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LA DELINQUENZA NELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
IV
Il delitto comune nell'89. – Capi criminali

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E insieme ad un delitto politico fu l'89 una serie di delitti: e molti infatti dei suoi capi erano dei volgari malfattori a cui la politica forniva il pretesto ed i mezzi per associarsi nel male.

E qui non saprei più dove cominciare per darne le prove. In un mese solo, nel luglio '89, in una sola provincia 36 castelli furono saccheggiati e abbruciati; e si vide, per esempio, il De Barras, un onesto ed anzi democratico castellano, tagliato a pezzi davanti alla moglie gravida che ne morì; D'Ambli trascinato nudo nel suo villaggio, messo in un letamaio, strappate le ciglia e i capelli, agonizzare mentre gli si danza d'attorno.

Avignone era divenuto un nido di briganti. I contrabbandieri delle dogane francesi, i giuocatori di professione, evasi dalle prigioni di Tolone, pochi capi giacobini, cacciato il legato pontificio, accaparransi i capi della guardia nazionale, occupano il municipio. Ammazzano il loro primo generale Patrix e lo sostituiscono con Jourdan detto il Taglia teste, perchè dicesi aveva poco prima tagliato la testa a due guardie reali. Si fa un corpo di 5 o 6 mila uomini che chiamano mandrins, ma era, dice Taine, far vergogna a Mandrin. Alcune bande ammazzano, violano, estorcono denari a tutti. Al sindaco di Sarrians che offre le chiavi saccheggiano e incendiano la casa; tagliano in due un fanciullo di cinque anni, ne ammazzano la madre e ne mutilano una sorella; recidono le orecchie a un curato e gliele fissano sulla fronte a guisa di coccarda, poi lo scannano e danzano intorno. Quando tutti stanchi si sollevano contro loro, essi rinnovano i massacri; scannano 60 persone inerti, gettandole nella glacière, e 100 altre nei canali.

Per tutte le lunghe ore delle fucilate, scrive Taine,[4] l'istinto omicida s'è risvegliato, e il desiderio di uccidere, trasformato in idea fissa, si è sparso lontano, nella folla che non ha ancora agito. Il suo clamore solo basta per persuaderla, per eccitarla; quando uno batte, tutti vogliono battere. – Quelli che non avevano armi, scriveva un ufficiale, mi lanciavano delle pietre contro, le donne strizzavano i denti e mi minacciavano coi pugni. Giunsi infine fra i gridi generali che mi volevano appiccato, fino a qualche centinaio di passi dall'Hôtel de Ville, quando mi si portò dinanzi una testa alla cima di una picca, che mi fecero vedere dicendomi che era quella di M. Delaunay il governatore. Questi uscendo aveva avuto un colpo di spada nella spalla destra. Arrivato in via Sant'Antonio, tutto il mondo gli strappava i capelli e gli dava dei colpi. Sotto l'arca di San Giovanni, era già coperto di ferite, intorno a lui gli uni dicevano “Bisogna accopparlo, bisogna attaccarlo alla coda di un cavallo, bisogna abbruciarlo„ ed allora disperato e desiderando di abbreviare il supplizio grida “datemi la morte„, e dibattendosi dà un calcio nel ventre a uno di quelli che lo tenevano. Nel momento stesso è passato da parte a parte dalle baionette, strascinato nei fossi mentre si grida intorno al suo cadavere: “È una carogna, un mostro che ci ha traditi.„ —

La nazione vuol il suo capo per mostrarlo al pubblico e prega l'uomo che ha ricevuto il calcio di troncarlo; costui, un vagabondo, cuoco di professione, che era andato alla Bastiglia per sola curiosità, crede che quella che domandan tutti debba esser un'azione patriottica: gli vien prestata una sciabola e colpisce il nudo collo; ma siccome lo stromento mal affilato non taglia, tira fuori di tasca un coltellino a manico nero e in qualità di cuoco che sa lavorare nelle carni, pone termine all'orribile operazione; poi mettendo quella testa su un forcone a tre punte e accompagnato da duecento persone armate senza contar il popolo, si mette in istrada e in via Saint-Honoré fa attaccare alla testa due iscrizioni per indicar bene a chi appartenesse. Ma il loro buon umore cresce. Dopo aver sfilato nel Palais Royal il corteggio arriva sul Pont Neuf davanti alla statua di Enrico IV; si fa inclinar tre volte quella povera testa gridando “saluta il tuo padrone„. È lo scherzo finale di cui si trova uno spizzico in ogni trionfo, dove sotto il carnefice trapela il monello

Ma coloro finiscono per non accontentarsi più della strage; e volere prolungare la morte; non colpiscono più le vittime colla punta, ma col piatto delle spade e le tagliuzzano; e quando non hanno più carcerati politici ammazzano i delinquenti comuni, ahi! fino degli innocenti minorenni.

Quando non ebbero più aristocratici nè nemici politici da scannare, i Settembristi scannarono dei ladri comuni e quando non ebbero nemmeno più questi giunsero a freddare i poveri ammalati di Bicêtre e della Salpetrière; violando prima, e dopo uccise, delle prostitute e, orribile a dirsi, delle impuberi orfanelle che giacevano nei dormitoi, e quando il ferro, il foco non bastava giunsero agli annegamenti in massa ed alla mitraglia.[5]

A Caen arrestano quindici povere donne ortodosse, le attaccano al cannone, le trascinano qua e là, solo perchè avevano sentito messa da preti non giuranti.

A Lione (1791) il giorno di Pasqua una banda armata di staffili si slancia sulle donne che sortono dalla messa, le spoglia, le batte, così che una giovine ne muore.

Ogni reggimento ha un comitato di soldati, che giudicano e battono gli ufficiali; alcuni saccheggiano la cassa del reggimento, a Nancy saccheggiano l'arsenale, a Brest s'ammutinano contro l'ammiraglio. Ottanta comunardi si impongono a tutte un paese per punire i malevoli, bastonano il primo venuto, che, dicono, se non faceva il male, certo lo pensava, e se ne fan pagare il disturbo… della bastonatura. Vendemmiano una vigna di una povera vedova, minacciandola se li denunciasse, e quando questa se ne lagna, se ne fan pagare essi cinquanta lire di danni; e mentre battono i mariti, ne violano le mogli.

Quando la folla è ridotta in questo stato e non le basta più uccidere, ma vuole che la morte sia accompagnata dai più atroci supplizi e dagli scherni più orrendi, quando l'istinto sanguinario giunge a tal punto di frenesia, non tardano a risvegliarsi insieme a questo anche gli istinti libidinosi. Crudeltà e lascivia allora si appaiano, e l'una aumenta il vigore dell'altra. Come il degenerato che funesta la poesia dell'amplesso amoroso coi tormenti e col sangue, la folla accresce la turpitudine dell'assassinio colle offese contro il pudore, e questa oscena follia di libidine e di sangue trova talvolta nel cannibalismo l'ultimo grado del parossismo.

Tutti i mostri che strisciavano incatenati nel più profondo del cuore, escono allora insieme dalla umana caverna; non soltanto gli istinti dell'odio coi loro artigli, ma anche gli istinti osceni; nella infelice Madame Lamballe, uccisa troppo presto, i carnefici libidinosi non possono oltraggiar che un cadavere; ma per la Desrues, essi ritrovano la macabra immaginazione di Nerone. Di qui al cannibalismo la distanza è breve, e qualcuno la supera. All'Abbazia, un antico soldato di nome Damiens, pianta il coltello nel fianco dell'aiutante maggiore Laleu, introduce la mano nella ferita, strappa il cuore e lo porta alle labbra come per divorarlo. “Le sang – dice un testimonio oculare – dégouttait de sa bouche et lui faisait une sorte de moustache„ (Taine).

A Guillin mangiano arrostito a tavola il braccio dopo averlo straziato.

“Erano vendette simili a quelle d'un re Orientale che colle proprie mani subitaneamente vendichi la maestà offesa e non conosca altra pena che la morte. Peggio anzi di tali re, perchè essi non possono essere dappertutto, nè sempre sono furiosi„ (Taine).

Ma fermiamoci in questa orribile serqua, in cui nessuno dei più gravi delitti, dall'incendio al furto, all'assassinio, allo stupro, pare sia mancato.

4

Les origines de la France Contemporaine, II, pag. 302.

5

Michelet, Hist. de la Revolut. Tom. 3, pag. 413.

Conferenze tenute a Firenze nel 1896

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