Читать книгу Promessa - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 12
CAPITOLO CINQUE
ОглавлениеCaitlin e Caleb oltrepassarono le ernormi porte ad arco dell'Abbazia di Westminster, uscendo alla luce del giorno, con Ruth al seguito. Sollevarono entrambi istintivamente le mani per proteggere gli occhi dall'intensità della luce, e Caitlin fu grata a Caleb, che le aveva dato le gocce per gli occhi ancor prima che uscissero. Le occorsero pochi istanti per abituarsi alla luminosità del giorno. Lentamente, il mondo della Londra del 1599 divenne nitido.
E fu uno shock. La Parigi del 1789 non era stata così diversa dalla Venezia del 1791. Ma la Londra del 1599 era un mondo a parte. Possibile che 190 anni cambiassero così tanto? Pensò Caitlin.
Londra si stendeva davanti a lei. Ma non era una città movimentata e metropolitana. Sembrava piuttosto una grande città rurale, con aree ancora sgombre da edifici. Non c'erano strade pavimentate – lo sporco regnava sovrano – e, se le case erano molte, gli alberi erano ancora di più. File di edifici spuntavano tra la vegetazione, grossolanamente disposti qua e là, per lo più storti. Tutte le case erano costruite in legno, con enormi tetti di paglia: comprese immediatamente quanto quella città dovesse essere a rischio di incendio, con tutto quel materiale infiammabile.
Sin da subito, vide che le strade sporche rendevano poco consigliabile camminare a piedi. Viaggiare a cavallo sembrava essere la soluzione migliore, ed effettivamente il cavaliere, o la carrozza che capitava d'incontrare, circolavano senza problemi. Ma quella era l'eccezione. La maggior parte delle persone camminava – o piuttosto, arrancava inciampando. Infatti i passanti sembravano tutte faticare per camminare nelle strade infangate.
Caitlin vide escrementi per le strade, e fu assalita dal fetore, persino da lì. E il bestiame che si aggirava lì intorno non era di alcun aiuto. Se avesse mai considerato di tornare indietro nel tempo per essere romantica, allora quella vista l'avrebbe fatta certamente esitare.
C'era di più: in quella città, non vedeva persone camminare nei loro abiti più eleganti, sfoggiando i propri parasoli, mostrando abiti all'ultima moda, come a Parigi e Venezia. Al contrario, erano tutti abbigliati più semplicemente, con abiti molto più obsoleti; gli uomini indossavano semplici abiti da braccianti, o meglio portavano poco più che stracci, e soltanto alcuni di loro indossavano le calzamaglie fin sopra le cosce, con tuniche corte che avevano l'aspetto di camicie. Le donne invece, erano ancora ricoperte di così tanta stoffa, che lottavano per farsi largo nelle strade, afferrando i lembi delle gonne, tenendole più in alto che potevano—non soltanto per tenerle lontane da fango ed escrementi, ma anche dai topi, che, con sgomento di Caitlin, scorrazzavano liberamente ovunque.
Ma, nonostante tutto, quest'epoca era chiaramente unica – e, almeno, rilassata. Sembrava di stare in un grande villaggio di campagna. Non c'era traccia del ritmo frenetico del secolo XXI. Non c'erano automobili; non c'era il suono di edifici in costruzione. Non c'erano clacson, autobus, camion, macchinari. Persino il suono dei cavalli era pacato, con il rumore degli zoccoli attutito dal fango. In effetti, gli unici suoni udibili, oltre ai richiami dei venditori, che cercavano di attirare clienti, erano le campane delle chiese, che suonavano anche in quel momento, come un coro di bombe, riecheggiando in tutta la città. Questa era chiaramente una città dominata dalle chiese.
L'unico elemento del paesaggio che sembrava presagire al futuro, paradossalmente, era rappresentato dalle antiche chiese, che spiccavano tra quegli umili edifici e dominavano la linea dell'orizzonte, con i campanili che raggiungevano altezze impensabili. Tuttavia, l'edificio da cui stavano uscendo, l'Abbazia di Westminster, superava tutte le altre costruzioni. Caitlin poteva senza dubbio dire che il suo campanile era un faro, un punto di riferimento per la città intera.
Lei si voltò verso Caleb, notando come anche lui fosse rimasto incantato ad osservare la scena. Gli si avvicinò, felice di sentire che lui metteva una mano tra le sue. Era così bello avvertire di nuovo il suo tocco.
Lui si voltò e tornò a guardarla, e Caitlin poté scorgere l'amore nei suoi occhi.
"Bene," lui disse, schiarendosi la gola, “non è esattamente la Parigi nel XVIII secolo.”
Lei gli sorrise. “No, direi di no.”
"Ma siamo insieme, ed è questo tutto ciò che conta,” lui aggiunse.
Lei poteva percepire il suo amore, mentre la guardava profondamente negli occhi, e, per un istante, si distrasse dalla loro missione.
"Mi dispiace per quello che è accaduto in Francia,” Caleb disse. “Con Sera. Non avrei mai voluto ferirti. Spero che tu lo sappia.”
Lei lo guardò, e poté dire che era sincero. E, con sua sorpresa, sentì che poteva perdonarlo facilmente. La vecchia Caitlin avrebbe portato rancore. Ma si sentiva più forte che mai, e davvero capace di lasciarsi tutto alle spalle. Specialmente da quando lui era tornato per lei, e specialmente da quando era chiaro che non nutriva alcun sentimento per Sera.
Ancora di più, ora lei, per la prima volta, vedeva chiaramente gli errori commessi: era stata spesso troppo precipitosa nel giudicare, non aveva avuto alcuna fiducia in lui e non gli aveva dato abbastanza spazio.
“Anche a me dispiace,” lei disse. “Questa è una nuova vita ora. E siamo qui insieme. E' tutto quello che conta.”
Lui le strinse la mano, e appena lo fece, Caitlin sentì un brivido percorrere tutto il suo corpo.
Lui si spinse in avanti e la baciò. Lei ne fu sorpresa ed emozionata al contempo. Sentiva l'elettricità percorrerla tutta, e ricambiò il bacio.
Ruth cominciò a guaire ai loro piedi.
S'interruppero, guardando entrambi in basso e risero.
"E' affamata,” Caleb disse.
"Lo sono anch'io.”
"Visitiamo Londra?” lui le chiese, sorridendo. “Potremmo volare,” aggiunse, “sempre che tu sia pronta.”
Lei inarcò le spalle, e sentì lì le sue ali, e infatti, era davvero pronta. Le sembrò di aver recuperato appieno dal viaggio nel tempo. Forse, si stava abituando alla cosa.
"Lo sono," Caitlin disse, “ma mi piacerebbe camminare. Vorrei conoscere questo posto, per la prima volta, come tutti gli altri.”
Ed é anche più romatico, lei pensò tra sé e sé, ma non lo disse ad alta voce.
Ma lui guardò verso il basso e le sorrise, e lei si chiese se le avesse letto la mente.
Poi le prese la mano con un sorriso, e i due scesero le scale addentrandosi per le strade di Londra.
*
Appena usciti dalla chiesa, Caitlin notò un fiume a distanza, e un'ampia strada a circa quaranticinque metri di distanza, con un rozzo segnale di legno esposto, su cui si leggeva “King Street.” Potevano scegliere se dirigersi a destra o a sinistra. Il cuore della città sembrava trovarsi a sinistra.
E si mossero in quella direzione, percorrendo King Street, parallela al fiume. Mentre camminavano, Caitlin si guardava intorno, affascinata da quello che sentiva e da quello che vedeva. Alla loro destra, c'era una serie di enormi case in legno, grandi proprietà costruite in stile Tudor, con bianco stucco esterno, cornici marroni e un tetto di paglia. Alla loro sinistra, al contrario il paesaggio era agreste, con piccole case isolate qua e là, e pecore e mucche che occupavano il paesaggio. La Londra del 1599 la affascinava. Un lato della strada era cosmopolita e ricco, mentre l'altro era popolato da braccianti.
Anche la strada stessa era per lei motivo di meraviglia. I loro piedi restavano quasi bloccati nel fango mentre camminavano, lo sporco era reso persino più morbido da tutto il calpestio di piedi e cavalli. Questo in realtà era sopportabile, ma mescolato al fango, c'erano escrementi, derivanti dai branchi di cani randagi, o gettati dalle finestre dalle persone. Infatti, mentre proseguivano, le imposte venivano aperte sporadicamente, e apparivano secchi, con donne anziane che gettavano via i rifiuti dalla propria abitazione. Il fetore era persino peggiore di quello di Venezia, Firenze o Parigi. Quasi le venne da vomitare a volte, e avrebbe tanto voluto avere uno di quei piccoli sacchetti profumati da portare al naso. Fortunatamente, almeno, indossava ancora le pratiche scarpe da combattimento che Aiden le aveva restituito a Versailles. Non poteva nemmeno immaginare di poter camminare in quella strada coi i tacchi.
Inoltre, qua e là in questo strano miscuglio di paesaggio rurale e grandi edifici, spuntava qualche edificio riconoscibile per i suoi pregi architettonici. Caitlin ne riconobbe alcuni dalle fotografie nel secolo XXI, per lo più chiese e qualche raro palazzo.
La strada era improvvisamente interrotta da una grande porta ad arco, di fronte a cui erano numerose guardie in uniforme, armate di lance. La porta era aperto e i due proseguirono.
Un'insegna incisa nella pietra diceva “Palazzo di Whitehall”; Caitlin e Caleb attraversarono il suo lungo e stretto cortile, per poi superare un altra porta ad arco e trovarsi dall'altra parte, sulla strada principale. Presto si avvicinarono ad un incrocio circolare, con un'insegna su cui era scritto “Charing Cross,” e un imponente monumento verticale al centro. La strada passava sia a destra sia a sinistra.
"Da che parte?” lei chiese.
Caleb sembrava assorto nei suoi pensieri. Finalmente, rispose: “Il mio istinto mi dice di restare vicini al fiume, e svoltare a destra.”
Caitlin chiuse gli occhi, e provò anche lei a sentirlo. “Sono d'accordo,” replicò, per poi aggiungere: “Hai idea di che cosa stiamo cercando esattamente?”
Lui scosse la testa. “La tua ipotesi è buona quanto la mia”.
Lei guardò verso l'anello, e lesse l'indovinello ad alta voce ancora una volta.
Dall'altra parte del Ponte, Oltre l'Orso,
Con i Venti o il sole, noi oltrepassiamo Londra.
Il mistero restava tale, per entrambi.
"Ecco, menziona Londra,” osservò lei, “perciò, sento che siamo sulla pista giusta. Il mio istinto mi suggerisce che dobbiamo procedere oltre, verso il cuore della città, e che lo sapremo quando lo vedremo.”
Lui fu d'accordo, e, mano nella mano, si diressero lungo la strada parallela al fiume, seguendo il segnale su cui era scritto “Lo Strand.”
Mentre percorrevano quella nuova strada, Caitlin notò che l'area stava diventando sempre più densa, con più case costruite le une accanto alle altre, su entrambi i lati della strada. Sembrava che si stessero avvicinando sempre di più al centro della città. Anche le strade stavano diventando più affollate. Il clima era perfetto – le sembrò quasi un giorno di inizio autunno, e il sole splendeva regolarmente. Si chiese per un attimo che mese fosse, stupita di aver perso la cognizione del tempo.
Almeno non faceva troppo caldo. Ma non appena le strade cominciarono ad affollarsi sempre di più, iniziò a provare un senso di claustrofobia. Si stavano proprio avvicinando al centro di un'enorme città metropolitana, sebbene fosse molto diversa da una città moderna. Caitlin aveva sempre immaginato che, nel passato, le strade fossero meno popolate, meno affollate. Ma in realtà, era vero l'opposto: man mano che proseguivano, quasi non riusciva a credere a quanto lo fossero. Questo le rammentò di quando era a New York City nel secolo XXI. Le persone sgomitavano e si urtavano tra loro, senza nemmeno voltarsi e scusarsi. Anche loro puzzavano.
Inoltre, ad ogni angolo erano appostati venditori ambulanti, che provavano aggressivamente a vendere i loro prodotti. Le persone urlavano in ogni direzione, nei loro buffi accenti britannici.
E quando le voci dei venditori cessarono, altre voci dominarono l'aria: quelle dei predicatori. Ovunque, Caitlin vide piattoforme improvvisate, palchi, casse, pulpiti su cui si posizionavano i predicatori per predicare i sermoni alle masse, urlando per farsi sentire.
"Gesù dice PENTITEVI!" urlò un ministro, in piedi con un buffo cappello a cilindro e uno sguardo severo, scrutando la folla intorno a lui. “Io dico che TUTTI I TEATRI devono essere chiusi! Tutti i passatempi devono essere PROIBITI! Tornate alle vostre case di preghiera!”
Ciò rammentò a Caitlin delle persone che predicavano negli angoli delle strade di New York City. In un certo senso, nulla era cambiato.
Giunsero poi ad un altro cancello, proprio in mezzo alla strada, con un'insegna, su cui si leggeva “Temple Barre/ Porta della Città.” Caitlin fu stupita che le città avessero davvero dei cancelli. L'enorme e maestosa porta era aperta, così che le persone la superavano senza problemi, e Caitlin si chiese se la chiudessero di notte. Dall'altra parte, c'erano altre guardie.
Ma quella porta era diversa: sembrava essere anche un luogo di raduno. Una grande folla sembrava essersi riunita e Caitlin notò in alto, su una piccola piattaforma, una guardia che brandiva una frusta; un uomo, incatenato e mezzo svestito, era legato a un palo. La guardia lo frustò più e più volte e tutta la folla esplose in grida a quella vista.
Caitlin osservò i volti e non riusciva a credere quanto indifferenti fossero tutte quelle persone, come se fosse un evento ordinario, quotidiano, quasi una popolare forma d'intrattenimento. Provò una forte rabbia dinnanzi alla barbarie di quella società, e spinse Caleb. Anche lui era stato colpito dalla scena, e lei gli prese la mano e insieme si precipitarono verso il cancello, costringendo se stessa a non guardare. Lei temeva che se fosse rimasta troppo a lungo, non sarebbe stata in grado d'impedirsi di attaccare le guardie.
“Questo posto è incivile,” lei disse, mentre si allontanavano da quella orrenda scena, e lo schioccare della frusta si fece più tenue.
“Terribile,” Caleb acconsentì.
Mentre proseguivano il loro cammino, lei provò a cancellare quell'immagine dalla propria mente. Si costrinse a concentrare la sua attenzione altrove. Volse lo sguardo verso un segnale stradale, e vide che il nome della strada in cui stavano camminando era cambiato in “Fleet Street.” Mentre camminavano, le strade diventavano sempre più affollate e gli edifici erano ancora più ravvicinati: gli edifici e le numerose file di case in legno erano costruiti ancor più vicini gli uni alle altre. Quella strada era anche ricca di negozi. Un'insegna diceva: “Raditi per un Penny”. Davanti ad un altro negozio, c'era un'insegna di un fabbro, che esponeva un ferro di cavallo. Poi, ancora un'altra insegna, su cui si leggeva a lettere grandi, “Selle per Cavalli.”
"Vi occorre un nuovo ferro di cavallo, Signorina?” un negoziante locale chiese a Caitlin, mentre passavano.
Lei fu colta di sorpresa. "Um … no grazie," lei disse.
"E voi, Signore?” insisté l'uomo. “Volete radervi? Ho le lame più pulite di Fleet Street.”
Caleb sorrise all'uomo. “Grazie, ma sto bene così.”
Caitlin guardò Caleb, e si rese conto di quanto fosse apparso ben rasato, per tutto il tempo. La sua pelle sembrava porcellana.
Mentre proseguivano lungo Fleet Street, Caitlin non poté fare a meno di notare quanto la folla fosse cambiata. Era diventata più trasandata, e c'erano svariate persone che bevevano apertamente da fiasche e bottiglie di vetro, inciampando e ridendo troppo forte, guardando apertamente le donne in modo lascivo.
"GIN QUI! GIN QUI!” urlò un ragazzo, di non più di dieci anni d'età, che teneva una cassa di piccole bottiglie di gin. “PRENDETE LA VOSTRA BOTTIGLIA! DUE FARTHING! PRENDETE LA VOSTRA BOTTIGLIA!”
Caitlin venne di nuovo spintonata, mentre la folla divenne incredibilmente fitta. Guardò davanti a sé, e vide un gruppo di donne, fin troppo truccate, che indossavano abiti pesanti con tanti strati di stoffa e le loro camicie sbottonate, per mostrare la maggior parte dei loro seni.
"Volete divertirvi?” una delle donne gridò, chiaramente ubriaca, traballando. Si avvicinò ad un passante, che la spinse brutalmente via.
Caitlin si stupì di quanto rozza apparisse quella parte della città. Sentì istintivamente Caleb farsi più vicino, poggiare la sua mano intorno alla sua vita, e avvertì un senso di protezione. Aumentarono il passo e proseguirono, facendosi largo tra la folla, e Caitlin guardò in basso e verificò che Ruth fosse ancora al loro fianco.
Presto la strada terminò in un piccolo ponte pedonale, e, mentre lo attraversavano, Caitlin guardò in basso. Vide un'enorme insegna che diceva “Fleet Ditch,” e si stupì della vista. Sotto di loro, c'era quello che appariva come un piccolo canale, forse ampio tre metri, in cui scorreva l'acqua completamente melmosa. In quell'acqua, era riversato ogni tipo di rifiuto e immondizia. Mentre guardava, vide delle persone urinarci dentro, e ne vide altre gettarvi dei secchi con escrementi, ossa di pollo, rifiuti domestici ed ogni sorta di detriti. Sembrava come un'enorme fogna, che trasportava tutti i rifiuti della valle della città.
Lei si sporse, per vedere dove conducesse, e vide che, lontano, a distanza, conduceva al fiume. Voltò la testa dall'altra parte, per il tanfo. Era probabilmente il peggior odore che avesse mai annusato in tutta la sua vita. I gas tossici emergevano, facendo apparire l'orrendo tanfo delle strade come un profumo di rose, a confronto.
Si precipitarono ad attraversare il ponte.
Giunti dall'altra parte di Fleet Street, Caitlin tirò un sospiro di sollievo, vedendo che la strada finalmente si allargava e diventava un po' meno affollata. Anche il tanfo diminuì. E dopo il nauseabondo odore di Fleet Ditch, gli odori normali della strada non la infastidivano più. Si rese conto di come le persone potessero vivere in tali condizioni: in effetti, ci erano abituate, in base al contesto dell'epoca in cui vivevano.
Mentre proseguirono, il quartiere migliorò. Passarono davanti ad un'enorme chiesa, collocata sulla sinistra, e poi, davanti ad un edificio in pietra, su cui era impressa chiaramente la scritta: “Saint Paul's.” Era una chiesa imponente, caratterizzata da una facciata decorata in modo splendido, che si ergeva alta nel cielo, torreggiando sopra a tutti gli edifici circostanti. Caitlin fu colpita dalla bellezza della sua architettura, di come quello splendido edificio si adattasse perfettamente al secolo XXI. Appariva così fuori posto, torreggiando al di sopra della piccola architettura circostante. Caitlin si rese conto di quante chiese dominassero il paesaggio urbano dell'epoca, e di quanto fossero importanti per la gente. Erano letteralmente onnipresenti. E le loro campane, così forti, suonavano continuamente.
Caitlin si fermò dinnanzi ad essa, studiandone l'antica architettura, e non poté fare a meno di chiedersi se forse all'interno ci fosse un indizio per loro.
"Mi chiedo se dovremmo entrare?” Caleb cheise, leggendole la mente.
Caitlin studiò di nuovo l'incisione sul suo anello.
Dall'alta parte del Ponte, Oltre l'Orso.
“Menziona un ponte,” lei disse, riflettendo.
“Abbiamo appena oltrepassato un ponte," Caleb rispose.
Caitlin scosse la testa. Non le suonava giusto.
"Quello era solo un ponte pedonale. Il mio istinto mi dice che non è quello il posto. Non so dove dobbiamo andare, ma sento che non è qui.”
Caleb restò lì e chiuse gli occhi. Finalmente, li aprì. “Nemmeno io sento nulla. Spostiamoci.”
"Avviciniamoci di più al fiume,” Caitlin disse. “Se dobbiamo trovare un ponte, immagino che debba trovarsi vicino al fiume. E non mi dispiacerebbe un po' d'aria fresca.”
Lei scorse una strada laterale, che conduceva alla riva del fiume, ed era esposta un'insegna rozzamente realizzata, sulla quale si leggeva “Collina di St. Andrew.” Prese la mano di Caleb e insieme si avvicinarono.
Camminarono lungo la strada in leggera discesa, e lei vide il fiume a distanza, animato da un traffico di barche.
Questo deve essere il famoso Fiume Tamigi di Londra, lei pensò. Almeno ricordava questo, dalle lezioni di geografia.
Questa strada si interrompeva davanti ad un edificio, non consentendo di raggiungere il fiume; pertanto, svoltarono a sinistra per una strada che si snodava parallelamente al fiume, distante solo quindici metri: non a caso si chiamava "Thames Street.”
Thames Street era persino più elegante, un mondo a parte da Fleet Street. Le case lì erano più belle, e alla loro destra, lungo la riva del fiume, c'erano delle tenute ancora più elaborate, e anche più belle. Chiaramente, quella parte della città era abitata dai ricchi.
Sembrava un quartiere pittoresco, mentre svoltarono a destra e a sinistra varie volte, finendo in strade laterali dai nomi buffi, come “Windgoose Lane” e “Old Swan Lane” e “Garlick Hill” e “Bread Street Hill.” Infatti, l'odore del cibo permeava ovunque l'aria, e Caitlin sentì brontolare il proprio stomaco. Anche Ruth guaì, e lei sapeva che era affamata. Ma non vide nessun posto in cui vendessero del cibo.
"Lo so, Ruth," Caitlin simpatizzò. “Troverò presto del cibo per noi, te lo prometto.”
Camminarono e camminarono. Caitlin non sapeva esattamente dove cercare, e nemmeno Caleb. Sembrava ancora l'indovinello che avrebbe potuto condurli ovunque, e non avevano delle piste concrete. Stavano entrando sempre di più nel cuore della città, e non era ancora sicura di quale direzione prendere.
Non appena Caitlin iniziò a sentirsi stanca, affamata ed irritabile, giunsero ad un'enorme intersezione. Lei si fermò e guardò in alto. Le si presentava davanti una rozza insegna in legno, su cui si leggeva “Grace Church Street.” L'aria lì, era interamente permeata dal forte odore di pesce.
Si fermò esasperata, e si voltò verso Caleb.
"Non sappiamo nemmeno che cosa cercare," lei disse. “Menziona un ponte. Ma non ho visto un solo ponte da nessuna parte. Stiamo solo perdendo tempo qui? Dovremmo pensarci in un modo diverso?”
Caleb improvvisamente, le dette un colpetto sulla spalla, e indicò qualcosa.
Lei si voltò lentamente, e si stupì dinnanzi a quanto vide.
Grace Church Street conduceva ad un imponente ponte, uno dei ponti più grandi che avesse mai visto. Il cuore le si colmò di nuova speranza. Un'enorme insegna diceva “Ponte di Londra,” e il cuore le batté più forte. Quella strada era più ampia delle altre, chiaramente era un'arteria principale, e persone, cavalli, carri e traffico di ogni tipo andavano e venivano dal ponte.
Se un ponte era davvero ciò che dovevano trovare, chiaramente l'avevano trovato.
*
Caleb le prese la mano e la condusse verso il ponte, che si mescolava con il traffico. Lei guardò in alto, e fu sopraffatta dalla vista. Era diverso da qualsiasi altro ponte che avesse mai visto. La sua entrata era preceduta da una maestosa porta ad arco, e guardie erano schierate su ogni lato. In cima, si distinguevano svariate teste, impalate sui pali, con il sangue che colava dalle gole. Era uno spettacolo raccapricciante, e Caitlin distolse lo sguardo.
"Io lo ricordo,” sospirò Caleb. “Secoli fa. E' così che hanno sempre decorato i loro ponti: con le teste dei prigionieri. Lo fanno in segno di ammonimento per gli altri criminali.”
"E' orrendo," disse Caitlin, mentre abbassava la testa, e camminarono velocemente sul ponte.
Alla base del ponte, bancarelle e venditori stavano vendendo del pesce, e quando Caitlin guardò oltre, vide barche e pescatori trasportare i prodotti ittici sulle rive fangose, scivolando mentre camminavano. L'ingresso del ponte puzzava di pesce, tanto che lei dovette tapparsi il naso. Pesci di ogni tipo, di cui alcuni ancora si muovevano, erano esposti su piccole tavole improvvisate.
“Dentice, tre penny la libbra!" qualcuno gridava.
Caitlin camminò in fretta, provando ad allontanarsi dall'odore.
Mentre proseguivano, il ponte la sorprese di nuovo, appena scoprì che era pieno di negozi. Piccole bancarelle, venditori appostati lungo il ponte su entrambi i lati, mentre i passanti, il bestiame, i cavalli e le carrozze passavano nel mezzo. Era una scena caotica ed affollata, e le persone gridavano da ogni direzione, vendendo i loro prodotti.
"Concerie qui!" quallcuno gridò.
"Scuoiamo il vostro animale!" gridò un altro.
“Candela di cera qui! La migliore candela di cera!”
“Tetti in paglia!”
“Prendete qui la vostra legna da ardere!”
“Penne d'oca fresche! Penne e pergamene!”
Spingendosi oltre, si trovarono davanti a dei negozi più graziosi, alcuni vendevano gioielli. Caitlin non poté fare a meno di pensare al ponte d'oro di Firenze, al tempo trascorso con Blake, al braccialetto che le aveva comprato.
Momentaneamente sopraffatta dall'emozione, si spostò dall'altra parte, sporgendosi dalla ringhiera e guardando davanti a sé. Pensò a tutte le vite che aveva già vissuto, a tutti i luoghi in cui era stata, e si sentì sopraffatta. Tutto questo era proprio vero? Come poteva una persona aver vissuto così tante vite? O si sarebbe semplicemente svegliata da tutto ciò, e si sarebbe ritrovata nel suo appartamento a New York City, e pensato che tutto quello che le era accaduto era soltanto stato il sogno più lungo e più folle di tutta la sua vita?
"Stai bene?" Caleb chiese, accostandosi a lei. "Che cosa c'è?”
Caitlin si asciugò velocemente una lacrima. Si dette un pizzicotto, e si rese conto che non stava sognando. E quella fu la cosa più scioccante di tutte.
“Nulla," gli rispose velocemente, sfoggiando un sorriso forzato. Sperò che lui non fosse riuscito a leggerle la mente.
Caleb restò accanto a lei, e insieme, guardarono dinnanzi a sé, proprio verso il Tamigi. Era un fiume ampio e molto trafficato. Barche a vela navigavano, condividendo le acque con imbarcazioni a remi, barche da pesca e da ogni tipo di vascello. Era un corso d'acqua movimentato, e Caitlin era stupita dalla grandezza di tutte le diverse navi e vele, alcuni erano alti diversi metri. Era anche meravigliata dinnanzi alla tranquillità delle acque, persino con così tanti vascelli all'interno. Non c'era alcun suono di motori o motoscafi. L'unico suono udibile era quello delle tele che smosse dal vento. La rilassava. L'aria lassù, con la brezza costante, era anche fresca, finalmente priva di cattivi odori.
Si voltò verso Caleb e continuarono a percorrere il ponte, con Ruth al seguito. Ruth ricominciò a guaire, e Caitlin percepì la sua fame, e voleva fermarsi. Ma ovunque lei guardasse, non riuscì ancora a trovare del cibo. Anche lei era sempre più affamata.
Appena raggiunsero il centro del ponte, ancora una volta, Caitlin si stupì di quello che vide. Era convinta che nulla avrebbe più potuto scioccarla, dopo aver visto quelle teste impalate—ma si sbagliava.
Proprio lì, al centro del ponte, c'erano tre prigionieri su un patibolo, col cappio al collo, bendati, a malapena vestiti, e ancora vivi. Un boia se ne stava dietro di loro, indossando un cappuccio nero, con delle fessure all'altezza degli occhi.
"La prossima impiccagione è all'una in punto!” lui gridò. Una folta folla si radunò intorno al patibolo, in apparente attesa.
" Che cosa hanno fatto?” Caitlin chiese ad uno dei membri della folla.
"Sono stati colti a rubare, Signorina,” le rispose, senza nemmeno degnarsi di guardarla.
“Uno è stato colto a calunniare la Regina!” aggiunse una donna anziana.
Caleb la allontanò da quella orribile vista.
“Assistere alle esecuzioni sembra essere uno sport quotidiano qui,” Caleb commentò.
“E' crudele,” Caitlin disse. Si meravigliò di quanto fosse diversa quella società dall'epoca moderna, e di quanto tollerasse crudeltà e violenza. E questa era Londra, uno dei luoghi più civilizzati del 1599. Lei riusciva a malapena ad immaginare come fosse il mondo fuori da una città civilizzata come quella. La meravigliò quanto la società e le sue leggi fossero cambiate.
Terminarono di attraversare il ponte, e appena si ritrovarono alla sua base, dall'altra parte, Caitlin si voltò verso Caleb. Guardò il suo anello, e rilesse l'iscrizione, ancora una volta ad alta voce:
Dall'altra parte del Ponte, Oltre l'Orso,
Con i Venti o il sole, noi oltrepassiamo Londra.
"Dunque, se stiamo seguendo la giusta indicazione, abbiamo appena 'oltrepassato il ponte'. Il prossimo passo da compiere è andare 'Oltre l'Orso.’” Caitlin lo guardò. “Che cosa potrebbe significare?"
“Magari lo sapessi," lui le disse.
"Sento che mio padre é vicino," Caitlin disse.
Lei chiuse gli occhi, e desiderò ricevere un indizio.
Proprio allora, un ragazzino che trasportava un'enorme pila di volantini, corse passando davanti a loro e mentre lo fece, gridò. "COMBATTIMENTO CANI CONTRO ORSO! Cinque penny! Da questa parte! COMBATTIMENTO CANI CONTRO ORSO! Cinque penny! Da questa parte!”
Si avvicinò e poggiò un volantino sulla mano di Caitlin. Lei lo guardò, e vide scritto in lettere enormi “Combattimento Cani Contro Orso,” con una rozza immagine di uno stadio.
Lei guardò Caleb, e lui guardò lei al contempo. Entrambi guardarono il ragazzino, e lui cominciò a sparire lungo la strada.
“Combattimento di cani contro un orso?" Caitlin chiese. “Che cos'è?”
“Ora ricordo,” Caitlin disse. “Era il grande sport dell'epoca. Mettono un orso in un cerchio, e lo legano ad un palo, e viene attaccato da cani selvatici. Si scommette su chi vince: l'orso o i cani .”
"E' disgustoso," Caitlin esclamò.
"L'indovinello,” lui disse. “‘Dall'altra parte del ponte, e Oltre l'Oltro. Pensi che potrebbe essere questo?”
Insieme, si voltarono e seguirono il ragazzino, ora distante, ma che continuava ad urlare.
Si recarono direttamente alla base del ponte e camminarono lungo il fiume, ora sull'altro lato del Tamigi, percorrendo una strada di nome "Clink Street." Quel lato del fiume, Caitlin notò, era molto diverso dall'altro. Era meno urbanizzato, meno popolato. C'erano anche meno case, ed erano più grezze, quel lato del fiume era più trascurato. C'erano certamente molti meno negozi, e le folle erano meno fitte.
Presto si ritrovarono davanti ad un'altra struttura, e Caitlin poteva affermare, dalle sbarre alle finestre e alle guardie posizionate all'esterno, che si trattava di una prigione.
Clink Street, Caitlin rifletté. Nome appropriato.
Si trattava di un enorme edificio esteso, e appena ci passarono davanti, Caitlin vide mani e volti spuntare fuori dalle sbarre, guardandola mentre camminava. Centinaia di prigionieri erano rinchiusi lì, e la guardavano in modo lascivo, urlando frasi sconce mentre loro passavano.
Ruth ringhiò, e Caleb si fece più vicino.
Proseguirono, passando per una strada con un'insegna su cui si leggeva “Luogo dell'Uomo Morto.” Caitlin guardò alla sua destra, e vide un altro patibolo, su cui stava per avvenire un'altra esecuzione. Un prigioniero tremante stava su una piattaforma, bendato, col cappio intorno al collo.
Caitlin fu così distratta da quel triste spettacolo da perdere quasi di vista il ragazzino, quando sentì la mano di Caleb afferrarla e guidarla oltre, in Clink Street.
Mentre proseguivano, Caitlin sentì improvvisamente un urlo distante e poi un ruggito. Vide il ragazzino a distanza, mentre svoltava un angolo e sentì elevarsi un altro grido. Poi, fu sorpresa a sentire la terra scuotersi sotto di lei. Non si sentiva così sin da quando era stata al Colosseo. Pensò che doveva esserci una sorta di enorme stadio proprio dietro la curva.
Appena svoltato l'angolo, rimase paralizzata da quello che le si parò davanti. Si trattava di un'enorme struttura circolare, che assomigliava ad un Colosseo in miniatura. Era alto svariati piani, e ovunque c'erano porte ad arco che conducevano al suo interno. Lei sentì le urla, chiaramente provenienti da dietro le sue mura.
Davanti all'edificio, erano radunate centinaia di persone: alcune erano tra le più trasandate su cui lei avesse mai posato gli occhi. Altri erano a malapena vestiti, molti esponevano il ventre e non erano rasati e non si erano nemmeno lavati. Cani selvatici vagavano in mezzo a loro, e Ruth ringhiò; i peli le si rizzarono, dimostrando chiaramente quanto fosse agitata.
I venditori spingevano i carri nel fango, molti vendevano pinte di gin. Dagli sguardi della folla, sembrava che molta gente fosse interessata. Le persone nella folla si spingevano brutalmente, e la maggior parte sembrava ubriaca. Si elevò un altro ringhio, e Caitlin guardò verso l'alto e vide l'insegna appesa sopra lo stadio, che recitava “Combattimento di Cani Contro Orso.”
Provò una fitta allo stomaco. Quella società era davvero così crudele?
Il piccolo stadio sembrava far parte di un complesso. Lì, a distanza, si innalzava un altro stadio, con un'enorme insegna su cui era scritto “Combattimento di Cani Contro Toro.” E lì, lateralmente rispetto alle prime due, c'era un'altra struttura circolare—sebbene quest'ultima sembrasse diversa dalle altre: era più distinta.
"Venite ad assistere alla nuova opera di Will Shakespeare al nuovo Globe Theatre!" urlò un ragazzo che passava di lì, tenendo in mano una pila di volantini. Si diresse dritto verso Caitlin, mettendo un volantino tra le sue mani. Lei lo guardò e lo lesse: “la nuova opera di William Shakespeare: La Tragedia di Romeo e Giulietta.”
"Verrete, Signorina?” il ragazzo le chiese. “E' la sua nuova tragedia, e verrà rappresentata per la prima volta in questo nuovo teatro: il Globe.”
Caitlin guardò un volantino, provando un'ondata di eccitazione. Poteva essere reale? Stava accadendo davvero?
“Dove si trova?” lei chiese.
Il ragazzo rise sommessamente. Si voltò e indicò la direzione. “Perché, é proprio laggiù, Signorina.”
Caitlin guardò verso la direzione indicata dal ragazzo, e vide un'edificio circolare a distanza, con pareti di stucco bianco e un rivestimento Tudor di legno. Il Globe di Shakespeare. Era incredibile. Era davvero lì.
Di fronte al teatro, erano radunate migliaia di persone, che entravano da tutte le direzioni. E la folla era proprio della stessa tipologia di quella che entrava ad assistere al combattimento di cani contro il toro e al combattimento dei cani contro l'orso. Questo la sorprese. Aveva sempre immaginato che chi andasse ad assistere alle opere teatrali di Shakespeare fosse più civilizzato, più sofisticato. Non aveva mai davvero considerato che si trattasse d'intrattenimento per le masse—e il tipo più rozzo di masse. Sembrava essere la tipologia adatta ad assistere al combattimento di cani contro l'orso.
Sì, le sarebbe piaciuto tantissimo assistere alla nuova opera di Shakespeare, andare al Globe. Ma era determinata a portare prima a termine la sua missione, a risolvere l'indovinello.
Si udì un altro ruggito provenire dallo stadio del combattimento dei cani contro l'orso, e lei si voltò per concentrarsi proprio su quel posto. Si chiese se la soluzione dell'indovinello giacesse proprio oltre quelle mura.
Si voltò verso Caleb.
"Che cosa pensi?" gli chiese. “Dovremmo andare a vedere di che cosa si tratta?”
Caleb sembrò titubante.
“L'indovinello menzionava un ponte,” lui disse, “e un orso. Ma i miei sensi mi dicono qualcos'altro. Non sono molto sicuro—”
Improvvisamente, Ruth ringhiò, poi si allontanò, correndo via.
"Ruth!" Caitlin urlò.
Se n'era andata. Non si era nemmeno voltata ad ascoltare, scattando via con tutta la velocità di cui era capace.
Caitlin era scioccata. Non l'aveva mai vista comportarsi in quel modo, nemmeno in caso di grave pericolo. Che cosa poteva attirarla così tanto? Non era mai capitato che Ruth non ascoltasse.
Caitlin e Caleb scattarono dietro di lei, contemporaneamente.
Ma neppure facendo ricorso alla velocità tipica dei vampiri, riuscivano, in mezzo al fango, a star dietro alla lupa, che era più veloce di loro. La videro voltarsi e farsi largo in mezzo alla folla, e dovettero sgomitare per riuscire a non perderla di vista. Caitlin vide, a distanza, che Ruth svoltava ad un angolo, e si fiondava veloce per un vicolo stretto. Si affrettò, così come fece Caleb, spingendo un uomo grosso via dalla sua strada, e svoltò nel vicolo, dietro di lei.
Che cosa diamine stava rincorrendo? Caitlin si chiese. Si chiese se ci fosse un cane randagio, o se forse avesse appena raggiunto il limite di sopportazione della fame e stesse rincorrendo qualcosa da mangiare. Dopotutto, era una lupa. Caitlin dovette rammentarselo. Avrebbe dovuto cercare di più qualcosa da mangiare per lei, e molto prima.
Ma quando Caitlin svoltò l'angolo e guardò in fondo al vicolo, capì subito.
Lì, in fondo al vicolo, era seduta una ragazzina, di forse otto anni: immersa nella sporcizia, accucciata, piangeva e tremava. Torreggiava sopra di lei un grosso e robusto uomo, senza camicia, con l'enorme pancia scoperta, non rasato, con il petto e le spalle ricoperti di peli. Aveva un'espressione arrabbiata, che svelava i denti mancanti, e frustava ripetutamente la bambina con una cintura di pelle.
"Ecco che cosa ottieni se non ascolti!" l'uomo urlò in un tono aggressivo, mentre sollevava di nuovo la sua cintura.
Caitlin era mortificata, e senza nemmeno pensarci, si preparò ad entrare in azione.
Ma Ruth la batté sul tempo. La lupa partì avvantaggiata, e appena l'uomo allungò un braccio, Ruth balzò in aria, tenendo la mandibola ben spalancata.
Lei balzò sull'avambraccio dell'uomo, e vi affondò i denti. Il sangue spruzzò ovunque, mentre l'uomo urlava in modo sovrumano.
Ruth era furiosa, e non avrebbe mollato la presa. Ringhiò e scosse la testa avanti e indietro, affondando i denti ancora di più nella carne dell'uomo, e non intendeva lasciare la presa.
L'uomo fece oscillare Ruth avanti e indietro, riuscendoci solo grazie alla sua stazza considerevole, e perchè non era ancora una lupa adulta. Lei ringhiò, e fu un verso tanto spaventoso, da far rizzare persino i capelli sulla nuca di Caitlin.
Ma l'uomo era chiaramente abituato alla violenza, e fece ondeggiare la sua grossa spalla e riuscì a colpire Ruth, scaraventandola contro il muro di mattoni. Poi, le si avvicinò e con l'altra mano, la colpì forte alla schiena con la cintura.
Ruth urlò e guaì. Alla fine, si lasciò andare e cadde stremata al suolo.
L'uomo, con uno sguardo colmo d'odio negli occhi, si preparò a riutilizzare la cintura con entrambe le mani, per scatenare tutta la sua violenza sul muso di Ruth.
Caitlin entrò in azione. Prima che l'uomo potesse abbassarsi, lei scattò in avanti, e con la mano destra, gli afferrò la gola. Lo fece piegare all'indietro, sollevandolo da terra, più in alto di lei, fino a quando non lo lanciò, scagliandolo contro il muro, frantumando diversi mattoni.
Lo sollevò nuovamente per il collo, con il viso che stava diventando blu per il soffocamento. Caitlin era molto più minuta di lui, ma quest'ultimo non aveva nessuna speranza contro la sua presa di ferro.
Infine, lo lasciò cadere. Lui si tirò su e tentò disperatamente di raggiungere la cintura, e Caitlin invece, gli si avvicinò e gli diede un forte calcio al volto, rompendogli il naso.
Poi, proseguì dandogli un calcio al petto; fu un colpo talmente forte, che lo fece volare all'indietro per diversi metri. Colpì infine, il muro con una tale forza, che lasciò un segno in mezzo ai mattoni, per poi finire al suolo, creando un totale caos.
Ma Caitlin sentiva ancora la rabbia scorrerle nelle vene. Pensò a quella ragazzina innocente, a Ruth, e non aveva provato una simile rabbia non ricordava da quanto tempo. Non riusciva a fermarsi. Si diresse verso di lui, afferrò la cintura, prendendola dalla sua mano, poi si abbassò, e lo colpì forte, proprio sulla grossa pancia.
Lui barcollò, trattenendo lo stomaco.
Appena lui si tirò su, lei gli diede un forte calcio, proprio in faccia. Poi, si occupo' del mento, e lo fece andare all'indietro rapidamente, colpendo la nuca, facendogli sbattere la testa contro il suolo. Finalmente, perse i sensi.
Ma Caitlin non fu ancora soddisfatta. Non era facile che l'ira prendesse il sopravvento in lei, in quei giorni, ma, quando succedeva, non riusciva a bloccarla.
Caitlin gli salì addosso, mettendogli un piede sulla gola, e si preparò a ucciderlo definitivamente.
“Caitlin!" giunse una voce acuta.
Lei si voltò, ancora pulsante di rabbia, e vide Caleb accanto a lei. L'uomo scosse lentamente la testa, ostentando uno sguardo di rimprovero.
“Hai fatto abbastanza danni. Lascialo andare.”
Qualcosa della voce di Caleb giunse a lei.
Sollevò il piede, con riluttanza.
A distanza, scorse un'enorme tinozza piena di liquami. Poteva vedere il denso liquido nero strabordare, e ne sentiva il tanfo da lì.
Perfetto.
Si abbassò, sollevò l'uomo al di sopra della sua testa, sebbene questo pesasse oltre 136kg, e lo portò nel vicolo. Lo lanciò, a testa in avanti, dritto nella tinozza dei liquami.
Atterrò con uno splash. Lei lo vide ricoperto, dalla testa ai piedi, da tutti gli escrementi. Si godette l'idea del risveglio dell'uomo, che avrebbe realizzato dove si trovava, e finalmente, si sentì soddisfatta.
Bene, Caitlin pensò. E' proprio da dove provieni.
Caitlin pensò immediatamente a Ruth. Corse verso di lei, ed esaminò il segno che la cintura le aveva fatto sulla schiena; si stava riprendendo, e lentamente si stava rimettendo in piedi. Anche Caleb si avvicinò, esaminandola, mentre Ruth poggiò la faccia sul grembo di Caitlin e guaì. Caitlin la baciò sulla fronte.
Ruth improvvisamente se li scrollò di dosso, si alzò e corse nel vicolo, verso la ragazzina.
Caitlin si voltò e improvvisamente, ricordò. Anche lei imitò la lupa.
Ruth corse dalla ragazzina, e la leccò sulla faccia. Il pianto isterico della ragazzina cessò lentamente, distratta dalla lingua di Ruth. Era seduta lì nel fango, nel suo vestito sporco e sudicio, ricoperta di ferite causate dalla cintura, alla schiena, con il sangue che le colava, e aveva lo sguardo rivolto verso Ruth in sorpresa.
Gli occhi gonfi di pianto le si spalancarono, mentre Ruth continuava a leccarla. Infine, si tirò su e lentamente, cominciò, seppur con esitazione, ad accarezzare Ruth. Poi, si fece avanti e la abbracciò. Ruth ricambiò, avvicinandosi ancora di più.
Fu incredibile, pensò Caitlin. Ruth aveva individuato quella ragazzina ad isolati di distanza. Era stato come se si conoscessero da sempre.
Caitlin si avvcinò e s'inginocchiò accanto alla ragazzina, offrendole una mano, per aiutarla a tirarsi su.
"Stai bene?" Caitlin chiese.
La ragazza la guardò sbalordita, poi guardò Caleb. Sbatté le palpebre, come se si chiedesse chi fossero quelle persone.
Infine, lentamente, annuì ad indicare un sì. Gli occhi le si spalancarono, ed apparve fin troppo spaventata persino per parlare.
Caitlin si fece avanti e le spostò gentilmente i capelli arruffati dal viso. “Va tutto bene," Caitlin disse. "Non ti farà mai più del male.”
Sembrò che la ragazzina stesse di nuovo per scoppiare in lacrime.
"Io sono Caitlin," lei disse. "E questo è Caleb.”
La ragazzina li guardò, ancora senza parlare.
"Come ti chiami?" Caitlin le chiese.
Dopo diversi secondi, la ragazzina finalmente rispose: “Scarlet."
Caitlin sorrise. “Scarlet," lei ripeté. "E' proprio un nome grazioso. Dove sono i tuoi genitori?"
Lei scosse la testa. “Non ho i genitori. Lui è il mio tutore. Mi picchia ogni giorno. Senza motivo. Lo odio. Vi prego, non fatemi tornare da lui. Non ho nessun altro.”
Caitlin si voltò verso Caleb, e vide che lui la stava guardando, entrambi pensavano la stessa cosa allo stesso tempo.
"Sei al sicuro adesso,” Caitlin disse. “Non devi più preoccuparti. Puoi venire con noi.”
Gli occhi di Scarlet si spalancarono per la sorpresa e la gioia, e quasi esplose in un sorriso.
"Davvero?" lei chiese.
Caitlin ricambiò il sorriso, le diede la mano e Scarlet la prese, così per aiutarla ad alzarsi in piedi. Caitlin vide le sue ferite alla schiena, ancora grondanti di sangue, e nel profondo, improvvisamente sentì un potere impossessarsi di lei. Pensò a ciò che Aiden le aveva insegnato, al potere di sentirsi come una cosa sola con l'universo, e nel profondo di se stessa, percepì l'esistenza di un potere che non aveva mai sentito. Lei aveva sempre sentito quello della sua rabbia, ma mai uno simile a questo. Era diverso, nuovo, e la avvolgeva dalla testa ai piedi, passando dalle braccia alla punta delle dita.
Si trattava del potere della guarigione.
Caitlin chiuse gli occhi e si abbassò, mettendo le mani sulla schiena di Scarlet, dove si trovavano le ferite. Respirò profondamente, e fece appello al potere dell'universo, richiamando alla mente tutto l'addestramento a cui Aiden l'aveva sottoposta, e si concentrò a inviare alla ragazzina la luce bianca. Sentì le mani diventare molto calde, e sentì un'incredibile energia scorrere dentro di lei.
Caitlin non era certa di quanto tempo fosse trascorso, quando riaprì di nuovo gli occhi. Aprendoli, vide Scarlet che la stava guardando, con gli occhi spalancati per lo stupore. Anche Caleb la guardò, anche lui stupito.
Caitlin guardò in basso, e vide che le ferite di Scarlet erano completamente guarite.
"Sei una maga?" Scarlet domandò.
Caitlin esplose in un grosso sorriso. "Qualcosa del genere."