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CAPITOLO NONO

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Re Ravin era in piedi sulla prua della sua nave ammiraglia, la sua armatura brillava come quella di un eroe, la sua corona giaceva sistemata sui suoi riccioli bruni e le sue mani erano adagiate sulla spada, per essere certo di apparire proprio come il re guerriero che era, mentre la sua armata si avvicinava alla costa vicina alla città di Astare.

Sentiva un’ondata di soddisfazione. Avvertiva sempre una specie di gioia quando si rendeva conto che le cose erano andate come le aveva pianificate, che si trattasse della conquista di una creatura cacciata, di una donna o di un regno.

Aveva provato la stessa soddisfazione quando aveva sottratto il trono a suo padre tanti anni prima, ne aveva avuto un assaggio a ogni gruppo di Taciturni che si era infiltrato nel Regno del Nord al suo comando, a ogni spia che gli aveva recapitato ulteriori dettagli sul paesaggio, sui villaggi, sulle scorte. Aveva pianificato con minuzia l’imminente conquista e, adesso, l’intera missione si stava dispiegando proprio come avrebbe dovuto.

Sapeva che i suoi uomini lo avrebbero guardato a quel punto, in attesa di ricevere ulteriori comandi. Una dozzina di navi stava già attaccando la città, ma le restanti attesero, tenute immobili sul posto dalla sua autorità. Nessun uomo avrebbe mai osato agire senza un suo comando, e non solo perché tutti sapevano che farlo avrebbe significato la morte loro e delle rispettive famiglie. Ogni uomo laggiù era consapevole di conoscere solo una parte dell’insieme, del fatto che solo il loro re comprendeva il piano nella sua interezza.

Così doveva essere: un re che sciorinava tutti i suoi piani non sarebbe rimasto re a lungo. Bastava pensare a quello stolto di suo padre, che aveva confidato a Ravin ogni suo pensiero, ogni idea. Aveva reso semplice unificare il regno una volta scomparso.

“Beh?” domandò Ravin, voltandosi verso il ponte della nave. I Comandanti aspettavano lì, uno della flotta, uno dei soldati e un terzo vestito con gli indumenti della gente comune come i Taciturni. C’era anche un accademico che portava un messaggio di un uccello messaggero. Dato che pareva il più terrorizzato, Ravin lo lasciò in attesa, indicando invece l’ammiraglio della flotta.

“Vostra maestà,” disse l’uomo. “Il viaggio da Leveros ha prodotto delle perdite minime. La squadra di perlustrazione ha fatto sbarcare le truppe come avete ordinato ed è adesso tornata in posizione con la flotta. Le altre navi aspettano i vostri ordini per procedere verso la costa.”

Ravin rivolse la sua attenzione al comandante delle truppe che aveva inviato ad Astare. “E tu?”

L’uomo fece un inchino. “Vostra maestà, l’assalto alla città sta già procedendo. Le difese sono minime e prevediamo di acquisirne il pieno controllo nel giro di poche ore. Gli uomini hanno ricevuto istruzione di uccidere chiunque opponga resistenza.”

“E i miei Taciturni?” chiese Ravin alla terza figura laggiù.

“Sono posizionati in insediamenti all’interno del regno, pronti a ricevere le vostre truppe nella marcia da Astare a Royalsport,” rispose l’uomo.

Re Ravin annuì. Alla fine, si voltò verso il messaggero spaventato. “Tu mi dirai che le mie forze a sud sono state sconfitte.”

Non era una domanda, ma l’uomo annuì. “Re Godwin è caduto nel combattimento e il Principe Rodry è morto, ma sono riusciti a recuperare la Principessa Lenore e il ponte è stato distrutto con le vostre forze sopra,” l’uomo quasi soffocò.

Re Ravin alzò le spalle e vide che il messaggero spalancò gli occhi sorpreso. “Pensavi che non lo avessi previsto?” chiese. “L’attacco a sud è sempre stato destinato a fallire; e che mi interessa se hanno recuperato la principessa?”

Non che la principessa non sarebbe diventata sua a tempo debito. Tutto nel Regno del Nord lo sarebbe diventato. Camminò a passo allungato al fianco della nave, scansionando la vastità della sua flotta. Infiniti uomini erano in piedi già pronti, prelevati da tutte le parti del suo regno. C’erano tribù dei deserti e abitanti delle città armati, ex pirati dalla costa e legionari schiavi che non avevano mai conosciuto altro che violenza. Erano tutti vestiti nel rosso dei suoi colori adesso e tutti indossavano la medesima armatura.

Quella era parte per cui questa invasione doveva succedere. Ravin aveva unificato il suo regno, conquistato tutti i piccoli dissidenti, distrutto coloro che potevano cercare di opporsi a lui, eppure sapeva che un uomo poteva tenere così tanto insieme solo con la forza. Era meglio a quel punto dare loro un sogno, una causa… un nemico. Dicendo loro che era arrivato il momento di affrontare il Regno del Nord, un migliaio di frammenti che avrebbero potuto lottare fra loro, si erano trasformati in un pugno chiuso con cui colpire.

L’altra parte di ciò era semplice: il regno era suo. Quella nozione di un Regno del Nord separato non poteva sopravvivere. Non era stata vera ai tempi dei re antichi, non era stata vera prima che la magia e il fuoco dei draghi avesse scavato lo Slate fra i due emisferi del territorio. Un tempo, i re governavano tutto.

I Re della sua stirpe. Aveva fatto fare degli studi agli accademici del suo regno, aveva torturato chi aveva celato qualcosa o mentito. Alla fine, li aveva fatti risalire a tutti i suoi antenati, fino ai primi re del suo reame. Adesso, si sarebbe tornati a parlare di un solo re per entrambi i regni di nuovo insieme.

La figlia dei draghi

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