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Angelo canino

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Marco si svegliò alle sei di mattina, e come di consuetudine decise di fare una corsa lungo il mare. Era un’ hobby che praticava da tempo, ormai, ed era diventata parte della giornata.

L’itinerario lo portò lungo le vie che oramai conosceva a memoria, passando le case con i giardini curati, con tanti meli, fichi e altri alberi da frutto. Mentre correva e si godeva il panorama godeva di un’aria fresca proveniente dal mare, le cui acque bagnavano la costa di questa piccola cittadina turistica in Slovenia, del quale non potè fare a meno di innamorarsi.

Amava fermarsi durante la corsa per osservare il panorama. Era uno spettacolo incantevole: osservava i primi raggi del sole attraversare le nuvole grigio-bluastre che sormontavano la costa.

– Hai le scarpe slacciate. Occhio, che rischi di cadere! – disse un’esile voce.

Marco sussultò e si guardò intorno, ma non vide nessuno.

– M'è sembrato di sentire qualcuno, – pensò Marco, sorridendo ai propri pensieri.

– Non ti e’ sembrato affatto! – si sentì dire dalla stessa voce. —Guardati i piedi! —

Marco, impietrito dalla sorpresa, vide vicino a lui un labrador di color oro, che lo fissava direttamente negli occhi.

– Sei tu quello a cui piace parlare? – chiese Marco, non potendo credere di aver appena risposto ad un cane. Lui, un uomo per bene e con la testa a posto, sano, giudizioso, che ad un tratto si mette a parlare con un cane? Chi potrebbe mai crederci? Nemmeno lui riusciva a credere cosa stesse succedendo.

– Certo che sono io, – rispose il Labrador —Sono cambiato così tanto da non riconoscermi, padrone? – continuò con allegria.

Marco non poteva crederci. Era il suo Labrador! Il suo amico a quattro zampe che dieci anni prima dovette lasciare agli allevatori. Il dolore che provò dopo il distacco lo perseguitò per molto tempo a seguire.

– Almeca! Oh mio Dio! Sei davvero tu? Cosa ci fai qui, a mille chilometri da casa? E sai pure parlare? O sono andato fuori di testa? – — chiese Marco con una voce tremante.

– Non sei andato fuori di testa, – rispose Almeca – Anch’io sono rimasto molto sorpreso nel vederti correre ieri. Ho passato tutto il giorno a riflettere se fosse il caso di venire a parlarti. Ho dovuto chiedere il permesso per venire a parlarti. Lo vedi anche tu che questa e’ una situazione anomala. Ma sono dovuto venire. Mi manchi tanto, padrone! – disse mentre la coda cominciò a muoversi rapidamente.

– Sicuramente ti devo delle spiegazioni. – continuò Almeca —Ti ricordi il terribile incidente che ci capitò? Quella sera d’estate quando quel gruppo di giovani ubriachi decise di fare un’inversione a U andando contromano e tu andasti a sbattere contro di loro? – continuò il Labrador senza smettere di dimenare la coda e continuando a fissare gli occhi di Marco.

Marco ricordava benissimo quella terribile sera, in ogni suo particolare. Quell’episodio gli tornava in mente molto spesso e dopo averlo analizzato tante volte si era autoconvinto che non avrebbe potuto evitare l’incidente. I suoi riflessi pronti, con l’aiuto del fato, fecero sì che l’incidente non causasse numerose vittime. Almeca era seduto sui sedili posteriori e rimase illeso, mentre Marco, che era al volante, accusò ferite gravi e molte fratture. Si salvò per miracolo, e dovette curarsi a lungo.

– E cosi, dopo l’incidente, il tempo sembrava essersi fermato, e il nostro Signore- disse Almeca, indicando con la testa verso l’alto – mi chiese se fossi stato disposto ad andare lassù al posto tuo.

Almeca si mise a sedere e continuò:

– Io, ovviamente, detti la mia conferma, ma con un paio di condizioni: che tu non avresti dovuto sentirti in colpa per la mia morte e che io sarei dovuto restare in vita fino ad un paio di giorni dopo la tua guarigione.

Poi ho pensato di scappare, ma tu decidesti di riportarmi dal mio allevatore, visto che con tutte quelle ferite non potevi starmi dietro.

Marco continuava ad ascoltare attentamente, ricordando quella terribile esperienza.

– Quindi ora sono un angelo custode per i cani.

– Continuò Almeca sorprendendo ulteriormente il suo vecchio padrone – A dire il vero nessuno può vedermi, tranne in casi speciali. Per questo ho dovuto chiedere il permesso.

Il mio lavoro consiste nell’accompagnare le anime degli animali domestici (come mucche, capre, criceti,…) nel loro viaggio versò lassù. Ovviamente aiuto anche i miei simili, che qui sono tanti e le persone li curano molto bene. I più difficili da seguire sono i gatti, – protestò Almeca; – perché vanno per conto loro e sono molto arroganti! C’e’ tanto lavoro e gli angeli custodi canini del posto non amano lavorare velocemente… sono lenti, lenti, lenti! – disse Almeca con un espressione ridicola.

– Io ti devo la mia vita- disse finalmente Marco.

– Ma figurati. La vita, noi tutti, la dobbiamo solo a lui! – rispose Almeca alzando nuovamente il naso al cielo.

– Significa, – continuò Almeca, – che la tua presenza sulla Terra era ancora necessaria e Lui aveva ancora dei programmi per te. Le casualità, come quella capitata a te, non sono altro che maglie di una catena decisa dal Signore, che ci porta tutti noi su una strada verso un obiettivo più importante. Ogni essere vivente ha il proprio obiettivo, un proprio destino da compiere. E quando qualcosa ci appare come una casualità una coincidenza, in realtà fa tutto parte di un piano che noi non conosciamo. Noi non possiamo nemmeno immaginare in cosa consista questo obiettivo, noi possiamo solamente tentare di vivere in sintonia con l’amore. Sentire questa passione anche nei nostri gesti abituali, quando con il proprio corpo e la propria anima senti che tutto ciò che succede intorno a te è giusto.

Per noi è difficile fare delle opere di bene, ma possiamo almeno evitare di fare delle cattiverie. Tutto questo sarà notato e riconosciuto! – disse saggiamente il labrador.

Almeca girò la testa, come se stesse ascoltando una voce inudibile. Poi, voltandosi verso Marco, esclamò: -Ho appena sentito che hanno bisogno di me in una città qui vicino. Devo spostarmi urgentemente perché i miei colleghi locali non riescono a finire gli incarichi lavorativi. Ti saluto padrone! Forse ci rivedremo ancora! Ah si, dimenticavo… allacciati le scarpe, per favore! – Con queste parole Almeca salutò il vecchio padrone e si mise a correre lungo la spiaggia.

Marco rimase sconvolto. Seguì Almeca con lo sguardo, poi si mise a guardare le onde del mare e alla fine posò gli occhi sulle sue scarpe. Non poteva credere cosa gli fosse appena accaduto.

I racconti della spiaggia

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