Читать книгу Una notte fatale ovvero il racconto dell'esiliato - R. A. Porati - Страница 3

CAPITOLO PRIMO

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Era Lina un'ingenua verginella

Che ai sedici anni non toccava ancor,

Era bionda, era pallida, era bella,

Nè ancor sapea che cosa fosse amor.

FUSINATO.

Siamo nel 1778 in un dopopranzo del mese di maggio.

Il sole compie la luminosa curva sul sereno orizzonte; la primavera brilla splendida nel suo clima temperato, ne' suoi balsamici effluvii.

I corsi di Milano presentano un aspetto lieto, pressochè festevole; notasi un movimento tranquillo di gente e di carrozze che sembrano convenire tutte in un punto solo.

Sono i felici del nostro mondo elegante che recansi a diporto nei pubblici giardini ove un corpo di musica saluta con melodiosi concenti lo schiudersi della stagione dei fiori.

Là si respira un'aria fragrante che porta la salute nei petti ed una grata armonia alle orecchie.

Allorquando il zeffiro che scherza dolcemente infra le fronde degli alberi si muta a poco a poco in vento freddo e molesto.

Una nube nerastra si avanza minacciosa e dilatandosi e moltiplicandosi con ispaventevole rapidità sembra invadere l'azzurro del firmamento.

Il sole scompare; le piante agitate mandano un mormorio stridente.

Il cupo del cielo si riflette sulla terra, l'aria diventa oscura; la luce, sinistra del lampo non tarda a fendere ripetutamente le nubi che già si accavallano come le onde in un mare in tempesta.

È uno di quei rapidi cambiamenti della natura che non ci meravigliano punto nel mese di maggio.

I passeggianti colti all'improvviso si affrettano a ricondursi alle loro case, ma il tuono li sorprende sordo dapprima, indi fragoroso e col tuono un acquazzone fitto, infuriato, continuo.

È un correre, un affannarsi a riparare sotto l'atrio delle case ed in pubblici alberghi; le vie di Milano così tranquille dianzi, ora offrono uno spettacolo quasi di confusione.

Solo l'operaio mal tardandogli l'ora di riabbracciare la famiglia cui lo tenne diviso per l'intera giornata le esigenze dell'officina, affronta indifferente la pioggia sorridendo alle dolci premure che si vedrà fatto scopo dalla madre de' suoi figli.

In breve la notte cade avvolgendo il creato nel suo manto tenebroso; la città si fa deserta e silenziosa… presentando solo un'eccezione nella via di San Paolo.

Chiudevasi colà nientemeno che uno dei più rinomati magazzeni di mode ed erano circa venti giovinette vispe ed allegre che venivano messe in libertà.

Lascio immaginare che rumore assordante di voci, di risa, di urli e poverine non si poteva fargliene carico se sfogavansi in quel momento della soggezione che loro imponeva una maestra vecchia, brontolona e severa.

La natura non si può vincere, talvolta si riesce a soffocare un istante, indi bisogna che segga regina all'impero del mondo; ed è appunto in forza d'un'ineluttabile legge di questa natura che la lingua delle donne… debba sciogliere la questione del moto perpetuo.

—Guarda che brutto tempaccio, diceva una bella brunetta con un tuono di voce tale da soperchiare il cicaleccio delle compagne—ed a dire che stamattina c'era fuora tanto di sole!

—È proprio vero che in questo mese la costanza del tempo assomiglia molto a quella degli amanti; osservò sorridendo una fanciulla dallo sguardo maliziosetto.

—Già, degli amanti del giorno d'oggi.

—E di quelli ancora dei miei tempi; sospirava una vecchia zitella incaricata dalla maestra a sorvegliare la partenza delle sartine.

—Vale a dire, s'udì una voce, che i giovani del nostro secolo sono ancora quelli del secolo scorso.

—Ih, mi credete tanto vecchia!

E qui una risata generale.

—Un momento, saltò su una bella giovinetta dagli occhi azzurri e dai capelli d'oro, io protesto contro questa taccia d'incostanza; vi potrebbero essere delle eccezioni.

—Una protesta in questo caso è una rivelazione.

—Certamente. La biondina vuol difendere qualcuno.

—È chiaro.

—Qualcuno che si trova nella categoria degli amanti.

—Sarà il suo.

—Tò, tò, la biondina ha l'amoroso?

—Sicuro.

—Che furba!

—E noi l'ignoravamo.

—Io però lo sapeva da un pezzo e lo conosco anche.

—Sentite? la Martina lo conosce; è giovane?

—È ricco?

—È biondo?

—È nero?

—Adagio, adagio, altrimenti non parlo più; dirò prima di tutto ch'egli è molto bello.

—Ma brava!

—È giovane e l'ama poi alla follia.

—Ohe biondina, si palesano i segreti.

—Non m'importa; rispose la giovinetta con ingenuo sorriso.

—Tanto meglio. E di', Martina, come si chiama l'innamorato?

—Sì, sì, parla.

—Si chiama… Miccio.

—Miccio! Oh, che brutto nome, gridarono tutte in coro.

—Ed appartiene alla famiglia rispettabile dei… quadrupedi.

—Burlona!

—Sissignore, giacchè l'amante in questione al quale voi prendete sì grande interesse non è altro che un bel gatto soriano, domestico e affezionatissimo alla nostra biondina.

—Questo alle curiose!

Un altra sonora risata fu ripetuta dagli echi della via.

—Ih, che fracasso Madonna santa, borbottava Agata la vecchia zitella, ma che diranno i vicini, che direbbe la maestra se mai vi udisse! La prenderà con me, già son sempre io che porto la pena delle vostre bardassate. Tutte le sere allorquando torno di sopra, Agata, Agata, la mi brontola sempre, le ragazze fanno troppo strepito, ne parleranno tutti, verranno dei lamenti e tu che fai in mezzo ad esse? Gli è che non sei capace di tenerle al dovere oppure ti associ anche tu alle loro pazzie? In ogni modo bada bene poichè io non sono al caso di mantenere una donna che mi sia utile a nulla.—Capite? per causa vostra arrischio di essere cacciata di casa, d'essere abbandonata sulla strada ed alla mia età non si trova facilmente di che guadagnarsi la vita. Andiamo adunque, da brave, il tempo va acquietandosi, cogliete l'occasione e ritornate tranquille alle vostre case; avreste forse paura d'un po' d'acqua?

Facili ad arrendersi ad amorevoli parole le nostre sartine si fecero sul limitare della porta, sotto l'atrio della quale stavano raccolte ed involontariamente quasi tulle guardarono il cielo.

—È vero, s'udì una voce, la pioggia pare che cessi.

—Agata ha ragione, è tempo che ce n'andiamo.

Incomincierò io a dar il buon esempio; buona notte a tutte.

E ratta staccatasi dalle compagne una bella giovinetta, rasente al muro perdevasi nel bujo della via.

—E non avere uno straccio d'ombrello, prorompeva indispettita un'altra, ed a dire che stamattina mi va proprio a saltare in mente d'indossare il mio abito più bello; chissà come lo sciupo!

—Te ne farai regalare un altro.

—Uh, linguaccia!

Ed una terza risata non meno universale delle precedenti sovrastò di gran lunga il rumore del temporale.

Se qualcuno mi osservasse ch'io faccio ridere per troppo poco risponderei che i miei personaggi presentemente son tutte donne.

La sartina del bell'abito forse per non lasciar scorgere un certo vermiglio che suo malgrado le saliva le guancie senza darsi per inteso se la svignò chetamente.

Così continuando a cinguettare or su questa, or su quella cosa, ad una ad una, riparandosi alla meglio sotto l'ombrello dei privati, ritornavano tutte alle loro case con grandissima soddisfazione della vecchia Agata.

La biondina, l'amante del miccio, non fu tra le ultime a partire.

Ell'era una fanciulla di circa diciott'anni; i capelli del color dell'oro e la regolarità inappuntabile de' suoi lineamenti le avevano guadagnato l'appellativo di bella bionda e nessuno, neppur le più intime di lei amiche la conoscevano sotto altro nome.

Orfana della madre conviveva felice col vecchio genitore, il quale affranto dagli anni e da lunghe infermità doveva la sua vita ai sudori della figliuola e ad uno scarso compenso mensile che gli fruttava il suo modesto impiego.

Egli era portinajo d'una casa di nobile famiglia situata sul corso di

Porta Nuova.

Povera ma ricca di cuore e di generosi sentimenti la biondina consumava i suoi giorni nel lavoro e nelle cure che esigeva il cadente padre suo—e quantunque spesse volte si vedesse costretta a dure privazioni non bastando i tenui guadagni a supplire ai tanti bisogni, pure nella sua povertà ell'era felice ed il volto, riflettendo la pace dell'anima era sempre sereno e sorridente.

Si alzava col sole alla mattina ed accudite le domestiche faccende e dato un bacio al padre ed un abbraccio ad un gatto che colla sua domestichezza e fedeltà erasi guadagnato la tolleranza dell'infermo e tutto l'amore della fanciulla, volava lieta al magazzeno, ove amata dalla maestra per l'assiduità al lavoro e dalle compagne pel carattere schietto e la bontà dell'anima passava contenta l'intiera giornata.

Beata allorquando gli era data trascorrere la sera in dolce ozio col miccio in grembo, seduta ai piedi del padre suo, non era perciò dolente allorchè i bisogni della maestra e più ancora i suoi propri l'obbligavano a spendere parte della notte al tavolino da lavoro.

La compagnia del gatto le svaniva dalla mente ogni superstizioso timore e l'idea di migliorare l'esistenza del vecchio sofferente le allontanava il sonno allorchè s'aggradava pesante sulle di lei pupille.

Il padre superbo di tal figliuola soleva chiamarla il suo angelo e coloro che conoscevano la bella biondina approvavano unanimi la tenerezza paterna.

Fatti appena alcuni passi la biondina s'incontrò in un elegante giovinotto che percorreva da qualche tempo la via di S. Paolo nell'attitudine di chi aspetta qualcuno.

Vestiva egli con quella femminea ricercatezza che esigeva la moda de' suoi tempi.

I capelli portava incipriati e annodati indietro; indossava un lungo pastrano verde ricco di merletti e guarnizioni d'ogni sorta; il panciotto gli scendeva sin oltre le anche ed i pantaloni di stoffa rossa allacciati alle ginocchia lasciavano vedere il contorno di due gambe aggraziate e coperte da calze di seta.

Vide la fanciulla e cedendole cortesemente il marciapiedi si fermò a contemplarla, indi come colui che si risolve dopo un'istante d'indecisione le si porta al di lei fianco.

—Bella fanciulla, le disse in tuono garbato, io non voglio lasciarvi esposta a quest'acqua che cade a rovesci, degnate d'appoggiarvi al mio braccio e permettete che vi accompagni coll'ombrello.

La biondina per tutta risposta chinò il capo e mosse più ratta i suoi passi.

—Si tratta di voi, ribattè il damerino, si tratta della vostra preziosissima salute che potrebbe soffrire affrontando quest'ostinato temporale; siate adunque discreta e fatemi l'onore in questa sera d'essere il vostro cavaliere servente.

«Voi non rispondete? ah, capisco, gli è che sperate di incontrare lui non vero? il fortunato mortale che possiede il vostro cuore e che per combinazione quest'oggi è in ritardo.

«Oh, ma se io fossi al suo posto, se spettasse a me l'alta fortuna di chiamarmi… vostro amico, certamente vi sarei più assiduo, apprezzerei meglio il mio biondo tesoro.

«Ebbene io vi offro il mezzo di vendicarvi di lui se lo volete, appoggiatevi al mio braccio e se avremo la disgrazia d'incontrarlo rispondetegli che non è più in tempo; accettate?»

—Signore, rispose ingenuamente la biondina, non potendo trattenere un sorriso, io non devo incontrare nessuno.

—Davvero?

—Ho sempre preferito far la mia strada da sola; vi prego adunque di lasciarmi.

—Voi non avete amanti?

—No.

—Tanto meglio…. cioè volevo dire che fate molto male; vi mettete in contraddizione con tutte le fanciulle della vostra età.

—Mi congratulo della bella opinione che avete delle donne.

—Ma chi non ha l'amoroso? È una regola generale.

—Io ne sarò l'eccezione.

—Non ve lo darei per parere, disse il giovinetto, tanto più voi, che costretta a ritornare dal magazzeno ad ora tarda, la compagnia d'un amico sincero e fedele vi sarebbe altrettanto utile…. che piacevole.

—Ma come sapete voi ch'io ritorno tardi? domandò meravigliata la biondina.

—Son varie sere che vi seguo senza aver mai avuto il coraggio d'avvicinarvi; cosa volete di più ingenuo? Oh! io devo essere molto riconoscente a questo temporale!

—Signore, vi prego, lasciatemi.

—Via, non sentite come piove? bramate proprio inzupparvi tutta?

—Non ne avrei il tempo perchè abito qui vicino.

—Lo so, sul corso di Porta Nuova.

—Avete fatto molto male a seguirmi, disse la biondina in tuono di dolce rimprovero.

—Ebbene, se ciò vi dispiace, non lo farò più, ma stassera è inutile che insistiate, vostro malgrado vi accompagnerò coll'ombrello.

—Oh, siete pur ostinato; e la biondina per la prima volta alzò gli occhi in volto allo sconosciuto.

Era un bel giovinotto.

—Sono sempre ostinato quando si tratta di esser utile a qualcheduno; diss'egli cortesemente.

—In allora, se volete proprio….

—Ebbene?

—Se volete proprio accompagnarmi, datemi il vostro braccio.

—Ah, così va bene; ora eccomi ad un posto che invidieranno certamente tutti quelli che incontreremo.

—Non ne incontreremo molti, state certo.

—E voi non temete far sempre sola queste vie così deserte?

—Che volete si faccia ad una povera tosa che corre da suo padre?

—E perchè non v'accompagna vostro padre? le domandò il damerino.

—Poveretto…. è vecchio ed infermo.

—Ebbene, farò io quel che non può far lui.

—Cioè?

—Tutte le sere, se voi me lo permettete, verrò a prendervi al magazzeno e vi restituirò nelle sue braccia.

—Nossignore, nol permetterò.

—Voi non avete amanti, mi diceste.

—E non ne avrò mai.

—Non fate così; sentite, voi siete molto bella, vedervi chi ha un cuore in petto, bisogna che v'ami; ebbene, io l'ho questo cuore, vi vidi e v'amai. Sareste voi tanto cattiva da respingere l'amor mio? Noi ci vedremo tutti i giorni, pensate alla felicità di quei momenti che passeremo insieme uniti coi dolci legami di un puro affetto.

—Ma mio Dio, bisogna lasciar fare all'amore chi ne ha il tempo; noi ragazze del popolo non possiamo. È vero che per prendere marito è necessario farsi l'amante, ma però non andiamo per le lunghe, noi; s'egli è bello, s'egli è buono, se ci conviene insomma ce lo sposiamo e buona notte, altrimenti alle sue prime dichiarazioni gli si fa capire che non fa per noi, ed in tal modo, vedete, schiviamo quegl'infiniti dispiaceri, che come si legge sui libri, colgono sempre chi ha troppa fiducia nell'amore.

—Ebbene, insistè nuovamente il damerino, ditemi una parola, ed io domani, questa sera istessa vengo da vostro padre e vi chiedo in isposa.

«Noi compereremo una casetta in campagna, poichè io amo molto l'aria pura e la vita semplice dei campi; abbandoneremo la città, ed i giorni scorreranno per noi felici, la vita priva di lagrime e di dolori ci farà credere d'anticipare quella del cielo.

«Avremo una famiglia; oh! qual gioia in allora veder i nostri figli correr leggieri pei prati, condurli alla mattina sulla vicina collinetta ad assistere allo spettacolo sublime del sole nascente, divider con loro le innocenti gioie, i loro stessi trastulli ed alla sera mentre dormiranno il sonno degli angeli, sull'agile barchetta, solcando le argentine onde del lago, ai pallidi raggi d'una mesta luna, stretti in ineffabili amplessi vagheremo per quelle incantate regioni ove per qualche momento è dato trasportarsi nei lieti giorni della vita a quei fortunati amanti che il propizio fato ha riuniti.

«Tutto ciò, vedete, dipende da voi, una vostra parola può cangiare questo sogno nelle più ridente realtà.

«Suvvia adunque, a che state pensosa? Non vi garba forse la campagna? Ebbene, noi vivremo in città, e voi farete invidia a tutte le eleganti signorine di Milano.

«Come l'ape coglie l'etere svolazzando di fiore in fiore, così noi godremo di tutti quegl'infiniti piaceri che offre di continuo la bella capitale; teatri, salons, feste, tutto sarà per voi; sarete un astro così fulgido di luce che eclisserà in passando anco i soli più superbi del nostro mondo elegante.»

Vedremo se queste parole gli partivano sincere dal cuore, oppure se erano frutto della più bassa perfidia.

Come qualunque altra fanciulla, la biondina si sentì travolta, incantata, affascinata dal lusinghevole linguaggio del giovine; buon per lei che ebbe ancora il coraggio d'ascoltare una voce che le rammentava il dovere.

Assumendo quindi un contegno assai grave si volse allo sconosciuto e rispose:

—Voi mi parlaste franco, o signore, e voglio credere anche seriamente, permettete che ancor io faccia lo stesso: ascoltate.

«Due anni or sono, colpita da improvviso malore, io perdeva mia madre.

«Nella breve ora della sua agonia, mentre al capezzale io disfogava in lagrime il dolore dell'imminente perdita, la moribonda dopo d'avermi dato quei saggi consigli che l'esperienza le suggeriva, mi disse con voce solenne:

«—Datti pace, figlia mia, poichè se la morte inesorabile ti toglie la madre, ti rimane però sempre il padre tuo, che t'ama tanto. Egli giace infermo, ma rammentati che quel miserando stato lo deve ai disagi sofferti ed alle ferite ond'è crivellalo il suo corpo, toccate sul campo della gloria. Tu lo sai, egli è veterano dell'armata di Pasquale Paoli, fu compagno a quel valoroso principe tanto nella prospera come nell'avversa fortuna, combattè con lui tutte le battaglie dell'indipendenza della Corsica; onde tu vedi ch'egli è degno di tutto il tuo rispetto. Io era l'unico sostegno della mia famiglia, e fra pochi momenti non sarò più; guai se tuo padre si vedesse perciò costretto a rivolgersi alla pubblica compassione; tu non sai qual'anima altera racchiude il suo corpo malaticcio; a te adunque il sacro obbligo di vegliare al suo soccorso, soddisfare con onesti guadagni i suoi molti bisogni, e far in modo ch'egli non abbia a rimpiangermi troppo sovente. Dall'alto del cielo io veglierò su te, pregherò Iddio onde ti guardi da ogni sciagura, ed allorquando lassù ci rivedremo, fa ch'io possa dire abbracciandoti: figlia mia, tu hai compiti saggiamente i tuoi doveri.

«Commossa dalla solennità del momento, io giurai sagrificarmi tutta intera alla felicità di mio padre, ed onde nessuno mi togliesse quell'affetto che a lui solo voleva consacrare, feci voto di vivere fanciulla al di lui fianco, sin che a Dio piacesse chiudere i suoi occhi al sonno eterno.

«Voi vedete adunque, mio signore, ch'io non posso accettare la vostra proposta; manterrò i miei giuramenti, poichè mi fu detto che

È la sventura

Retaggio eterno della spergiura.

«Ora, continuò la giovinetta fermandosi vicina ai Portoni di Porta Nuova, permettete ch'io vi ringrazi del disturbo che vi siete preso; io abito in questa casa, mio padre n'è il portinaio, ed egli mi attende; dunque, buona notte!»

E fatto un grazioso inchino, leggera come una silfide mezza donna e mezza nube, senza neppur dar tempo all'incipriato ganimede di rispondere una parola, ratta fuggì sotto l'atrio della porta.

Ma il giovinetto, che quell'addio così asciutto non gli andava troppo a sangue, sperando inoltre di vincere con altri argomenti i sensi troppo severamente onesti della leggiadra fanciulla, la seguì correndo, e cintole colle braccia l'esile corpicino, stava per deporre un bacio su quella candida fronte; ma la ritrosa dibattendosi stizzita, svincolossi con qualche sforzo dall'amplesso ardito, lesta aprì l'uscio che metteva al portinaio, e lo rinchiuse sul naso del giovinotto.

Egli la vide gettarsi nelle braccia d'un vecchio adagiato immobile sur un ampio seggiolone, e baciarlo ripetutamente in volto.

Con occhio invido contemplò quella scena d'amore; che non avrebbe dato per uno di quei baci? Indi comprendendo che nulla più aveva a sperare, si tolse di là molestato da mille diversi pensieri.

—Davvero che s'io credessi nella virtù delle donne, pensava il deluso dandy, giurerei d'averne incontrata una onesta. Tanta fermezza non la so comprendere e sì che non tralasciai di blandire in mille modi quella vanità che le donne possedono in buona dose ed alla quale noi dobbiamo i nostri più bei trionfi.

«Oh, ma perchè si fu respinti in un primo attacco si dovrebbe forse rinunciare avviliti all'impresa? Se ne tenti un secondo, un terzo se fa duopo; eppoi una buona volontà trova infiniti mezzi per conseguire il suo intento.

«Quella biondina è troppo bella perch'io la possa incontrare per via, guardarla indifferente e passare avanti; quegli occhi celesti promettono un amore ardente! un amore di fuoco; quel corpo modellato su forme divine… oh, essa dev'esser mia; io solo debbo cogliere quel fiore ancor rorido di rugiada e dimenticato per avventura sul suo gracile stelo.

«S'io lo rispettassi, un'altra mano s'avanzerebbe verso di lui, perchè adunque rifuggirò dal fare in oggi quello che altri farebbero domani?

«Sarà d'uopo di costanza ma io l'avrò e giacchè sembra superiore ad ogni seduzione continuerò ad infingere intenzioni rette, la domanderò a suo padre in moglie, gli giurerò di farla felice e vorrei vedere che quel miserabile vecchione me la rifiutasse.

«Marco, il mio fedele, indosserà i suoi abiti da prete e celebrerà il matrimonio…

«Domani la vedrò ancora, mi troverà dappertutto, in tutti i suoi passi io sarò al di lei fianco, non le parlerò che d'una cosa sola, del mio amore e se la bella ostinata persisterà in un capriccioso rifiuto si ricordi ch'io non son uomo d'abbandonare i miei progetti qualunque sieno gli ostacoli che mi si parassero davanti.»

E continuando l'acqua a cadere a diluvi, riuscendogli nojosa la povertà delle vie, entrò in un caffè cui dal giocondo schiamazzare comprendevasi come non dividesse punto la tristezza della natura.

Una notte fatale ovvero il racconto dell'esiliato

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