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Capitolo Tre

A Maggie non era passato per la mente che Aiden volesse riaccompagnarla al suo appartamento dopo la serata che avevano trascorso insieme. Certo, era un gentiluomo ed era ovvio che lo avrebbe fatto, ma Maggie non aveva immaginato la loro uscita fino a quel punto. Si era aspettata solo di fare un salto in un bar del posto, prendere un paio di drink e poi pagare un taxi per tornare a casa, mentre Aiden si incontrava con altri amici, o qualcosa del genere.

“È proprio qui,” gli disse, rabbrividendo. Quel posto era tutt'altro che elegante e Maggie sapeva che lui ne sarebbe rimasto sconvolto.

“Non ci sono lampioni da queste parti?” Aggrottò la fronte, accendendo i fari abbaglianti.

“No.” Si sentiva un po' imbarazzata. Di solito non le dava fastidio, anche se le ultime notti aveva avuto l'impressione che qualcuno la seguisse. Probabilmente era solo frutto della sua immaginazione, lo sapeva, e si era consolata pensando che con la sua corporatura sarebbe stata in grado di resistere a qualsiasi potenziale aggressore. Non è che avesse pochi soldi, non ne aveva nessuno, quindi qualsiasi ladro sarebbe rimasto deluso se avesse tentato di rubarle la borsa.

“Tu guidi?” chiese Aiden.

“No.” Non più.

“Quindi vieni qui da sola ogni sera dopo il lavoro?”

Lei sospirò. “Sì.”

L'uomo scosse la testa e Maggie lo guardò stringere le labbra come se fosse irritato.

“È questo qui.” Fu felice di poter cambiare argomento e indicare il piccolo condominio nell'angolo più lontano.

Aiden guardò l'edificio mentre fermava il pick-up.

“Beh, grazie per l'ottima serata.” Si slacciò in fretta la cintura di sicurezza, sperando di scendere dall'auto prima di lui.

“Ti accompagno alla porta.” Aiden era accigliato e Maggie pensò che fosse meglio non discutere.

Sospirò, un po' scoraggiata. Le piaceva davvero quel cowboy e aveva passato una serata fantastica in sua compagnia. Era molto divertente, oltre che un vero gentiluomo, e Maggie non voleva davvero rovinare tutto mostrandogli quanto fossero lontani i loro mondi.

“Grazie.” Afferrò la mano che lui le porgeva per aiutarla a scendere, poi lasciò che la guidasse verso l'edificio mentre frugava nella borsetta alla ricerca delle chiavi.

Sentì la sua mano sulla parte bassa della schiena, anche attraverso il cappotto, e sorrise. Era un gesto carino e protettivo che le piaceva da morire, sicuramente qualcosa che non aveva mai sperimentato prima.

“L'ascensore non funziona,” lo informò rapidamente quando lui la condusse verso di esso.

Aiden non disse niente ma la seguì su per le scale. Erano solo poche rampe e tutte le volte Maggie mentiva a se stessa dicendosi che non era altro che un buon esercizio fisico quotidiano.

“Vuoi un caffè o…?”

Nonostante sperasse in una sua risposta negativa, Aiden annuì.

Maggie fece un respiro profondo e aprì la porta di casa. Sapeva che quella sarebbe stata la fine di qualsiasi loro relazione, anche come amici.

“Bene, siamo arrivati.” Una volta dentro accese la luce, mostrandogli il minuscolo appartamento che era stato la sua casa nell'ultimo paio di anni.

Aiden doveva aver sentito l'odore di muffa e, quando entrò in soggiorno, i vecchi mobili mal assortiti e macchiati o scortecciati in più punti dovevano avergli fatto venire voglia di voltarsi e fuggire più in fretta possibile. Maggie lo osservò guardarsi intorno, soppesando il tappeto logoro, la carta da parati antiquata che si staccava dalle pareti e il vento che fischiava penetrando dalle fessure nel telaio della finestra.

“Vuoi restare per un caffè?” gli chiese lentamente, non sapendo se lui avrebbe cambiato idea ora che aveva visto come viveva.

Aiden si voltò nella sua direzione con la fronte aggrottata. “Sì, grazie.”

Fu sorpresa ma si sentì anche sollevata mentre attraversava il piccolo angolo cottura per mettere su il bollitore. Le due stanze erano separate da uno stretto passaggio, così lei poté guardarlo togliersi il cappello e scrutare bene i soprammobili.

Almeno non è scappato appena entrato. È un buon segno, vero?

“Ti piace leggere,” le disse quando Maggie tornò con il vassoio.

Era in piedi di fronte a una libreria molto logora che dominava tutta una parete. Si chiedeva se avesse notato che non c'era la televisione, quindi non c'era molto da fare in casa, ma le andava bene così. Non era mai stata una che si stravaccava davanti alla TV, neanche quando ne aveva avuta una in ogni stanza della casa.

Sorrise mentre metteva il vassoio con i caffè su un tavolino e si sedeva sul divano bitorzoluto. “Sì, molto.”

Aiden esaminò alcuni titoli pieni di orecchie che lei aveva raccolto su una mensola prima che la sua mano ne estraesse uno che sembrava incontaminato rispetto agli altri.

Guida moderna al galateo sociale” lesse ad alta voce. Ne sfogliò alcune pagine. “Quindi è così che hai imparato un sacco di cose sui vini costosi.”

Maggie si sentì scaldare percependo quella lieve presa in giro, e scattò in piedi. “Non esattamente,” ribatté, afferrando il libro dalle sue mani. “Non sai niente, quindi non parlare di cose che non conosci.”

“Io… mi dispiace, Maggie. Non volevo dire…”

“Vattene.” Teneva il libro con una mano e con l'altra indicava la porta.

“Volevo dire che è un bene che tu sappia quelle cose. L'auto-miglioramento è sempre…”

“Vai!” Maggie aveva sentito abbastanza.

Aiden sembrava ferito e imbarazzato mentre afferrava il cappello e si dirigeva rapidamente verso la porta.

“Mi dispiace,” ripeté mentre usciva, ma lei non stava ascoltando. Sbatté invece la porta e la chiuse a chiave appena lui se ne fu andato, prima di crollare in lacrime sul pavimento, stringendo ancora al petto il libro.

* * * *

“Altri pancake?”

Aiden scosse la testa. Quella mattina davvero non aveva fame. Si sentiva malato.

“No, Josie, grazie. Ho mangiato anche troppo.”

Lei roteò gli occhi. “Ricordo che una volta mangiavi il doppio e avevi ancora appetito,” osservò, indicando il suo piatto.

“Penso che abbia il mal d'amore, sorellina.” Ben scoppiò a ridere dall'altra parte del tavolo.

“Molto divertente.” Aiden non era dell'umore giusto per essere preso in giro, quel giorno. Sbadigliò.

“Allora siamo tutti d'accordo? Organizzeremo una cena e inviteremo questo Rossington e sua moglie. Presumo che ne abbia una?” Josie stava prendendo appunti in un grande quaderno mentre parlava.

“Mmh, penso che dovremmo invitare anche qualcun altro per non risultare troppo ovvi,” disse Ben. “Sono sicuro di poter invitare alcuni personaggi di spicco locali che potrebbero impressionarlo.”

“Buona idea,” concordò Greg, appoggiando una tazza di caffè appena fatta sul tavolo prima di prendere posto accanto alla moglie. “Ma non voglio che Josie esageri con i preparativi e l'organizzazione.” Le mise un braccio intorno alle spalle in modo protettivo.

“Greg, sono incinta non malata,” gli fece notare lei, alzando gli occhi al cielo.

“Lo so, ma la gravidanza è ancora all'inizio. Devi stare attenta.” Greg era irremovibile.

“Beh, forse potrei trovare qualcuno che mi aiuti,” cedette Josie con un sorriso. Si morse le labbra mentre tornava a guardare il quaderno. “A quante persone stavate pensando, ragazzi?”

“Allora, se vogliamo fare colpo su Rossington dobbiamo invitare lui e la moglie, e, con noi quattro, penso sia una buona idea invitare almeno un'altra coppia o un altro paio per non far sembrare la cosa troppo palese,” rispose Ben, contandoli sulle dita.

“Un altro paio di coppie, intendi?” Aiden aggrottò la fronte, bevendo un sorso di caffè.

Josie ridacchiò, con i riccioli castano scuro che le danzavano intorno alle spalle. Di sicuro appariva graziosa. “Oh, penso che avremo bisogno di più di un paio di coppie,” disse, con gli occhi lampeggianti di gioia.

“Quindi, è più di una coppia o di una coppia di coppie? Per la miseria, ragazzi!” Aiden scosse la testa frustrato mentre gli altri ridevano.

“Lascia fare a me. Inviterò io alcuni ospiti,” disse Ben con una risatina, quando si alzò. “Grazie per la colazione, Josie.” Si chinò sul tavolo e diede un bacio sulla guancia della sorella prima di lasciare la stanza. “Vado in città. Devo prendere alcune cose. Ci vediamo più tardi.”

“Aspetta,” lo fermò Josie appena raggiunse il corridoio.

Ben tornò indietro, facendo capolino dalla porta della cucina.

“Porterai qualcuno? Alla cena, intendo.”

Ben guardò il fratello, scoccandogli un sorrisino furbo. “Nah. Penso che sarebbe meglio rimanere concentrati sugli affari, non è vero, Ade? O stavi morendo dalla voglia di presentare la tua ultima ragazza alla famiglia?”

Aiden sentì una fitta di emozione allo stomaco, poi scosse la testa. “No. Hai ragione, Ben. È una cena di lavoro, dopotutto.”

“Bene.” Josie annuì e scribacchiò qualcosa sul quaderno mentre sentivano la porta d'ingresso sbattere, segno che Ben era uscito.

“È meglio che vada a vedere i cavalli,” disse Greg, poi si alzò. Baciò affettuosamente Josie in cima alla testa prima di andarsene. “Non esagerare, capito?”

Lei roteò gli occhi ma fece un sorriso contento, felice per la sua preoccupazione.

“Sono felice di averti tutto per me,” si rivolse ad Aiden mentre iniziava a sparecchiare. “Chi è questa ragazza? È qualcuno che conosco?”

Aiden fece una smorfia. “In realtà stavo per parlarti di lei.” Si alzò e la aiutò con i piatti. “So che Ben non l'approverebbe ma forse tu potresti farlo.”

Lei lo fissò, incuriosita. “Vai avanti.”

“È che questa ragazza mi piace molto, ma non usciamo insieme. Cioè, ieri sera siamo usciti, ma…”

“Ma…? Ti sei divertito?” I suoi occhi brillarono di curiosità.

“Sì, ci siamo divertiti molto.” Sospirò ripensando alla serata che avevano trascorso insieme. Era stata fantastica fino a quando…

“Quindi è ovviamente molto carina. Perché quella faccia lunga, Ade?”

“È una cameriera,” spiegò.

“E?” Josie era chiaramente imperturbabile.

“Beh, non ha molti soldi. L'ho portata da Sebastian senza pensarci. All'inizio temevo che si sarebbe rifiutata di entrare, ma alla fine è andata bene. In effetti, una volta dentro si è comportata come se appartenesse a quel posto. Sapeva tutto del vino che abbiamo bevuto, ha detto che è stata anche in Francia. Ci siamo divertiti sul serio.” Sorrise.

“Ma?” Josie aggrottò la fronte. “Cos'è successo?”

Sua sorella riusciva sempre a leggerlo come un libro aperto.

Sbuffò. “L'ho accompagnata a casa. Non crederesti mai al modo in cui vive quella ragazza, Josie. Quel posto è freddo e pieno di spifferi e lei non ha mobili o tappeti decenti, e l'ascensore non funziona. Mi sentivo così…”

“Colpevole?” Josie lo abbracciò con affetto.

Aiden annuì. “Non volevo che si sentisse a disagio per avermi portato lì. Ho cercato di non sembrare sconvolto o altro ma ho finito per sconvolgere lei.”

Lei si allontanò bruscamente. “In che modo? Cosa le hai detto?”

Aiden le raccontò del libro sul galateo e della conversazione che avevano avuto dopo averlo trovato nella libreria di Maggie. Josie sussultò.

“Non so perché l'ho detto. Stavo solo scherzando.”

“Riesco a capire perché si è arrabbiata.” Josie annuì lentamente.

Lui sospirò di nuovo. “Lo so.”

“Sembra una donna orgogliosa, anche se non possiede molto,” continuò sua sorella pensierosa.

“È molto orgogliosa. Ho dovuto lottare quando si è trattato di pagare il conto. Voleva fare alla romana.” Sentì lo stomaco annodarsi per la situazione che sembrava sempre meno promettente.

“Forse possiamo chiederle di venire a darci una mano con la cena? Mi hai detto che si è trovata bene da Sebastian e ovviamente la pagheremo. Ci aiuterebbe entrambi. Pensi che vorrebbe farlo?” Gli occhi di Josie brillarono mentre guardava suo fratello.

Lui si accigliò. “Non lo so.” Si morse il labbro.

“Beh, immagino che sia un lavoro migliore della tavola calda, quindi potrebbe aiutarla sia dal punto di vista del morale che dello stipendio,” rifletté Josie. “E solo il cielo sa che con la gravidanza ho bisogno di tutto l'aiuto che riesco a trovare.”

“Su questo hai ragione.” All'improvviso si sentì un po' meglio. “Ne parlerò con lei dopo averle chiesto scusa per il pasticcio che ho combinato,” disse con decisione. “Grazie, sorellina.” Si chinò e le diede un bacio affettuoso sulla guancia prima di afferrare il cappello e dirigersi verso la porta. Finalmente qualcosa sembrava andare nel modo giusto.

* * * *

Aiden sorrise mentre saliva sul pick-up e si dirigeva alla piccola tavola calda di Bracken Ridge. Sapeva che Maggie non avrebbe voluto vederlo ma lui doveva fare qualcosa.

La ragazza lo guardò accigliata dal bancone quando entrò portando un grosso mazzo di fiori. Aiden si aspettava quella reazione, però, e le rivolse un sorriso smagliante. Sebbene lei si stesse deliberatamente tenendo occupata servendo i pochi tavoli occupati, lui prese posto al bancone, dove sempre, e l'aspettò.

Alla fine fu costretta ad avvicinarsi.

“Buongiorno, Maggie. Ti ho portato questi.”

Lei scosse la testa. “Non li voglio. Non voglio niente da te. In effetti, preferirei che te ne andassi adesso e non tornassi più. Credi di potercela fare?” Il suo volto era teso e il tono freddo come il ghiaccio.

Lui le sorrise. “No.”

Maggie sbuffò, incrociando le braccia sul petto mentre lo fissava con aria di sfida.

Aiden sapeva che la ragazza non avrebbe fatto una scenata con altri clienti presenti ma in fondo era preoccupato soprattutto che lei volesse che se ne andasse sul serio.

Maggie strinse gli occhi. “Cosa vuoi da me'”

“Un caffè e uno dei tuoi deliziosi dolcetti alla cannella, per favore.” Sorrise, sperando di vederla sciogliersi un po'.

Non si sciolse per niente.

Anzi, serrò le labbra con forza e guardò gli altri clienti. Aiden aveva avuto ragione nel pensare che non volesse fare una scenata in pubblico. Gli servì il caffè e gli porse un dolcetto caldo. Aveva un profumo delizioso.

Aiden sorrise e prese il piatto, rimanendo sorpreso quando lei non lo lasciò andare subito. Invece, si chinò verso di lui e parlò a bassa voce, a denti stretti.

“E ti sarei grata se lasciassi l'importo corretto sul bancone. Non ho bisogno delle tue mance esagerate. Non ho bisogno di niente, da te.”

Lasciò andare il piatto così in fretta che Aiden quasi cadde all'indietro dallo sgabello. Il suo cuore sprofondò. La guardò ma lei, invece di restare lì a parlare come faceva di solito, si allontanò e andò a pulire alcuni tavoli. Dannazione!

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