Читать книгу Se lei temesse - Блейк Пирс - Страница 10

CAPITOLO QUATTRO

Оглавление

La casa in cui era stata uccisa la prima agente immobiliare era un po’ più grande di quella di Hammermill Street. Era situata su un appezzamento privato ad appena sei miglia dalla casa in cui era stata uccisa Tamara Bateman. Il vicino più prossimo si trovava a un centinaio di metri di distanza, e le case erano separate da un sottile bosco ceduo composto da alberi ed erbacce somiglianti all’ammofila arenaria che spesso cresceva sulle dune di sabbia. Anche quella somigliava a una casa al mare, pur se con alcuni elementi stilistici tipici delle fattorie.

Mentre salivano le scale del massiccio portico panoramico, DeMarco porse a Kate un raccoglitore preso dal sedile posteriore della macchina. «Avrai voglia di vedere le foto per cogliere il pieno effetto della situazione. Però… aspetta un secondo. Fidati.»

DeMarco aprì la porta (apparentemente le avevano dato la chiave anche di qui) e fece entrare Kate. Il portone principale si apriva su un atrio molto grande – così grande che un piccolo amorino giaceva contro alla parete destra e un tappeto decorativo delle dimensioni della camera da letto di Kate copriva la maggior parte del pavimento. Il tappeto era bianco e tè blu, e quindi faceva risaltare drammaticamente le macchie di sangue rosso scuro.

Kate alzò lo sguardo e vide un enorme soffitto aperto. Di fronte a loro vedeva il corridoio che portava al primo piano, bloccato dalla bellissima interazione tra una ringhiera e assicelle di ferro decorative. Una rampa di scale conduceva al primo piano dal fondo dell’atrio, sulla destra. Guardando su per le scale Kate si accorse del bellissimo lampadario dell’atrio. Sembrava fatto di una specie di acciaio decorato con grovigli intricati che dovevano sembrare nodi – quasi come legno. Era l’amalgama perfetto tra una casa al mare e una fattoria. Lungo la base, dove si incassava nel soffitto, sembrava leggermente allentato e sbilenco.

«Il lampadario» disse DeMarco. «Carino, eh?»

«È meraviglioso.»

«Ok, adesso guarda nel raccoglitore.»

Kate lo fece, tralasciando gli appunti e i rapporti di polizia per arrivare alle foto della scena del crimine sul fondo. La prima mostrava il lampadario, solo molto meno bello. Anzi, sembrava uscito da un film dell’orrore.

C’era un corpo appeso lassù. C’era una corda legata al collo di una donna, però sembrava che la donna si reggesse in effetti dalle braccia agganciate a diversi bracci del lampadario. Nell’immagine Kate non riusciva a vedere l’estremità della corda, che era legata da qualche altra parte. Sembrava andare dietro al lampadario, forse avvolgendosi attorno ai collegamenti che lo assicuravano al soffitto.

Il volto della donna era un caos di sangue e nella scomoda posizione in cui si trovava pareva che stesse guardando giù dritto al tappeto su cui sanguinava. Era piccola, e il peso leggero non bastava a staccare il lampadario dal soffitto.

«Gesù» disse Kate trasalendo. «Come hanno fatto a portarla lassù?»

«Be’, l’agente immobiliare che stai guardando è Bea Faraday. Ha ventotto anni e pesa poco più di cinquantaquattro chili. La polizia pare credere che l’assassino l’abbia trascinata su per le scale fino al primo piano per scagliarla oltre la ringhiera nel tentativo di impiccarla come Tamara, ma che si sia trovato in mezzo il lampadario.»

«Tu ci credi?»

«Sì. C’è sangue sulla ringhiera a supporto della cosa. Penso che prima abbia legato la corda ma poi, quando si è accorto che era appesa a quel cazzo di lampadario, l’abbia tagliata e abbia lasciato che la vista parlasse da sola. Pare che prima l’abbia aggredita con un’arma non affilata e che poi si sia preso il tempo di portarla su per le scale per scagliarla di sotto.»

Si recarono in cima alle scale e Kate trovò il punto in cui apparentemente era stata buttata giù la Faraday. Il lampadario si trovava a meno di due metri dalla ringhiera e le lampadine appena sotto. Non aveva problemi a immaginarsi un uomo forte in grado di lanciare una donnina così piccola tanto lontano.

«Com’è stata trovata?»

«L’agenzia immobiliare ha mandato una donna delle pulizie per dare una spazzata rapida al posto due ore prima di un appuntamento. La signora l’ha trovata e ha chiamato la polizia.»

«Ci hai parlato?»

«No. Però l’ha fatto lo sceriffo Armstrong.»

Kate annuì, abbassando lo sguardo sul piano terra e il tappeto sporco di sangue. Stava pensando al piumino e alla bottiglia d’acqua che avevano trovato nella casa di Hammermill Street chiedendosi se in quella casa ci fossero nicchie e ripari che potessero fornire facilmente un nascondiglio a un abusivo.

«Quanto è vecchia la casa?»

«Non ne sono sicura. Però è sul mercato da quasi tutto il mese. I registri mostrano diciotto visite con sei potenziali acquirenti. Solo uno di loro era del posto.»

Kate e DeMarco si spostarono per la casa, e i passi echeggiavano per le stanze vuote. Kate pensò che la sensazione fosse inquietante, in realtà – la sensazione di una casa che custodiva i ricordi e le vite di persone che non avrebbe mai conosciuto. Era sempre stata vagamente interessata ai fantasmi e trovava possibilissimo che ogni casa potesse essere infestata dai ricordi e dai movimenti delle famiglie che l’avevano abitata.

Esaminarono l’ampio spazio che Kate presumeva fungesse da soggiorno, e poi la cucina. Dato che non c’erano averi di nessun tipo, fu piuttosto semplice determinare che non era stato sottratto nulla. Si recarono di sopra. Kate stava cercando una sorta di accesso facile a una soffitta o persino dei piccoli aggetti. Ma non c’era nulla del genere. La casa non aveva nemmeno una soffitta, il che, per Kate, significava che probabilmente aveva un seminterrato. Nessuno in comunità del genere costruiva più case prive di magazzino.

Si recarono di sotto e puntarono alla prima porta lungo il corridoio principale. Conduceva a un seminterrato vuoto e desolato come il resto della casa. Sul fondo c’era una serie di doppie porte che presumibilmente portavano fuori. Kate andò lì, le aprì e si ritrovò infatti a guardare un giardino posteriore meravigliosamente verde. Sbucò, con DeMarco che la seguiva, su un patio della forma di un mezzo ovale. A destra si alzava di poco un muretto di mattoni che conteneva dei fiori. A sinistra c’era un piccolo spazio non edificato tra una serie di scalini di legno che portavano su per il portico posteriore. Presumeva che quello spazio fosse stato pensato per l’installazione di un piccolo capanno per tosaerba, sacchi di pacciame e cose di quel tipo.

Su ispirazione, andò allo spazio non ancora terminato. Il terreno sottostante era duro e secco, livellato prima della costruzione della casa. Si inginocchiò ed esaminò la terra, senza sapere che cosa stesse cercando. Quasi se ne andò senza niente, ma appena prima di ritirarsi scorse qualcosa immediatamente alla sua sinistra, in fondo, quasi completamente fuori visuale.

Grugnendo un attimo per la fatica di allungarsi all’indietro, vide quelli che sembravano vecchi stracci. Erano raggruppati in qualcosa che sembrava una pila, uno sopra l’altro. Qualche manciata di centimetri sotto ai cenci, vide quelle che sembravano strisciate sul terreno.

«C’è qualcosa?» chiese DeMarco.

«Forse. Perché non guardi anche tu e non mi dici quello che vedi… solo per essere sicura di non saltare a conclusioni.»

Le donne si scambiarono di posto e Kate osservò DeMarco curvare la molto più giovane schiena all’indietro mettendo il corpo quasi a forma di L. Si precipitò allo spazio ancora da edificare e si guardò intorno un attimo prima di dire qualcosa.

«Stracci» urlò da laggiù. «Bizzarro abbandonali qui, no? E… sì, qualche strisciata e qualche rientro a terra qui. È secca ma sono piuttosto sicura che di recente ci sia stato posato un certo peso.»

DeMarco uscì stirandosi la schiena. «I cenci» disse. «Pensi che qualcuno li abbia usati come cuscino o roba del genere?»

«Sì.»

«Un altro abusivo? Mi sembra un po’ stiracchiata. Però sì, quei leggeri segni a terra potrebbero essere stati fatti da un ginocchio o da un piede, immagino.» Li osservò ancora una volta e poi aggiunse: «E di recente, pure.»

«Sembra un’ipotesi davvero tirata» concordò Kate. «Soprattutto dato che il cumulo di vecchi cenci potrebbe tranquillamente non essere altro che il rimasuglio di pulizie sciatte fatte dagli operai.»

«Mi piacerebbe parlare con la signora delle pulizie» disse DeMarco.

«Buona idea – è il passo più logico, penso.»

«Chiamo l’agenzia immobiliare per vedere se riesco a farmi dare un indirizzo. In caso contrario, sono sicura che ci aiuterà lo sceriffo Armstrong.»

DeMarco si voltò per procedere e tornò all’estremità del patio di cemento per guardare il giardino sul retro. Mentre parlava, Kate tornò a esaminare lo spazio non ancora edificato sotto alle scale e la facciata laterale della casa. Cercò di piegarsi come DeMarco, ma quella flessibilità non ce l’aveva proprio più. Si mise in ginocchio e avanzò così, in cerca di qualsiasi altra cosa potessero aver tralasciato. Non trovò nulla di nuovo, ma più guardava la pila di cenci e la leggera irregolarità del terreno, più era sicura che qualcuno negli ultimi giorni fosse venuto a riposare lì. Prese nota mentalmente di raccogliere i cenci per cercare capelli.

Mentre usciva di nuovo dal piccolo spazio sottostante alle scale, DeMarco metteva in tasca il telefono.

«Avuto l’indirizzo?»

«Ancora meglio. È venuto fuori che è stata convocata alla stazione di polizia. Armstrong l’ha chiamata per un interrogatorio aggiuntivo. Le ho appena parlato e ha detto che le sta bene che passiamo per occuparcene noi.»

«Ottimo» disse Kate cercando di nascondere la smorfia di dolore che le si aprì in faccia quando ancora una volta si raddrizzò dopo essere sbucata da quel posticino.

Mentre seguiva DeMarco che faceva il giro della casa attraverso il giardino sul retro, non poté evitare di sorridere. DeMarco aveva davvero preso il controllo del caso e stava riuscendo a farlo suo persino dopo la convocazione di Kate. Sorridendo, scoprì di essere troppo orgogliosa di DeMarco per sentirsene anche un minimo offesa.

***

Quando arrivarono alla stazione di polizia, a solo un quarto di miglio dalle acque ferme del lago Fallows, lo sceriffo Armstrong si trovava nell’atrio anteriore ad accoglierle. Sembrava piuttosto sollevata di vederle, non sorrideva del tutto però era sicuramente contenta. Sembrava avere poco più di cinquant’anni ed era un po’ robusta, ma ben lontana dall’essere sovrappeso. Aveva un viso semplice che risultava probabilmente carino con i capelli raccolti e un po’ di trucco. Ciò che a Kate piacque di più di lei, però, era un luccichio serio negli occhi… lo sguardo di una donna che prendeva il suo lavoro e i suoi compiti molto seriamente.

«Sono stata molto felice di sentire che stavate venendo» disse Armstrong. «Là dietro ho la signorina Seibert. Si sta mettendo molto sulla difensiva. Non ho ragione di credere che abbia qualcosa a che fare con gli omicidi, però lei pensa che la vediamo come una sospettata solo perché l’abbiamo richiamata.»

«Mi chiedo se non ci siano precedenti criminali nella sua famiglia» disse Kate. Poi sorrise quando Armstrong la guardò confusa. «Scusi» disse Kate. «Agente Kate Wise. Piacere di conoscerla.»

«Piacere mio» disse Armstrong. «Per quanto riguarda la sua domanda, sinceramente non lo so.»

«Capita spesso» spiegò Kate. «Se ha visto uno o due parenti aver problemi con le autorità, ci sono buonissime possibilità che si metta sulla difensiva a prescindere dal trattamento ricevuto.»

«Be’, le ho dato cinque minuti per calmarsi. Le ho detto che sarebbe arrivato qualcun altro a fare domande e non è sembrata felicissima.»

«Le spiace se subentriamo noi?» chiese DeMarco.

«Assolutamente no. Giù per il corridoio, terza porta a sinistra.»

Kate e DeMarco si avviarono. Kate si accorse di essere finita davanti, ma non aveva voglia di correggersi. Quando raggiunsero la stanza indicata da Armstrong bussò brevemente, aspettò due secondi e poi aprì.

C’erano solo un tavolo e qualche sedia a occupare la stanza. La donna seduta al tavolo sembrava sul finire dei cinquanta, forse aveva appena passato i sessanta. Era una donna caucasica con capelli ruvidi che qua e là sbucavano in piccole ciocche sfinite. Guardò Kate e DeMarco con sospetto, con gli occhi che saettavano da una all’altra.

«Mary Seibert?» chiese DeMarco.

Mary annuì e basta. Kate vide subito che Armstrong aveva ragione; la donna sembrava aspettarsi il peggio possibile.

«Siamo le agenti DeMarco e Wise dell’FBI. Speravamo di porle qualche domanda sul ritrovamento del corpo di Bea Faraday.»

Mary non disse di nuovo nulla. Sedeva un po’ più rigida sulla sedia, ma a parte questo restava per lo più uguale a prima.

«Signora Seibert» proseguì DeMarco «lo sceriffo Armstrong ci dice che ha la sensazione di essere una sospettata. Siamo venute a dirle che, per il momento, le cose non stanno affatto così. Siamo interessate a lei perché è stata la prima a vedere la scena del crimine. E anche perché, vista la sua professione, speriamo che di recente possa aver visto o sentito qualcosa di utile per il caso. Niente di più. Ci piacerebbe parlare con lei in modo da cercare di determinare quanto tempo è rimasto lì il corpo prima del suo arrivo e magari se ha visto qualcosa di strano, cose del genere.»

Mary cominciò a sciogliersi un po’. Kate si meravigliò della bravura di DeMarco. Non solo era riuscita a placare i timori di Mary, ma aveva anche sottilmente dato a intendere alla donna che il suo contributo fosse importantissimo – cosa vera.

«No, c’era solo il corpo» disse Mary. «E tutto quel sangue.»

«Conosceva la signorina Faraday?» chiese Kate.

«No. Anche se dopo ho visto le sue foto e ho riconosciuto il viso. L’ho vista in giro per la città. È una cittadina bellissima, ma non molto grande.»

«Ed era sola, giusto?» chiese DeMarco.

«Sì, c’ero solo io.»

«Quante altre persone lavorano per l’impresa di pulizie?»

«Siamo in cinque. Ma dato che questa casa è stata svuotata della maggior parte dei mobili e non ci mettevano piede da un po’, sono stata l’unica ad andarci. Si trattava solo di passare lo straccio e spolverare. Le finestre non erano ancora strisciate né sporche.»

DeMarco sfogliò il dossier che aveva sul tavolo. «E lei è arrivata alle quattordici e quindici, esatto?»

«Sì. Quel giorno dovevo andare in un’altra casa. Ma ovviamente non ce l’ho fatta.»

«Questa potrebbe essere una domanda inquietante» disse Kate «ma per caso ricorda se il sangue era ancora umido?»

«Oh, certo. Era ancora umido. C’era ancora sangue che sgocciolava dal corpo. Per quanto sembri strano… è quello che non mi fa dormire la notte. Non la faccia della poveretta e nemmeno la nauseante scena totale; è il rumore del sangue fresco che si schianta a terra – quello sgocciolio.»

«Quindi signora Seibert… chi fa le chiamate che richiedono i suoi servizi alla casa?»

«L’agenzia immobiliare.»

«E questa casa con quale agenzia era?» chiese DeMarco.

«Con la Davis e Hopper Realty.»

«Sono suoi clienti da tanto?» chiese Kate.

«Forse da due anni. Pagano bene e gli agenti che ci lavorano sono tra le persone più carine che si possano incontrare.»

Ci fu un attimo di silenzio nella stanza mentre Kate e DeMarco seguivano il corso dei loro pensieri. Intanto Mary Seibert sembrava piuttosto rilassata – tutt’altra cosa rispetto alla donna che aveva descritto lo sceriffo Armstrong meno di dieci minuti prima. Fu Kate a rompere il silenzio alla fine. Aveva deciso che era impossibile che Mary Seibert avesse ucciso Bea Faraday, l’avesse trascinata su per le scale per poi scagliarne il corpo floscio in un volo di quasi due metri dalla ringhiera del primo piano. Proprio impossibile.

«Signora Seibert, era mai stata prima nella casa?»

«No, era la prima volta.»

«E quando si è trovata lì dentro» disse DeMarco «per caso ha visto altro? Magari indizi della presenza di qualcun altro?»

«Come ho detto… tutto ciò che ho visto è stato il corpo. Be’, ho visto il sangue a terra prima, proprio entrando, e poi ho visto il corpo sul lampadario. Sono svanita per qualche secondo, penso. Ricordo di aver trovato difficilissimo respirare e poi, quando sono riuscita a farlo, ho urlato. Sono corsa fuori e ho chiamato la polizia. Loro mi hanno chiesto di aspettare in macchina, quindi ho aspettato.»

DeMarco lanciò un’occhiata a Kate. Kate le rivolse un cenno e allo stesso tempo rivolse un breve sorriso a Mary Seibert. DeMarco fu la prima ad andare alla porta, rivolgendo anche lei un sorriso a Mary.

«Da quanto fa le pulizie in zona?» chiese Kate.

«Otto o nove anni.»

«In tutto questo tempo le è mai capitata una cosa anche lontanamente simile a questa?»

«Oh, ogni tanto arriviamo a una casa che è stata usata. Di solito si tratta solo di ragazzini che cercano un posto dove fare festa. Ogni tanto troviamo prove di gente che ha dormito per terra. Una mia amica una mattina è entrata in una casa e ha trovato un senzatetto che dormiva nell’armadio di una camera da letto.»

«È successo qui a Estes?» chiese DeMarco.

«No, da qualche parte vicino a New Castle.»

Kate e DeMarco si scambiarono un’occhiata, di quelle che entrambe avevano finito con il conoscere e comprendere durante il tempo passato insieme. Era uno sguardo che diceva: «Interrogatorio finito.»

«Grazie mille del tempo che ci ha concesso, signora Seibert. A meno che lo sceriffo Armstrong non abbia bisogno di altro da lei, direi che è libera di andare. Apprezziamo la sua collaborazione.»

Mary si alzò, ovviamente pronta ad andarsene. «Ho sentito che ce n’è stato un altro. È esatto?»

«Non possiamo ancora darle dettagli chiari» disse DeMarco. Fece per andare alla porta ma poi si fermò, si voltò e aggiunse: «Però le consiglierei di stare lontana dalle case in vendita finché non sente altro.»

«Potremmo dare lo stesso consiglio a tutti gli impiegati immobiliari della zona» disse Kate.

Mary annuì guardando la tavola come se non sapesse bene cosa pensare. Kate aveva già visto quell’espressione molte volte. Era lo sguardo di una donna che adorava la cittadina che chiamava casa, ma che stava cominciando a comprendere che non era più sicura come un tempo pensava.

Se lei temesse

Подняться наверх