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Capitolo Quattro

Un appuntamento con il destino

Aveva fallito.

La pozione d’amore di Salvator aveva miseramente fallito.

Aveva baciato la sua fidanzata, ma dopo pochi secondi si era tirato indietro dalle sue labbra maledette.

“Non posso farlo”, disse apprestandosi a lasciare la sua abitazione, mentre si riprendeva dal cambiamento del suo tocco.

Il risultato era assolutamente affascinante dal punto di vista scientifico.

La sua pelle era passata dal formicolio dato dall’anticipazione del piacere alla repulsione in pochi attimi.

Il termine ‘repulsione’ poteva suonare un tantino estremo, ma gli era sembrato di baciare sua sorella, anziché la sua ragazza.

Sbagliato, sbagliato, sbagliato.

Non avrebbe più goduto delle labbra di lei sulle sue, dei seni che premevano contro il suo petto e i fianchi che strofinavano contro le sue pelvi facendolo eccitare.

Ogni grammo di passione e di tutto quello che il suo cuore definiva amore gli era stato strappato via, annientato, lasciandogli un romantico vuoto.

Sembrava che lei glieli avesse succhiati via completamente, come un vampiro che si nutriva di emozioni.

Lei afferrò il suo braccio, un calore pungente mordeva la sua carne.

Quando si voltò verso di lei, cercò di non indietreggiare.

“Che intendi dire?” chiese lei, cercando con le parole di aprire il suo cuore ormai chiuso.

Salvator arrancò lontano da lei tentando di ingoiare ciò che rimaneva della sua saliva senza sentirsi male.

Si sforzò di sorridere, ma l’espressione sul suo viso gli fece capire che lei riusciva a vedere la verità dietro la maschera che stava indossando.

Le cose erano diverse.

Le cose si erano mutate in un abisso fra di loro e lei non riusciva a capire il perché.

Anche se i suoi sentimenti erano completamente cambiati, sembrava che lei riuscisse comunque a leggergli dentro.

Anche di più, se possibile.

Dal fondo degli scalini davanti alla porta anteriore, lui guardava lei, ancora in piedi davanti all’ingresso.

“Mi dispiace,

devo annullare il matrimonio.

Non ha niente a che vedere con te,

è colpa mia... solo mia”.

Lei distolse lo sguardo mentre le sue labbra si aprivano e chiudevano mormorando parole inudibili e lacrime silenziose le scendevano sulle guance.

Una parte di lui era felice.

Grazie a questo esperimento, aveva permesso a entrambi di andare avanti e di incontrare la persona giusta..

Ho fatto la cosa giusta.

Non è vero?

La devastazione sul viso di lei gridava che non era così, ma forse lui stava confondendo la sua reazione con lo shock e il cordoglio.

L’avrebbe superata.

Doveva farlo.

Lui non avrebbe mai più potuto stare con lei.

Come poteva sposare una donna le cui carezze lo disgustavano?

Non poteva più neanche tenerle la mano adesso, figuriamoci condividere il suo letto.

Salvator entrò nella sua auto, la testa piena di sentimenti conflittuali, il suo viso sconvolto aveva marchiato a fuoco la sua mente.

Era valsa davvero la pena assumere il siero?

* * * *

Eva mise la mano sulla cornetta del telefono, come per chiedere telepaticamente a Richard di chiamarla.

Richard.

Il suo stomaco era pieno di farfalle e stava scatenando un tonfo nel suo cuore, tanto che dovette mettersi la mano sul petto.

Battiti forti e veloci le facevano tremare le costole.

Bum-bum-bum-bum-bum-bum.

Quindi era lui il tizio, quello che secondo Greer non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso neanche per un attimo mentre aspettavano l’ascensore l’altro giorno.

E la sua osservazione non avrebbe potuto essere più giusta.

Richard era ‘l’uomo dei sogni’ in persona.

E lei gli piaceva.

L’aveva persino baciata.

Lei chiuse gli occhi e si toccò le labbra, mentre ogni singolo dettaglio risvegliava i suoi sensi riportandoli a quel magico momento.

Il suo respiro affannoso, la sua voce profonda e carezzevole, l’intensità dei suoi magnifici occhi verdi e quelle incredibili labbra e quelle mani che l’avevano trasportata verso una sensualità che lei non aveva mai sperimentato prima, che continuava a esplodere dentro di lei persino adesso.

La sua mente riviveva il loro bacio di continuo, accompagnandola nel sonno, nei suoi sogni e poi ancora al suo risveglio.

Il suo corpo desiderava schiacciare il bottone di stop, ma la mano si rifiutava, mentre il polso le doleva a causa delle diverse sedute di autoerotismo.

Ma nonostante tutto, il desiderio non si spegneva.

La famosa Miss Prim era così diversa da lei, sempre la perfetta brava ragazza.

Il calore dell’imbarazzo le bruciava le guance.

Se lui sapesse...

Il telefono squillò.

Eva sussultò talmente che il cuore a momenti le usciva dalla testa.

Era Richard?

Era riuscito a captare i suoi pensieri lascivi?

Il telefono squillò di nuovo e lei portò il ricevitore all’orecchio col braccio che tremava come se fosse in overdose da espresso.

“Pronto?”.

“Ciao, Eva?

Sono Richard.

Noi” - si schiarì la gola - “ci siamo incontrati ieri sera”.

Come se lei potesse dimenticare quel bel volto, quella voce strappa mutande e il modo in cui aveva attivato il suo interruttore del piacere... “Ciao Richard”.

“Scusa se ti chiamo così tardi,

ho dovuto partecipare a un seminario straordinario al lavoro e...”

“Non ti preoccupare”.

Chissà se la sua voce suonava troppo ansimante.

O peggio, disperata.

“Speravo che stasera potessimo andare a cena fuori”.

“Stasera?”

Eva si appoggiò al muro in cerca di un sostegno.

“Se non hai altri piani... e se ti fa piacere”.

Ma certo che lo voglio!

“Uhm... sì.

Grazie.

A che ora?”

“Vengo a prenderti alle sei e mezza così dopo potremmo vedere un film”.

“Un film?

Al drive-in?”

“Sì.

Come ti suona?”

Perfetto.

Favoloso.

Fantastico.

Solo che... Cosa avrebbe detto la gente vedendola al drive-in con un tizio appena conosciuto?

Non che le importasse, non aveva una famiglia per cui mantenere una certa reputazione.

Nessuna madre, né fratelli, zii, zie o cugini.

Solo un’ombra di padre, per quanto ne sapeva.

Ma la sua reticenza non riguardava la posizione sociale.

Cosa sarebbe accaduto se la connessione con Richard non fosse andata oltre l’attrazione fisica?

Come avrebbe potuto troncare la serata facendosi riportare a casa senza urtare i suoi sentimenti?

Non avevano parlato molto, per cui non sapeva se fossero compatibili a un livello più profondo.

Ma nonostante tutto, ogni cellula del suo corpo gravitava attorno a lui, come se in qualche modo inesplicabile sapessero che erano sulla stessa lunghezza d’onda.

Doveva fidarsi del suo intuito?

Non importava cosa sentiva, solo la realtà conosceva la verità e Richard poteva essere la persona sbagliata.

In ogni caso, il sabato sera il drive-in era piuttosto affollato, se lui avesse tentato di andare troppo oltre avrebbe sempre potuto attirare l’attenzione di qualcuno, giusto?

“Eva?”

Qualcosa nel suo timbro di voce la diceva fidati di me.

“Sì... Ok, va bene.

Mi sembra una buona idea”.

Poco dopo, Eva si stava guardando nel grande specchio del bagno mentre applicava l’eyeliner nero, un po’ di mascara e un tocco di gloss sulle labbra, sorpresa della stabilità delle sue mani, dato che avrebbe incontrato Richard nel giro di pochi minuti.

Il campanello infine suonò e una marea di suspense le invase lo stomaco.

“Arrivo!”

Corse in camera da letto, afferrò il cappotto nero nel guardaroba e diede uno sguardo alla sveglia: le sei e venticinque.

“Affidabile e puntuale”, mormorò correndo lungo il corridoio.

Aprì la porta trovando Richard in piedi sotto il portico, con indosso una giacca di pelle nera, una camicia rossa, jeans neri e un sorriso bagna mutande.

“Sei pronta?”

Per l’appuntamento o per lui?

Eva spostò gli occhi pieni di desiderio da quel corpo da urlo verso il suo sguardo magnetico.

“Sì”.

Per entrambi.

Raggiunsero l’auto, e Richard aprì lo sportello per lei, un vero gentiluomo.

“Grazie”.

Si sedette sul freddo vinile e allacciò la cintura di sicurezza.

Aveva intenzione di fare il gentiluomo tutta la sera o aveva in mente di arrivare in seconda base?

Lei non ancora poteva credere che fossero già arrivati alla prima!

Il ricordo di quelle labbra fameliche sulle sue, la sua lingua tentatrice e le mani che le accarezzavano il fondoschiena invase la sua mente per la millesima volta.

Un piacevole calore le si diffuse fra le gambe e salì fino alle sue guance.

Si spostò sul sedile, alla ricerca di un punto freddo che l’aiutasse a spegnere il fuoco che ardeva nel suo nucleo centrale.

Eva non voleva che lui smettesse di baciarla la notte precedente e il suo corpo reagì con delusione quando lui lo fece.

Quindi forse gli avrebbe permesso di essere fortunato.

Ma non troppo... ancora.

Richard si voltò verso di lei dal lato del guidatore, con gli occhi verdi che brillavano nella luce fioca.

“Metterò la capote,

spero non ti dispiaccia,

ma fa un po’ troppo freddo per tenerla aperta”.

La vicinanza di lui fece schizzare il suo termostato interiore su cocente rendendole facile dimenticarsi del freddo che c’era all’esterno.

In effetti in quel momento una fresca brezza che le raffreddasse un po’ la temperatura corporea le avrebbe fatto comodo.

“Per non parlare il disastro che farebbe dei miei capelli”, scherzò, cercando di distrarre entrambi da quella fortissima tensione sessuale.

Lui ridacchiò.

“Esattamente.

Dunque, ho prenotato al Café Destino per cena.

È l’unico posto in città dove cuociono la bistecca come piace a me.

Per te va bene?”

“Di nessun tipo.

Adoro una buona bistecca”.

Qualcosa di rosso, raro e al sangue,

Quando arrivarono al ristorante, un cameriere li guidò verso un angolino intimo, accanto a una finestra che si affacciava sul mare color smeraldo.

Eva studiò il menù e quando sollevò gli occhi, lo sguardo di Richard era puntato su di lei.

“Scusa se continuo a fissarti, ma i tuoi occhi sono incredibili.

Quel blu-violetto è così straordinario, così insolito, così bello”.

“Oh... Ehm, grazie”.

Eva guardò in basso, con le guance che passavano da calde a bollenti.

Di nuovo.

“Quindi... Cosa ti piacerebbe assaggiare?” chiese lui, come se avesse sentito il suo bisogno di cambiare discorso.

Te.

Eva fissò così intensamente il menù che quasi poteva vedere del fumo spuntare fuori.

Ma le parole erano sfocate, a causa della sua mente invasa da immagini vietate ai minori di Richard e lei, nudi, impegnati in ogni tipo di posizione erotica.

Ma che diavolo...?

I suoi pensieri dovevano aver imboccato la strada dell’immoralità.

Per lei era normale fantasticare su un uomo, ma mai a livello ho-bisogno-di-un-bagno-freddo-che-mi-distragga-da-certe-sconcezze.

“Eva?”

Resistendo all’impulso di detergersi la fronte con il tovagliolo rispose:

“Oh, scusa.

Per un attimo mi sono persa nei miei pensieri”.

Pensieri osceni, per la verità.

“Qualcosa che desideri condividere?”

Le guance di lei andarono completamente a fuoco, come una fornace a pieno regime.

“No, non per il momento”.

Richard sorrise e lei avrebbe giurato che le leggesse nella mente.

“Che c’è di tanto speciale nelle bistecche qui?” chiese, tentando disperatamente di cambiare argomento.

“Beh, mi piace al sangue, al contrario della maggioranza che la preferisce ben cotta.

Gli chef qui riescono ad assecondare la mia richiesta.

Ho scoperto che in molti posti non lo fanno”.

“Non ci credo!

Sei la prima persona che incontro a cui piace la bistecca esattamente come piace a me. Normalmente la cucino a casa perché la maggior parte delle persone pensano sia insolito mangiarla al sangue”.

“So esattamente di cosa parli”.

Lo sguardo di lui indugiò nel suo mentre si leccava le labbra.

“Ok, ordiniamo.

Tutto questo parlare di carne al sangue mi ha fatto venire fame”.

Affamato in più di un senso, a quanto pareva.

Esattamente come me.

Richard attirò l’attenzione del cameriere e ordinò una bistecca al sangue con verdure al forno e un bicchiere di merlot per entrambi.

Il suo sguardo si fece indagatorio.

“Dimmi qualcosa in più su di te.

Hai una famiglia?”

“Sfortunatamente non c’è granché da dire”.

Sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, abbassò lo sguardo verso il tavolo.

“Il giorno del mio settimo compleanno ho ricevuto un baule con alcuni oggetti e una lettera da mio padre, ma questo è tutto.

Non ho idea di dove sia, o se sia ancora vivo.

Ho speso tutti i miei risparmi per ingaggiare quasi ogni investigatore privato della città per trovarlo... Ma niente”.

Si tappò la bocca con la mano.

Merda.

Non aveva mai raccontato a nessuno questa storia, ma con Richard, praticamente uno sconosciuto, le parole le erano fuoriuscite come un’emorragia.

“Ti senti bene?”

Lui si avvicinò, le prese la mano e con un movimento dolce la tolse dalle sue labbra.

Non riuscendo a parlare, lei annuì, pronta a esplodere in lacrime.

Con la punta del pollice lui accarezzava la sua pelle formando dei piccoli circoli.

“Neanch’io conosco mio padre.

Non l’ho mai incontrato, ma mi piacerebbe, sempre che sia ancora vivo.

Quindi ti capisco”, disse lui con voce avvolgente, arginando il flusso del suo intimo dolore.

Lei si avvicinò, con la curiosità che vinceva sul dolore.

“E tua madre?

Io non ho idea di chi sia la mia.

Mio padre mi lasciò in un orfanotrofio da piccola e sono cresciuta in collegio”.

“Sono cresciuto anch’io in un collegio”.

Un sorriso diabolico affiorò sulle labbra di lui.

“E fammi indovinare... Odi l’aglio, preferisci il freddo e il tramonto è il tuo momento preferito della giornata”.

Eva lo fissò con gli occhi pieni di sorpresa.

È una specie di indovino?

“Sì”.

Richard si sporse verso di lei, coi riflessi dorati nei suoi capelli castani che brillavano come tizzoni sotto la luce bassa del locale.

“Lo sai, se qualcuno ascoltasse la nostra conversazione penserebbe che siamo vampiri”.

Lei rise.

Con poche semplici parole l’aveva distolta dalla tristezza.

“Abbiamo veramente un sacco di cose strane in comune”.

“Non mi meraviglia che tu mi piaccia così tanto”.

Cosa?!

Il cuore di Eva perse un battito, poi un altro, e un altro, per poi tornare a battere furiosamente.

Il cameriere lasciò i due bicchieri di vino sul tavolo e si diresse verso la cucina.

Richard sollevò un calice con la mano libera e la guardò negli occhi.

“Alle molte piacevoli serate insieme che ci attendono”.

Una scossa di desiderio attraversò i nervi di lei facendole tremare la mano mentre sollevava il bicchiere per brindare.

“Salute”.

Eva mandò giù un bel sorso di vino.

“Basta parlare di me,

dimmi di te”.

Richard appoggiò il calice sul tavolo a distanza di sicurezza.

“Versione punti salienti... Ho studiato nel collegio di Launceston e ho lavorato duro per vincere una borsa di studio per l’Università di Melbourne e quindi ho preso un master in scienze con specializzazione in genetica”.

Sollevò il calice, fece decantare un po’ il vino e bevve un altro sorso.

“Non molto tempo dopo aver terminato gli studi, ho ricevuto una lettera dal fratello di mio padre, Bram, in cui mi chiedeva di incontrarlo a Hobart.

Fino a quel momento non sapevo di avere uno zio.

Pensavo di non avere una famiglia.

Ovviamente, ho accettato.

Ci siamo trovati così bene che mi ha invitato a stare da lui a Fern Tree.

All’inizio ho rifiutato, ma poi mi ha convinto che era la soluzione perfetta per entrambi”.

Una punta di invidia si insinuò nel cuore di lei.

“Siete davvero fortunati ad esservi trovati.

Anche se è un peccato che non si sia messo in contatto prima”.

“Penso non volesse darmi troppe speranze.

Non sapeva se sarebbe rimasto in Tasmania, qualcosa riguardo una relazione che era andata male.

Però sono felice che ora sia nella mia vita.

Meglio tardi che mai, come si suol dire”.

Eva fissò le loro mani ancora unite, col legno scuro del tavolo che contrastava con la sua pelle chiara.

“Vorrei avere anch’io qualcuno vicino.

Voglio dire, Greer è fantastica, ma...” Cos’è che la spingeva a confidarsi con Richard?

Era come se le avesse iniettato un siero della fiducia, liberando i suoi sentimenti prigionieri del suo cuore indurito.

Bevve un altro bel sorso di vino.

Lui accarezzò la sua guancia facendole sollevare lo sguardo fino ai suoi occhi.

Una verde irremovibile intensità.

“Hai me”.

Cosa?!

L’elettricità le bruciò la carne e le si bloccò il respiro.

Sembrava veramente serio.

Come poteva credere così tanto nella loro relazione così presto?

Come poteva farle una promessa così intima?

“Sei davvero gentile, ma non pensi sia un po’ presto?

Voglio dire, ci siamo appena incontrati”.

Richard si avvicinò e chiuse la mano di lei fra le sue.

“Eva,

sarò onesto.

Ho venticinque anni e ho avuto qualche ragazza,

ma non mi sono mai sentito così con loro.

mai.

E non riesco a immaginare di potermi sentire meglio di come sto con te”.

Forse era una strategia per arrivare in seconda base, o in terza, questo leggere la vulnerabilità di una donna per sfruttarla a suo vantaggio.

Le stava dicendo ciò che voleva sentirsi dire?

Le stava tendendo una trappola emotiva?

O era sincero e parlava dal profondo del cuore?

“A volte le cose sembrano magnifiche, ma poi si spengono”.

“Certamente.

Ma c’è qualcosa”, le disse portando una mano di lei sul cuore, “che mi dice che non è il nostro caso”.

La sua mano sentiva il cuore di lui batteva forte e solido.

Noi?

Tutto ciò che aveva detto sembrava sincero e il suo sguardo che non aveva mai abbandonato i suoi occhi sembrava volerlo confermare.

In ogni caso, avrebbe dovuto essere un bugiardo di prim’ordine, un seduttore spezza cuori.

Non importava quanto lei volesse credergli, quanto le parole di lui facessero vibrare le sue emozioni, quanto lei fosse attratta da lui, era necessario che mantenesse la mente lucida.

Doveva rallentare le cose per assicurarsi di conoscerlo, prima di fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.

Il cameriere portò le loro pietanze e Richard lasciò andare la sua mano, interrompendo quel flusso di energia che si scatenava tra loro creando dipendenza.

Shock.

Senso di abbandono.

I classici segnali c’erano tutti.

Frustrazione, pensieri ossessivi, bisogno fisico... E tutto perché era lì seduto davanti a lei come un raro pezzo di carne fuori della sua portata.

Rallentare le cose sarebbe stato molto difficile.

Non appena il cameriere si allontanò dirigendosi verso un altro tavolo, Richard la scosse dalle sue riflessioni dicendo: “Ti piacerà moltissimo”.

Eva tagliò la bistecca che sanguinò sul piatto.

Perfetto.

Tenera, rossa, succosa, così come lui le aveva promesso.

Assaporò il crudo sapore metallico nella sua bocca.

“Mmm... Hai ragione.

È squisita”.

Richard finì il vino e la guardò fisso negli occhi.

“Tu sei squisita”.

Le guance di lei passarono dal rosa al rosso fuoco.

“Grazie.

Sei molto gentile”.

Segnali contrastanti?

Non ce n’erano.

Non stava cercando di nascondere l’attrazione nei suoi confronti.

Un buon inizio, davvero un buon inizio, ma lui doveva trovare desiderabili anche la sua mente e il suo carattere, bagaglio, difetti e insicurezze inclusi.

“Sto solo dicendo la verità”.

Lei scrutò nei suoi occhi alla ricerca di uno scorcio della sua anima, della sua essenza.

“Davvero?

Come faccio a esserne sicura?”

“Non puoi. Devi solo fidarti di me.

Perché una relazione funzioni è necessario che ci sia fiducia, non trovi?”

Senza dubbio.

Doveva fidarsi fino a che non avesse tradito le sue aspettative.

“Sì”.

Lui sorrise strofinandosi le mani.

“Ok, ora che ci siamo chiariti, finiamo le nostre bistecche così da poter passare al dessert”.

Finirono il loro pasto in un silenzio carico di tensione dovuta all’attrazione, con occasionali sguardi infuocati tra un boccone e l’altro.

Le tornò in mente il bacio incandescente della sera precedente e i suoi sensi si riaccesero.

Presto sarebbero rimasti soli nella macchina di lui al drive-in, lontani dai curiosi occhi indiscreti della polizia, e il solo pensiero delle intime attività in cui avrebbero potuto indulgere le accelerò il battito.

Una volta che il cameriere ebbe rimosso i loro piatti, Richard la guardò negli occhi.

“Ora, riguardo al dessert...”

Eva si batté sullo stomaco.

“Ho mangiato più che abbastanza,

forse giusto un caffè”.

“Ma dai,

prendiamone almeno uno in due.

Non mi abbandonare”.

Abbandonare?

Chi ha detto che lo voglio abbandonare?

I brividi attraversarono il retro del suo collo.

Aveva davvero un talento naturale per identificare e sfruttare un punto debole.

Eva gettò uno sguardo verso la vetrina dei dolci sopra la spalla di lui.

“La meringa al limone sembra deliziosa”.

“Presa.

Adoro la meringa al limone”.

“Davvero?”

Fece il segno di croce sul cuore sul suo petto vigoroso.

“Lo giuro”.

“Cos’altro ti piace?”

chiese Eva.

Lo sguardo che le lanciò non era semplicemente infuocato,

qualcosa di più profondo brillava nei suoi occhi, una sorta di adorazione, e per un momento lei desiderò che lui rispondesse tu.

“Mmm... A parte la compagnia eccellente e il buon cibo, l’osservare e l’interpretare il comportamento degli altri e le sue cause...”

Questa non è una sorpresa.

“La genetica, risolvere i rompicapo, la poesia, leggere romanzi e andare all’opera”.

“Wow.

Abbiamo veramente moltissime cose in comune.

Anche se io non sono troppo ferrata in genetica e nel risolvere criptici rompicapi”.

“Scommetto che sei più brava di quanto pensi”, disse.

Lei sollevò le sopracciglia in un’espressione ‘io non dubiterei’.

Lui ridacchiò e la sua voce sensuale scorse nelle sue vene come stuzzicante champagne pieno di bollicine.

“Ok, non ti metterò alla prova... Non ancora.

Continuerò con qualcosa di rassicurante, qualcosa nella tua comfort zone”.

Lei sollevò gli occhi al cielo, una risposta che nemmeno anni di cinghia in collegio erano riusciti a estirpare da lei.

“Sei così premuroso”.

“Lo sono, vero?”

ghignò lui.

“Dimmi, qual è il tuo libro preferito?”

“Di sempre?

Questa è difficile”.

Nel frattempo lei scorreva nella sua mente il catalogo dei libri che aveva letto.

“Attualmente sto attraversando una fase in cui mi piacciono i classici... Se dovessi sceglierne uno direi Nord e Sud, di Elizabeth Gaskell”.

“Oh, ottima scelta”.

“L’hai letto?”

Quest’uomo era una sorpresa continua.

Le labbra di lui si curvarono in un sorriso orgoglioso.

“Certo che l’ho letto.

Non mi dispiace leggere i classici,

mi aiutano con la poesia”.

Intelligente, bello, gentile e creativo.

Richard incarnava il suo Cupido in terra.

“Scrivi poesie?

Mi piacerebbe leggerne qualcuna”.

Una sottotraccia sensuale lampeggiò nei suoi occhi.

“Potrei anche ispirarmi a te”.

La Cattura

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