Читать книгу La Sua Omega Proibita - Kristen Strassel - Страница 8

CAPITOLO CINQUE

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ADALAI

Non ero dovuto andare lontano per trovare la mia femmina. Rifugiarmi nel mio ufficio per evitare qualsiasi domanda ingiustificata mi aveva portato proprio a lei. Solo che era ferita e tremava come una foglia, e l’istinto ruggente nel mio petto richiedeva che la confortassi.

Non capivo il perché di quel sentimento. Ma non avevo intenzione di mettere in discussione il mio istinto. Mi aveva condotto troppe volte sulla strada giusta. Soprattutto in guerra. E avvicinarmi a questa donna per calmarla sembrava proprio la cosa giusta da fare.

“Non ti ho mai visto qui, prima d’ora,” mormorai, non volendo spaventarla. Sembrava a un passo da scappare di nuovo, anche se la tenevo stretta. Una forza brillava nei suoi occhi. Potevo scorgerla, e forse era la sua caratteristica più affascinante.

Allora perché sembrava sabbia pronta a scorrermi tra le dita?

“Non frequento spesso festeggiamenti del genere, mio Re,” rispose lei piano.

“È un peccato.” Ondeggiai con lei alla debole musica che attraversava le pareti dalla sala da ballo. “Credo che tu sia proprio la gioia che mancava a tutte le mie celebrazioni.”

“La gioia?” Rise leggermente, e ancora una volta tremò anche se il suo sguardo rimase fermo. “Nessuno mi ha mai definita così, prima.”

“Un crimine.” Piegandomi in avanti, respirai il suo profumo. Cannella dolce e qualcosa di terroso che non riconoscevo. Il lupo incapace di uscire si agitò nel mio petto, apprezzando quell’odore. “Devo dichiarare punibile per legge il fatto che una bellezza come te non sia abbastanza apprezzata?” le chiesi. Ricordarle il mio potere non sembrava un’idea poi così brutta. Sembrava necessario. “Devo chiedere che qualche testa rotoli sul pavimento, mia rosa?”

Divenne rigida tra le mie braccia. “No.” La sua voce venne fuori strozzata prima che si schiarisse rapidamente la gola e riprovasse. “No, non è necessario. Certo che no. “

Mi tirai indietro, aggrottando le sopracciglia mentre lei abbassava di nuovo gli occhi.

Qualsiasi altra femmina avrebbe riso a quella battuta. O almeno sarebbe arrossita e andata in estasi al mio tentativo di flirtare.

Cazzo. Non ero bravo a farlo. Non lo ero mai stato.

Di solito non mi preoccupavo più di tanto. Ma questa volta era differente. Volevo che lei si fidasse di me.

“Come ti chiami?” La mia voce era ruvida di desiderio. Era più che evidente, ma non mi importava.

Incontrò di nuovo il mio sguardo mentre la sua piccola lingua scivolava fuori per inumidire le labbra. “Prima voi, Maestà,” sussurrò, “ditemi qualcosa di voi che nessun altro conosce.”

I suoi occhi erano blu come zaffiri. Guardarli così profondamente mi fece sentire perso per diversi secondi. Mia, rimbombò il lupo dentro di me.

“Ho paura di rimanere solo,” risposi. “Che nessuna donna sia abbastanza forte per essere mia, per camminare al mio fianco come dovrebbe fare una Regina. Che questo mondo sia troppo stravolto. Troppo incasinato per farmi trovare qualcuno con cui stare, come invece è riuscito a fare mio padre prima di me.”

Merda.

Chiusi la bocca. Era l’unico modo per impedire che quella cascata di segreti si riversasse fuori.

La musica sfumò.

Noi rimanemmo fermi.

E la mia femmina mi fissò con quegli occhi cerulei così pieni di emozione. Pieni di domande e paure. E comprensione.

Era sola anche lei come me? Circondata da altri, ma completamente isolata?

La nostra danza finì.

“Dimmi come ti chiami.” Il respiro mi si bloccò nel petto, ogni inspirazione faceva sì che il suo seno premesse contro di me. Avrei potuto giurare di sentire il calore del suo corpo attraverso l’elegante uniforme di pelle che indossavo.

“Voi siete il Re,” mormorò invece, i suoi palmi appiattiti contro il mio petto. “Non c’è motivo per cui dovreste essere solo. Avete dei servitori pronti ad accorrere a ogni vostra richiesta. Persone che vi adorano. Qualsiasi beta in città sarebbe onorata di essere vostra.”

“Nessuna di loro è quella giusta. Cosa dovrei fare al riguardo?”

Inclinò la testa di lato, e l’angolo della sua bocca invitante si alzò anche se debolmente. “Probabilmente dovreste continuare a cercare.”

Iniziò una nuova canzone e lei si mosse, costringendomi a fare lo stesso.

Una nuova danza. Ne avrei approfittato. Perché non la volevo perdere di vista. Non adesso, dopo aver stupidamente permesso ai suoi begli occhi di far uscire i miei pensieri più intimi dalle labbra.

Forse mai.

Io ero il Re. Avrei potuto farlo, tenerla con me per tutto il tempo che desideravo.

Ma non era quello che mi faceva battere il cuore. Che aveva reso la mia gola secca e i palmi delle mani sudati come un adolescente che non sapeva nulla di donne o battaglie.

Volevo che lei desiderasse ciò che io desideravo.

E cioè cosa, esattamente? Cazzo.

Un milione di beta mi avrebbero potuto dire di sì, stanotte, e lo avrebbero fatto, come mi aveva ricordato lei. Ma solo il suo sì avrebbe significato qualcosa.

“Continuare a cercare, eh?” La feci volteggiare sapientemente per il mio ufficio, fingendo che il tappeto fosse la nostra pista da ballo. “Dovrei esaminare tutte le femmine beta, a una a una, fino a quando non ce ne sono più? E poi cosa? Quando finisco le beta e nessuna di loro è mia, cosa dovrei fare?”

La fantasia che avevo fatto prima, di accoppiarmi con una femmina omega, si schiantò sgradita nella mia mente, con la capacità di far agitare il mio animale ancora di più. La feci andar via con uno sforzo di volontà, ma si era trasformata in qualcosa di nuovo. Una visione, questa volta.

Quella femmina senza nome è sotto di me, mi fa impazzire con il suo profumo. I suoi feromoni mi trasformano in una bestia, bramosa di avere il suo corpo. I suoi lamenti sono come musica per le mie orecchie. I suoi artigli mi graffiano la schiena, mi supplica di alleviare il suo desiderio mentre mi spingo con forza dentro di lei, nel disperato tentativo di riempirla, di dare sollievo al suo calore.

Tra le mie braccia, la mia rosa si spostò più vicino, premendo contro la mia erezione dolorante mentre ondeggiavamo. “Ehm, finire le beta potrebbe essere un problema. Ma scommetto che troverete prima quella che vi piace.”

La guardai. Il mio lupo stava cercando di dirmi qualcosa su di lei, ma non riuscivo a capirlo.

“Forse una che non avevo mai visto prima. Una che non mi dirà il suo nome. Una come te?”

Lei rise piano. Come se non lo facesse spesso. “Come me? Oh, non credo che troverete quello che state cercando nemmeno con me, mio Re.”

“No?”

Strinse le labbra e scosse leggermente la testa.

“Cosa pensi che stia cercando esattamente?”

“Beh…” Mi ero immaginato il modo in cui si avvicinava ancora di più? Ora eravamo praticamente appiccicati. Poteva sentire il mio desiderio per lei, che premeva contro la sua pancia. “Vediamo… avreste bisogno che la vostra Regina fosse una femmina bellissima. Così bella che non vi stanchereste mai di svegliarvi accanto a lei al mattino.”

“Mmm…” Lasciai che il mio pollice le sfiorasse la pelle della guancia. “Una che arrossisce come un bocciolo ai primi raggi del sole.” Il rosa delle sue guance si spinse fin lungo il collo assieme al mio tocco.

La sua reazione mi diede immensa soddisfazione.

“Cos’altro?”

Lei strinse gli occhi, studiandomi come se potesse capire cosa volevo solo guardandomi con sufficiente intensità.

“Una femmina degna di voi. Una che appartenga al vostro rango.”

Aggrottai le sopracciglia a quelle parole, ma lei sollevò il mento, indicando che lei era una femmina di quel tipo.

“A quale famiglia appartieni?”

“Nessuna che voi conosciate, mio Signore.”

“Le conosco tutte.”

“Non la mia.”

“Sei nata dentro questi confini?”

“Sì,” sussurrò lei.

Le mie labbra sembravano avvicinarsi alle sue a ogni parola. Volevo assaggiarle. Lo avrei fatto prima che la notte fosse finita.

“Dimmi da dove vieni.”

Più vicino.

“Non ancora.”

Il suo respiro caldo si mescolava al mio, eppure avevo ancora bisogno di avvicinarmi.

“Cos’altro?” le chiesi.

“Vorreste una femmina che fa quello che le ordinate.”

“Solo a volte,” ribattei. “Come quando facciamo l’amore. Mi piace essere al comando in camera da letto. Chiedo molto, ma restituisco molto in cambio.”

I suoi occhi si spalancarono.

“In tutte le altre occasioni, voglio che la mia donna sia decisa.” Battei leggermente un dito sulla sua tempia. “Voglio che mi sfidi, facendomi delle domande.” Mossi il dito sulle sue labbra, tracciando il contorno della sua bocca fino a quando lei tremò per l’urgenza di essere baciata. Desiderava che lo facessi tanto quanto lo desideravo io. “Voglio che lei mi dica quando mi comporto come un coglione.”

“Ti stai comportando come un coglione,” sbottò, poi serrò la bocca con gli occhi spalancati.

L’espressione sul suo viso era così fottutamente adorabile che non potevo essere arrabbiato come lei chiaramente si aspettava che fossi. Invece, le mie guance si allargarono con un sorriso che non riuscivo a trattenere. Quando mai qualcuno mi aveva parlato così apertamente, a parte i miei uomini?

Una risatina mi risuonò nel petto mentre la musica che ballavamo sbiadiva. In risposta, anche il suo sorriso crebbe, fino a quando entrambi iniziammo a ridere di gusto. La sua risata aveva il suono delle campane mattutine che annunciavano l’alba.

Dannazione.

Se qualcuno mi avesse visto ora, in questo modo, si sarebbe chiesto se fossi impazzito. E forse era così. Ma la mia rosa mi faceva sentire…

Libero.

Libero, quando non sapevo nemmeno di essere in catene.

Sbatté le palpebre, il luccichio stuzzicante che svaniva dai suoi occhi finché non sembrò… triste. “Mi chiamo…”

Ma non volevo che si sentisse triste.

Non volevo che quel momento terminasse.

Volevo dimenticare il mio dovere e la mia posizione, ed essere libero ancora un po’.

Quindi la baciai.

La mia bocca si schiantò sulla sua, troppo rude all’inizio, ma lei non si ritrasse. E quando ansimò per la sorpresa, immersi la lingua dentro per ottenere finalmente il gusto per il quale mi stavo struggendo. Era più dolce del miele. Calda e sensuale, come l’estate che c’era prima che tutto al di là delle mura diventasse polvere.

Le sue mani si mossero dal mio petto per portarsi dietro il collo, incerte, all’inizio, ma quando le nostre lingue si intrecciarono e danzarono, divenne più audace, avvolgendomi le dita tra i capelli per chiedere di più. Per pretendere ciò che nessun’altra aveva mai osato chiedere.

Risposta semplice: le avrei dato ogni fottuta cosa.

Banchettando con la sua bocca calda, l’accompagnai fino alla mia scrivania, i suoi gemiti che mi guidavano per tutto il percorso. Interrompendo il bacio, le premetti le labbra sulla mascella e giù per la colonna del collo fino a quando non raggiunsi le deliziose curve che erano esposte nella parte superiore del suo vestito.

“Io… mio Signore… io…” Le sue parole erano affannose. Stava perdendo la testa tanto quanto me. “Sta… succedendo qualcosa.”

“Mmm, sì, mia rosa. Sta decisamente succedendo qualcosa.” Le sue unghie mi pizzicavano il cuoio capelluto mentre baciavo ogni centimetro della sua pelle esposta. “Sarai mia, stanotte.”

Un piagnucolio impotente le sfuggì di gola. E, per gli dèi, il suo profumo! Non riuscivo a saziarmi di quell’odore terroso che portava con sé l’aroma della cannella. Cos’era? Perché non lo avevo mai sentito prima?

Le sue mani bisognose cercavano avidamente la mia pelle, la desideravano. Ma, o non aveva familiarità nello spogliare un maschio o era troppo impaziente per liberarmi dei vestiti.

Entrambe le opzioni andavano fottutamente bene.

Slacciai la fibbia della mia uniforme e lasciai che si aprisse. La mia rosa mi premette i palmi sul petto, spingendosi in basso verso i miei addominali scolpiti. Quella carezza fu come volare in paradiso, e chiusi gli occhi per assaporarla a pieno.

Un leggero ringhio le rimbombò nel petto, e io spalancai gli occhi per scorgere la sua espressione affamata che fissava il mio uccello che sporgeva dalla parte anteriore dei pantaloni.

Sì, femmina.

“Sarai mia stanotte.” Per sempre, disse la mia bestia, ma lo ignorai.

Guardai i suoi occhi. Guardai le sue pupille dilatarsi finché non furono quasi del tutto neri.

La Sua Omega Proibita

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