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IL CANE DELLO ZIO PROSPERO
I

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– Top!

Il cane seguitò per la sua strada, proprio opposta a quella da cui veniva il padrone – Prospero Marzioli – nel tornar a casa.

– Top!

Al secondo più forte richiamo il bracco dovè ricordarsi del castigo meritato altra volta facendo il sordo: una schioppettata della quale, più che pallini, gli restava addosso una gran paura. Piegò il capo; si fermò un istante, quasi a riflettere; poi accorse. E dimandava grazia con la coda e con gli sguardi. Se non aveva da temer lo schioppo – perchè si trovavano in paese – , c'era il bastone non meno spaventevole a rammentarne i colpi; e a vederlo già alzato – misericordia! – si comportò come soleva in tale pericolo. Una tattica tutta sua: s'abbatteva in terra supino, le gambe piegate e rattratte. Così salvava almeno il cocuzzolo e il dorso ed esponeva solo la parte del corpo più tenerella e più acconcia, secondo lui, a commuovere la pietà padronale.

Ma quel giorno nel rivolgere la testa e il collo espose al padrone anche una cosa più commovente: di sotto al collare uscì una carta, un bigliettino che, ben arrotolato, vi era tenuto stretto da un filo. Oh!

Oh! oh! Mentre il signor Prospero se ne stava tranquillo dal barbiere o dalla tabaccaia, Top serviva dunque da portalettere, da messaggero, da… A chi? Uno strappo; e, senza neppur leggere intera una parola, gli fu manifesto, al signor Prospero, chi commetteva il contrabbando. Non gliel'aveva insegnata lui, all'Elena, la calligrafia?

Elena – innamorata!

Ebbe la tentazione di leggere tutto: ma si trattenne, vinto da un senso di profanazione e disgusto, dall'amarezza che gli salì alla gola e quasi dal dubbio che il suo tradimento fosse più riprovevole dello stesso inganno in cui gli pareva d'esser caduto.

Ricompose il biglietto; tornò a legarlo; poi comandò iroso: – Su! Via! – ; e accennava al cane la strada della missione incompiuta.

E Top, contentissimo, scappò a compierla.

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