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Capitolo Tre

Danzare con il destino

Sembrava che l’universo avesse delle richieste da esaudire.

Appena pochi giorni dopo il fortuito incontro di Richard con la pantera dagli occhi blu-viola, eccola lì, sull’affollata pista da ballo della fighissima serata del venerdì all’Hobart.

Stava ballando un valzer con un partner che le pestava i piedi, mentre i suoi capelli sbatacchiavano sul vestito scampanato viola.

Un sorriso educato era fisso sulle sue labbra rosa e carnose, senza dare a vedere la sofferenza.

Così dolce.

Gli piaceva ancora di più.

Finì il ballo, scambiò qualche parola sempre trasudando gentilezza e tornò dalla sua amica pettoruta, che stava flirtando con alcuni dandy con vestiti costosi in stile Beatles.

Con un ampio sorriso, la sua amica fece le presentazioni, ma dopo qualche breve chiacchiera la bellissima dagli occhi blu-viola fece un passo indietro tornando nell’ombra. Una meravigliosa e ammaliante tappezzeria.

Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, desiderando ardentemente che finisse per ricambiarlo.

E dopo qualche secondo lo fece.

Tentò di mantenere il contatto visivo, ma lei distolse lo sguardo spostandolo nervosamente sui suoi piedi.

Richard doveva assolutamente cogliere quell’occasione o avrebbe rischiato di perderla un’altra volta.

Fece qualche respiro profondo, scosse le sue dritte spalle d’acciaio e si avvicinò a lei.

Il suo cuore batteva così forte che temeva che la cassa toracica gli sarebbe esplosa nel petto.

Lei stava ancora fissando le sue scarpe, il respiro che sembrava allineato a quello di lui, come se sapesse che stava arrivando.

La sottile cintura nera avvolgeva la sua vita sottile, accentuando la sua forma a clessidra.

Il pisello di lui si mosse con apprezzamento.

Richard si allentò la cravatta.

“Ciao, ehm...” Da quando era così nervoso e a corto di parole vicino a una donna?

Da molti anni sicuramente no.

Non da quando aveva compiuto sedici anni e aveva accarezzato il suo primo seno nudo.

L’aria fra di loro crepitava, centuplicando l’intensità, come se lei fosse un filo scoperto e lui un conduttore in attesa della scossa dovuta all’eccitazione una volta che l’avesse toccata.

I brillanti occhi blu-viola di lei si sollevarono e incontrarono il suo sguardo.

Lui asciugò la mano sudata contro i pantaloni neri e gliela porse.

“Ti piacerebbe ballare?”

Un sorriso timido giocò con le sue labbra sensuali.

“Uhm...”

“Ti prometto che non morderò... A meno che tu non lo voglia”.

Il suo tentativo di essere simpatico creò una patina traslucida che copriva un nucleo di malizia, un pizzico del vero Richard.

Ogni muscolo del suo corpo era teso nell’attesa della sua risposta.

C’erano solo due possibilità:

poteva schiaffeggiarlo e andarsene o rimanere creando una connessione.

Gli occhi di lei si spalancarono.

Ho rovinato tutto?

Poi lei rise e afferrò la sua mano.

Una scossa potente risalì lungo il suo braccio, molto più potente di quanto lui non si aspettasse che per poco non gli fece perdere l’equilibrio.

Una mistura tossica di gioia, desiderio e sollievo s’impossessò della sua anima.

Il suo non era stato un semplice rimanere e creare una connessione,

suggeriva un qualcosa di molto, molto più speciale.

Lo sentiva anche lei?

Col sangue che scorreva follemente nelle sue vene, Richard la condusse sulla pista da ballo e la tenne stretta, coi loro corpi che danzavano a tempo con Hold Me, Thrill Me, Kiss Me di Mel Carter.

“Adoro questa canzone”, disse lei, e la sua voce arrivò dritta al suo cazzo.

Il suo battito cardiaco accelerò follemente.

Io adoro il tuo corpo sensuale.

Si chiese se la sua mente non fosse stata sequestrata da un uomo delle caverne in calore.

Era così lontana dalla sua solita risposta controllata al desiderio e dal suo concentrarsi sulle connessioni mentali profonde.

Certo, sbavava anche lui dietro alle donne attraenti, ma sentiva che stavolta era diverso, come se i feromoni di lei si fossero sincronizzati coi suoi creando una combinazione altamente esplosiva che alterava la sua mente e la risposta del suo corpo.

“Anch’io”.

Normalmente detestava che ci fossero altre coppie che affollavano la pista da ballo, ma non questa volta.

Non quando grazie a loro il seno di lei strusciava contro il suo petto, facendolo quasi impazzire di desiderio.

Trattenne un gemito e la strinse ancora più forte.

Lei non oppose resistenza.

Il suo profumo di rosa e cannella acuì ancora di più il desiderio di lui, dandogli il coraggio di accarezzare i suoi capelli lunghi e lucenti e di baciare le sue morbide labbra rosa.

L’erezione premeva sempre più forte contro i suoi pantaloni, così tirò indietro il bacino.

Detestava il pensiero che lei potesse considerarlo un viscido.

“Comunque sono Richard”, facendola volteggiare sulla pista da ballo luccicante.

Lei lo guardò attraverso le lunghe ciglia.

“Mi chiamo Eva.

Eva Fjelstad.

Piacere di conoscerti”.

“Lavori alla Sub Rosa, giusto?”

Lei si irrigidì, fissandolo mentre chiaramente si stava chiedendo se non fosse una specie di stalker.

“Sì, ma come...”

“Ti ho vista mentre aspettavi l’ascensore qualche giorno fa.

Lavoro lì anch’io, nel reparto ricerca”.

“Oh...” disse rilassandosi finalmente fra le sue braccia.

“Sono la segretaria del responsabile capo del personale”.

Lo sapevo!

La canzone finì.

No!

Non poteva lasciarla andare.

Trattenendo la sua mano la condusse attraverso la nube di fumo verso un tavolino libero in una zona tranquilla della sala.

“Ho pensato che potremmo parlare un po’... Se per te va bene”.

Lei sorrise abbassando timidamente lo sguardo.

“Sì”.

“Uhm... Posso offrirti un drink?”

“Un bicchiere di vino rosso sarebbe perfetto, grazie”.

Al bar, Richard ordinò un paio di bicchieri di merlot e prese alcuni sottobicchieri di carta.

Potevano tornare utili per scambiarsi i numeri di telefono, se fosse stato fortunato.

Ne ficcò un po’ nella sua tasca posteriore e tornò al tavolo.

Eva sedeva su una sedia con le spalle al muro, rivolta verso la pista da ballo, le gambe incrociate mentre il suo piede delicato andava su e giù a tempo di musica.

O tremava forse con impazienza?

Forse entrambe le cose.

Non montarti la testa adesso.

Ma era difficile non farlo...

Con quella pelle così pura e morbida, desiderava ardentemente esplorarne ogni centimetro.

Richard cacciò indietro i suoi pensieri lascivi e si sedette di fronte a lei.

“Il suo drink, signora.

Spero che ti piaccia il merlot”.

Eva prese il bicchiere di vino e nel farlo con la sua mano delicata sfiorò quella di Richard.

“Adoro il merlot”.

Lui sollevò il bicchiere per brindare con la pelle che formicolava ancora per quel lieve contatto.

“Anch’io.

Salute”.

Bevvero un sorso senza lasciare lo sguardo l’uno dell’altra.

“Da quanto tempo lavori alla Sub Rosa?”

Richard prese un paio di sottobicchieri dalla tasca e li posò sul tavolo.

“Da due anni.

Ho iniziato come assistente e ho iniziato l’incarico attuale circa sei mesi fa.

E tu?”

Lei abbassò il bicchiere, mentre una goccia di vino color rosso sangue cadeva sulla carta bianca andando a formare una macchia a forma di cuore.

O forse era una... Frena.

Il suo personale test con le macchie sembrava essere rivelatore, estremamente rivelatore, tanto che non serviva uno psicologo per scoprire cosa gli frullasse per la testa.

Richard smise di fissare l’interpretazione a luci rosse della macchia di vino e scacciò il desiderio residuo dalla sua gola.

“Ho iniziato solo sei settimane fa, si può dire che sia ancora in luna di miele”.

Non gli sarebbe dispiaciuto essere in luna di miele con lei in quel momento...

L’immagine di se stesso e di Eva nudi si aggrovigliò nel suo cervello e si allentò la cravatta per avere un po’ di sollievo dalla temperatura sempre più alta.

Eva sorrise, apparentemente ignara dei suoi pensieri osceni.

“Il tuo settore sembra interessante,

non riesco a immaginarlo come un ambiente noioso”.

La brillantezza setosa del gloss che le copriva le labbra era un’esca perfetta che lo invitava a leccare e assaggiare... Non pensare al sesso.

O se ne sarebbe accorta

e sarebbe fuggita.

Gattini e cagnolini, gattini e cagnolini, gattini e cagnolini.

“Hai ragione,

la cosa bella della Sub Rosa è che offre molta scelta e possibilità di ricerca, per cui perdere interesse è molto difficile”.

Lui prese un bel sorso di vino, quindi il suo sguardo tornò a lei, come se i suoi occhi fossero una bussola e lei il nord.

“Sei veramente bellissima, lo sai?”

Le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse fermarle.

E non poteva dare la colpa al vino,

non ne aveva ancora bevuta la metà.

Eva afferrò il bicchiere e bevve ciò che rimaneva del suo rosso.

La sua bellezza, in combinazione con la sua vicinanza fisica, funsero da ariete abbattendo le inibizioni di lui.

“Scusa,

forse sto correndo troppo”.

“No. Sì.

Ma grazie”.

Le guance di lei divennero rosse come il vino.

E deliziosamente sexy.

Come se la musica volesse sottolineare i suoi pensieri, iniziò Baby I’m Yours di Barbara Lewis.

Un inarrestabile desiderio di stringerla nuovamente a sé lo rese impaziente, così si alzò porgendole la mano.

“Posso avere questo ballo?”

Lei sfiorò il palmo con il suo ed entrambi rabbrividirono.

Chissà se anche lei sentiva la potenza della loro connessione.

Richard la condusse nuovamente verso la pista da ballo.

Il sorriso sul suo volto doveva apparire come se fosse in un qualche viaggio erotico.

“Anch’io adoro questa canzone”, disse lei con le labbra a portata di bacio.

“Non è solo una grande canzone, ma un sentimento bellissimo se dimostrato con le azioni e non solo con le parole”.

Lui la strinse a sé, anche più di prima, come se fossero due pezzi di un puzzle 3D che si incastravano alla perfezione.

“Sì...” Lei lo guardò come se avesse appena detto la cosa più rivoluzionaria e allo stesso tempo poetica del mondo.

Era il volume della musica ad essere aumentato o era la sua consapevolezza di lei ad essersi amplificata?

La fisica della situazione suggeriva entrambe le cose.

Si avvicinò all’orecchio di lei per farsi sentire al di sopra del suono della band.

“Come torni a casa?”

Con mano tremolante, lei indicò la sua amica accerchiata da un gruppo di ragazzi.

“Con Greer,

mi ha dato un passaggio”.

Dannazione.

Anche se la sua amica non aveva smesso di flirtare, come se non le dispiacesse l’idea di appartarsi per la notte.

Forse poteva offrirsi di accompagnare Eva a casa, testare il terreno.

Ora che avevano parlato, si era completamente invaghito.

“Uhm...” Esitò, con le parole sulla punta della lingua.

I grandi e brillanti occhi di lei lo incoraggiarono a proseguire.

“Potrei accompagnarti a casa.

Se ti fa piacere”.

Lei distolse lo sguardo, ma non si allontanò.

“Oh... Uhm...”

“Se non vuoi lo capisco,

è solo... Ecco, non sarebbe un problema.

Anzi, sarebbe un piacere”.

Continuavano a ballare, ma lei non gli rispondeva.

Ci stava ancora pensando o il suo non rispondere significava semplicemente no?

Se solo avesse potuto leggere la sua mente.

La canzone finì e lei lo guardò negli occhi.

“Ok”.

Aveva detto di sì?

“Ok?” le chiese, giusto per essere sicuro di aver capito bene.

“Sì, mi piacerebbe che mi accompagnassi a casa.

Grazie”.

Lei inghiottì nervosamente.

“Aspetta qui,

vado a dirlo a Greer”.

Richard rimase a lato della pista gustandosi il dondolare dei fianchi di lei che correva ad avvertire la sua amica.

Eva richiamò la sua attenzione battendole sulla spalla, scambiarono qualche parola e infine lo guardò.

Greer strillò, sussurrò qualcosa nell’orecchio di Eva - molto probabilmente la stava mettendo in guardia contro i pericoli dello sbaciucchiarsi e accarezzarsi nell’abitacolo di un’automobile - facendola arrossire e, qualche attimo dopo, Eva era tornata al suo fianco.

I suoi ormoni continuavano a creare scompiglio nel suo solitamente razonale cervello, ma doveva mostrare almeno un po’ di controllo. A ogni costo.

Doveva mostrarle la sua natura rispettosa, che incarnava il genere d’uomo con cui lei avrebbe desiderato stare, il tipo d’uomo che di solito lui effettivamente era, l’uomo che era orgoglioso di essere.

Persino le sue ex ragazze sarebbero state d’accordo.

“Pronta ad andare?”

“Sì”.

La voce di lei risuonava di nervosismo.

Esattamente la stessa sensazione che provava lui.

Avvicinò le dita alle sue, facendole intendere che desiderava prenderla per mano, silenziosamente chiedendo il suo permesso.

E lei silenziosamente glielo diede, aprendo la mano e avvicinandolo al suo nella maniera più delicata e allo stesso tempo erotica che lui avesse mai sperimentato.

Eva non aveva alcuna idea del suo potere di seduzione.

Richard intrecciò le dita con quelle di lei, godendosi il rinnovato contatto con la sua pelle, e la condusse verso la strada trafficata.

Il marciapiede era affollato di gente - sobri, ubriachi, civettuoli, timidi, imbranati, tipi tosti - che fumava e limonava.

La nebbia si raccoglieva attorno agli antichi lampioni di ferro, diffondendo un’aura di luce dorata abbagliante.

Camminarono accanto ai piccoli assembramenti di partecipanti al ballo e girarono l’angolo verso i motori ruggenti.

Una gang di rockabilly appoggiati alle loro motociclette, beveva, fumava con sguardo malizioso.

Richard fece scivolare il braccio attorno alla vita di Eva, attirandola a sé come un fidanzato protettivo.

Non solo lei lo lasciò fare, ma si strinse ancora più vicina a lui,

facendogli trattenere un sospiro.

Il profumo di spezie esotiche che emanavano i suoi capelli stimolava il suo appetito per un banchetto non composto da cibo.

Mmm...

Trattenersi si preannunciava difficile, più difficile di quanto non fosse mai stato.

Chissà se la vicinanza scatenava lo stesso desiderio in lei, o se voleva semplicemente sentirsi sicura...

No, non era solo per sentirsi sicura.

Nulla del tocco di lei trasmetteva sicurezza.

Richard si fermò accanto alla sua MG rossa dal lato del passeggero, restio a lasciarla andare.

Esitò un attimo, quindi estrasse la chiave dalla tasca e aprì lo sportello.

Lei si sedette e passò una mano sul cruscotto.

“Bella macchina”.

Se solo avesse potuto prendere il posto di quel cruscotto...

Datti una calmata.

Ma il suo corpo, ormai distante da quello di lei, si raffreddò, ma pulsava ancora di eccitazione al pensiero che si sarebbero toccati ancora.

“Grazie”.

Si sedette al posto del guidatore e avviò il motore.

“Dove devo dirigermi?”

“Seven Swan Street, Sandy Bay.

Ti indicherò io la strada”.

“Non ce n’è bisogno,

so esattamente dove si trova.

Non è lontano dal lavoro,

una bella zona”.

In cinque minuti, aveva parcheggiato di fronte alla casa bianca a un solo piano, con prato verde, steccato e tutto il resto.

L’accompagnò fino all’imponente porta di legno bianco e si fermarono nell’ombra, illuminati appena dal fioco bagliore di un lampione sulla strada.

“Mi chiedevo... Vuoi darmi il tuo numero?

Ti chiamerò domani”.

Lei spostò il peso da uno dei suoi piedi delicati all’altro.

“Oh, ehm... Sì, è...”

“Aspetta”.

Tirò fuori un sottobicchiere pulito e una penna dalla tasca interna della giacca, quindi utilizzando la sua coscia come supporto disse:

“Ok, dimmi”.

“Due due tre, diciannove quarantaquattro”.

Richard lo appuntò e ripose il prezioso pezzo di carta nuovamente nella tasca.

“Grazie”.

Poi su un altro sottobicchiere pulito scrisse, Eva sei inebriante, e sotto scarabocchiò, Richard Hall, 223, 1939.

“E questo è il mio numero”, disse porgendole il foglietto.

Eva lesse il messaggio e sorrise a testa bassa, la sua mano tremava mentre riponeva il biglietto nella borsa.

La timidezza che mostrava nei suoi confronti era la cosa più dolce del mondo.

In combinazione con l’impetuosa tensione sessuale che c’era fra loro stava portando Richard verso la combustione.

Non aveva mai desiderato così tanto baciare una donna nella sua vita.

Lo avrebbe considerato troppo sfrontato?

Non si trattava neanche del loro primo appuntamento.

Avevano trascorso a malapena un paio d’ore insieme.

“Uhm, suppongo che dobbiamo dirci buonanotte”.

Era buono a sapersi che la sua coscienza vinceva sempre facendogli fare la cosa giusta, anche se poteva essere frustrante.

Come in quel momento, in cui avrebbe voluto assaporare le sue labbra tentatrici.

“Sì...” disse lei, senza guardare in alto, ma senza muoversi.

La speranza esplose nel cuore di lui, accelerando gli sporadici battiti.

Lo desidera anche lei?

“Eva...”

Il suo sguardo ammaliatore si riconnesse con quello di lui, quindi si spostò verso le sue labbra e, prima di potersi fermare, Richard la baciò.

Anziché allontanarlo, lei modellò la bocca su quella di lui, calda, morbida e accogliente.

Eva sospirò, il profumo del vino rosso del suo respiro lo fecero passare direttamente da brillo a ubriaco... Di lei.

Richard afferrò il viso di lei e approfondì il bacio, mentre le loro lingue si intrecciavano aumentando la passione fra loro..

Lei premette i palmi contro il suo petto e si appoggiò a lui, facendo scatenare i suoi ricettori del piacere.

Lui fece scorrere le mani lungo la schiena di lei fino ad arrivare al suo sontuoso di dietro.

Che cosa sto facendo?

I pensieri razionali bloccarono il suo desiderio e così riuscì a tirarsi indietro.

“Non avrei dovuto, ti chiedo scusa”, disse mentre l’erezione tradiva le sue parole.

Ce l’aveva così duro...

Eva afferrò le chiavi di casa, aprì la porta e si girò verso di lui con un sorriso timido.

“Non ce n’è bisogno”, disse mentre spariva all’interno della casa.

Un ampio sorriso si aprì sul suo volto.

Era piaciuto anche a lei.

Sì!

Ora doveva pensare al loro appuntamento.

Doveva decidere dove portarla, cosa fare e quando, con l’intenzione di mantenere la biancheria intima di entrambi addosso, a costo di indossare una cintura di castità.

La Cattura

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