessuno di noi due riconobbe l'edificio, ma Sumalee mi disse che lo stile era molto simile ai templi di Angkor in Cambogia. C'erano parecchie persone che scattavano delle foto. Sumalee mi spiegò che un'altra attività tipica nel parco era la fotografia. Un'altra cosa che abbondava era la gente che correva. Era come il parco del Retiro di Madrid, ma grande quasi il doppio, con il mare e più possibilità. Certo, molto suddiviso e con ogni cosa al suo posto. Anche troppo artificiale. Tornammo in sella e continuammo a muoverci. Passammo davanti ad un edificio con il logo di Burger King. Questo mi fece sorridere ironico. Non importa quanto si creda di essersi allontanati dal proprio ambiente, si scopre sempre che la presunta "civiltà" ci ha preceduti.
«Sumalee, quello cos'è? Un campeggio?»
«Sì, ci sono un paio di aree predisposte per il campeggio. Puoi anche prenotarle online …», mi rispose ridendo.
«Non ne dubitavo», affermai pensando a quanto mi piacesse il suono della sua risata.
Pedalammo per un paio d'ore, percorrendo i quindici chilometri di costa e fermandoci di tanto in tanto per commentare qualcosa, riposare o sostare in un chiosco per bere qualcosa. Uno di questi vendeva ostriche per un dollaro, quindi ne mangiammo un paio a testa. Da bere, consigliato da Sumalee, ordinai un paio di birre Tiger, che avevano una tigre come logo ed erano tipiche del luogo, di colore oro pallido. Era una birra abbastanza leggera e mi piacque. Non poteva essere altrimenti, brindammo a tanti giorni uguali a questo.
Vedemmo persone pescare sui moli, famiglie, coppie innamorate, amici che facevano grigliate, lunghe spiagge sabbiose che andavano da una decina di metri ad uno solo con palme e altri tipi di alberi sullo sfondo, anche se la sabbia non era eccezionale. Comunque, per terra c'erano un bel po' di bottiglie di plastica e il mare era sempre pieno di grandi navi da carico. C'era anche una pista di pattinaggio con ostacoli, aree con attrezzi ginnici, campi da pallavolo, panchine coperte per riposarsi, sentieri stretti di grandi pietre piatte dove si poteva solo camminare ... e tante mappe per guidarti lungo il percorso. Le possibilità erano incredibili, anche se la manutenzione e la pulizia non erano così meticolose come mi aspettavo. Sumalee mi disse che prima era ancora meglio prima ma era peggiorato un po' di recente. Mi divertì molto un cartello che vietava di puntare puntatori laser sugli aeroplani. Gli aerei passavano molto vicini al suolo perché l'aeroporto Changi non era lontano da lì. Un'altra osservazione negativa che si poteva fare al luogo era l'eccesso di persone in quasi tutti i posti, anche se bisognava tener conto che era domenica, giorno di massimo afflusso di pubblico. In teoria, il resto dei giorni doveva essere molto più tranquillo.
Stanchi di andare in giro, ci fermammo in una zona della spiaggia dove non c'era nessuno. Era già tardi e la gente tornava a casa. Domani era lunedì e bisognava lavorare. Ci togliemmo le scarpe, avvicinandoci al mare. Eravamo proprio sulla riva dove l'acqua delle onde di tanto in tanto ci accarezzava i piedi.
«L'acqua in questa zona è solitamente sporca, non è molto consigliabile fare il bagno, anche se abbiamo visto qualcuno farlo», mi avvisò Sumalee. «In ogni caso, non ti permettono di nuotare troppo lontano dalla riva.»
«Sporco? C'è qualcosa di sporco a Singapore? Questa sì che è una novità. Anche queste spiagge hanno bisogno di essere pulite.»
«Vero? È a causa di tutte quelle barche che vediamo lì. Anche così, a volte vengo qui, mi siedo e mi perdo a guardare l'azzurro del mare. So che dall'altra parte c'è la mia terra, la mia casa, mia madre.»
Guardai Sumalee. Per un attimo diventò malinconica e sembrò sul punto di piangere. Le misi un braccio intorno alla spalla e la strinsi delicatamente contro di me.
«Deve essere difficile stare lontano da lei così a lungo e, soprattutto, sapendo che ha bisogno di te. Devi pensare che tutto questo è per lei e che, quando avrai saldato il tuo debito, potrete stare insieme per sempre e sarai stata tu a salvarla.»
«Sì, quando avrò saldato il debito», disse con un sospiro. «Anche se questo significa prendere decisioni che non sempre mi piacciono.»
«Quali decisioni?»
«Eh! Niente, niente. Cose mie.»
Restammo abbracciati per un po', senza dire niente. Sulla riva del mare si vedevano un catamarano e alcuni kayak gialli che noleggiavano nel parco. Più lontano c'erano dozzine di mercantili, tutti grandi o molto grandi. Suppongo che se qualcuno avesse svuotato i propri rifiuti nell'acqua o avesse avuto qualche perdita di benzina, sarebbe stato sufficiente per lasciare l'acqua in cattive condizioni, non importa quanto fossero attenti e quanta pulizia ci fosse.
La luce del sole stava chiaramente iniziando a tramontare. Cominciava a fare buio. Secondo l'orario del parco, c'era solo l'illuminazione dalle sette del mattino alle sette del pomeriggio. Presto saremmo stati al buio e dovevamo tornare indietro perché non volevamo dover rifare la strada percorsa con le biciclette senza luce.
Sumalee si avvicinò un po' di più a me e sentii la sua testa sfiorare il mio corpo. Mi feci coraggio e cercai la sua mano con la mia. Non mi ci volle molto per trovarla e stringerla forte. Lei ricambiò. Non importava la spiaggia sporca, l'acqua malsana o tante barche che rovinavano il paesaggio. Il cielo arancione, il silenzio intorno a noi rotto solo dal canto di un uccellino e dalla sua mano stretta alla mia, era il paradiso.
Mi voltai nervosamente verso di lei e con l'altra mano la presi delicatamente per il mento e le sollevai un po' la testa in modo che ci guardassimo negli occhi a pochi centimetri l'uno dall'altra. Mi guardava seria, intensamente, in attesa. Abbassai la testa e posai le mie labbra sulle sue. Lei le aprì leggermente e io presi il suo labbro inferiore tra le mie. Lo assaporai per un secondo e poi lentamente mi allontanai, lentamente lasciandolo andare. Per un momento pensai che Sumalee mi avrebbe dato un altro bacio, ma improvvisamente l'espressione sul suo viso cambiò.
«Noi ... dobbiamo andare», disse con voce tremante.
«Credo di sì, anche se non sarà perché voglio muovermi da qui. Prolungherei questo momento per sempre.»
Sumalee non rispose. Si voltò e mi tirò la mano per seguirla. Salimmo sulle bici e tornammo all'ingresso il più velocemente possibile. Anche così, gli ultimi minuti li facemmo quasi al buio.
Restituite le bici, andammo alla fermata dell'autobus mano nella mano senza dire una parola. Dovevamo prendere autobus diversi. Il primo ad arrivare fu il suo. Quando l'autobus arrivò alla fermata lei mi diede un bacio morbidissimo sulla guancia, mi accarezzò il viso con una punta di tristezza negli occhi e salì a bordo. Sul predellino si voltò e mi disse,
«Sentiamoci per vederci di nuovo. Abbi cura di te.»
«Anche tu, Sumalee. Tutto bene?»
Si voltò senza rispondere e trovò un posto a sedere. Guardai il suo autobus allontanarsi con una strana sensazione. Un misto di euforia per il bacio che ci eravamo dati e confusione per il suo atteggiamento in seguito. Non sapevo davvero cosa aspettarmi. Non aveva rifiutato il bacio, l'aveva addirittura ricambiato, ma qualcosa l'aveva fermata dopo, non mi aveva più guardato ed era pensierosa, direi quasi che era angosciata. Eppure, aveva detto di rivederci. Come interpretare tutto ciò? Forse non voleva baciarmi perché non provava quello che provavo io, ma non era in grado di dire di no, forse il bacio le aveva ricordato una persona cara del passato che aveva perso ... Forse nella loro cultura era sbagliato baciarsi così presto. Non ne aveva idea.
Dovevo scoprirlo, dovevo sapere. Ora riuscivo solo pensare a come sarebbe stata la prossima volta che ci saremmo incontrati: la solita Sumalee allegra e sorridente o quella sconsolata e rattristata che mi aveva appena salutato.
Non vedevo l'ora di conoscere la risposta.