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CAPITOLO TRE

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Mentre navigava verso la Costa delle Ossa di Cadipolvere, Jeva soffriva della più strana sensazione mai provata in vita sua: era preoccupata di poter morire.

Era una sensazione nuova per lei. Non era qualcosa di cui la sua gente fosse abituata ad avere esperienza. Di certo non era qualcosa che lei mai avesse desiderato. Probabilmente la si poteva considerare una sorta di eresia che le passava accanto e le faceva vedere la possibilità di potersi unire ai morti in attesa, facendola effettivamente preoccupare di farlo. Quelli del suo popolo accoglievano con gioia la morte, addirittura la desideravano come una possibilità di essere tutt’uno con i propri antenati. Non ne temevano il rischio.

Eppure era esattamente quello che Jeva stava provando adesso, mentre vedeva la debole linea della costa di Cadipolvere che appariva all’orizzonte. Temeva di essere uccisa per ciò che doveva dire. Temeva di essere mandata a raggiungere quegli antenati invece di essere in grado di aiutare Haylon. Si chiedeva cosa fosse cambiato.

La risposta era piuttosto semplice: Tano.

Jeva si trovò a pensare a lui mentre navigava verso terra e osservava gli uccelli di mare che si riunivano in stormi fluttuanti in attesa della prossima occasione di cibo. Prima di incontrarlo era… beh, forse non uguale a tutti quelli del suo popolo, perché la maggior parte di loro non sentiva la necessità di navigare fino a Porto Sottovento e oltre. Lo stesso si era sentita una di loro, era stata una di loro. Di certo non provava paura.

Ora on era esattamente paura per se stessa, anche se sapeva perfettamente bene che c’era in ballo la sua stessa vita. Era più preoccupata di ciò che sarebbe potuto accadere a coloro che aveva lasciato ad Haylon se non ce l’avesse fatta a tornare. E a Tano.

Quella era un’altra forma di eresia. Per i vivi nulla contava, eccetto l’essere utili al compimento dei desideri dei morti. Se un’intera isola di gente moriva per mano di un invasore, quello era un onore glorioso per loro, non qualcosa da trattare come un imminente disastro. Tutto ciò che importava nella vita era esaudire i desideri dei morti e ottenere per se stessi una fine che fosse correttamente gloriosa. Gli oratori dei morti l’avevano reso chiaro. Jeva aveva addirittura udito lei stessa i sussurri dei morti quando il fumo si era levato dalle pire dei veggenti.

Continuò a navigare, ignorando quelle sensazioni e sentendo la spinta delle onde contro il timone mentre teneva la sua piccola barca in rotta verso casa. Ora si trovava ad udire altre voci che discutevano per avere compassione, per salvare Haylon, per aiutare Tano.

Lo aveva visto rischiare la sua stessa vita per aiutare gli altri per nessuna evidente ragione che lei potesse vedere. Quando si era trovava legata a una nave di Cadipolvere come una polena, aspettando di essere scuoiata, lui era venuto a salvarla. Quando avevano lottato fianco a fianco lo scudo di Tano era stato il suo in un modo mai visto con il suo popolo.

Aveva visto in Tano qualcosa da ammirare. Forse più che da ammirare. Aveva visto qualcuno che si trovava al mondo per fare il meglio che poteva, non solo per trovare il modo più perfetto per esistere. Le nuove voci che Jeva udiva le dicevano che quello era il modo in cui anche lei avrebbe dovuto vivere, e che andare in soccorso ad Haylon era parte di questo.

Il problema era che Jeva sapeva benissimo che quelle voci venivano solo da dentro di lei. Non avrebbe dovuto ascoltarle così fortemente. La sua gente di certo non l’avrebbe fatto.

“Quello che è rimasto di loro,” disse Jeva, e il vento si portò via le sue parole.

Il villaggio della sua tribù era sparito. Ora sarebbe andata a un altro luogo di riunione per chiedere a un altro gruppo della sua gente le loro vite. Jeva sollevò lo sguardo e osservò il modo in cui il vento gonfiava la piccola vela della sua barca. Poi guardò verso la schiuma che imbiancava l’oceano. Tutto tranne pensare a quello che avrebbe dovuto fare per farlo accadere. Lo stesso le parole vennero fuori, incontrovertibili come la fine della vita.

Avrebbe dovuto affermare di parlare con le parole dei morti.

C’era voluto il mondo dei morti per farli andare a Delo, anche se Jeva e Tano quella volta non avevano sostenuto di parlare per loro. Ma Jeva non poteva semplicemente lasciare questa cosa agli oratori. C’erano troppe probabilità che dicessero di no, e poi cosa sarebbe successo?

La morte del suo amico. Non poteva permetterlo. Anche se questo significava fare l’inimmaginabile.

Jeva guidò l’imbarcazione più vicina alla costa facendosi strada tra gli scogli e i relitti di navi che vi si erano schiantate contro. Quella non era la spiaggia più vicina alla sua vecchia casa, ma un posto un po’ più in là lungo la costa, in un altro dei grandi luoghi di riunione. Però erano pur sempre riusciti a mantenere puliti i relitti. Jeva sorrise sentendosene un poco orgogliosa.

Delle barche uscirono in mare e avanzarono verso di lei. Per lo più erano imbarcazioni leggere, canoe a bilanciere, disegnate per intercettare ciò che era ovviamente qualcosa di fattura non appartenente al Popolo delle Ossa. Se Jeva non fosse stata ovviamente una di loro, si sarebbe potuta trovare a combattere per la propria vita. Invece le si raccolsero attorno ridendo e scherzando nel modo che mai usavano con gli stranieri.

“Una barca bellissima, sorella. Quanti uomini hai ucciso per averla?”

“Ucciso?” disse un altro. “Probabilmente sono andati alla morte per la paura, non appena l’hanno vista!”

“Andrebbero alla morte vedendo te, per la tua bruttezza,” rispose Jeva e gli uomini risero con lei. Era così che andavano le cose lì.

Il modo in cui si facevano le cose era importante. La sua gente poteva sembrare strana agli stranieri, ma avevano le loro regole e i loro modelli di comportamento. Ora Jeva sarebbe andata da loro, e se avesse affermato di parlare per i morti, allora avrebbe spezzato la più fondamentale di quelle regole. Poteva essere espulsa dalla comunità dei morti per averla infranta, uccisa senza che le sue ceneri venissero mescolate alle pire per essere consumate.

Portò la barca vicina alla riva e saltò a terra tirandola sulla spiaggia. C’erano altre persone che la aspettavano lì. Una ragazza le corse incontro con un’urna funeraria, offrendole un pizzico delle polveri del villaggio. Jeva le prese e le assaggiò. Simbolicamente ora era una del villaggio, una parte della loro comunità con i loro antenati.

“Benvenuta sacerdotessa,” disse uno degli uomini sulla spiaggia. Era un uomo anziano con la pelle rugosa, ma provava rispetto per Jeva per i segni che proclamavano che lei aveva attraversato i riti. “Cosa porta alle nostre coste una portavoce dei morti?”

Jeva rimase ferma, considerando la propria risposta. Sarebbe stato così facile affermare a quel punto che parlava per coloro che erano morti. Aveva avuto la sua parte di visioni: da ragazza c’erano stati quelli che avevano pensato che sarebbe diventata una grandiosa oratrice dei morti. Lo aveva proclamato uno dei più anziani oratori, dicendo che lei avrebbe detto parole capaci di scuotere l’intero popolo.

Se affermava che i morti l’avevano chiamata lì e avevano chiesto che il suo popolo combattesse per Haylon, avrebbero potuto crederlo senza discussioni. Avrebbero potuto credere alla sua autorità presa in prestito, dato che obbedivano a ben meno.

Se ci fosse riuscita sarebbe effettivamente stata in grado di salvare Haylon. Ci poteva essere una possibilità che la sua gente fosse abbastanza per fermare l’attacco da parte della flotta di Cadipolvere. Potevano essere capaci di guadagnare tempo almeno per la difesa. Se avesse mentito.

Ma Jeva non poteva farlo. Non era solo la bugia che stava nel cuore stesso della questione, anche se il fatto che la stesse considerando la faceva inorridire. Non era neanche il fatto che ciò andasse contro tutto ciò che la sua gente credeva riguardo al mondo. No, era il fatto che Tano non avrebbe mai voluto che lei lo facesse a quel modo. Non avrebbe mai voluto che lei ingannasse della gente portandola alla loro morte, o costringendoli ad affrontare il potere di Cadipolvere senza sapere la verità del perché lo stavano facendo.

“Sacerdotessa?” chiese l’anziano. “Sei qui per parlare con la voce di morti?”

Cos’avrebbe fatto allora? Jeva aveva già una risposta, forgiata dall’ultima volta che Tano era stato nelle terre del suo popolo. Forgiata da tutto ciò che aveva fatto da allora.

“No,” disse. “Non sono qui per parlare per i morti. Sono Jeva e oggi intendo parlare per i vivi.”

Vincitore, Vinto, Figlio

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