Читать книгу Il trono dei draghi - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 10

CAPITOLO QUARTO

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Devin tornava barcollando verso Royalsport, ancora incapace di credere a ciò che aveva visto, a ciò che aveva trovato. Come poteva aver visto un drago se mancavano da tanto tempo?

C’era dell’altro, però; in quel momento, non era neanche più sicuro di chi fosse. I sogni che aveva fatto gli avevano dato ad intendere che era qualcun altro, qualcuno che proveniva da un luogo misterioso che non era il Regno del Nord. Devin non sapeva cosa pensare al riguardo, non sapeva chi era destinato a essere; e cosa voleva dire ciò che aveva fatto contro quei lupi? Aveva praticato la magia, ma cosa significava tutto ciò?

Mentre raggiungeva la città, i piedi gli si giravano in automatico sulla strada che l’avrebbe portato verso i numerosi ponti che dividevano i regni, verso casa. Fece una dozzina di passi nella folla e realizzò che, in realtà, non aveva una casa dove andare, non più. Non poteva neanche tornare alla Casa delle Armi, dato che lo avevano cacciato, quindi cosa gli restava?

Alzò gli occhi verso la città, avvolta dalla luce del sole di metà mattina; pareva che la nebbia del giorno prima non vi fosse mai stata. Le sue casette in paglia erano sparpagliate fra i corsi d’acqua che formavano un reticolo a coprire tutto il centro, come una ragnatela che fra fili e fessure si espande su uno specchio. Devin riusciva a distinguere i quartieri: nobili, poi poveri, poi ancora più poveri, giù fino al punto in cui giaceva casa sua… o meglio quella che un tempo lo era stata, si corresse.

Le persone laggiù si affaccendavano fra le vie di ciottoli, verso le attività dove lavoravano o verso le grandiose costruzioni delle Case che si ergevano sulla città. La Casa delle Armi stava già eruttando fumo verso il cielo dalle sue fucine, mentre la Casa degli Accademici restava lontana dalla cacofonia della città. La Casa dei Commercianti era posta nel cuore dei mercati della città, mentre la Casa dei Sospiri giaceva silenziosa durante il giorno, poiché anche l’ultimo dei clienti della notte prima se n’era ormai andato. L’odore della città era un misto di fumo e sudore, la calca di persone era tale da risultare opprimente.

Devin guardò oltre a tutto ciò, verso la struttura massiccia dalle pareti grigie del castello. Il principe Rodry doveva trovarsi lì e poteva aiutarlo. Il Maestro Grey poteva essere lì e questa volta Devin avrebbe potuto strappargli delle risposte. Se la Principessa Lenore non era fuori per il suo raccolto nuziale, avrebbe potuto intravederla e il solo pensiero gli dette un colpo al cuore, anche se sapeva che avrebbe dovuto ignorare quella sensazione.

Si incamminò verso il castello, la sua sagoma esile procedeva a zig zag nella folla che popolava le strade. Essendo più alto della maggior parte delle persone, riusciva a scegliere la via giusta abbastanza facilmente, evitando le bancarelle allineate ai margini delle strade principali, dove la calca era più fitta, e guardando avanti verso la rete dei corsi d’acqua che si incrociavano per tutta la città. Devin si spostò i capelli scuri dagli occhi, chiedendosi se quei canali fossero abbastanza bassi a quell’ora da poterli guadare. Pensò che fosse meglio evitare; anche se gli indumenti raffinati che aveva preso in prestito da Sir Halfin erano adesso macchiati del fango della foresta, era meglio non incrostarli ulteriormente. Almeno, non se voleva accedere al castello.

Devin attraversò i ponti, affrettandosi a superare una campata in legno e pietra dopo l’altra e risalendo il percorso che conduceva al castello. Su un altro ponte vide una piccola truppa di cavalieri farsi strada attraverso la città, chiaramente in fretta. Pensò che vi fosse Rodry a capo, ma erano troppo lontani perché potesse chiamarli.

Al contrario, continuò a procedere verso il castello, facendosi strada più su, attraverso i quartieri più ricchi della città. Era abituato alle occhiate delle guardie quando passava di lì, ma adesso sembravano distratte da qualcos’altro. Quello bastò a farlo correre più veloce dato che, qualsiasi cosa fosse successa, il castello era l’opzione migliore per trovare delle risposte.

Raggiunse i cancelli del castello e si fermò, scioccato per la figura che era lì in piedi. Il Maestro Grey lo stava aspettando, vestito in abiti bianchi e dorati impreziositi con sigilli mistici e rune che catturavano la luce mentre avanzava guardandolo dritto negli occhi. Si tirò indietro il cappuccio, scoprendosi la testa rasata e gli occhi penetranti.

“Cosa sta succedendo?” chiese Devin. “Perché le persone sono così frenetiche quaggiù?”

“Non è questo che sei venuto a chiedermi,” disse il Maestro Grey, con un tono che suggeriva che sapeva esattamente ciò che il giovane aveva visto.

“No,” ammise Devin. “Io… Io vi stavo seguendo e poi ho visto… c’era un drago…”

“Vuoi delle risposte,” replicò il Maestro Grey. “Vuoi sapere qualcosa sulla magia.”

Devin annuì.

“Quanto lo vuoi?” chiese lo stregone. “Vuoi davvero conoscere qualcosa che potrebbe annientarti?”

Devin si fermò. Uno o due giorni prima avrebbe potuto dileguarsi a quel pensiero. Adesso però… adesso non gli era rimasto niente da perdere. Nessuna casa, nessuna famiglia…

“Ho bisogno di sapere,” rispose.

“Seguimi allora,” disse il Maestro Grey, voltandosi e camminando come fosse certo che l’avrebbe seguito. Per una volta non sembrò dissolversi nel nulla e Devin, troppo grato per quell’opportunità, si affrettò sulla sua scia e dentro al castello. Gruppi di domestici si separarono, spostandosi di lato per far passare il mago.

“Io… Io ho sognato delle cose strane,” disse Devin mentre camminava. “Ho sognato di non essere chi ho sempre pensato fossi.”

Il Maestro Grey non rispose, continuò solo a camminare verso una serie di scalini che conducevano in basso, nelle viscere del castello. C’erano delle torce che sfarfallavano laggiù, gettando delle ombre sulle pietre che sembravano più antiche del resto del castello, dalla superficie levigata e ricoperta da un accenno della malta che le aveva tenute insieme, impedendo che si sgretolassero nel tempo.

“Stiamo scendendo,” affermò Devin. “Dove siamo diretti?”

Di nuovo, non ricevette alcuna risposta dal mago. Devin poteva avvertire la frustrazione crescergli dentro. Gli si schierò davanti, determinato a provocare una qualche reazione in lui. Lo stregone si fermò e lo fissò, finché lo scomodo peso del suo sguardo lo spinse a farsi da parte.

“Voglio solo delle risposte!” insistette Devin.

“Le risposte sono spesso preziose,” disse il Maestro Grey. “Ma di rado ci vengono date così.”

“Voglio solo dare un senso alle cose che ho visto,” replicò Devin. “So di essere nato sotto alla luna del drago. So che i miei genitori non sono i miei genitori.”

“Cose pericolose da dire,” ribatté il Maestro Grey. “Forse persino cose pericolose da sapere.”

“E voi non avete intenzione di spiegarmi niente di tutto ciò,” suppose Devin. “Perché mi avete incontrato al cancello se non volete parlarmi?”

“Perché devi eseguire un compito,” disse il Maestro Grey. “Un compito che potrebbe rivelarsi importante nei giorni a venire.”

“Quale compito?” domandò Devin.

Raggiunsero una porta di quercia nera, bloccata con del ferro, e il mago la spinse ad aprirla, rivelando uno spazio cavernoso dal soffitto a volta; una finestra soprastante lasciava entrare un fascio di luce che diffondeva un cerchio luminoso sul pavimento di piastrelle bianche e nere. La stanza era dotata di una forgia, un forno fusorio, un’incudine e ciò che a Devin sembrava un complesso di tutti gli attrezzi necessari per lavorare il metallo, disposti su scaffali di ferro annerito.

Quella zona era piuttosto strana, ma c’erano simboli intarsiati su ogni superficie, simboli che ricordavano a Devin quelli presenti sugli indumenti del Maestro Grey.

“Avete messo la magia in tutto questo?” chiese.

Con sua sorpresa, il Maestro Grey scosse la testa. “Questo non è metterci dentro la magia, ma contenerla quando la usi.”

“E come posso farlo?” chiese Devin.

Persino il sorriso del Maestro Grey era enigmatico, impossibile da decifrare del tutto. “Sai già cosa vuol dire evocare la magia. Devi solo incanalarla nel metallo mentre lavori.”

“E come lo faccio?” ripeté Devin.

“Imparerai,” lo rassicurò lo stregone e indicò la forgia. “Dovrai farlo, perché il metallo stellare non risponderà semplicemente al calore o al martello.”

Devin guardò dove il minerale grezzo del metallo stellare giaceva in attesa, vicino al forno fusorio. Camminò fin lì, lo toccò e avvertì la sensazione di qualcosa che da esso si propagava verso di lui; qualcosa che non riusciva a collocare, che non riusciva ancora a comprendere del tutto.

“Ti risponde,” affermò il Maestro Grey e si spostò per mettersi in piedi accanto alla parete. “Adesso devi controllare quella risposta. La magia è pericolosa. I miei incantesimi la conterranno, ma se per disgrazia sbagli a rapportartici… il metallo potrebbe consumarti.”

“Consumarmi?” ripeté Devin. All’improvviso, il ferro e l’acciaio parvero distanti anni luce.

“Il metallo assorbe la magia. Ne ha bisogno per prendere forma, ma versane troppa e potresti perdere te stesso,” disse il Maestro Grey. “Trova la tua magia, ragazzino. Incanalala, usala per dare forma al metallo mentre lo lavori. Avvia il forno.”

Devin voleva ribattere, ma quello era il compito che gli era stato attribuito. Doveva sbrigarsela da solo se voleva guadagnarsi il suo posto al castello. Doveva portare la spada al re… o a Rodry. Ad ogni modo, doveva prima fabbricarla.

Accese il fuoco per il forno; prima la legna, poi il carbone, pompando il mantice, accrescendo il calore. Guardò le fiamme, aspettando che acquisissero il colore giusto, quello che gli faceva capire che erano abbastanza calde.

“Non basta il calore, ragazzino,” gli ricordò il Maestro Grey.

Devin si scavò dentro, cercando di trovare quell’energia che era uscita così prontamente in quella valle. Aveva risposto al metallo, quindi Devin toccò un pezzo del minerale grezzo, concentrandosi su quella sensazione. Poteva sentirla, poteva avvertirla. Cercò di spingere quella sensazione nel forno, nelle fiamme…

Riuscì a malapena a gettarsi a terra quando le lingue di fuoco balzarono all’esterno, sfrecciando alle sue spalle come era accaduto in quella visione che aveva avuto del drago. Mentre approdava sul lastricato in pietra del pavimento, Devin vide le protezioni che il Maestro Grey aveva intrecciato brillare di vita per assorbire quella forza liberata.

“Io…” Devin si alzò su gambe instabili. “Non posso farlo.”

“Puoi e lo farai. Porta pazienza.”

Devin era tutto tranne che paziente in quel momento, soprattutto perché le persone più su nel castello gridavano come forsennate, forte come se il posto fosse sotto attacco.

“Che cosa sta accadendo là fuori?” chiese.

“Non è rilevante per il tuo ruolo in tutto questo,” rispose il mago.

“Voglio saperlo,” disse Devin, mentre si rialzava. “Cosa mi state nascondendo?”

“Ci sono tante cose che io so e tu no,” sottolineò il Maestro Grey.

Devin si incamminò verso la porta. “Lo scoprirò da solo.”

“La Principessa Lenore è stata catturata dagli uomini di Re Ravin,” disse lo stregone a quel punto, con un tono empatico ma in modo distaccato, come se niente di tutto ciò lo toccasse davvero. “Il Principe Rodry è già andato a salvarla, mentre suo padre sta raggruppando gli uomini per attraversare i ponti e andare a sud.”

Devin si sentì come se il cuore gli si fosse fermato in petto all’istante. Lenore era in pericolo? Il solo pensiero bastava a fargli desiderare di precipitarsi a cercarla, pronto a metterla in salvo. Non sapeva da cosa derivasse quel sentimento, ma era lì e lui era consapevole di non poter restare da una parte mentre lei era in pericolo.

“Devo unirmi alle truppe del re,” disse, incamminandosi di nuovo verso la porta.

Il Maestro Grey gli si mise davanti. “Per fare cosa?”

“Potrei… Potrei aiutare nel combattimento e riportarla indietro.”

“E pensi che non ci siano già abbastanza uomini che si stanno precipitando a farlo?” rispose il Maestro Grey. “Il Principe Rodry ha i suoi… amici. Il re ha i suoi cavalieri e le sue guardie. Non c’è niente che tu possa fare unendoti a loro, eccetto che condannarti a morte.”

Lo fece suonare certo come il sorgere del sole.

“Che ve ne importa?” domandò Devin.

“Me ne importa perché sei troppo potente per essere sprecato così. Il ragazzo nato sotto alla luna del drago? Quello della profezia? No, questo è il tuo ruolo: imparare, migliorare nell’uso della tua magia e forgiare la spada.”

Devin proseguì verso la porta, ma il Maestro Grey alzò una mano.

“Pensi che il re non ti chiuderebbe qui se glielo chiedessi?” domandò e fece un cenno con la testa al forno. “Adesso, hai un compito da eseguire. Sii gentile questa volta.”

Devin voleva ribattere, ma sapeva che non avrebbe portato a niente di buono. Voleva aiutare a salvare Lenore, ma che lo stregone avesse ragione era tanto frustrante quanto innegabile allo stesso tempo. Non poteva aggiungere niente agli uomini che si stavano già occupando del salvataggio, non poteva essere il nobile guerriero che l’avrebbe salvata. Quello era tutto ciò che poteva fare.

Tornò al forno, pronto a fare un secondo tentativo. Avvertiva la frustrazione dentro di sé, e non solo per questo. Aveva così tante domande e il Maestro Grey non avrebbe mai risposto neanche a una.

Avrebbe trovato un modo per ottenere le risposte però, a tutte le domande.

Il trono dei draghi

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