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Capitolo cinque

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Shadow

Un rumore di vetri che si frantumavano nell'ingresso svegliò tutti nel rifugio.

“Cosa diavolo sta succedendo?” disse Major, gettandosi contro le sbarre della sua gabbia. Nonostante il baccano nel rifugio provocato dall’accaduto, l’opera di distruzione continuò. L'aggressore aveva un ritmo regolare, rompendo con la sua arma tutto ciò che si trovasse davanti. Il legno si spezzava e il metallo prendeva una botta.

“Sono gli scagnozzi di Ryker”, risposi. Non potevo vederli, ma non c'era dubbio: “Sento il loro odore.”

Il male aveva un fetore ben distinto, come un acido che mi bruciava le narici. Bloccati in quelle gabbie, non c'era niente che nessuno di noi potesse fare per fermarli.

Gli uomini di Ryker volevano solo dare un avvertimento. Quantomeno quella volta.

Anche dopo aver scoperto che eravamo lupi, Trina ci aveva tenuti. Aveva detto che non avrebbe potuto lasciarci liberi finché non fossimo stati abbastanza in forma da sopravvivere. Non c'era bersaglio maggiore a Sawtooth di un lupo malato.

“Fottuti codardi”, ringhiò Baron, il naso premuto contro la rete della sua gabbia. “Attaccare il rifugio quando è noi che vuole.”

“Trina lo ha fatto andare in prigione”, gli ricordai.

“Quando usciremo di qui, è ovvio che gliela faremo pagare a quel bastardo”, aggiunse Dallas. “Entrambi i nostri branchi sono stati colpiti. Dovremmo collaborare.”

Major mi guardò fisso. Non aveva mai esitato a sottolineare quanto mi ritenesse un debole. Avevamo stili diversi e il mio includeva consentire ai miei fratelli di essere una parte vitale della squadra. Ora tutto quello che Major aveva era X, che non aveva detto una parola durante l'attacco. Ma avrebbe portato a termine il lavoro, qualunque cosa gli fosse stata richiesta e non ci avrebbe mai ripensato.

“È una buona idea.” Non mi tirai indietro. “Operiamo in zone diverse e otterremo informazioni differenti. Nessuno si aspetterà mai che lavoriamo insieme.”

“Può esserci un solo leader.” La versione di Major di un sì.

“Lo so.” Strinsi gli occhi su di lui. “Vedremo chi di noi lo sarà, voglio dire.”

***


“Santo cielo!” Kiera, la prima a passare per quella che era stata la porta, lasciò cadere la sua tazza di caffè. “Che diavolo è successo qui?”

“Controlla gli animali!” Trina corse attraverso la stanza. “Assicurati che stiano tutti bene.”

Le nostre gabbie occupavano la stanza anteriore e il rifugio era pieno. Gli altri animali abbaiavano e gridavano per le donne, avvertendole dell'attacco.

“Perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere?” Lyssie rimase indietro. Qualcosa mi diceva che non era la prima volta che aveva a che fare con una violenza insensata. “È un rifugio per animali.”

“Abbiamo pestato i piedi a qualcuno.” Kiera emerse dalla stanza delle gabbie. “Tutti stanno bene da questa parte. Spaventati, ma nessuno è ferito.”

“Sì, anche qui stanno tutti bene.” Trina si fermò in mezzo alle nostre gabbie. “Ho avuto delle reazioni avverse in città dopo la lotta tra cani. Mi hanno detto di non sputare nel piatto dove mangio e altre cose carine.”

“Abbiamo avuto quella gomma a terra quando abbiamo lasciato il lavoro il giorno dopo il salvataggio”, aggiunse Lyssie, avvolgendo le braccia intorno alla vita. “Non gli avevo dato importanza, ma ora non mi sembra una coincidenza.”

“Devo chiamare Randy.” Trina sospirò mentre apriva le nostre gabbie. “Pensate a qualsiasi altra cosa insolita che avete visto da quella notte. Deve sapere tutto, nel caso ci fosse qualcosa dietro. Se qualcuno vi ha guardate di traverso, ditelo. Non è il momento di tacere. Ce la possiamo fare. Sarà difficile, ma nessuno ci intimidirà per aver fatto la cosa giusta per questi animali.”

Il fatto che stessimo mettendo le donne in pericolo trovandoci là mi dispiaceva tremendamente. Se fossi stato umano, avrei insistito perché si allontanassero da noi. Non avevano idea di cosa fosse capace Ryker. Era molto più pericoloso di quanto sembrasse.

Ma se fossi stato umano, avrei potuto proteggerle.

Le ragazze si fecero il mazzo per ripulire la stanza anteriore, cercando di riportare tutto alla normalità. Spazzarono via i vetri rotti, coprirono le finestre danneggiate e ripararono tutto quello che potevano. Nessuno venne ad aiutarle. La cosa non mi sorprese. Trina chiamò il dipartimento di polizia, ma le altre donne dissero a malapena una parola mentre lavoravano. Neanche quella fu una grande sorpresa.

Non conoscevo il rifugio prima di diventare uno dei suoi ospiti. Passavo meno tempo possibile a Granger Falls. Mi stavo prendendo a calci, sapendo che una bellezza come Trina era sempre stata lì. I lupi di Sawtooth non facevano mai coppia con femmine umane. Non avevamo problemi a farle divertire, ma quando la festa finiva, finivano anche i nostri contatti. Anche se avessi incontrato Trina prima di essere catturati, non sarebbe stata comunque più di un'avventura di una notte.

Sei mesi di prigionia erano stati sufficienti per far cambiare idea a questo lupo. Le lupe della nostra generazione erano state vendute al miglior offerente. Tenute in un tipo di prigionia completamente diverso, erano trattate come gioielli rari, strettamente controllate e messe in mostra da coloro che potevano permettersele. Era uno scherzo crudele, il modo in cui i branchi ostentavano le belle pupe di fronte a noi e ci prendevamo a calci in culo se ci provavamo con loro. Ridevano di noi. Non eravamo nulla di speciale, soprattutto quelli della classe operaia. Eravamo così tanti perché i nostri genitori continuavano a provare ad avere una femmina fino a quando non potevano più. La ricompensa valeva lo sforzo.

I lupi ricchi non avevano molto di cui preoccuparsi. Si erano abituati meglio al loro lato umano. Avevano soldi, donne e non dovevano fare le lotte della classe operaia. Avevano i mezzi materiali per sopravvivere, ma il resto di noi faceva affidamento sulla forza e sulla furbizia da strada. Potevano tenersi i loro soldi, non compravano la felicità. La libertà aveva un prezzo elevato, ma chiunque ne poteva godere.

Volevo una compagna.

Volevo continuare l’eredità del mio branco e non avrei permesso che quella fosse la fine di una fiera stirpe.

Dallas aveva avuto una buona idea quando aveva suggerito di collaborare con i Lowes. Non potevo seguire la leadership di Major e guardarmi allo specchio, e volevo Trina. Dovevo dimostrare di essere un alfa per averla. Non avevamo mai avuto un alfa senza una compagna, fino a quel momento.

E io avrei avuto lei.

“Starai sempre vicino a me, vero?” Trina mi stampò un bacio sulla testa quando tutto fu tornato alla normalità, per quello che poteva esserlo. Sembrava esausta. Odiavo il fatto che non potessimo fare niente per darle una mano. Quelle donne non erano per nulla impotenti, ma anche un piccolo aiuto contava.

Ancora una settimana prima della luna piena. Ancora una settimana prima di guadagnarmi il pane e prima che i miei baci potessero essere più di una lavata di lingua.

“Sei come la mia ombra”, aggiunse.

Non aveva idea che quello era effettivamente il mio nome. Mi premetti contro di lei. Presto avrei potuto avvolgerla tra le mie braccia e perdermi in quel profumo di torta di mele che mi faceva morire dalla voglia molto più di un dessert.

“Fottuto leccaculo. Tutti voi Channings, che cercate di fare i carini con le ragazze del rifugio”, ringhiò Major mordendomi il collo. Io abbaiai, facendolo cadere a terra rotolando. No, mio caro. Non mi avrebbe allontanato da Trina facendomi fare una figura di merda. C'erano cinque di noi e tre donne. Era abbastanza intelligente da fare i conti. E aveva trentacinque anni senza una compagna, altri numeri che non poteva ignorare se voleva essere considerato un leader. “Non vi darà nessun beneficio. Non siamo altro che guai per loro. E quando arriverà la mattina dopo la luna piena e troverà cinque uomini nudi nelle gabbie dei cani, non penserà più che siete così carini. Scapperà via urlando.”

“Voglio che si fidi di noi.” Ero muso contro muso con Major, il mio respiro rauco ma non proprio un ringhio. Ogni giorno diventavamo più forti e ogni giorno mi faceva incazzare un po’ di più. “In modo che, quando accadrà, non andrà fuori di testa. Adesso anche lei è un bersaglio per Ryker. Come alfa...”

“Che cazzo ne sai di essere un alfa?” Major mi dette una spinta.

Lo ignorai. “Come alfa, la proteggerò. L'abbiamo messa in questo casino, la tireremo fuori. Sta lottando per prendersi cura di noi. Nessuno la sta aiutando con donazioni, se ne stanno solo lavando le mani dei loro problemi. Io li risolverò.”

“Che nobile”, mi schernì Major. “Puoi pomiciare con la tua nuova ragazza umana mentre io faccio a pezzi Ryker. Così è come si risolvono i problemi.”

Mi tuffai al collo di Major. Non sapeva ascoltare la ragione, per lui tutto si risolveva con la violenza. Avrebbe ricevuto il messaggio.

“Ragazzi!” gridò Trina. Si precipitò verso di noi, mantenendo l’equilibrio tra un gattino in una mano e una bottiglia sotto il braccio. Si fermò tra me e Major, fissando quest’ultimo. “Basta! O vi rimetterò nelle vostre gabbie.”

“Non so come potremo farcela, Shadow.” Baron si intromise tra me e Major. Per tutta la settimana si era ingraziato Kiera, la volontaria dai capelli corti che sembrava un'atleta. Major lo morse, ma lui se lo scrollò di dosso. “Avremmo dovuto correre tutti via quella notte. Shea è stato intelligente. Perderà la testa quando ci trasformeremo.”

Forse avremmo dovuto. Eravamo passati da una prigione all'altra e lì non stavamo aiutando nessuno. Eppure nessuno stava cercando di scappare da Forever Home.

“Shea è scappato per quello che ha fatto ad Archer”, borbottò Dallas, leccandosi una zampa e fissando Major. Ma non lasciò il fianco di Lyssie. Dei miei fratelli rimasti, Dallas avrebbe serbato rancore molto più a lungo di Baron. Baron avrebbe fatto qualsiasi cosa per trovare una soluzione pacifica a quel casino.

“Un'altra cosa che dobbiamo sistemare quando siamo fuori di qui.” Mi scagliai contro Major ancora una volta. “Shea deve pagare per quello che ha fatto a mio fratello.”

“Ha fatto quello che doveva fare.” Major non si tirò indietro. “Avresti fatto la stessa cosa sul ring quella notte. L'hai detto tu stesso. E avevi intenzione di fare la stessa fottuta cosa con me. Volevi una taglia sulla tua testa? Perché ne abbiamo tutti una adesso, con Ryker su tutte le furie. Non c'è tempo per fare i bravi, Shadow.”

Mi voltai. Fanculo a lui. Unire i branchi non toglieva Shea dalla mia lista nera.

Ma Major aveva ragione su Trina. Non sapevamo come avrebbe reagito alla nostra metamorfosi. Chiunque trascorresse abbastanza tempo in Idaho conosceva le leggende sugli uomini lupo. Alcuni dei più anziani della cittadina dicevano che eravamo karma: ci prendevamo cura di problemi di cui loro non potevano. A meno che non fosse il branco dei Lowe, che ne creava di più. Ma nessuno degli abitanti ci aveva mai visti in azione.

Non mi sorprendeva che i Lowes non cercassero di legare con le donne del rifugio. Non era nel loro stile. Avevano un concetto diverso di libertà rispetto a me e ai miei fratelli.

Trina non ci trattava come animali selvatici. Aveva più rispetto per noi di alcuni lupi di Sawtooth, specialmente Ryker, le lupe e i loro compagni. Non venivamo mai tenuti in considerazione. Non mi lamentavo, ma era estenuante. Era un sollievo aver smesso di combattere, anche se solo fino alla luna piena. Sebbene parlasse con tutti i suoi ospiti - così Trina chiamava gli animali che stavano con lei a Forever Home - come se parlasse con degli amici, quello che diceva sembrava personale. Era convinta di ogni parola che diceva. Trina non diceva cazzate.

Se solo fosse stata una lupa. Ma poi non l'avrei mai avuta. In entrambi i casi, non potevo vincere. Prima della cattura, la cosa non mi preoccupava tanto. Ora capivo che il mio tempo aveva un limite.

Trina aveva salvato le nostre vite e avrei fatto qualsiasi cosa per lei. All'inizio era una questione di principio. Poi lei era diventata un sogno a occhi aperti. Un viso grazioso che mi faceva smettere di pensare all'orrore degli ultimi sei mesi. Altrimenti, ogni pensiero sarebbe andato alla vendetta. Senza Trina, sarei diventato assetato di sangue come Major.

Più restavamo lì, più i miei pensieri diventavano un'ossessione. Trina mi faceva desiderare di avere di più e rendermi conto di quanto mi mancasse una compagna. Durante la settimana in cui eravamo stati suoi ospiti, avevo colto le sue stranezze, come quando cantava stonata ascoltando l’emittente di musica country mentre puliva le gabbie, o quando fischiettava insieme agli uccellini mentre compilava le sue scartoffie. E quanto velocemente la sua felicità svaniva lasciando il posto a qualcosa di molto più oscuro, qualcosa di preoccupante. Tornava sempre dagli animali, contando su di noi per la forza quando non poteva farcela da sola.

Anche Trina aveva bisogno di più.

“Oh mio Dio, cosa è successo qui?” Una giovane donna fece capolino dalla porta malandata, con un barboncino piagnucolante tra le braccia.

“Stiamo ristrutturando.” Trina si stampò sul viso un sorriso fasullo. Le altre volontarie si dileguarono. Trina era la loro alfa. Una donna come lei mi avrebbe reso più forte. Avrebbe reso il nostro branco più forte. “Come posso aiutarla?”

“Oh.” La donna era troppo educata per dire ad alta voce che non ci credeva. “Questo è il cane di mia nonna. O lo era. Mia nonna è morta.”

“Mi dispiace molto.”

La visitatrice fece un respiro profondo prima di continuare. “Nessuno di noi può prendersi cura di Candy, questa bambina. Vivo in un dormitorio universitario e mia madre è già molto impegnata. Sono sicura che ci sia una famiglia là fuori che amerebbe tenerla. O forse un'altra signora anziana. È davvero una brava cagnolina.”

Trina si avvicinò alla donna e accarezzo Candy sulla testa, mormorandole qualcosa. “Si vede. In questo momento sono al completo. Ho un paio di appuntamenti per l'adozione in programma questa settimana. Posso prendere il suo nome e numero di telefono e farle sapere quando si libera un posto? È il meglio che io possa fare.”

“Ok.” Il viso della donna si abbassò. “Non rimarremo a lungo a Granger Falls e non so dove portarla. C'è qualcun altro che possa prenderla?”

“Siamo l'unico rifugio della città.” Trina sospirò e il suo sorriso svanì. Si agitava, come se continuando a muoversi avrebbe trovato un modo per fare spazio a quel cane. “Chiamerò i rifugi della zona, ma molti dei no-kill sono messi come noi”.

“È una brava cagnolina”, ripeté la donna. “Voglio davvero che trovi una bella casa”.

“Lo so. Anch'io.”

Quando Candy e la donna se ne andarono, Trina tirò un pugno contro il compensato appena posato e si sciolse in lacrime. Lo faceva spesso quando un appuntamento per l'adozione non andava a buon fine o quando non poteva prendere un nuovo ospite.

Tra una settimana, avrebbe avuto altri cinque spazi. Non potevamo rovinare tutto. Non erano solo le nostre vite in gioco.

Quando Trina rimise il gattino nella sua gabbia, rimasi alle sue calcagna.

“Attento”, mi disse quando avvicinai troppo il naso alle sbarre. Appoggiò distrattamente la mano sulla mia schiena. Il mio pelo era già molto più folto. I mutaforma guarivano velocemente. Eravamo tutti ingrassati e mi sentivo quasi come un tempo. “Penso che sia arrivato il momento. Ti porto a casa con me. Dobbiamo fare spazio qui.”

Major si spinse contro la parte anteriore della sua gabbia. “Come hai convinto la tua ragazza a portarti fuori per un appuntamento?”

“Non metterti a discutere”, gli sbuffai. “È il primo passo per uscire di qui.”

Gli altri lupi guairono nelle loro gabbie mentre seguivo Trina fino alla porta. Stavamo morendo di fame di libertà.

“Presto toccherà a voi, ve lo prometto”, disse Trina da sopra la spalla, cercando di calmare tutti. “Adesso ho spazio solo per uno.”

Mi condusse al suo pick-up. Con una mano di nero e tutto ammaccato, non partì al primo colpo.

“Maledetto catorcio.” Sbatté il pugno contro il volante. Funzionò, il camioncino partì al tentativo successivo. Mi guardò e sorrise. I suoi capelli sembravano quasi biondi nella luce pomeridiana al tramonto. Mi chiedevo spesso come sarebbe stata come lupa, la immaginavo con un pelo dorato e occhi verdi. Bellissima. “Che giornata. Non ti ho nemmeno dato un nome. Hai una pelliccia grigia così bella. Smoky? No, non è quello giusto. Ma per il momento va bene.”

Fra sei giorni sarei stato in grado di dirle il mio nome e molto altro ancora. Se avrebbe ascoltato. Forse sarei dovuto scappare, se ne avessi avuto la possibilità, così da evitare a Trina di essere lei a farlo. Dopo sei mesi, le nostre metamorfosi potevano essere caotiche. Ammesso che ci riuscissimo. Saremmo stati tutti sufficientemente forti per la trasformazione di quel mese, ma nessuno di noi era mai rimasto lupo così a lungo. Non poteva non avere qualche conseguenza indesiderata.

Guidò fino a una casetta di tronchi di legno ai margini della foresta. L’odore della terra umida e della resina degli alberi mi inondò le narici. Sarei potuto correre dritto nella foresta e lei non sarebbe mai riuscita a prendermi. Sarei stato libero.

Ma se lo avessi fatto, non avrei mai più rivisto Trina. O l’avrei rivista, ma non ci sarebbe stato modo di convincerla che ero il lupo che lei aveva curato con tanto amore per riportarlo in salute. Non sarebbe stato facile, ma nessuna cosa buona lo era mai stata.

La casetta aveva un portico anteriore che dava sulla valle. Colori vivaci risplendevano nelle ondeggianti colline, riflettendosi nel lago sottostante. Una brezza fredda mi penetrò la pelliccia; presto avremmo visto la neve.

“Benvenuto a casa”, disse Trina a braccia spalancate. “Non è molto, ma adoro questo posto.”

Aveva solo il necessario: un divano, un tavolo da cucina e una TV. Trotterellai per la casa. Un vantaggio di essere un lupo era che non dovevo aspettare che la casa mi venisse mostrata o capire quello che potevo o non potevo fare come ospite. Mi fermai di colpo nella sua camera da letto, non aspettandomi delle lenzuola rosa sul letto sfatto. Saltandoci sopra, inalai il suo caldo profumo di torta di mele.

“Oh no, non lo fare”, rise trina Trina colpendomi scherzosamente il culo. “Avrai il tuo letto.”

Era chiaro che tutta la sua vita era il rifugio. Non sapeva rilassarsi. Mettendo la stessa emittente radio che ascoltava tutto il giorno, preparò la cena cantando a squarciagola le parole di tutte le sue canzoni preferite. Rendendosi conto di essersi dimenticata di portare a casa il mio cibo, mise degli altri hamburger nella padella. Quella casetta era un paradiso.

Dopo cena, si sistemò sul divano con il suo computer.

La donna non si fermava mai. Mi arrampicai sul divano accanto a lei, accoccolandomi nell’incavo del suo corpo caldo. Lei si appoggiò a me, sussultando mentre si stava addormentando, con una pila di documenti per l'adozione che le stava cadendo dalle ginocchia.

Sbadigliò trascinandosi nella sua camera da letto. “Lascia che ti mostri la suite degli ospiti.”

In un angolo c'era un peloso letto per cani. Annusai: non ero il primo a usarlo. Avermi portato a casa sua non era niente di speciale per Trina. Era solo qualcosa che faceva prima di consegnare i suoi cani ai loro veri futuri padroni. O prima di liberare i lupi nella foresta.

“Le ragazze non pensavano che avrei dovuto portarti a casa, dato che non sei esattamente un cane, ma sono contenta di averlo fatto. Mi sento al sicuro con te qui. Sogni d'oro, Smoky.”

Mi sdraiai sul bitorzoluto letto per cani, ascoltando il suo respiro farsi più profondo mentre si addormentava. Così tante cose mi passavano per la mente e non riuscivo a dormire. Forse se l’avessi guardata, avrei trovato il modo di non spaventarla a morte quando mi sarei trasformato in un uomo. Non si sarebbe sentita così al sicuro se avesse visto una cosa del genere.

“No!” Trina si girava e rigirava nel sonno. Stava piangendo? “Non lasciarmi.”

Il suo incubo si intensificò, mentre lottava per cercare di tenere qualcuno vicino a lei. Non stava vincendo. Misi le zampe sul letto. Volevo proteggerla, o almeno far sparire quella scena.

Trina aprì un occhio, rendendosi conto che qualcuno la stava guardando.

“Oh, va bene”, mormorò, apparentemente inconsapevole del suo incubo. “Vieni qui, Smoky.”

Non dovette dirmelo due volte. Mi arrampicai sul letto e lasciai che Trina mettesse un braccio intorno a me.

Non ti lascerò, Trina.

Non ricordo l'ultima volta che avevo dormito così profondamente.

Il Suo Lupo Imprigionato

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