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Anatomia del cervello

Per affrontare l’argomento del cervello, è necessario capire di quali parti è composto e come funziona. Quindi, la prima cosa da indicare e spiegare è che ci sono termini che vengono usati in modo colloquiale, ma che non sono simili anatomicamente. È per questo che di solito parliamo indistintamente di testa, di cervello o di encefalo, che per qualsiasi altra area è adeguata e corretta, ma all’interno delle neuroscienze è necessario distinguerle. Il cervello è suddiviso in tronco cerebrale, cervelletto, diencefalo e cervello, che insieme al midollo spinale costituiscono il sistema nervoso centrale. Il sistema nervoso periferico, è formato dai nervi e quindi nasce dal primo.

Per quanto riguarda il tronco encefalico, è composto da tre parti: il midollo allungato (dove si regolano la funzione respiratoria, il diametro vascolare e il battito cardiaco, oltre al singhiozzo, la tosse o il vomito); il rigonfiamento (partecipa alla regolazione della respirazione); e il mesencefalo (contiene la sostanza nera e partecipa alla regolazione dell’attività muscolare); 10 paia o nervi cranici lasciano il tronco, fornendo le strutture della testa. La formazione reticolare da parte sua mantiene l’attenzione e la vigilanza.

Il cervelletto è responsabile della coordinazione motoria fine e grossolana, oltre a partecipare alla postura, all’equilibrio e al tono muscolare.

Il diencefalo si divide in talamo (responsabile dell’integrazione dell’informazione, della coscienza, dell’apprendimento, del controllo emotivo e della memoria) e ipotalamo (regola il comportamento e le emozioni, la temperatura corporea, la sete e la fame, il ritmo circadiano e gli stati di coscienza, la secrezione dell’ormone ipofisario e la regolazione del sistema nervoso autonomo).

Il cervello, è dove si sviluppano le funzioni cognitive, le decisioni consapevoli, l’apprendimento relazionale o il linguaggio.

Per quanto riguarda lo sviluppo della localizzazione delle funzioni, nei bambini, c’è un’attività cerebrale meno localizzata, mentre negli adulti è distribuita tra i due emisferi, poiché l’esperienza specializza in modo graduale le aree ed i circuiti di elaborazione di determinati tipi di informazioni o lo svolgimento di determinate funzioni.

Le aree coinvolte nelle sensazioni sono le prime a maturare, seguono quelle del controllo del movimento, ed infine quelle della progettazione e del coordinamento del sistema.

Sulla base delle strutture “visibili”, nel XIX secolo è emerso un movimento che ha cercato di mettere in relazione le sporgenze del cranio con alcune caratteristiche della personalità chiamate frenologia.

Allo stesso modo, gli antecedenti del localizzazionismo hanno dato origine all’idea che la dimensione della testa fosse associata a questa funzione, affermando che un volume cranico maggiore coincidesse con maggiore capacità. Una teoria di cui si è occupata anche la psicologia comparata, una branca dedicata all’analisi delle somiglianze e delle differenze degli esseri umani con altre specie viventi.

Così si è capito che quelle specie con un cranio più grande dovrebbero essere più preparate e adattate ai loro ambienti, a causa, per esempio, della facilità nei processi di attenzione, di percezione o di mnemonica.

Tutto questo sembrava essere confermato nell’aspetto, a causa dell’evoluzione dei resti ossei degli antenati dell’uomo, che indicavano chiaramente un aumento delle dimensioni del cranio, dall’Australopithecus all’Homo Sapiens, in quella che è stata chiamata encefalizzazione (Cofran, 2019).

Estrapolando questa visione al mondo animale, si è giunti a considerare che le specie con un cranio più grande di quello umano, dovrebbero avere capacità o abilità maggiori di questa, come nel caso di animali come l’elefante, considerato il mammifero terrestre con il cervello più grande, tenendo conto del coefficiente di encefalizzazione (@errezam, 2020) (vedi Immagine 5).

Immagine 5 Tweet Coefficiente di Encefalizzazione

Traduzione Immagine 5: Basta vedere che il coefficiente di enceflizzazione è sotto la linea di tendenza, cioè, in mezzo al regno animale. I leoni, per la dimensione del loro corpo, hanno un cervello piccolo.

Teoria che è stata parzialmente convalidata, grazie a nuove tecniche non invasive utilizzate dalle neuroscienze, come per esempio, attraverso la registrazione dell’attività elettrica cerebrale, attraverso immagini del tensore di diffusione o attraverso la risonanza magnetica funzionale.

Pertanto, è stato osservato che l’importanza non sta tanto nella dimensione del cranio o del cervello, ma nella densità della corteccia cerebrale, chiamata anche materia grigia, cioè maggiore è il numero di neuroni cerebrali, maggiore è l’intelligenza. Dati contrastati grazie all’utilizzo della tecnica morfometrica basata su voxel (Frangou, Chitins, & Williams, 2004).

In questa ricerca, negli adolescenti è stata dimostrata la relazione tra densità della materia grigia e capacità intellettuale, trovando una significativa correlazione positiva nella corteccia orbitofrontale, nel giro cingolato, nel cervelletto e nel talamo, mentre nel nucleo caudato è stata trovata una correlazione negativa.

Una volta presentate le diverse parti del cervello umano, bisogna chiarire che tutto questo appartiene a quello che è noto come sistema nervoso, il cui sviluppo inizia nel grembo materno, e al momento della nascita non ha ancora finito di formarsi, e necessita di anni per raggiungere lo stato adulto.

Allo stesso modo, occorre fare una distinzione rispetto al termine comunemente usato, il termine testa, che fa riferimento al contenitore del cervello, che è protetto dalle ossa del cranio e dalle meningi (dura madre, aracnoide e pia madre) che fluttuano nel fluido cerebrospinale. È possibile anche fare una distinzione tra:

- la materia grigia (corteccia cerebrale), formata da corpi neuronali e dendriti, dove avviene l’integrazione di informazioni e funzioni cognitive superiori, e assume la forma di nuclei, corteccia e formazione reticolare.

- la materia bianca, formata da fibre nervose mieliniche che interconnettono diverse aree neuronali, acquisendo la forma di tratti, fascicoli e commessure.

- i nuclei striati, all’interno della materia bianca.

Anatomicamente, la corteccia cerebrale è divisa dal solco centrale, lasciando l’emisfero destro da un lato e il sinistro dall’altro, e sotto entrambi si trova il diencefalo, costituito da strutture interne (talamo, subtalamo, ipotalamo, epitalamo, metatalamo e terzo ventricolo) che si collegano con il tronco encefalico (mesencefalo, ponte di Varolio e midollo allungato). Gli emisferi possono essere suddivisi in quattro lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale.

Il lobo frontale, situato nella parte frontale del cervello, è dove vengono ricevute “tutte” le informazioni, vengono elaborate e da lì vengono inviate risposte. Esso è associato alle funzioni esecutive, cioè alla capacità di organizzazione, al processo decisionale, alle decisioni e alla supervisione di queste.

Il lobo parietale, situato dietro il lobo frontale, sopra il lobo temporale e davanti al lobo occipitale, è il centro delle informazioni sensoriali. Esso ha un ruolo preminente nel linguaggio e la sua lesione può causare difficoltà nel linguaggio e nel movimento.

Il lobo temporale, situato sotto il lobo occipitale, è coinvolto nei processi linguistici legati all’elaborazione uditiva, partecipa anche ai processi di consolidamento della memoria a lungo termine.

Il lobo occipitale, situato nella parte posteriore del cervello, è dove si trova il centro di elaborazione visiva, dove attraverso i nervi ottici arrivano tutte le informazioni percepite dalla vista, che sono essenziali per la discriminazione dei simboli matematici scritti.

Per quanto riguarda la localizzazione di aspetti come l’attenzione, il linguaggio o la memoria, va notato che, in ognuna di esse sono coinvolte diverse strutture. Se si ha una lesione di uno dei lobi, si avrà la perdita totale o parziale di detta funzione.

Con ciò si abbandona definitivamente la teoria della localizzazione che ha governato per decenni lo studio delle neuroscienze (Arias, 2018), dove si assegnava a ciascuna regione del cervello una determinata funzione psicologica, in modo tale che la lesione di questa impedisse alla persona lo svolgimento di tale funzione.

Attualmente è nota l’esistenza di una qualche specializzazione localizzata, ma quando le regioni che “tradizionalmente” effettuano tale lavorazione, per qualsiasi motivo, non funzionano correttamente, le regioni annesse se ne occupano normalmente. Quindi, si può dire che, le funzioni cognitive sono distribuite nel cervello, e sebbene ci siano centri specializzati per l’elaborazione di determinate informazioni, siano esse uditive, visive, propriocettive…tutto questo verrà poi distribuito per costituire delle tracce di memoria.

Una volta fatta luce sulle strutture e sulle funzioni del cervello, va notato che, prima dello sviluppo tecnologico che ha permesso la conoscenza attuale, e tenendo conto dei limiti del tempo, questa scienza è iniziata con lo studio dei casi post mortem, dove sono state analizzate le strutture danneggiate visibili di persone che hanno mostrato qualche tipo di carenza o problema cognitivo o comportamentale nella vita.

Uno dei casi più riconosciuti nella storia delle neuroscienze è quello di Phineas Gage (Damasio, 2018), che ha subito un infortunio sul lavoro in una miniera dove lavorava. Sfortunatamente una delle sbarre gli ha perforato il cranio, e da quel momento in poi, il suo comportamento è cambiato, diventando irregolare, imprevedibile e persino spericolato (@ Neuro100cias, 2018) (vedi Immagine 6).

Imagine 6 Tweet su Phineas Gage

Traduzione Immagine 6: Lo strano caso di Phineas Gage.

Una barra di ferro di 3 cm di diametro attraversò la sua testa. Dopo 10 settimane, recuperò la sua funzione cerebrale quasi al 100%, ma la sua personalità cambiò radicalmente.

Lo studio post-mortem ha permesso di conoscere le aree colpite, in particolare il lobo frontale sinistro, che ha permesso di stabilire le prime ipotesi sul ruolo del lobo frontale nel controllo degli impulsi e del giudizio, nonché di dedurne il ruolo preminente nella pianificazione, nel coordinamento, nell’esecuzione e nella supervisione dei comportamenti.

Attualmente, l’avanzamento delle tecniche consente di osservare il cervello lavorando dal vivo prima di determinati compiti, il che ha permesso di conoscere non solo le aree cerebrali coinvolte, ma anche i percorsi di comunicazione tra le aree corticali e sottocorticali di determinati processi, siano essi di tipo più fisiologico o cognitivo, che applicati al campo medico, consentono di confrontare il cervello dei pazienti, con il cervello “normale”, e quindi di determinare in ogni caso a che punto sia il “problema”. Cosa particolarmente importante al momento dell’intervento, quando gli altri trattamenti non hanno avuto l’efficacia attesa per la loro risoluzione.

Oggigiorno, la conoscenza scientifica si ottiene con tecniche come la risonanza magnetica funzionale o l’elettroencefalografia, cioè tecniche non invasive che danno informazioni su ciò che sta accadendo all’interno della testa, ma senza la necessità di “aprire” o “attendere” l’analisi post-mortem.

Cervello E Pandemia: Una Prospettiva Attuale

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