Читать книгу Una Moglie Per Collin - Shanae S. Johnson - Страница 5

CAPITOLO DUE

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Collin infilò la mano in tasca per tirare fuori l’anello, ma, invece della scatola di velluto lasciatagli dalla madre, le sue dita trovarono qualcosa di duro e freddo. Lo strumento per calmare i cavalli gli pizzicò l’indice mentre lo afferrava e lo tirava fuori dalla tasca per posarlo sul tavolo. Lo aveva usato prima di venire da Bennett, per curare uno dei pregiati stalloni del cugino Darcy.

Il purosangue aveva avuto bisogno di una radiografia e di iniezioni alle giunture. Collin aveva preferito non sedarlo con le droghe, per evitare che fosse estromesso dalla prossima gara, così aveva usato un dispositivo che, a prima vista, sembrava uno strumento di tortura, ma che, usato correttamente, rilasciava gradualmente endorfine che tranquillizzavano il cavallo. In questo modo, era riuscito a medicarlo in tempo record e senza causargli alcun danno.

Chissà se poteva utilizzarlo anche lì, al Bennett Ranch. Aveva notato i che il loro cavallo da corsa, Lefroy, zoppicava in modo sospetto e la cosa non gli era piaciuta. Gli avrebbe dato un'occhiata.

Ma non adesso. Era lì con per uno scopo preciso ed era meglio occuparsene per primo. Aveva imparato che le donne non gradivano essere considerate meno importanti dei cavalli.

Infilò di nuovo la mano in tasca ed estrasse la scatola di velluto che conteneva l'anello di fidanzamento del set di Chanel che la madre gli aveva lasciato. Quando era lei ad indossarlo, Collin aveva sempre ammirato la disposizione dei diamanti sulla banda laterale. In particolar modo quello grande al centro scintillava ogni volta che sua madre era fuori, alla luce del sole, il che non succedeva spesso.

Eliza Bennett trascorreva le giornate all’aperto, con la pioggia o con il sole. Un vantaggio per la loro unione, perchè, quando fosse diventata sua moglie, avrebbe visto di nuovo l’anello scintillare.

"Elizabeth..." iniziò. Odiava il diminutivo Eliza. Non aveva mai capito la necessità di troncare o cambiare il proprio nome "Vorrei che tu diventassi mia moglie".

La scatola si aprì con uno scatto. I diamanti brillarono sotto la luce dei lampadari. Collin notò che nella stanza era caduto il silenzio. Avrebbe dovuto usare quell'espediente durante le future riunioni di famiglia troppo chiassose, pensò. Sarebbe stato sufficiente tirare fuori la scatola di una gioielleria e tutti avrebbero smesso di parlare.

Tuttavia, anche Elizabeth aveva taciuto. Non aveva ancora risposto sì. Forse era il caso di aggiungere qualcos'altro? O doveva aspettare?

Meglio aspettare.

Ogni volta che incontrava Elizabeth in compagnia della famiglia o degli amici, lei era sempre molto ciarliera. Aveva sempre qualcosa da dire e il più delle volte lo faceva a voce alta.

In effetti, questo era l'unico difetto della donna che aveva scelto come moglie: avere alle spalle una famiglia terribilmente rumorosa e frenetica. Tutta quell’attività logorava i nervi di Collin. Quando erano soli, invece, lei sembrava più calma e Collin la apprezzava molto di più.

"Non puoi dire sul serio" rispose infine Elizabeth quasi urlando.

Il suo tono di voce lo fece sobbalzare. Persino Lefroy, all'esterno, nitrì e si spostò qualche metro più in là, drizzando le orecchie per individuare la provenienza del suono. Come tutti gli animali, anche i cavalli avevano un udito molto sensibile.

Le orecchie doloranti, Collin si guardò intorno: mr. Bennett aveva la stessa espressione di poco prima, quando stava leggendo il giornale, ma i suoi occhi scuri vagavano da Collin alla figlia e dalla figlia a Collin, come se stesse leggendo la trama della storia che si stava svolgendo nella sua sala da pranzo. Non c'era l'ombra di un sorriso sul suo volto, nè di un cipiglio. Praticamente imperscrutabile.

Il che non fu per Collin di nessun aiuto. Aveva imparato a decifrare le espressioni facciali fin da adolescente, e non per scelta. La madre e la zia avevano fatto di tutto perchè diventasse un ragazzo più socievole, tessendo trame che non avevano funzionato. Ma in compenso aveva imparato qualcosa di molto utile: c'erano ben diciannove diversi tipi di sorrisi che potevano essere classificati, quantificati e identificati.

Lydia e Jane stringevano entrambe le labbra in quello che poteva sembrare un sorriso. Ma gli angoli delle loro bocche non erano sollevati, e il sorriso non raggiungeva gli occhi.

Il sorriso di Jane esprimeva imbarazzo, a giudicare dalle guance arrossate e dal modo in cui la testa era leggermente inclinata verso il basso e verso sinistra. Anche Lydia teneva la testa china, ma la bocca era chiusa e le guance erano gonfie, come se si sforzasse di trattenere una risata.

Incapace di muoversi o di dire qualcosa, Collin attese, torreggiando su ogni persona seduta al tavolo della sala da pranzo di casa Bennett. Era percorso da una miriade di brividi di freddo e i muscoli del suo stomaco si erano contratti, pronti a ricevere il colpo.

Ma non successe nulla. Nessuno rise di lui. Nessun dito lo indicò. Nessuno lo schernì per la sua diversità e inadeguatezza.

Infine, il suo sguardo cadde su Charlotte Lee, che aveva preso posto al suo fianco qualche minuto prima senza dire una parola. Aveva immaginato che sarebbe stata Elizabeth a sedersi accanto a lui, ma era stato un sollievo vedere Charlotte occupare quella sedia. Era sempre stata una ragazza tranquilla come un topolino, una caratteristica che aveva conservato anche adesso che era adulta.

Lei lo fissò, le labbra serrate, le sopracciglia inarcate. Non rideva di lui, piuttosto sembrava preoccupata. E anche un po' a disagio, come se fosse appena stato commesso un passo falso.

Ma dove aveva sbagliato? si chiese Collin. Aveva seguito il copione alla lettera: era uscito due volte con Elizabeth per mostrarle di essere interessato a lei e, sapendo che al terzo appuntamento ci si aspettava un impegno, si era presentato con un anello.

Cosa aveva dimenticato?

Guardò di nuovo Charlotte. Era sempre stato in grado di decifrare le sue espressioni, perchè, a differenza delle altre ragazze, non sapeva nascondere quello che provava.

Questa volta, lei gli sorrise. Un sorriso luminoso, che arrivava agli occhi, ma che non era nè di felicità nè di congratulazioni, perchè durò solo un attimo, come se fosse pesante da trattenere.

Fu allora che Collin si rese conto del proprio errore.

Girò intorno al tavolo, si avvicinò ad Elizabeth e si inginocchiò.

"Perdonami" disse "Adesso ricomincio daccapo".

"No!" esclamò lei, sollevando le mani come per allontanarlo "Non intendo sposarti".

"Ho dimenticato qualche altra regola sociale?" chiese lui, voltandosi a guardare Charlotte.

Lei si stava fissando le mani, mentre tutti i Bennetts fissavano lui, ogni sorriso di circostanza svanito dai loro volti.

"Cosa ti fa pensare che ti sposerei?" stava dicendo Elizabeth.

Collin riportò l'attenzione sulla futura sposa. Aveva bisogno della sua collaborazione per raggiungere il proprio obiettivo.

"Ho notato dei chiari segnali".

"Davvero? E quali?"

Durante il periodo dell'accoppiamento, le cavalle facevano in modo che gli stalloni sapessero che erano pronte per la monta lanciando segnali evidenti, come roteare la coda e urinare.

Elizabeth si toccava sempre i capelli mentre chiacchierava con la gente, ma Collin non accennò alla cosa. Aveva imparato che le donne non apprezzavano di essere paragonate ai cavalli. Esattamente come non amavano essere messe al secondo posto.

Posò sul ginocchio la mano che conteneva la scatola con l'anello.

"Ti ho sentito dire che è opinione comune che un uomo con un buon lavoro ha bisogno di una relazione seria".

"Quando avrei detto una cosa del genere?"

"Quando stavi iscrivendo Lefroy alle gare di Pemberley al ranch di mio cugino Darcy".

"Oh" Elizabeth aggrottò la fronte "Parlavo di Darcy e di tutte quelle innamorate che gli ronzano intorno".

A differenza dei sorrisi, Collin aveva sempre avuto problemi con il sarcasmo. Sfortunatamente, non c'era modo di comprendere il livello di ironia, a meno che uno non sorridesse subito dopo. Elizabeth aveva sorriso?

Ma quello non era stato l'unico segnale.

"Durante i nostri appuntamenti, andavi spesso al bagno".

Elizabeth spalancò gli occhi, confusa.

"Le giumente urinano per annunciare che sono pronte a riprodursi" spiegò lui.

"Andavo al bagno per allontanarmi per un po' da te" replicò lei, tirandosi indietro.

Jane sussultò ed esalò un brusco respiro.

Lydia fece una smorfia e batté rumorosamente i palmi delle mani

Collin si voltò a guardare Charlotte, l'unica a sembrare addolorata per come stavano andando le cose. La vide girarsi verso la porta come se volesse disperatamente trovarsi fuori da quella stanza.

Probabilmente, non avrebbe dovuto esternare quel paragone tra Elizabeth e una cavalla in calore. Per fortuna, non si era avventurato nella descrizione dei movimenti della coda con cui le giumente attiravano gli stalloni.

Non che Elizabeth lo avesse fatto.

In ogni caso, non erano solo queste le ragioni che lo avevano spinto a chiedere la sua mano.

"Abitiamo vicini, quindi non dovresti neanche trasferirti troppo lontano".

"Vivo anche accanto a Darcy. Ha forse chiesto la mia mano?"

"Tu e mio cugino non siete fatti l'uno per l'altra. Noi due, invece, andiamo abbastanza d'accordo". Collin pensò ai silenzi che avevano riempito i loro appuntamenti. Lei non aveva mai insistito per conversare a tutti i costi. In effetti, Collin non riusciva a ricordare alcuna conversazione tra loro.

"Andare d'accordo? Pensi che l'amore sia tutto qui?"

"Cosa c'entra l'amore in questa equazione? Ho scelto te perchè non invaderemo l'uno la vita dell'altro. Potremmo continuare esattamente come adesso. Un'alleanza tra noi farebbe comodo a tutti".

"Un'alleanza? Parli del matrimonio come se si trattasse di un affare economico".

Non era forse così? Il matrimonio dei genitori aveva consolidato i possedimenti terrieri di Rosings Ranch. Adesso Collin aveva bisogno dell'eredità che la madre gli aveva lasciato per trasformare il ranch in un paradiso per cavalli da corsa in pensione. Il problema era che non avrebbe avuto accesso al denaro finchè non avesse messo quell'anello al dito di una donna.

"Da un punto di vista tecnico e storico, il matrimonio è esattamente questo" disse "Un contratto, un'alleanza tra famiglie. Il concetto di sposarsi per amore è più moderno e le sue probabilità di successo sono molto basse, a differenza di quanto succede per i matrimoni basati su questioni economiche".

Il coro di sospiri che seguì la sua dichiarazione fu un chiaro segnale che aveva sbagliato di nuovo. Ogni Bennett presente lo guardava accigliato: Elizabeth teneva le mani serrate a pugno, Jane scuoteva lentamente la testa per esprimere la totale disapprovazione e Lydia aveva arricciato il naso come se avesse sentito un cattivo odore.

Per una volta, anche l'espressione di Charlotte era impenetrabile persino per lui.

"Basta così, figliolo" disse mr. Bennett in tono pacato ma inequivocabile "Penso sia il momento che tu te ne vada".

Collin si alzò in piedi, infilò la scatoletta in tasca e riprese il dispositivo dal tavolo. Nonostante non avesse idea di quale errore avesse commesso, fece come gli era stato detto e si diresse verso la porta.

La zia non sarebbe stata affatto contenta del suo fallimento.

Una Moglie Per Collin

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