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LA MISSIONE DELL'ULISSE VOLANTE
ОглавлениеIl comandante Ulisse aveva il volo nel sangue, già per tradizione familiare. Ed era un navigatore esperto di vecchio stampo, di quelli che riconoscevano e chiamavano per nome le diverse parti di un motore, e che ancora sapevano compiere tutte le manovre azionando e regolando manualmente i propulsori, il timone e le ali senza l'aiuto di assistenti automatici computerizzati. Sì, proprio come in quei videogiochi di vecchio tipo di cui egli, neanche a dirlo, era appassionato.
Avvicinandosi a Deltoide, il pilota automatico aveva segnalato problemi nell'avviare la fase di atterraggio, ed ora l'Ulisse Volante era parcheggiata, in modalità manuale ed a motori spenti, appena al di fuori dell'orbita stazionaria del piccolo pianeta.
“Base Deltoide, qui è Ulisse Volante. Chiedo l'autorizzazione a entrare nel vostro spazio orbitale.”
Dal grande schermo rispose il volto scuro e brizzolato di un ufficiale non certo alle prime armi.
“Autorizzazione non concessa”.
“Come? Può ripetere per favore?”
“Avete problemi di ricezione? Ho detto autorizzazione non concessa. Ed aggiungo che la sosta in orbita stazionaria è consentita solo per un massimo di un'ora, o in caso di avaria grave al motore. Insomma, siete pregati di andarvene.”
“Ma come … ”, obiettò il capitano, “ci deve essere un errore. Ho volato per mesi per arrivare fino a qui, seguendo un piano di volo regolarmente autorizzato. Protocollo ADS5557294. Se vuole può contattare l'armatore, è una compagnia seria con cui non ho mai avuto problemi di questo genere. Deve esserci stato un malinteso.”
“No no, nessun malinteso. La sua compagnia non c'entra. È che da qualche giorno da noi è in vigore una nuova normativa. Siamo finalmente entrati a pieno titolo nella USPA, l'associazione dei piccoli pianeti. Ora qui è USPA a tutti gli effetti, e valgono tutte le sue disposizioni.”
“Ma … non capisco. Non vedo la logica per cui io … “
Il graduato lo interruppe. “Adesso non ho tempo da perdere. Se vuole dia un'occhiata al notiziario, lì è spiegato tutto.” Ed al suo posto sul video comparve l'inizio di un filmato pronto per essere avviato con un click.
Stizzito, il capitano fece scorrere il filmato, in cui con voce suadente e melliflua venivano spiegati proprio i concetti che immaginava e che a grandi linee già conosceva. La precarietà orbitale e gravitazionale dei piccoli pianeti, che potevano risentire conseguenze dal passaggio nelle vicinanze di velivoli spaziali di grandi dimensioni; i rischi, non solo ambientali, delle politiche di “aumento di massa”, attuate da alcuni pianeti di piccole dimensioni proprio per stabilizzarsi e far fronte a questo problema; i vantaggi ed i requisiti dell'adesione all'USPA, tra cui il blocco orbitale magnetico ed un sistema di difesa antiaereo tali da scongiurare l'impatto non solo con una grande astronave, ma addirittura con corpi celesti di dimensioni pari o anche maggiori a quelle del pianeta stesso.
“Strano”, pensò il capitano. “Deve esserci stato di recente qualche stravolgimento politico o cambio di governo, perché tutte le altre volte che sono venuto su Deltoide non solo non mi hanno mai fatto storie, ma ricordo di aver sempre ricevuto un'accoglienza particolarmente calorosa ed ospitale.” E così, giusto per lo sfizio di verificare la sua ipotesi, cercò e trovo facilmente sempre nel notiziario il resoconto della recente destituzione ed uccisione del tiranno Spasmodus, che aveva retto Deltoide per diversi decenni fino, appunto, ad una settimana prima.
Non fosse stato per la presenza del blocco orbitale e del sistema missilistico, confermati anche dalle sue apparecchiature di bordo, il capitano avrebbe saputo come sfogare la sua rabbia e la sua stizza su quel pianetucolo. Ma così … Non c'era che adeguarsi, e decidere le opportune azioni da intraprendere di conseguenza.
Meglio sentire il parere di una persona esperta, pensò. Ed il pensiero gli andò subito al suo contatto con la società committente, persona non solo cordiale e fidatissima ma disponibile ad essere disturbata a qualsiasi ora.
“Ciao Pedro, come va? Sono appena arrivato a ridosso di Deltoide ed avrei un certo problemino da risolvere.”
Ulisse fece in tempo a vedere solo un istante l'espressione preoccupata di Pedro, che il collegamento sparì. Ritornò pochi istanti dopo, con Pedro che prese sùbito la parola.
“Scusa Ulisse, ho fatto cadere la linea e ti ho richiamato in modalità protetta, perché quelli dell'Autorità ultimamente stanno registrando ed archiviando tutto quanto passa sui collegamenti standard. Da adesso in poi certi tipi di problemi li discuteremo in questo modo, per evitare noie più gravi sia a te che a noi. E credo di aver già capito che problema hai incontrato. Ma tu sei arrivato solo oggi su Deltoide? Da piano di volo avresti dovuto arrivarci quasi tre settimane fa.”
“Lo so, Pedro, ma visto che ci passavo vicino ho fatto una sosta prolungata su Trituzio. Mettiamola così, diciamo che ho avuto un guasto serio ai propulsori.”
“Siamo su linea protetta, Ulisse, e puoi dirmi la verità. Lo so che quando passi per Trituzio ti ci fermi sempre più del dovuto. È il tuo pianeta natale, se non sbaglio.”
“Sì, lì c'è mia madre, qualche cugino e anche un'amichetta. Mi sono preso un anticipo delle vacanze, che male c'é?”
“Niente, se non fosse che non hai rispettato il contratto che hai stipulato con noi, e non ce ne hai dato comunicazione ufficiale. Adesso sono problemi tuoi.”
“Ma … voi siete sempre in grado di sapere dove mi trovo!”
“Sicuro. Ma non possiamo certo stare lì a tirarti le orecchie da anni luce di distanza; e per quanto ci riguarda tu hai già portato a termine l'incarico che ti avevamo affidato. Adesso il problema è tutto tuo, e te la devi vedere per conto tuo.”
L'immagine di Pedro sparì, e Ulisse rimase come una statua di sale, interdetto e sorpreso per la risposta ricevuta tanto da non riuscire neanche a dire nulla. Una reazione del genere da Pedro davvero non se l'aspettava.
Un paio di secondi e il volto di Pedro ritornò a video.
“Scusa lo scherzetto, ma volevo proprio vedere la faccia che avresti fatto. Guàrdati.” E così dicendo gliela ripropose a velocità rallentata. Ecco, pensò Ulisse: invece una cosa del genere da lui te la devi sempre aspettare.
“Ma non è che prima ti abbia detto una balla”, proseguì Pedro. “la situazione sta esattamente in quei termini. Però, se mi prometti che non dici a nessuno chi te le ha date e che appena puoi le fai sparire, ti posso mandare le traiettorie spaziali delle navicelle di perlustrazione confederali nel tuo quadrante. In genere non le cambiano per dei mesi, e dovresti stare tranquillo. Relativamente tranquillo, perché con alcuni modelli hanno aumentato il raggio di sorveglianza. Ma è riportato tutto nelle mappe mobili che ti sto mandando. Beh, adesso vèditela tu, la nave è tua.”
“Già, e devo anche fare il pieno di energia. A navi grandi come la mia non lo fanno dappertutto. Speriamo di non trovare altri pianeti che mi chiudano le porte in faccia. Se continua così dovrò cambiare mestiere, o almeno astronave”, commentò Ulisse.
“Io fossi in te farei un pensierino anche alla Via Ferrea”, proseguì l'altro. “È un po' pericolosa, ma proprio per questo … beh, in bocca al lupo. E mi raccomando: naturalmente noi due non ci siamo mai detti niente. Ciao, e fatti sentire quando torni disponibile.”
Già. La Via Ferrea. Quante volte ci aveva pensato, per evitare trafile burocratiche e ingranaggi da ungere per convincere questo o quello. Se non fosse stato per la grande distanza e per i suoi pericoli intrinseci… Ma certo in questo caso poteva essere una soluzione valida.
Prima però bisognava pensare all'energia. Inserì a sistema i dati necessari e attese che l'elaboratore gli restituisse alcune sue ipotesi di percorso, con tempi e distanze. Ulisse le studiò un pochino e poi scelse quella che ritenne migliore.
“Chissà a che punto sono di sotto”, pensò. “A quest'ora il pranzo dovrebbe essere già pronto.”
Attivò il collegamento interno.
“Lucrezia, Gisella. Ciao. È già tutto pronto per mangiare?”
“Sì, dacci solo il tempo di salire. Anche se qui abbiamo poca energia.”
“Tranquilli, la situazione è sotto controllo. Ma quando sarete su abbasserò il livello energetico della nave. Poi vi spiego tutto”.
“Allora ci vediamo tra cinque minuti in sala da pranzo. Anzi, facciamo dieci.”
“A dopo allora. Chiudo.”
Schiacciò l'altro bottone.
“Ciao Augusto, e anche Vittorio. Ho due domande da farvi. Sono terminate le analisi del carico? E, se sì, pensate che potremo azionare i generatori di energia endogeni, e con che risultati?”
La risposta arrivò un po' disturbata, ma comunque chiara.
“Tutto a posto, anche di più. Come energia ne potremmo anche riuscire a vendere, a lavorarci un pochino.”
Era già da qualche tempo che Augusto gli suggeriva di sfruttare meglio dal punto di vista energetico il carico imbarcato, soprattutto quello organico. Sosteneva che con un certo investimento avrebbero potuto trasformare quella che ora era semplicemente una nave da trasporto in una stazione di vendita e di ricarica ambulante, con discreti ulteriori profitti e con l'ulteriore vantaggio di non doversi spostare senza sosta e a velocità folli da un settore all'altro dell'Universo. L'idea era buona, ma bisognava lavorarci su ed investirci. E, soprattutto, forse il capitano non era ancora pronto, dopo una vita passata a fare il corriere, a trasformarsi dall'oggi al domani in produttore di energia e venditore autonomo.
“Benissimo, grazie. Ci vediamo a pranzo fra un po'.”
Ulisse non poté fare a meno di pensare che il suo era davvero un bell'equipaggio. Un quartetto in gamba, ben assortito, che in tanti anni non gli aveva dato proprio nessun problema. Solo Lucrezia e Augusto l'avevano messo in difficoltà una volta, di recente, quando gli avevano chiesto di unirli in matrimonio. Più che altro la richiesta l'aveva colto di sorpresa e impreparato. Aveva acconsentito volentieri, pur consapevole che quello avrebbe potuto essere l'ultimo viaggio insieme a loro e che probabilmente avrebbe dovuto cominciare a pensare a come poterli sostituire. Mah, un problema alla volta, pensò. Comunque, beati loro.
Appena le spie dell'ascensore e dei cercapersone segnalarono che tutto l'equipaggio era radunato sul suo stesso piano, Ulisse abbassò il livello energetico della nave, ed anche la sua cabina cadde in una specie di penombra. In compenso, i finestroni affacciati sul mondo acquistarono risalto, le luci delle stelle e dei pianeti diventarono brillanti puntini luminosi nel buio dando spettacolo, quello spettacolo meraviglioso che in fondo lo aveva convinto a scegliere di intraprendere quel tipo di vita. Ed egli rimase lì fermo qualche minuto a gustarselo, assorto in silenziosa contemplazione.
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Erano trascorse diverse settimane da quel giorno a ridosso di Deltoide: giusto il tempo di fare un rabbocco di energia - così per precauzione visto che, a detta di Augusto, anche solo i generatori endogeni sarebbero stati sufficienti – e di avvicinarsi alla Via Ferrea senza transitare troppo in prossimità di nessuna delle navicelle di perlustrazione confederali.
Il comandante radunò in cabina il suo piccolo equipaggio.
“Stiamo per affrontare una situazione davvero molto difficile per un'astronave della nostra stazza, e mi serve il massimo aiuto da tutti voi. In qualcosa di molto diverso dal solito, voglio dire. La Via Ferrea è una zona relativamente ricca di microcorpi cosmici di diverse forme e composizione. Anche i meno grandi di loro, se trascurati e non affrontati nel modo giusto, potrebbero mandarci ko. Come già vi ho accennato, noi abbiamo essenzialmente due modi per fronteggiarli: il migliore è evitarli. L'altro modo è di sminuzzarli e disintegrarli con le nostre armi. I normali sistemi automatici di navigazione non sono sufficienti: serve anche l'occhio umano, anzi tanti occhi; molta, molta attenzione, e buoni riflessi. È per questo che da qualche settimana vi ho chiesto di impratichirvi con Asteroids, un videogioco in cui le problematiche sono più o meno le stesse.”
“E la cosa durerà non poco”, proseguì Ulisse. “Da quando quella luce diventerà rossa o arancione fino a quando ritornerà verde, potrebbero trascorrere anche tre o quattro giorni. Dormiremo a turni di sei ore. Mentre uno riposa, due degli altri staranno alle finestre laterali, ed uno mi affiancherà sempre ai comandi centrali. Io probabilmente dormirò qui, forse un po' meno degli altri. Cominciamo già da adesso, ognuno alla sua postazione.”
Passò quasi un'oretta, durante la quale il capitano continuò a dare spiegazioni e a rispondere a domande e dubbi di vario genere, prima che la famosa spia diventasse arancione. E da quel momento furono quasi tre giorni di continua lotta e di guerra estenuante, al limite delle loro possibilità e della loro resistenza fisica, contro corpuscoli e detriti di ogni genere. Molti di essi, pur essendo estremamente piccoli e vicini gli uni agli altri, dovevano essere davvero recenti se la gravitazione universale non era ancora riuscita a farli avvicinare tanto da farli unire e compattare tra loro. Alcuni, tra cui un foglio di lamiera di qualche metro quadrato, sfuggirono completamente al controllo di radar e sensori e non si riuscì a fermarli in tempo, ma fortunatamente non apportarono danni rilevanti alla struttura esterna. Moltissimi furono i piccoli detriti metallici catturati dalle apposite mega-calamite di cui la nave disponeva. Vennero utilizzati questi e, per la prima volta, anche altri dispositivi in dotazione all'astronave e mai usati prima: i potentissimi fari sia a luce normale che a infrarossi; il dispositivo di protezione a rete per il ponte di comando e per altre zone della nave; i sensori di radioattività e di raggi beta e gamma. Alcuni altri, purtroppo, risultarono inutilizzabili, perché dopo anni senza manutenzione si rivelarono non funzionanti.
In quei tre giorni terribili la famosa spia rimase rossa per buona parte del tempo, e ben pochi furono i periodi arancioni di relativa tranquillità, durante l'ultimo dei quali il capitano annunciò a tutti: “Coraggio ce l'abbiamo quasi fatta!”. Ed infatti di lì a neanche un'ora la spia arancione ritornò verde.
“Ragazzi, ci siamo. È il momento. Sto per aprire i portelloni di carico. Augusto, Vittorio: controllate che non ci siano intoppi e tutto sia a posto. Anche il reparto organico: ora non ci serve altra energia, ma solo di essere leggeri e veloci il più possibile. Al mio tre: uno, due … tre!”
Fu allora che l'Ulisse Volante, per la prima volta nella sua lunga, umile ma onesta carriera, scaricò nello spazio il suo carico di milioni di teragrammi di eterogenea spazzatura. Una trasgressione alle leggi fderali; ma a mali estremi, estremi rimedi, pensò il comandante sentendosi alleggerito dentro non meno della sua nave.
“E adesso via, direzione Trituzio. Ci spetta a tutti una lunga e meritata vacanza prima di pensare al prossimo carico, o quello che sarà, magari un'altra attività. E stasera a cena mi raccomando, non fate mancare lo spumante per festeggiare.”