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Blanche

Emily Crowford è morta. Rimani concentrata, Blanche Deluxe. era ciò che mi ripetevo ogni mattino al risveglio e, mentre guardavo le pareti scrostate e sentivo l’odore di muffa del mio piccolo appartamento in affitto sul lago di Las Vegas, mi pervadeva una grande sensazione di tristezza. Per una donna abituata a vivere in una villa con otto camere da letto nel ricco distretto di Raleigh, nella Carolina del Nord, era tutt’altro che facile tenere alto lo spirito e rimanere ottimista, dato che ora si ritrovava a vivere in un quartiere abitato per lo più da alcolisti, prostitute e spacciatori. Mi ci volevano due ore per arrivare sulla Strip, la strada principale di Las Vegas, che si trovava dall’altra parte della città. Lì facevamo otto ore di prove senza un minuto di pausa per uno spettacolo che sarebbe durato solo un’ora e mezza, dopo di che, dovevo affrontare lo stesso viaggio per tornare a casa, ma con l’aggiunta delle complicazioni dovute all’ora tarda di una città che non dorme mai e i pericoli che si trovavano dietro qualsiasi angolo a quell’ora di notte.

Però non potevo lamentarmi. Poteva andarmi peggio. Per lo meno, avevo cibo in tavola e un tetto sopra la testa, sebbene questo fosse brutto, stretto e stantio. In più avevo un lavoro che mi permetteva di andare avanti.

Mi ricordavo ancora quando arrivai a Las Vegas, poco più di un anno addietro. Dopo la morte di mia madre e la lettura del testamento, persi tutto: la famiglia, il posto da Prima ballerina nel corpo di ballo della città, i soldi, lo stato sociale e il fidanzato. Quella era la parola che usavo per riferirmi a Jacob Mills, il ragazzo il cui nome non meritava di essere pronunciato. Lo stronzo che aveva rubato il mio cuore e poi se n’era andato al primo segno di difficoltà. L’unica cosa che mi era rimasta era la casa, la quale, però, era stata ipotecata per anni, per cui dovetti venderla per poter pagare tutti i debiti, le tasse e le imposte. Con soli duemila dollari in banca e vista come una reietta sociale da tutti coloro che conoscevo da una vita, feci una lista degli stati americani e, attraverso un’applicazione del cellulare, ne scelsi uno casualmente: quello sarebbe stato la mia destinazione. I numeri ruotarono e uscì il Nevada. In meno di ventiquattr’ore mi trovai a viaggiare su un aereo diretto a Las Vegas in economy class, con una valigia firmata, che vendetti quando atterrai, e la pagina per un’audizione in uno dei casinò della città ripiegata nella tasca del giubbotto.

La fregatura più grande di sempre!

Quando arrivai, mi imbattei in ciò che ritenevo la parte peggiore di Las Vegas: gli strip club.

Donne che ballavano nude o semi nude su palchi che erano persino peggiori del mio appartamento, ruotando i propri corpi attorno a un palo e lasciandosi mettere le banconote nelle mutandine. Di ciò che guadagnavano dovevano lasciare il 65% al loro protettore, nonché proprietario del club.

Ammetto che fu un periodo difficile. Lavoravo come cameriera ai tavoli nel ristorante peggiore del mondo, nel lato disgustoso della Strip. Ore e ore in piedi a servire ogni tipo di individui, ad ascoltare le peggiori frasi da rimorchio, a sentirmi dare pacche sul sedere e a venire trattata in modo scortese dai clienti per $1,50 l’ora. Quella storia si ripeteva in ogni bar e in ogni club in cui andavo: potevo essere una ballerina in topless o una cameriera. Tutto ciò che dovevo fare era scegliere tra le due. I soldi stavano terminando, il proprietario del mio appartamento ricoperto di pulci minacciava di buttarmi fuori e non consumavo un pasto decente da cinque giorni; ma, a un tratto, la fortuna cominciò a girare. Riuscii a ottenere delle audizioni per spettacoli migliori. Fu in questo periodo che conobbi Kitty Monroe, una vera showgirl. Con un fisico a clessidra e un viso dietro cui morire, Kitty era sexy proprio come suggeriva il suo nome, faceva eccitare gli uomini e provocava invidia nelle donne. La incontrai per la prima volta in un sudicio casinò nella quale era coreografa e assumeva ragazze per il suo nuovo spettacolo. Mi squadrò dall’alto in basso, le sue labbra, dipinte di un rosso acceso, si storsero in una smorfia di disgusto.

“Mia cara”, disse, “questo aspetto di etereo cigno del lago potrebbe andare bene dalle tue parti, ma qui a Las Vegas per essere una showgirl di successo, devi avere gambe lunghe e ben definite, un sedere rotondo che fa venire la bava alla bocca agli uomini e, cosa più importante, saper muovere i fianchi”.

Non superai l’audizione. La mia statura di poco più di un metro e mezzo, il mio corpo snello e tonico, i miei capelli biondissimi e la mia espressione classica non erano compatibili con la sensualità che Kitty stava cercando. Tuttavia, dopo avermi visto piangere a dirotto come se avessi appena perso la mia migliore amica, accettò di aiutarmi e di trasformarmi in una perfetta showgirl.

Dato che, ovviamente, non potevo allungare i miei arti per passare da un’altezza di un metro e sessanta a una di un metro e settantacinque, Kitty mi sottopose a un programma di allenamento adatto a un soldato che si preparava per la guerra. Le calorie della mia dieta raddoppiarono. L’obiettivo degli esercizi non era più mantenere la muscolatura tonica e sviluppare la resistenza, ma puntare a irrobustire le gambe e il sedere così che, per la prima volta in vita mia, ottenni un corpo talmente formoso che Jessica Rabbit sarebbe morta d’invidia. Kitty mi insegnò come fare movimenti precisi e slanci delle gambe perfetti, movimenti delle anche sensuali e ciò che chiamavo “gonfiare il petto per attirare l’attenzione sulle mie doti”…che non sapevo nemmeno di avere.

Dopo qualche mese mi ero trasformata nella donna perfetta: oltre al mio corpo formoso, avevo anche acquisito un aspetto più sexy e sofisticato grazie alle lezioni di trucco, ai vestiti attillati e ai lunghi capelli rossi, che avevano preso il posto della mia chioma bionda.

Quando Kitty ritenne che fossi pronta a debuttare, con le lacrime agli occhi mi diede un piccolo ruolo in uno spettacolo e mi disse che avevo superato con successo il suo corso di formazione per showgirl, di cui ero la sua unica studentessa, e, per questo, mi ero guadagnata un nuovo nome e una nuova opportunità.

Quello fu il giorno in cui seppellii Emily Crowford e divenni Blanche Deluxe, la rossa sexy.

Su di un foglietto, nella sua bellissima calligrafia, Kitty aveva scritto:

Bluebells Theater

Casinò Luxury — Strip, Las Vegas, 8455

Chiedi di Elijah

Martedì ore 16:00

Il Bluebells era uno dei maggiori teatri di Las Vegas, ogni spettacolo era richiesto da turisti provenienti da tutto il mondo. Si trovava all’interno del bellissimo Luxury, un hotel a cinque stelle con casinò situato nel cuore pulsante della Strip. Il posto vacante era per una showgirl di livello tre, i.e. una specie di ballerina extra, ma, anche se non avrei avuto la possibilità di mostrare la mia tecnica e tutto il mio talento in un ruolo di spicco, il Bluebells mi avrebbe pagato molto di più del lavoro che avevo in quel momento.

Quando arrivai al casinò con trenta minuti di anticipo, mi trovai di fronte alla fila più lunga che avessi mai visto. Centinaia, persino migliaia di donne, di tutte le forme e dimensioni, formavano una fila che circondava l’intero casinò. Tra le ragazze vi era una grande varietà: bionde, rosse, castane e more; ma avevano anche delle cose in comune: una sensualità pretenziosa, top molto scollati, un’antipatia innata e, infine, l’altezza. Sembravano dei giganti rispetto alla mia piccola statura, dandomi l’impressione che se una di loro avesse voluto darmi uno spintone per buttarmi fuori di lì, nessuno se ne sarebbe accorto.

Feci un respiro profondo e mi posizionai al termine del serpentone, mentre mi arrotolavo nervosamente una ciocca di capelli attorno a un dito, cercando di concentrarmi nonostante tutto quel chiacchiericcio. Per me era la parte più difficile: essere in grado di tenere lontano tutto ciò che mi circondava per focalizzarmi sulla mia performance e dare un’ottima impressione. Ero sempre stata la stella dello spettacolo e quando chiedevo silenzio tutti si zittivano immediatamente. I miei occhi si riempirono di lacrime mentre ripensavo al mio camerino personale. Bei vecchi tempi che non sarebbero mai più tornati.

Inspirai ed espirai lentamente, cercando di trovare il mio equilibrio interiore. Se c’era una cosa che avevo imparato dai duri colpi che la vita mi aveva inferto, era che ero capace di affrontare qualsiasi cosa. La vita era tosta, ma io lo ero di più.

Cominciai a scaldarmi, percependo addosso lo sguardo sprezzante di alcune ragazze. A un tratto, un leggero trambusto catturò la mia attenzione. Una specie di entourage stava camminando lungo la fila: due donne vestite in maniera elegante con un’espressione di indifferenza sul volto e un uomo completamente calvo con indosso una camicia a stampa floreale che, invece, sorrideva alle candidate. Con loro c’era un ragazzo sui diciotto anni che, come accadeva all’entrata delle zone VIP, metteva dei braccialetti al polso di alcune ragazze, scelte dall’uomo più bello che avessi mai visto.

Indossava un completo grigio, il quale ero certa fosse stato realizzato su misura, una cravatta rosso vino di pura seta e scarpe italiane di pelle. I suoi capelli neri erano tagliati in maniera molto curata e la barba, che nascondeva l’accentuato profilo del mento, gli donava un aspetto malizioso. I suoi occhi osservavano ogni ragazza dalla testa ai piedi molto rapidamente, lo sguardo esperto di uno abituato a vedere le donne più belle cadere ai suoi piedi. Ad ogni passo, indicava una ragazza, poi un’altra, di modo che il ragazzino mettesse loro il braccialetto. Era un uomo sexy, seducente e abile.

Se fossi stata il tipo di ragazza che faceva scommesse, cosa che non ero, avrei puntato i dieci dollari che avevo in borsa e le mie scarpette di danza preferite, che non potevo buttare semplicemente per ragioni sentimentali, sul fatto che quell’uomo fosse un seduttore. Il genere più pericoloso che si potesse incontrare a Las Vegas.

Prendete nota: se vi imbattete in un seduttore, fuggite. Non hanno paura di niente e non esiterebbero un attimo nel prendere ciò che desiderano. Non si arrendono facilmente e una sfida per loro è come una bandiera rossa per un toro. Quando vincono il jackpot, Ding! Ding! Ding! Passano alla sfida successiva, senza curarsi di ciò che si lasciano alle spalle, sia che si tratti di una donna sia che tratti delle monete di una slot machine.

Avrei dovuto ascoltare i miei consigli e tenere gli occhi lontano da Mister Sexy, ma la sua sensualità era così naturale e potente che non riuscivo a concentrarmi in nient’altro che non fosse lui.

Le donne attorno a me facevano le oche, gemendo, stridendo e fingendo risolini, e l’unica cosa che io riuscii a distinguere in tutto quel baccano fu il suo nome: Tyler.

Il gruppetto si stava avvicinando sempre di più a me, fino a che, infine, lui, con lo sguardo più espressivo che avessi mai visto, posò gli occhi su di me.

Oh. Santo. Cielo.

Fece scorrere la lingua lungo le sue labbra perfette, le quali sembravano soffici come una pesca matura, e mi osservò attentamente dalla testa ai piedi, risvegliando tutti i miei sensi all’unisono e facendomi sentire a disagio come mai in vita mia. I suoi occhi studiarono le mie gambe, le curve dei miei fianchi, la mia vita stretta risaltata dal vestito attillato, i miei seni enfatizzati dal reggiseno push-up regalatomi da Kitty, le mie labbra leggermente aperte e, infine, i miei occhi. Quando i nostri sguardi si incontrarono fu come se un incendio fosse stato appiccato dentro di me, bruciando di lussuria, desiderio e qualcos’altro che non riuscivo a spiegare a parole.

“E lei”, disse, facendo cenno con il mento nella mia direzione e senza togliermi gli occhi di dosso. Il ragazzo più giovane si piegò verso di me, ma venne fermato da una delle due donne che facevano parte dell’entourage.

“Ty, ma hai visto la sua statura? Praticamente è una nanerottola”, disse, storcendo il naso. Indietreggiai, come se fossi stata colpita fisicamente.

Senza distogliere lo sguardo, l’uomo, di nome Tyler, rispose alla donna con un tono che mi fece tremare e ringraziare il cielo che le sue parole non fossero dirette a me:

“Annie, sono io che scelgo le candidate. Poi, Elijah. E lei non è nanerottola. È mignon. Il tipo di donna che calza a pennello tra le braccia di un uomo”. Sorrise e io sentii le guancie arrossire.

Seduttore!! Mi balenò in mente all’improvviso. Cercai di ricompormi e di evitare di farmi influenzare dalle sue parole seducenti.

La donna si fece da parte e il ragazzetto mi mise finalmente il braccialetto al polso. L’uomo calvo batté le mani e disse:

“Tutte coloro che hanno ricevuto i braccialetti possono entrare in maniera ordinata nella stanza rossa. Le altre sono libere di andare. Grazie!”.

Gioco D'Amore

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