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CAPITOLO PRIMO

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RE ADALAI

Un’altra battaglia era stata vinta. Un altro nemico calpestato sotto i miei occhi. E l’eccitazione generata nel mio sangue era come una droga di cui non volevo mai liberarmi.

Con passi pesanti uscii sul balcone, entrando nella notte, e alzai al cielo i pugni serrati in segno di trionfo, mentre guardavo giù verso il mio popolo che affollava le strade sottostanti. Il rombo di un forte ringhio crebbe nel mio petto finché non mi esplose dalla gola, feroce e disumano. E l’urlo fragoroso che echeggiò dal basso mi disse che anche gli altri erano ubriachi di vittoria.

Stasera tutti avrebbero festeggiato scopando.

E poi domani avremmo celebrato con una festa degna di un Re e della sua corte, per mostrare al popolo di Luxoria che il loro leader era abbastanza potente da abbattere i grandi umani che volevano catturarli e studiarli.

Per la prima volta da tanto tempo, io, Re Adalai dei Weren, meritavo il mio posto sul trono.

Ero un Alfa. Ero potente. Possedevo il fottuto terreno su cui camminava la mia gente.

E a differenza di quello che era successo a mio padre, nessuno me lo avrebbe mai portato via.

Tornai nella sala riunioni dove i miei più stretti consiglieri attendevano il mio comando.

“Rapporto,” ringhiai, camminando avanti e indietro sul pavimento. Il mio uccello era duro a causa della battaglia. Solo uccidere lo riduceva in questo stato. Avevo bisogno di una femmina, questa notte. Magari una beta formosa con cui accoppiarmi. Me ne avrebbero portata una al termine dell’incontro.

Evander, Solen, Cassian e Dagger erano in piedi, i pugni insanguinati che si serravano e i petti che ringhiavano proprio come il mio. Alfa anche loro a tutti gli effetti, avevano sicuramente bisogno di sfogare la fregola della battaglia tanto quanto me.

Lo avremmo fatto presto.

“Le truppe sono avanzate verso di noi da tutti i fronti, compreso il sud,” annunciò Evander.

“Il sud. Si sono avvicinati alle Badlands?” Il territorio a sud era riservato ai mutaforma omega. Quelli che erano stati banditi dopo la Divisione. Ed era una landa arida e desolata.

Dagger, che era responsabile di quel territorio, annuì. “Un errore ovviamente. Gli omega li hanno messi in fuga prima ancora che arrivassero le forze reali.”

“Perdite?” chiesi.

“Solo otto dalle terre dell’est,” praticamente ruggì Solen.

“Dodici da ovest.” Cassien fece un ampio sorriso, i suoi occhi che lampeggiavano per la sete di sangue. “Ma chiedetemi quanti ne abbiamo abbattuti. Perché quel numero è molto più impressionante.”

Evader ringhiò un avvertimento. “Quattro dal nord,” disse. “Due di essi poco più che ragazzini che stavano entrando nel loro primo anno da Alfa.”

Una vergogna. Ma quelli così deboli da morire non erano abbastanza forti per il branco.

Guardai Dagger. Conoscevo già il suo numero, ma aspettai comunque che fosse lui a rispondere.

“Zero dalle Badlands.” Sembrava soddisfatto. “Gli omega sono più forti anche mentre si indeboliscono.”

Il che non avrebbe dovuto rendere felice quel bastardo malato. Ma Dagger non era normale. Era questo che lo rendeva perfetto per sorvegliare le Badlands.

Osservai i miei uomini. Che cos’era normale, in fin dei conti?

Eravamo dei reali, ma non eravamo raffinati.

Non eravamo persone come si deve, e certamente non civili. Ma eravamo migliori della feccia che abitava oltre i cancelli, nelle Badlands. Avevamo una tecnologia che ci manteneva ben nutriti e ci faceva vivere in una terra verde e lussureggiante. Che faceva scorrere l’acqua attraverso la nostra città. Avevamo fabbriche in cui gli omega lavoravano per produrre i migliori abiti, mobili e artiglieria. Avevamo spettacoli, letti morbidi, e tutto ciò che i nostri cuori desideravano con un fottuto schiocco di dita.

Ma era tutto un grande inganno. Una maschera che indossavamo.

Perché, all’interno, eravamo tutti bestie.

E non poteva essere più evidente di quanto non fosse sul campo di battaglia, dove schiacciavamo i nostri nemici umani come argilla secca nei pugni.

Bestie.

Da qualche parte, nel profondo di ognuno di noi, era rinchiuso un lupo, incapace di trovare la via d’uscita. L’abilità di mutare aveva iniziato a scomparire lentamente decenni fa, fino a quando l’ex Re, mio padre, era stato l’unico di noi in grado di farlo. Ma, nonostante tutta la nostra tecnologia e i progressi scientifici, nessuno di noi era riuscito a capire il perché. Alla fine anche lui aveva ceduto all’impedimento.

Fino a quando non fossimo stati in grado di mutare ed essere completi, non saremmo mai stati veramente soddisfatti.

Ma combattere, scopare e bere il vino della nostra gente contribuiva ad alleviare il dolore. Quindi era così che passavamo i nostri giorni e le nostre notti.

Era un’esistenza vuota ma era meglio che essere oltre i cancelli. Meglio di quella degli omega. E degli umani sopravvissuti con cui combattevamo.

“Andate,” dissi ai miei uomini. “Trovate delle beta che scaldino i vostri letti. Ve le meritate. Domani festeggeremo.”

Annuendo, uscirono in silenzio, senza una parola.

Spostandomi verso il bar, allentai la protezione inguinale e la lasciai cadere sul pavimento di pietra, dando al mio uccello lo spazio di cui aveva bisogno. Si sporse davanti a me, duro, dolorante e implacabile. La cappella pulsante mi fece capire che era troppo tardi perché l’erezione se ne andasse da sola. E l’idea di portarmi di nuovo a letto una beta… non mi lasciava senza fiato.

Versai un calice di vino e me lo portai alle labbra, assaporandone il ricco sapore prima di attraversare la stanza e sedermi sul costoso divano scelto appositamente per me dal mio scudiero beta. Era abbastanza comodo, ma non mi dava il conforto di cui avevo bisogno.

Il regno che mio padre e gli altri avevano costruito era sotto costante minaccia. E la sua sicurezza poggiava esclusivamente sulle mie spalle, adesso. Io ero il Re Alfa.

Altri volevano quel titolo, e spesso mi davano battaglia per ottenerlo.

Se fossi stato meno uomo, glielo avrei dato e mi sarei messo a ridere mentre mi allontanavo, conoscendo il tipo di pressione che avrebbero dovuto affrontare.

Ma io non ero un uomo qualunque.

Ero il maschio più feroce del branco. Anche se dovevo dimostrarlo costantemente.

È così che si mantiene il trono. Le parole di mio padre erano sempre nella mia testa.

Sorseggiando il vino, pensai agli omega che vivevano fuori dalla città e al significato del rapporto di Dagger. Gli omega sono più forti anche mentre si indeboliscono.

Un tempo, gli omega vivevano in città con noi, come parte fiorente del branco. Erano presi come amanti, trattati come amici. Anche scelti come regine. Mia madre era stata un’omega prima di mettermi al mondo e diventare l’amore di mio padre. Mi chiedevo cosa avrebbe pensato dell’intenzione di lui di farli morire tutti nelle terre selvagge. Mio padre avrebbe comunque bandito quelli del suo genere se lei fosse stata lì a consigliarlo?

La mia mente si allontanò dai pensieri su mia madre mentre immaginavo com’era la vita in città a quei tempi. Quando eravamo tutti un solo popolo, invece che reali e omega. Luxoria e le Badlands.

Immaginai come sarebbe stato avere un’omega sotto di me. Reagire al suo calore, a quel particolare profumo che le femmine beta non avevano mai avuto. In modo che i nostri ormoni si scontrassero e sfrigolassero come voleva la nostra biologia.

Quell’idea era sconcia e proibita.

Decisamente poco regale.

Assolutamente pericolosa.

Ma fece supplicare il mio uccello per una stretta della mia mano.

E io gliela diedi, mentre i miei pensieri vagavano lontano.

Accoppiarmi con un’omega… Quanto sarebbe stato diverso dal sesso con le beta che ero solito fare, dove non c’era l’istintiva richiesta di riprodursi? Dove non c’era alcun bisogno, a parte quello di mitigare la voglia di scopare? Nessuna connessione, nessun desiderio ardente.

Nessun profumo a rendermi pazzo.

Nessun bisogno di darle piacere ancora e ancora, ora dopo ora, notte dopo notte, fino a quando lei non fosse stata incinta del mio bambino.

Fanculo.

Inspirai con forza, realizzando che stringevo il mio uccello gonfio come avrebbe fatto una femmina al culmine dell’orgasmo. Spinsi nel pugno, alla furiosa ricerca della liberazione. E questa volta, nella mia mente, un’omega si contorceva sotto di me.

Un’omega mi implorava di avere di più, mi implorava di andare più forte.

Un’omega gemeva il mio nome.

E quando venni, riversandomi il seme sulla mano, fu ruggendo mia! che reclamai quell’omega immaginaria.

Quando mi fui svuotato, senza fiato e fiacco per il piacere, la realizzazione di ciò che avevo appena fatto mi colpì come un martello sul petto.

Avevo fantasticato di accoppiarmi con un’omega.

Una degli ultimi tra gli ultimi. I traditori banditi del nostro genere. Quelli che alla fine avevano fatto impazzire mio padre.

Il motivo per cui combattevamo le nostre guerre con gli umani.

Nella mia testa c’era una sporca omega del cazzo.

Ed era stato il miglior orgasmo che avessi avuto da un tempo dannatamente immemorabile. Forse da sempre.

Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo.

Nessuno avrebbe mai dovuto scoprire la mia fame proibita.

Era una questione di vita o di morte.

La Sua Omega Proibita

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