Читать книгу Natale per Sempre - Sophie Love, Софи Лав - Страница 8

CAPITOLO TRE

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Il giorno dopo, lasciata Chantelle a scuola, Daniel accompagnò Emily a casa di Harry e Amy prima di andare al lavoro. Quando Emily suonò il campanello, Amy rispose, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“Pronta?” chiese Emily.

Il sorriso di Amy non fece che allargarsi. “Ci puoi scommettere!”

Oggi Amy aveva una giornatona di shopping, con appuntamenti prenotati a potenziali sedi per il matrimonio e con molti agenti immobiliari per vedere delle case. E dato che Harry lavorava al ristorante tutto il giorno, Emily era passata a offrire supporto e parole sagge. Era, ovviamente, elettrizzata all’idea di aiutarla.

Montarono nella Chrysler bianca di Amy e partirono.

“Dov’è il primo appuntamento?” chiese Emily dal sedile del passeggero.

“Eastern Road,” disse Amy guardando oltre il volante se c’era traffico. Non vedendo auto, svoltò nella strada principale.

“Ooh,” disse Emily. “È una bella zona della città. Dall’altra parte del porto rispetto a casa mia, ma comunque vicina.”

“Soprattutto rispetto a New York,” scherzò Amy. “C’è una brochure nel portaoggetti. Da’ un’occhiata.”

Emily infilò una mano e, trovata la cartellina patinata, la aprì. Sfogliò i fogli di carta che c’erano dentro. Tra le informazioni legali e i dettagli della proprietà – tre camere, notò Emily con un sorriso avveduto – trovò una selezione di fotografie. La casa sembrava meravigliosa. Se Harry e Amy stavano davvero progettando di metter su presto famiglia, quello sarebbe stato il posto adatto dove farlo! Sorrise tra sé, ma poi vide il prezzo tanto alto da far piangere e quasi soffocò.

“Quella ha uno studio esterno,” la informò Amy continuando a guidare. “Al momento lo usano come studio d’arte, ma io lo trasformerei in un ufficio. Se dovrò lavorare a casa full time mi piacerebbe avere uno spazio separato, sai.”

“Certo,” disse Emily pensando ai contro del vivere e lavorare nello stesso luogo che si vedeva ogni giorno. “Questo spazio sarebbe perfetto.”

Superarono il porto. Era una giornata tranquilla, perciò Stuart, Evan e Clyde erano andati all’isola per la ristrutturazione. Emily sentiva di essere fortunata che il tempo fosse così mite. Sembrava proprio che si fossero organizzati per terminare i lavori in tempo per le prenotazioni di aprile. Era una cosa in meno di cui preoccuparsi!

“Avete pensato più alla luna di miele prenatale?” chiese Amy.

“Non proprio,” le disse Emily.

“Dovreste andare,” insistette Amy. “Avete quasi finito il tempo!” Fece un cenno con la testa in direzione del pancione di Emily, che cresceva a vista d’occhio. Poi aggiunse, “Ci sono degli adorabili hotel che offrono fantastici pacchetti per queste cose.”

Emily strizzò gli occhi con sospetto. “Hai fatto delle ricerche?”

Amy sorrise con malizia. “Solo un pochino. Guarda nella tasca dietro al tuo sedile.”

Alzando allegramente gli occhi al cielo, Emily si sporse all’indietro e trovò un pacco di riviste patinate. Le sollevò. “Un pochino?” scherzò.

“Okay, magari parecchio,” confessò Amy. “Voglio davvero che tu ti prenda una pausa! La mia preferita è quella in cima. La spa a Québec City.”

Emily guardò la prima scelta di Amy. Localizzata nella vecchia zona di Québec City, sembrava più un castello che un hotel.

“È proprio nel centro della città vecchia,” disse Amy. “Perciò c’è moltissima cultura e roba del genere. Le mura. Una cittadella. Musei a profusione.”

“Sei sicura di non volerci andare tu?” scherzò Emily sollevando un sopracciglio.

Amy rise. “Certo che ci voglio andare. Quand’è il mio turno, ovviamente. Ma adesso sono concentrata sul matrimonio e sulla casa. Quando sarà la mia ora per la luna di miele prenatale, andrò lì, te lo prometto.” Si sporse e fece tamburellare il dito sulla rivista.

Emily abbassò di nuovo lo sguardo sullo sconvolgente castello. Magari non era una cattiva idea. Il pacchetto includeva uno speciale massaggio per la futura mamma e un massaggio antistress per il futuro padre. In più tutti i prodotti erano naturali, senza pericolosi agenti chimici, e tutto il cibo era biologico. Sembrava proprio idilliaco. La dottoressa Arkwright avrebbe sicuramente approvato che Emily riducesse lo stress. Meglio tardi che mai!

“Daniel probabilmente se ne verrà fuori con una ragione molto logica e pratica sul perché non dovremmo andare,” disse Emily. Enumerò sulle dita. “Chantelle. L’isola. Il parto imminente. Per dirne solo alcune.” Però si fece scivolare la rivista nella borsa comunque per mostrargliela dopo. Magari sarebbe riuscita a convincerlo.

Si immisero nel vialetto della prima casa. Emily la adorò immediatamente. Il prato esterno era ampio con una siepe per della privacy extra, e c’era spazio a sufficienza perché almeno due auto si parcheggiassero fuori. La casa era ancor più carina dal vero. C’era un bel portico sul davanti, non grande quanto quello distribuito su più lati della locanda, ma c’era spazio per una sedia a dondolo e un tavolo da bistrot con le sedie.

“Posso già dirti che mi piacerà moltissimo,” disse Emily.

Ma Amy non sembrava tanto convinta. “È un po’ deludente,” disse.

“Sei pazza?” disse trasalendo Emily. “Sembra uscita da un film!”

“Sì,” continuò Amy con voce distratta. “Da un film noioso.”

Emily alzò gli occhi al cielo di fronte al perfezionismo di Amy, però allo stesso tempo sapeva di non dover essere così dura. La vita di Amy era stata completamente diversa da quella di Emily. L’attività avviata nella stanzina del dormitorio del college aveva avuto successo, e si era comprata un appartamento a New York poco dopo i vent’anni. Per Amy la casa aveva sempre significato indipendenza. Adesso avrebbe voluto dire vita domestica. Emily doveva ammettere che, per i gusti di Amy, era possibile che fosse un po’ troppo ragionevole. Non c’era ascensore da affrontare, nessun mormorio del traffico in lontananza. In poche parole, non c’erano sfide. Se Amy voleva essere felice in quel nuovo stadio della sua vita, capì Emily, doveva trovare una casa eccezionale, non una semplicemente adorabile.

*

Dopo una lunga giornata di visite per le case e le sedi del matrimonio, a Emily serviva un sonnellino alla locanda. Stava cominciando a farsi incredibilmente stanca nelle ultime settimane di gravidanza, ma sapeva che avrebbe solo dovuto abituarcisi, perché una volta nata la piccola Charlotte le cose non avrebbero fatto che peggiorare!

Sonnecchiò nel letto, scivolando dentro e fuori dal sonno, approfittando della casa vuota per permettere ai cani di dormire in fondo al letto – cosa che di solito era proibita. Lesse attentamente la brochure della spa nel Québec, rimuginando su come presentare l’idea a Daniel. Poi si ricordò di una promessa che aveva fatto a Chantelle; di invitare nonno Roy per Natale.

Non aveva avuto cuore di dire a Chantelle, quando glielo aveva chiesto, che suo padre non si faceva sentire da molti giorni e che i messaggi che gli aveva lasciato in segreteria non avevano ottenuto risposta. Anzi, comprese in quel momento, non aveva avuto cuore di ammetterlo con se stessa. Aveva proprio fatto finta di non vedere, non volendo neanche per un secondo prendere in considerazione che cosa potesse voler dire; che suo padre era morto. Persino adesso si rifiutava di permettersi di prendere seriamente in considerazione la cosa. Lui aveva Vladi, il suo caro amico, a prendersi cura di lui, ed Emily aveva fatto promettere all’anziano greco di chiamare se fosse accaduto qualcosa. Scelse invece di credere che Roy fosse andato all’avventura, e che si stesse divertendo troppo per notare che i giorni passavano.

Afferrò il laptop e scrisse una rapida email. L’approccio telefonico chiaramente non stava funzionando, e anche se lui era molto meno presente via email, sembrava una buona idea cambiare strada.

Caro papà,

ho chiamato un paio di volte ma non ti ho sentito, quindi presumo che ciò voglia dire che tu stia approfittando al massimo del bel tempo che fa in Grecia e che sia in giro in barca con Vladi! Chantelle mi chiede se verrai per Natale. Lo so che hai chiarito che non volevi prendere aerei, soprattutto per venire in un posto freddo come il Maine, però ti prego di pensarci su. Lo sai che sei la persona che preferisce di più al mondo!

Con tutto il mio affetto,

Emily.

Premette invio e si accorse di avere le guance bagnate di lacrime. Se le asciugò con la mano.

Mettendo via il laptop udì la porta della locanda chiudersi. Probabilmente era Lois che veniva per cominciare il turno breve alla reception, o Bryony che doveva sistemare la sua solita postazione di lavoro nel salottino degli ospiti per lavorare sulla pubblicità per l’inverno. Però poi udì dei passi salire le scale, pesanti e rapidi, e li riconobbe immediatamente come quelli di Daniel.

“Mogsy! Rain! Giù dal letto!” disse di fretta cercando di scacciarli.

Troppo tardi. La porta si spalancò.

“Ehi, tesoro!” esclamò Daniel con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“Che cosa ci fai a casa così presto?” chiese lei, felicemente sorpresa ma sentendosi anche in colpa.

Come se non avesse un problema al mondo, Daniel entrò di buon passo nella stanza e si mise seduto sulla sponda del letto, accarezzando pigramente Rain.

“Stasera in negozio c’è Jack,” disse facendole correre la mano per il lungo orecchio. “Abbiamo ricevuto un grosso ordine per una scala da principessa delle favole per un bar mitzvah e, be’, lo conosci Jack, ogni scusa è buona per stare al lavoro invece che a casa.”

“Quella cosa del pensionamento non funziona con lui, eh?” disse Emily ridendo, lo sguardo che le cadde sul cane per poi tornare subito a Daniel.

“No,” disse Daniel ridacchiando in risposta.

Mogsy si mise a guaire in cerca di attenzione, e lui le prese il muso tra le mani e baciò il cane sulla cima della testa.

“È un bene che presto aprirai il tuo negozio,” disse Emily ancora un po’ sconcertata che Daniel non l’avesse rimproverata per aver lasciato salire i cani sul letto. “Gliel’hai già detto?”

“Non ancora. Ma sinceramente non credo che gli dispiacerà. Gli darà una scusa per dire a sua moglie che deve tornare al lavoro. Lei potrebbe vedermi come un cattivo per un po’, ma Jack probabilmente me ne sarà molto grato!”

“Ti prego, non facciamo anche noi così dopo trent’anni di matrimonio.”

Daniel ridacchiò. “È impossibile. Non riesco a vedere nessuno di noi due andare in pensione. Tu ci riesci?”

“Vero,” disse Emily. Allora socchiuse gli occhi, ancora incerta su cosa stesse succedendo. “Sei di ottimo umore.”

“Davvero?”

“Sì. Non hai neanche detto niente dei cani sul letto.”

Daniel allora trasalì, come se non si fosse nemmeno accorto che fossero lì. “Oh!” Però si limitò a stringersi nelle spalle. “È ora di andare a prendere Chantelle. Vuoi che lo faccia io? Se non ti senti bene…”

“No, no, voglio venire,” rispose Emily. “Chi lo sa quanti giretti a scuola mi perderò una volta nata Charlotte. Pensa a Suzanna e al piccolo Robin. Di recente la vedo a malapena. Voglio godermi al massimo le cose adesso, come sono.”

La aiutò a mettersi in piedi. Emily si sentiva molto stordita, come se il sonnellino non fosse servito a nulla.

Andarono di sotto, Daniel tenendo la mano di Emily mentre lei faceva passi attenti. Era incredibile quanto sconsolante le sembrasse affrontare la grande scalinata adesso che era sul punto di scoppiare. E pensare che non molto tempo prima saltellava su e giù per quei gradini con facilità! Adesso sembravano molto scoscesi.

Fuori il tempo era persino più mite di quanto fosse stato quella mattina.

“Com’è andato il giro con Amy?” chiese Daniel aiutandola a mettersi sul sedile.

“Benissimo. Non le è piaciuta nessuna delle tre case meravigliose che abbiamo visto né delle straordinarie sedi per il matrimonio. Però questo mi fa venire in mente che ci ha trovato questa spa in Québec per la luna di miele prenatale. Lo so che probabilmente non vorrai andarci, però magari potremmo pensarci.”

“Che cosa c’è da pensare?” esclamò. “Andiamo!”

Adesso Emily era davvero sorpresa. Di solito ci voleva un po’ per convincere Daniel. Chiaramente l’aveva preso di umore davvero ottimo.

“Stai bene?” chiese, scherzando solo in parte.

“Sto bene,” rispose Daniel ridendo. “Sono solo felice che mi sia stato dato del tempo extra da trascorrere con mia moglie stasera, tutto qui.”

“È una cosa molto dolce,” rispose Emily, toccata dal fatto che la sua presenza potesse dargli tanta felicità. “Allora vuoi davvero andare in luna di miele?”

“Certo,” disse con un’alzata di spalle. “Finché a Chantelle non dispiace. Ehi, e se questo pomeriggio la portassimo fuori in barca per addolcire il colpo? Dopotutto ci sono più di quindici gradi!”

“Pensavo che Clyde, Stu ed Evan lavorassero all’isola, oggi. No?”

Daniel scosse la testa. “Oggi usano il peschereccio a noleggio. L’hanno portato lungo la costa fino a Beals. C’è un grosso fornitore edile lì, ma i materiali sono troppo pesanti per una barca cuddy. Il che significa che è libera per noi.”

“In questo caso dovremmo farlo,” acconsentì Emily. Adorava i giri in barca anche lei, e qualsiasi occasione di vedere l’isola era la benvenuta, considerando che il tempo poteva cambiare da un momento all’altro. Sembrava davvero un bel colpo di fortuna che se ne fosse presentata l’opportunità. Emily sarebbe stata sciocca a non coglierla!

Arrivarono alla scuola, parcheggiarono e smontarono dal furgoncino. Un attimo dopo le porte si spalancarono e i bambini si precipitarono giù dal porticato. Apparve Chantelle, che scrutava con lo sguardo il parcheggio in cerca della macchina di Emily. Ma invece trovò il pick-up e, a giudicare dalla sua espressione, era chiaro che era elettrizzata di vedere che il padre inaspettatamente era venuto a prenderla. Corse nella loro direzione.

“Papà,” esclamò Chantelle sfrecciando tra le sue braccia aperte. “Che cosa ci fai qui?”

“Porto la mia speciale ragazza in gita in barca all’isola, ecco cosa,” disse Daniel. “Che ne dici? Ti va un giro in barca?”

“SÌ!” esclamò Chantelle saltando su e giù.

Tornò di corsa al cortile per salutare gli amici prima di fuggire di nuovo verso il furgoncino e montar su.

“Wow, sei stata veloce,” commentò Emily. Si diede una pacca sulla pancia. “Mi manca poter correre così!”

“Povera mamma,” disse Chantelle. “Ma ormai non manca molto. Arriverà prima di Natale. Oh, adesso che ci penso. Hai chiesto a nonno Roy di venire per Natale?”

Emily provò una scossa di angoscia al petto. Qual era la cosa migliore da dire alla bambina? Non voleva che si preoccupasse inutilmente.

“Gli ho mandato un’email,” le disse Emily. “Ma perché non cerchiamo di chiamarlo quando siamo sull’isola?”

Chantelle annuì e si sistemò per il resto del viaggio fino al porto.

Quando furono arrivati era tutto molto tranquillo. Nonostante il tempo mite, la maggior parte della gente aveva già stipato le barche per l’inverno. Era solo per la ristrutturazione dell’isola che la barca di Daniel era ancora fuori. Era stato un colpo di fortuna, o c’era dietro lo zampino del destino, se potevano navigare con tanta regolarità.

Daniel montò in barca per primo, prima di aiutare a salire Chantelle ed Emily. Poi partirono, tagliando l’acqua luccicante in direzione dell’isola.

“Chantelle,” disse Emily rivolgendosi alla ragazzina. “Come ti sentiresti se io e papà facessimo un viaggio di un weekend da soli?”

Chantelle esitò, storcendo le labbra di lato in riflessione.

“Puoi essere sincera,” aggiunse Daniel. “Vogliamo sapere come ti senti davvero. Perché ci sono stati momenti in passato in cui hai detto bene, ma poi in realtà la cosa ti ha resa molto triste.”

Emily pensò alle sue crisi precedenti. Sperava che Chantelle non si sentisse attaccata dai commenti di Daniel e che capisse che venivano da preoccupazione e amore.

“Immagino che dipenda da chi mi fa da babysitter,” disse Chantelle pensosamente.

“Tu chi vorresti?” chiese Emily.

“Sono contentissima quando dormo dai miei amici,” spiegò, con aria più matura che mai. “Con Bailey e Toby. E preferisco anche che duri poco. Dopo due notti comincio a preoccuparmi.”

“Okay,” disse Emily con un cenno di assenso, contenta di quanto brava fosse stata Chantelle ad articolare i suoi sentimenti e i suoi bisogni in quel momento. “Allora posso vedere se riesco a organizzarmi per farti dormire da Yvonne o Suzanna? E se stiamo via solo per il weekend?”

“Penso che andrebbe bene,” disse Chantelle con un cenno del capo.

Con gran divertimento di Emily, Chantelle allungò una mano per stringere quella di Emily. Emily prese la mano e gliela strinse di cuore.

“D’accordo!”

Proprio allora raggiunsero l’isola, ed Emily vide il peschereccio di cui aveva parlato Daniel attraccato al meraviglioso nuovo molo. Anche se non era passato moltissimo dall’ultima volta che erano stati lì, Emily era comunque molto elettrizzata di vedere i progressi alle capanne. Le strutture principali adesso erano complete, ed erano cominciati persino alcuni dei lavori di architettura del paesaggio. Era davvero emozionante vedere tutto quanto giungere a compimento. E anche un sollievo, dato che le loro entrate al momento si basavano sull’isola! Stu, Clyde ed Evan avevano davvero superato le sue aspettativa e l’azienda che Daniel aveva assunto per gestire il progetto era davvero fantastica.

“Farei meglio ad andare a sentire i ragazzi,” disse Daniel guardando in direzione del rumore delle seghe e dei martelli. “Per vedere com’è andata oggi con quel nuovo fornitore edile. Torno subito.”

Partì alla volta delle capanne.

Emily e Chantelle si sistemarono sulle rocce a guardare il mare. L’acqua oggi era calma, e il panorama della costa del Maine era bellissimo. Era un momento tranquillo, una fetta di pace in una vita altrimenti movimentata.

“Possiamo chiamare adesso nonno Roy?” chiese Chantelle dopo un attimo. “Lo sai che ormai non lo sentiamo da tre giorni.”

Allora Chantelle l’aveva notato, si accorse Emily. Certo che lo aveva notato. Quella bambina era un’osservatrice incredibile, e il fatto che le telefonate quotidiane sue e del padre fossero cessate non era passato inosservato.

“Pensi che stia bene?” chiese Chantelle.

Emily provò un peso sulle spalle.

“Penso di sì,” disse a Chantelle. “Penso che sia ricaduto nella sua vecchia abitudine.”

Anche se Roy aveva promesso di farsi sentire, Emily sapeva che le vecchie abitudini faticavano a morire, e c’erano ancora delle volte in cui gli sforzi di lei si scontravano col silenzio di lui. La cosa la colpiva adesso proprio come quando era più giovane, quando il suo lungo e lento distacco dalla famiglia aveva preso il via a seguito della morte di Charlotte. Si era allontanato da lei a poco a poco e lei, una bambina confusa e spaventata, aveva lasciato che accadesse. Non più. Aveva diritti su suo padre, aveva diritto di chiedergli di stare nella sua vita, di condividere con lui la propria vita e di aspettarsi di sentire lo stesso da lui.

Prese il cellulare e selezionò il suo numero. Lo ascoltò suonare e suonare. Non ci fu risposta. Provò ancora, consapevole che Chantelle la stava guardando in tralice pensierosa. Ogni nuovo tentativo che faceva di mettersi in contatto con lui le rivoltava lo stomaco dall’ansia. Al quinto tentativo si lasciò cadere il telefono in grembo.

“Perché non risponde?” chiese Chantelle con voce triste e spaventata.

Emily sapeva di dover esibire un viso coraggioso per la bambina, ma era davvero dura. “Dorme molto,” disse debolmente.

“Non per tre giorni di seguito,” rispose Chantelle. “Dovrebbe controllare il telefono quando si sveglia, per vedere se l’hai chiamato.”

“Potrebbe non averci pensato,” le disse Emily, tentando un sorriso rassicurante. “Lo sai com’è con la tecnologia.”

Ma Chantelle era troppo intelligente per le scuse di Emily, e non si risollevò davanti alla sua flebile battuta. La sua espressione rimase seria e tetra.

“Pensi che sia morto?” chiese.

“No!” esclamò Emily sentendo la rabbia prendere il posto della preoccupazione. “Perché dici una cosa così brutta?”

Chantelle parve sorpresa dallo scoppio di Emily. Aveva gli occhi sgranati dallo shock.

“Perché è molto malato,” disse docilmente. “Volevo solo dire…” Le svanì la voce.

Emily fece un respiro profondo per calmarsi. “Scusa, Chantelle. Non volevo scattare così. Mi preoccupo molto quando non sento nonno Roy da un po’, e quello che hai detto è il mio incubo peggiore in questi casi.”

Roy. Solo. Morto nel letto senza nessuno accanto. Fece una smorfia al pensiero, il cuore serrato.

Chantelle la guardò con esitazione. Sembrava insicura di se stessa, come se camminasse sulle uova temendo che Emily le avrebbe risposto male di nuovo.

“Ma non c’è modo in cui possiamo saperlo, vero? Se è ancora vivo?”

Emily si costrinse a essere l’adulta che Chantelle aveva bisogno che fosse, anche se ogni domanda la colpiva come se una vecchia ferita le venisse lavata. “Sappiamo che è vivo perché se ne sta occupando Vladi. E se Vladi non ha chiamato, non c’è niente che non va. Era questo l’accordo, ti ricordi?”

Fece affiorare alla mente il viso abbronzato e segnato dal sole di Vladi, il pescatore greco con cui suo padre aveva stretto amicizia. Vladi aveva promesso di tenerla informata sulle condizioni di Roy, anche se Roy invece voleva che i suoi peggioramenti le venissero tenuti nascosti. Che Vladi stesse mantenendo la promessa era un’altra questione, però. A chi sarebbe poi stato più fedele: a lei, una giovane donna che aveva visto per pochi giorni, o al suo amico di una vita Roy?

“Mamma,” disse dolcemente Chantelle. “Stai piangendo.”

Emily si toccò la guancia e scoprì di averla bagnata di lacrime. Se le asciugò con la manica.

“Ho paura,” disse a Chantelle. “Per questo piango. Nonno Roy mi manca tantissimo. Vorrei solo che riuscissimo a convincerlo a venire a stare qui da noi.”

“Anch’io,” disse Chantelle. “Voglio che lui e nonna Patty vivano alla locanda. È triste che siano così lontani.”

Emily avvolse un braccio attorno a sua figlia e la tenne stretta. Riusciva a udire il delicato singhiozzare di Chantelle, e si sentiva malissimo per il ruolo che aveva nell’infelicità della bambina. Piangere davanti a lei non era mai stato il suo piano. Ma da un certo punto di vista si chiedeva se non aiutasse Chantelle vedere le emozioni della madre, vedere che a volte si poteva anche essere deboli, spaventati e preoccupati. La bambina aveva trascorso tanti anni della sua vita dovendo essere forte e coraggiosa, e forse vedere sua madre piangere le avrebbe mostrato che a volte si poteva anche perdere il controllo.

“Perché le persone devono morire?” disse allora Chantelle, la voce soffocata perché teneva il viso schiacciato contro al petto di Emily.

“Perché...” cominciò Emily prima di fermarsi e pensarci molto seriamente. “Credo perché la loro anima deve andare da un’altra parte.”

“Vuoi dire in Paradiso?” chiese Chantelle.

“Potrebbe essere il Paradiso. Potrebbe essere un posto completamente diverso.”

“Papà non ci crede,” disse Chantelle. “Dice che nessuno sa se dopo la morte si va da qualche parte, e che nella religione ebraica sta a Dio decidere se avrai una vita nell’aldilà oppure no.”

“Questo è quello che crede papà,” le disse Emily. “Ma tu puoi credere a qualsiasi cosa tu voglia. Io credo in qualcosa di diverso. E va bene anche così.”

Chantelle batté le palpebre dalle ciglia bagnate, i grandi occhi azzurri su Emily. “Tu in che cosa credi?”

Emily fece una pausa e si prese un lungo momento per formulare la risposta. Alla fine parlò. “Io credo che ci sia un luogo in cui andiamo dopo la morte, non nei nostri corpi, loro rimangono qui sulla terra, ma le nostre anime si sollevano e vanno nel luogo seguente. Quando nonno Roy ci arriverà sarà molto, molto felice.” Sorrise, confortata dalla sua fede. “Non ci sarà più dolore per lui, mai più.”

“Nessun dolore?” disse la voce dolce di Chantelle. “Ma come sarà?”

Emily ponderò la domanda. “Penso che sarà come quel momento in cui dai un morso al tuo piatto preferito, per sempre.”

Chantelle la guardò attraverso le ciglia macchiate di lacrime e ridacchiò. Emily proseguì.

“Come mangiare torta al cioccolato per sempre, ma senza mai star male. Ogni fetta fantastica come la precedente. O come la sensazione che hai quando hai finito un lavoro durato mesi e vedi ciò che hai realizzato e capisci che l’hai fatto tu.”

“Come il mio orologio?” chiese la ragazzina.

Emily annuì. “Esattamente. Ed è il calore di un’atmosfera perfetta, come quando si sta nella jacuzzi della spa.”

“C’è profumo di lavanda come alla spa?”

“Sì! E ci sono gli arcobaleni.”

“E animali?” chiese Chantelle. “Non sarebbe divertente per niente se non ci fossero animali da coccolare e con cui giocare.”

“Se pensi che dovrebbero esserci degli animali,” le disse Emily, “Allora ci sono animali.”

Chantelle annuì. Ma il sorriso presto svanì e tornò alla sua espressione pensosa. “Ma queste sono solo cose finte. In realtà non lo sappiamo.”

Emily la abbracciò forte. “No. Non lo sa nessuno. Non può saperlo nessuno. Tutto ciò che abbiamo è ciò in cui crediamo. Ciò in cui scegliamo di credere. E io credo che sia questo che aspetta nonno Roy. E che sia anche ciò che ha tua zia Charlotte. E lei ci guarda dall’alto quando vuole, e ci manda piccoli segnali in modo che sappiamo che sta pensando a noi. Nonno Roy farà lo stesso, quando arriverà il momento.”

“Mi mancherà,” disse Chantelle. “Anche se andrà davvero in un posto caldo e felice, mi mancherà quando era qui.”

Nonostante tutte le rassicurazioni avanzate sull’aldilà, Emily non poteva bloccare ciò che provava nel profondo. Che sarebbe stata di nuovo lasciata sola, che avrebbe dovuto trascorrere la sua vita senza di lui. Lui l’avrebbe lasciata per sempre, e anche se per lui sarebbe stato un meraviglioso passo nell’ignoto, per lei avrebbe significato dolore e solitudine e infelicità.

Strinse forte Chantelle.

“Mancherà anche a me.”

Natale per Sempre

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