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Prefazione

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Nel ripresentare agli studiosi delle cose patrie questo insigne scritto di Bartolommeo Capasso, io non ho certo la pretesa di scoprire l'autore ai lettori. Il Capasso, pura gloria nostra, è ben conosciuto nel mondo dei dotti italiani e stranieri; e se la maggioranza dei Napoletani, e sopra tutto della così detta stampa, non lo ha onorato come meritava, ciò non vuol dire che Egli sia appartenuto alla categoria degli aridi pedanti, degli insensibili spulciatori e profanatori ciechi e melensi delle vecchie carte e delle pergamene polverose. Molti furono, infatti, che si dedicarono a frugar negli Archivii le collezioni delle pergamene e dei manoscritti cartacei e dei codici diplomatici dei tempi andati; quasi nessuno vi s'ingolfò con quell'amore e con quell'ardore che furono le due grandi benemerenze del nostro venerando concittadino, mosso dal desiderio di elevare un monumento di gloria al proprio paese.

Egli portò nei suoi difficili studii, nelle ricerche minuziose e faticose, nella raccolta di preziose notizie inedite, un intelletto lucido e geniale: fu il ricercatore-artista, l'animatore miracoloso, che non fantasticò sui codici o male interpretò gl'incunaboli; ma disse, su ogni argomento che prese a trattare, la parola definitiva. Tutto devono a lui gli studii storici del Napoletano, nelle sue opere più importanti, dalla Napoli greco-romana al Ducato, da Pier della Vigna al Tasso. fino a questo Masaniello. Bartolommeo Capasso vide, previde, rettificò, corresse, scoprì, lumeggiò, glorificò, rivendicò tante cose; e mentre molti spiriti piatti intorno a lui si affannavano negli stessi studii, pochissimi, fino al de Blasiis e allo Schipa, gli tenner dietro con decoro e con acume. Si è costretti a ritornare ancora su molte pubblicazioni di altri sedicenti storici di Napoli, che credettero di scoprire la polvere e non capirono niente, e tralasciarono notizie importanti che pur capitavan loro sott'occhio, per indugiarsi a quisquilie quasi inutili o di scarsa importanza; e tuttora si van correggendo interpretazioni sgangherate. Ma nell'Opera del grande Nostro, più grande dalla sua morte in poi, non un dubbio, non una lacuna, non un punto oscuro, non una trascuratezza, mai! Tutto egli esaminò e scrutò, con la forza mirabile del suo ingegno potente, col fuoco dell'amore santo pel “loco natio„. Le sue ricerche, i suoi giudizi, le narrazioni di fatti poco noti, i profili dei più singolari personaggi della nostra Storia, se pur in pochi tocchi, non vogliono aggiunzioni o notizie nuove. Le interpretazioni da lui date sui più intricati periodi, dalle origini di Napoli finoggi, non ammettono altri ritorni o novelle chiarificazioni. Il monumento che il Gran Vegliardo volle elevare a Napoli è fatto di puro granito: è una piramide incrollabile che sfida l'eternità. E Napoli, la Circe ingrata, che pur glorifica tante bestie, lo vide morire molto vecchio e quasi cieco pel troppo attento indugio degli stremati occhi su le carte: e quasi non s'accorse delta dipartita di Lui!

Ecco perchè Bartolommeo Capasso non ha un degno monumento, in qualche pubblica piazza di Napoli, come pur parecchi mediocri e mestatori l'ebbero, salutati, fra tamburi e trombe, da pappardelle oratorie, intessute nella solita volgarità incoercibile del luogo comune! Il nome a una strada, o un busterello al Grande Archivio e alla Società di Storia Patria, non bastano, pel Capasso; e rappresentano soltanto il pensiero ed il ricordo di pochi amici e seguaci, che lo amarono, lo venerarono, gli furono e gli saranno fedeli.

È così! I più grandi uomini, le figure nostre più luminose, non trovarono mai chi si agitasse in loro favore: Francesco de Sanctis e Luigi Settembrini hanno appena due povere teste marmoree in quel giardino pubblico che chiamiamo la Villa; Salvator Rosa, Luca Giordano, Pietro Giannone, Carlo III, nulla; e i monumenti di Napoli, sorti da cinquant'anni a questa parte, — salvo qualche rarissima eccezione — rappresentano, nella sciagurata decadenza della Scultura, la Partigianeria, la Politica e l'Intrigo...

Nemmeno le Accademie, delle quali pure il Capasso fu tanta parte, si mossero, per degnamente onorarlo. Ma si muovono, forse, le Accademie? O non sono, forse, ora più che mai, acque stagnanti, necropoli anticipate, in cui si adagiano e nicchiano, nel severo raccoglimento che è torpore letale, le Mummie dell'Arte, della Letteratura e della Scienza?

Conto fra gli Accademici amici illustri e carissimi, viva minoranza d'intelletti fervidi in quelle Case dei Morti; e mi domando da anni perchè non si riuniscono, in una iniziativa che qualcuno già tentò di sviluppare! Or vedremo invece altri marmi, non meno brutti di quelli già esistenti, ingombrare le piazze. Per conto mio, tento qui, con la pubblicazione di quest'opera, un commosso contributo in onore del Grande Scomparso. Ultimissimo, fra gli ultimi appassionati delle discipline storiche nostre, mi sia di scusa allo ardire l'amore che porto, inestinguibile, alle vere glorie del mio Paese oblivioso...

FERDINANDO RUSSO

La casa e la famiglia di Masaniello

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