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L'OLMO E L'EDERA
VIII

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Per l'anima di Laurenti fu quello un giorno di sole. Imperocchè, avete a sapere, o lettori, che l'anima ci ha i suoi giorni di sole, e i suoi giorni di nebbia, i quali non concordano sempre colle notizie meteorologiche dell'Osservatorio. Laonde, egli può essere giorno di nebbia fitta, ed anco di burrasca, per voi, quando per tutti gli altri mortali risplende il cielo e sale a venti gradi il mercurio nel termometro di Réaumur; laddove, per contro, e' sarà giorno di sole per voi, quando pioverà a catinelle. Io, verbigrazia, mi ricorderò sempre di una splendida giornata, quando un fitto nevischio….. o che diamine? ero sul punto di raccontarvi i fatti miei.

Insomma il ghiaccio era rotto, e squagliato nel medesimo tempo. Il giardiniere gli era diventato amicissimo, e stavano già come pane e cacio. La signora lo aveva veduto, pensava qualche volta a lui, poichè a lui era debitrice di quella tranquillità, di quella solitudine, che le consentivano di uscire a diporto nella villa. Nessuno andava a visitarla; non c'era dunque un amante, neppure un cavaliere servente che aspirasse a diventarlo. Quante buone notizie, e tutte scovate in fondo ad un vaso di camelie!

Non sapeva ancora il suo nome; ma, innanzi a tutto quello che già gli era noto, il nome non faceva più caso, come dapprima. La conoscenza era avviata, e, a giudicarne da quel tanto che ne aveva cavato, non gli sembrava che tutte l'altre novelle importanti dovessero farsi molto aspettare. La bella innominata era inferma, poverina! ma sarebbe risanata; ancora non vedeva il come, ma certamente e presto.

Gli era un giorno di sole, davvero, e Laurenti vedeva bella ogni cosa.

Uscì a diporto. Il giardino gli pareva troppo stretto, per contenere una gioia così grande. Venti minuti dopo, gli pareva stretta la cerchia delle mura. Corse dai Busnelli, si fe' sellare un bel baio che teneva nelle loro scuderie, e andò a fare una trottata verso il bel paese di Quinto. Gli bisognava respirare largo, muoversi a precipizio, in cadenza coll'allegra torma dei suoi nuovi pensieri.

–Donna divina!—pensava egli, mentre le zampe ferrate del suo cavallo scalpitavano sul ponte levatoio di Porta Pila;—ed io ho vissuto tanto da presso a lei, senza vederla, senza accorgermi di nulla! Ho respirato la medesima aria che ella respira…. Sì, e mi giova respirarla più da vicino. Oramai, bisogna che io la veda. Il male è fatto; sono innamorato come un pazzo…. Ed è poi un male? Ella non è una di quelle civette, che fanno caccia di adoratori, povero stuolo di prigionieri che esse appendono la notte, chiusi nella reticella de' loro capegli, daccanto al capezzale, perchè consolino i sogni delle spensierate dormenti. Ella, poverina, è sola, sempre sola, ammalata…. Ma risanerà…. sì certo! Non si può morire così, quando sorridono la gioventù e la bellezza. Inoltre, ha da essere una donna d'alto sentire. Quando il Giacomo narrava della visita del medico, mi pareva di vederla, tranquilla, sorridente, a guardare il pericolo, disposta a lasciare una vita che non le importa punto. Imperocchè, ella non ama nessuno; il suo cuore è vuoto d'affetti; forse non ha amato mai di un affetto verace e profondo….—

Il cavallo galoppava su per l'erta di San Martino d'Albaro, e il cervello del cavaliere galoppava del pari.

–L'amerò dunque. E perchè no? Ella pure mi amerà. Un affetto profondo vince sempre la prova, se la donna che si ama ha almeno tanto di cuore. E l'amore che narrano i Greci aver dato anima alla statua di marmo, non riscalderà costei, non le ravviverà le fonti della vita? Che male è il suo? Non è certamente offeso il polmone, come io ho fantasticato l'altro dì. Giacomo me lo avrebbe detto, se così fosse. Ella ha forse patito di una lunga malinconia, di qualche tormento di cuore, tutte cose che lavorano sordamente, ma presto, in un organismo sensitivo. La donna è già di per sè una macchina così delicata…. imperfetta a forza di finitezza! Gli è un paradosso cotesto? No; gli estremi si toccano. Dio ha messo troppe cagioni di fisici patimenti in quel fine involucro che è stato la sua ultima opera.—

L'olmo e l'edera

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