Читать книгу Se lei temesse - Блейк Пирс - Страница 7

CAPITOLO UNO

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I ragazzini di Stranger Things stavano cominciando a darle noia. Logico, pensava. Erano come tutti gli altri ragazzini. Entusiasmanti e carini quando li si conosceva, ma con la tendenza a farsi irritanti a mano a mano che crescevano. Kate Wise aveva la sensazione di conoscere quelli di Stranger Things piuttosto bene: si era sparata tutte le stagioni uno e due in tre giorni. E adesso che le si profilava davanti la stagione tre, non le andava.

Kate posò il telecomando di Apple TV sul tavolino e si alzò. Guardò l’orologio e rimase un po’ disgustata di scoprire che si erano fatte le cinque e dieci del pomeriggio. Poi guardò il tavolinetto del divano, la pila di libri acquistati alla libreria dell’usato di Carytown la settimana precedente. Ne aveva cominciato uno – uno sguardo piuttosto tedioso sulla vita di John Wayne Gacy – ma non aveva avuto la capacità mentale di reggerlo… né quello né qualsiasi altro libro, comunque.

Perciò si era messa finalmente a usare l’account Netflix, cosa che aveva solo perché gliene aveva parlato Allen. Avevano guardato qualcosa insieme, più che altro documentari e The Office, ma avevano scoperto rapidamente che insieme preferivano di gran lunga parlare. Però quando era sola, la sera tardi, Kate scopriva di preferire l’ozio. Non le era mai davvero piaciuto trascorrere molto tempo davanti alla televisione, ma ultimamente pareva che stessero cominciando a piacerle sciocchezze che la staccassero e scollegassero da tutto. Stava cominciando a piacerle l’idea di sfuggire al mondo reale; che si trattasse di trascorrere un po’ di tempo con dei ragazzini nel Sottosopra o di fingere interesse per Grey’s Anatomy, era bello prendersi una pausa mentale e assistere alle tragedie di qualcun altro, per un po’.

Dopotutto aveva moltissimo tempo. Il direttore Duran aveva prestato fede alle sue parole rabbiose e non la contattava da più di sei settimane. Sapeva di non essere stata licenziata, ma si sarebbero rivolti a lei solo per casi che necessitassero del suo tocco di esperta o di ricerca approfondita. L’aveva rimproverata e poi le aveva detto che sarebbe stata utilizzata solo per la ricerca – come cima di salvataggio per altri agenti, al massimo. Lo capiva: vista la sua età era stata un po’ troppo negligente nell’ultimo caso. Però Duran sapeva anche che era brava in quello che faceva e non era ancora pronto a rimuoverla.

Finora non era accaduto nulla del genere. In attesa della telefonata del direttore, la sua vita era andata avanti. In quelle stagnanti sei settimane aveva compiuto cinquantasei anni, sua nipote Michelle uno e lei e Allen avevano fatto due viaggi – uno in una remota baita sui Monti Blue Ridge e un altro nella Carolina del Sud a Surfside Beach per godersi gli ultimi attimi dell’estate.

Ma quell’ultimo viaggio risaliva a due settimane prima. Quando erano tornati, Allen aveva ripreso il lavoro. Pur mantenendo casa sua, trascorreva la maggior parte del tempo da Kate. Avevano parlato di convivenza e lei immaginava che ci sarebbero arrivati. Pensava a cose del genere mentre i giorni si consumavano. Però poi aveva scoperto Stranger Things e, Dio l’aiutasse, Grey’s Anatomy, e aveva avuto moltissimi modi per riempire quelle distese di tempi morti.

Aveva scribacchiato il libro che aveva sempre desiderato scrivere – uno sguardo su alcuni dei suoi casi più bizzarri. Aveva buttato giù una cinquantina di pagine, cosa che non aveva fatto che ricordarle che i giorni di gloria ora ce li aveva alle spalle. Persino con un agente già interessato (pur trattandosi in realtà di un accordo tra amici), non le riusciva di trovare la motivazione per proseguire col libro.

Sapeva di essere preda della monotonia. Se Duran aveva deciso di non aver più bisogno di lei, voleva che dicesse qualcosa. Essere lasciata andare, pensava, sarebbe stato preferibile che essere lasciata all’oscuro.

Aveva un’altra ora prima dell’arrivo di Allen. Spense finalmente la tv e pensò al libro, ma sapeva che oggi non aveva la spinta giusta per lavorarci. Guardò il cellulare e sfogliò i vecchi messaggi. Cinque giorni prima ne aveva ricevuto uno da Kristen DeMarco, per un saluto. Lei era ancora attiva, faceva da tappabuchi in casi i cui agenti, per una ragione o per un’altra, erano a corto di partner. Comunque DeMarco era rimasta in contatto – gesto che Kate apprezzava più di quanto DeMarco avrebbe mai saputo.

Erano diventate amiche molto rapidamente. Era molto, dato che Kate era sempre stata brava a tracciare la spessa linea vigente tra partner e amico. Ma in DeMarco c’era qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri partner che aveva avuto. C’era più di una promettente carriera e del carisma di una che non molla mai. Era una donna a tutto tondo che a volte ricordava a Kate fin troppo la se stessa più giovane. E rimanere in contatto con lei era stato uno dei fondamenti più cruciali della vita di Kate nelle ultime sei settimane.

Sorridendo, recuperò il numero di DeMarco e chiamò. Non la sorprese troppo udire la segreteria dopo quattro squilli. Non si curò di lasciare un messaggio; probabilmente stava lavorando a un caso e, anche se le mancava, non voleva interferire col suo lavoro.

Posò il telefono e si recò in cucina. Lei e Allen avevano in programma di uscire per cena, quindi non avrebbe dovuto cucinare. Si appoggiò contro al bancone e scrutò dalla finestra il giardino sul retro.

Così doveva essere la pensione vera e propria, immaginava. Sì, ne aveva fatto un po’ di esperienza un anno e mezzo prima, ma quella se l’era aspettata. Si era tenuta occupata con piccoli hobby e l’occasionale viaggio al poligono di tiro. Stavolta però si sentiva annoiata e fuori posto. Forse perché sapeva che Duran avrebbe potuto chiamare in qualsiasi momento per farla tornare nel flusso di cose.

O forse, pensava, si trattava di una sorta di presagio – dell’universo o di Dio o di qualcosa di simile che le diceva che a breve questa sarebbe stata la sua vita. Quindi meglio allacciare la cintura per la partenza e abituarcisi.

***

Per la cena avevano scelto il tailandese, cosa che a Kate stava bene dato che si trattava di una delle cucine da lei preferite degli ultimi anni. Era lo stesso ristorante in cui si recavano almeno due volte al mese. Mentre si accomodavano, Kate sentì la familiarità del posto e si chiese se anche quello non fosse un altro aspetto della pensione (oppure, nel caso suo, della pensione parziale): che i ristoranti e i negozi del posto si facessero tutti troppo familiari, incastrati in un loop di cui pareva non esistere uno scopo vero e proprio.

La monotonia del ristorante veniva infranta dalla conversazione, però. Allen sarebbe andato in pensione dal lavoro di advertising executive fra tre mesi. Tra due giorni sarebbe partito per Chicago per star via circa una settimana e probabilmente quello sarebbe stato l’ultimo viaggio. L’azienda stava chiudendo un enorme accordo e Allen negli ultimi giorni era stato proprio contento.

«Dicono che posso portare qualcuno» disse Allen tuffandosi sulla cena. “Tutto spesato. Perciò, se vuoi trascorrere qualche giorno a Chicago con me…»

«Sarebbe fantastico» disse Kate.

«Ho notato che sei un po’… non so… distante. Non in senso negativo. Sembri annoiata. Ferma…»

«Descrizione accurata» disse Kate. «Pensavo di nasconderlo meglio, però.»

«No, per niente» disse Allen con un sorriso. «Dunque, se vieni con me lavorerò molto. Conto che da sola starai bene, che ti godrai i panorami e che farai un po’ di shopping nella città ventosa.»

«Sì, penso che sarò in grado di cavarmela da sola.»

Il flusso della conversazione tra i due era naturale. Era passato quasi un anno da quando avevano cominciato a frequentarsi e quasi cinque mesi da quando le cose si erano fatte serie. Non avevano parlato di matrimonio e avevano appena toccato l’argomento convivenza effettiva – e a Kate stava bene così. Un’enorme parte del suo cuore era ancora riservata al suo defunto marito, Michael. Ogni volta che cercava di immaginare di vivere il resto della sua vita con Allen, salivano alla superficie ricordi di Michael e non sapeva se era pronta.

«Hai parlato con Melissa ultimamente?»

«Ieri. Mi ha chiamata per dirmi che Michelle quasi cammina. Non ancora, però manca poco…»

«Spaventoso» disse Allen. «Quando cominciano a camminare…»

«Oh, lo so. Melissa divenne un incubo assoluto quando fu in grado di spostarsi da sola. Ricordo una volta in cui…»

Le squillò il telefono nella borsetta, interrompendola. Fece per prenderlo, presumendo che si trattasse di Melissa, come invocata da loro. Ripensandoci, lo ignorò. Avrebbe lasciato un messaggio e Kate l’avrebbe richiamata.

Proseguirono con la cena, abbandonandosi ai ricordi dei due viaggi recenti che avevano fatto. Kate si era accorta di come la guardava Allen ultimamente. C’era della profondità lì, la sensazione che Allen la stesse quasi studiando. Un pensiero presuntuoso, però si chiedeva se non avesse in testa il matrimonio. Alla loro età trascorrere così tanto tempo insieme non significava necessariamente che il matrimonio fosse imminente, ma ogni giorno che passava doveva pur contare qualcosa. Non aveva idea di come avrebbe reagito se lui avesse varcato quella linea, ma era comunque bello pensarci.

La cena terminò, venne portato il conto e Allen lo raccolse rapidamente. Sapeva che lei non aveva alcun problema finanziario; anzi, quando era andata in pensione la prima volta si era messa alla ricerca di un piano pensionistico che le permettesse di trascorrere il resto della vita in non pochi agi. Ma Allen adorava farla sentire al sicuro quando poteva, come se fossero davvero una coppietta. E per lui ciò significava che doveva pagare l’uomo.

«Ti raggiungo tra un attimo» disse Kate mentre lui si alzava con il conto in mano. «Penso che abbia chiamato Melissa mentre cenavamo. Vorrei richiamarla.»

«Salutamela» disse Allen dirigendosi alla cassa.

Kate pescò il telefono dalla borsetta e vide che la chiamata persa non era di Melissa. Era di Duran.

L’agitazione e il senso di colpa la lacerarono. Sapeva che Duran avrebbe chiamato solamente – e a quell’ora per giunta – per un’unica ragione. E se la pancia aveva ragione (e di solito ce l’aveva), probabilmente poteva pure dimenticarsi del viaggio a Chicago con Allen.

Non ha senso pensarci, pensò.

Richiamò subito, sapendo che Duran non era tipo da stare tanto al telefono. Squillò una sola volta.

«Kate, come stai?»

«Bene.» Sapeva che se usava il suo nome proprio voleva dire che aveva fretta – che non si sarebbe preoccupato delle formalità.

«Se ti interessa, ho un caso per te. Non dovrebbe essere un lavoraccio, niente di straordinario.»

«Be’, ovvio che lo voglio. Che dettagli hai?»

«È nel Delaware. Finora due omicidi molto probabilmente collegati. Mi serviresti lì domani. Per quanto riguarda le specifiche, lascio che ti informi l’agente in capo.»

«Chi è?»

«DeMarco» disse Duran. Pareva avesse un po’ troppa gioia nella voce nel rivelarlo. Persino lui vedeva la collaborazione fiorente che le due erano riuscite a costruire. «Finora ha gestito le cose a meraviglia, ma la cosa sta cominciando a incepparsi e ha bisogno di una mano. Ovviamente lei non lo ammetterà mai.»

«Lo sa che sto arrivando?»

«La chiamo per farglielo sapere quando chiudiamo qui. Ti spiace guidare? Il bureau ti rimborserà la benzina.»

«Ottimo.» E anche se la cosa era davvero ottima, non poté evitare di pensare ad Allen e a Chicago.

«Fantastico. Chiamo DeMarco e le dico di avvisarmi quando arrivi. Grazie, Wise.»

Riagganciò lasciando Kate seduta al tavolino a scandagliare le proprie emozioni. Quando si mise in piedi, scorse Allen in sua attesa alla porta. Aveva un sorrisetto in faccia mentre lei lo raggiungeva.

«Non era Melissa, eh?»

«Come hai fatto a capirlo?»

«Sei molto rilassata quando parli con lei. La conversazione che hai appena fatto… ti ha illuminato il volto. Sedevi drittissima, concentratissima. Era Duran, vero?»

«Sì.»

Annuì aprendole la porta. Quando furono di nuovo nella strada inondata dal bagliore dei lampioni, le prese la mano. «Presumo che il viaggio a Chicago sia saltato, eh?»

«Mi è stata proposta un’opportunità» disse. «Ho pensato che potevamo parlarne stasera.»

«Un caso?»

«Sì.»

«Quando partiresti?»

«Domattina presto.»

«Allora non c’è nulla di cui parlare» disse. «Kate, ci siamo già passati. Lo so quanto significa questo lavoro per te. Quindi va’. Diavolo, io comunque devo lavorare. Sarebbe stato bello averti lì con me, certo, ma ci saremmo visti appena.»

«Allen, posso…»

«Va tutto bene. Sai… diverse settimane fa ti ho dato un ultimatum. Penso ancora quello che ho detto all’epoca, però… credo che non ci sia problema. Penso che dobbiamo tenerlo a mente per quando finalmente darò addio al mondo del lavoro.»

«Tre mesi» disse lei con un sorriso.

«Lo so. Difficile a credersi.»

Il tailandese si trovava a solo un miglio e mezzo da casa di Kate e avevano scelto di andare a piedi – cosa che cercavano di fare almeno due volte a settimana. Era una bella serata e cominciava a fare un po’ di freddo a mano a mano che scendeva la notte.

«Allora se parto verso le quattro e mezza del mattino non ti arrabbierai?» chiese qualche momento dopo.

«No. Voglio che ti godi il lavoro finché ce la facciamo entrambi. Non mi arrabbierò tanto. Però prima di andare dammi un bacio.»

Kate si sporse verso di lui, chiedendosi come avesse fatto a trovare un uomo tollerante e comprensivo come Allen. E, con ciò, si chiese anche fin quando avrebbe sopportato il suo strano lavoro.

«Se continui con questa comprensione» gli disse «avrai molto più di un bacio.»

Rise, le cinse la vita e proseguirono nella notte.

Se lei temesse

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