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CAPITOLO DUE

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Kendrick si trovava nell’occhio del ciclone, nella Sala delle Armi, affiancato da decine di compagni, tutti valorosi membri dell’Argento: guardava con calma Darloc, il comandante della guardia reale inviato in una sventurata missione. Cosa si era aspettato? Pensava veramente di poter entrare nella Sala delle Armi e tentare di arrestare Kendrick, il più amato della famiglia reale, di fronte a tutti i suoi fratelli d’armi? Pensava davvero che gli altri sarebbero rimasti a guardare e gliel’avrebbero permesso?

Aveva completamente sottovalutato la lealtà dell’Argento nei confronti di Kendrick. Anche se Darloc si era presentato con legittime accuse per poterlo arrestare – sebbene queste non lo fossero di certo –  Kendrick dubitava fortemente che i suoi compagni gli avrebbero permesso di portarlo via. Gli erano fedeli sulla vita, e sulla morte. Era la fede dell’Argento. Lui stesso avrebbe reagito allo stesso modo se qualcuno dei suoi fratelli d’armi fosse stato minacciato. Del resto si allenavano tutti insieme e combattevano insieme da una vita.

Kendrick poteva percepire la tensione sospesa in quel denso silenzio, mentre l’Argento teneva sguainate le proprie armi contro quelle dieci guardie reali, che rimanevano ferme sul posto, spostando il peso da un piede all’altro, a disagio per la situazione creatasi. Sicuramente sapevano che sarebbe stato un massacro anche solo tentare di afferrare una spada, e saggiamente non fecero nulla. Rimanevano lì in attesa di ordini dal loro comandante, Darloc.

Darloc deglutì, era particolarmente nervoso. Si era reso conto che la sua causa non aveva speranza di vittoria.

“Sembra che tu non abbia portato uomini a sufficienza,” disse Kendrick con tranquillità, sorridendo. “Una decina di guardie del Re contro un centinaio di uomini dell’Argento. La tua è una causa persa.”

Darloc avvampò, poi si schiarì la voce.

“Mio signore, serviamo tutti lo stesso regno. Non è mia volontà combattere contro di te. Hai ragione: questa è una battaglia che non potremmo mai vincere. Se ce lo comanderai, ce ne andremo a torneremo dal Re. Ma sai che Gareth non farà che mandare più uomini a prenderti. Uomini diversi. E sai a dove porterà tutto questo. Potresti anche ucciderli tutti, ma vuoi veramente macchiare le tue mani con il sangue dei tuoi fratelli? Vuoi veramente dare inizio a una guerra civile? I tuoi uomini sono pronti a rischiare le loro vita per te, sono pronti a uccidere chiunque. Ma è giusto?”

Kendrick lo fissò, pensando a tutto ciò che gli aveva detto. Darloc aveva ragione. Kendrick non voleva che nessuno dei suoi uomini si facesse del male semplicemente per colpa sua. Sentiva l’immenso desiderio di proteggerli da qualsiasi spargimento di sangue, non aveva importanza cosa comportasse per lui. E per quanto terribile fosse suo fratello Gareth, e per quanto fosse un governatore abominevole, Kendrick non voleva una guerra civile, per lo meno non causata proprio da lui. C’erano altri modi: aveva imparato che lo scontro diretto non sempre era la soluzione più efficace.

Kendrick allungò una mano e lentamente abbassò la spada dell’amico Atme. Si voltò a guardare i membri dell’Argento. Era pieno di gratitudine nei loro confronti per essere stati pronti a difenderlo.

“Mie cari compagni dell’Argento,” disse. “Vi sono grato per la vostra difesa, e vi assicuro che non è vana. Come tutti sicuramente ben sapete, conoscendomi, non ho nulla a che fare con la morte di mio padre, il nostro precedente Re. E quando troverò il suo reale assassino, che sospetto di aver già scovato data la natura di questi ordini, sarò il primo a fare vendetta. Sono accusato ingiustamente. Detto questo, non voglio essere il motivo scatenante di una guerra civile. Quindi vi prego di abbassare le vostre armi. Permetterò loro di prendermi pacificamente, perché un membro dell’Anello non dovrebbe mai mettersi a combattere con un altro. Se la giustizia esiste, allora la verità verrà a galla, e io tornerò presto fra voi.”

I membri dell’Argento lentamente e con riluttanza abbassarono le armi e Kendrick si voltò nuovamente verso Darloc. Entrambi si incamminarono verso la porta, circondati dalle guardie del Re. Kendrick avanzava orgogliosamente, al centro, a testa alta. Darloc non tentò neanche di ammanettarlo, forse per rispetto, forse per paura, o forse semplicemente perché sapeva della sua innocenza. Kendrick si fece strada da solo verso la sua nuova prigione. Ma non si sarebbe arreso così facilmente. In un modo o nell’altro avrebbe fatto riconoscere la propria innocenza, si sarebbe fatto liberare dalla prigione e avrebbe ucciso l’assassino di suo padre. Anche se si fosse trattato del suo stesso fratello.

Destino Di Draghi

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