La vita Italiana nel Risorgimento (1846-1849), parte II
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Various. La vita Italiana nel Risorgimento (1846-1849), parte II
A SEDICI ANNI SULLE BARRICATE DI MILANO
VENEZIA NEL 1848-49
VOLONTARI E REGOLARI. ALLA PRIMA GUERRA DELL'INDIPENDENZA ITALIANA
I. ESORDIO
II. ARMI E POLITICA
III. FORZE DEL PIEMONTE
IV. FORZE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
V. FORZE DELLO STATO ROMANO
VI. FORZE DELLA TOSCANA E DEGLI STATI MINORI
VII. LA GUARDIA CIVICA
VIII. I VOLONTARI
IX. IL NEMICO
X. LE CINQUE GIORNATE DI MILANO
XI. IL PRIMO ERRORE
XII. SITUAZIONE DEGLI ESERCITI NELLA SECONDA QUINDICINA DI APRILE
XIII. AZIONE OFFENSIVA DEL PIEMONTE
XIV. LA SCONFITTA DEL VENETO
XV. LE SUCCESSIVE OFFESE AUSTRIACHE
XVI. RITIRATA DE' PIEMONTESI
XVII. CONCLUSIONE
LA DÉMOCRATIE SPIRITUALISTE. SELON MAZZINI ET SELON LAMARTINE
I
II
III
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Signore e Signori,
Nell'ampia sala magnifica del Palazzo dei Dogi – forse la più bella del mondo – convenivano taciti, avviliti, confusi i veneti patrizî. Era il 12 maggio 1797. Gravi pericoli minacciavano l'esistenza della vecchia Repubblica. Alle offese del Bonaparte l'imbelle doge Lodovico Manin rispondeva con vile rassegnazione, e i patrizi degeneri, convocati a consiglio, con non minore codardia decretarono la fine della repubblica e l'abolizione dell'ordine aristocratico. Poi uscirono tutti a precipizio. Erano cinquecento e trentasette; paurosi i più, alcuni illusi della nuova libertà, parecchi traditori, pochi fieri, risoluti, sdegnosi. Venti soli votarono contro il sacrifizio della patria, cinque si astennero. Così finiva la città dei Dandolo, dei Pisani, dei Veniero, dei Morosini! Un solo giorno faceva dimenticare tutta la sua forza, tutta la sua maestà, tutta la sua grandezza!
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Nell'ampia sala magnifica del Palazzo dei Dogi – forse la più bella del mondo – convenivano taciti, avviliti, confusi i veneti patrizî. Era il 12 maggio 1797. Gravi pericoli minacciavano l'esistenza della vecchia Repubblica. Alle offese del Bonaparte l'imbelle doge Lodovico Manin rispondeva con vile rassegnazione, e i patrizi degeneri, convocati a consiglio, con non minore codardia decretarono la fine della repubblica e l'abolizione dell'ordine aristocratico. Poi uscirono tutti a precipizio. Erano cinquecento e trentasette; paurosi i più, alcuni illusi della nuova libertà, parecchi traditori, pochi fieri, risoluti, sdegnosi. Venti soli votarono contro il sacrifizio della patria, cinque si astennero. Così finiva la città dei Dandolo, dei Pisani, dei Veniero, dei Morosini! Un solo giorno faceva dimenticare tutta la sua forza, tutta la sua maestà, tutta la sua grandezza!
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