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CAPITOLO UNO

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Un uomo gigantesco, quasi simile a un bue, si avvicinò al microfono e iniziò a parlare.

“Sono onorato di presentare …”

Improvvisamente la sua voce tonante fu interrotta da un rimbombo che riempì tutto l’enorme auditorium.

Il rumore, anche se di breve durata, quasi fece venire un colpo a Riley Sweeney, che, tuttavia, un paio di secondi dopo sogghignava nervosamente insieme al resto dei diplomati dell’Accademia dell’FBI. Si sapeva che il Direttore dell’FBI Bill Cormack aveva una voce profonda e tonante, che causava scompiglio negli impianti audio.

Sarebbe meglio se spegnesse il microfono, Riley pensò.

Con una voce tanto potente, senza dubbio l’uomo era in grado di farsi sentire da tutti i presenti senza molti problemi.

Invece, sorridendo con ironia, il Direttore Cormack riprese a parlare di nuovo al microfono, a tono molto più moderato questa volta.

“Sono onorato di presentare i diplomati di quest’anno dell’Accademia dell’FBI di Quantico. Congratulazioni a tutti voi per aver affrontato tutte le sfide delle ultime diciotto settimane.”

Riley rimase colpita da quelle parole.

Diciotto settimane!

Se solo avessi avuto diciotto settimane complete!

Aveva saltato quasi due settimane, trascorse ad inseguire un brutale killer, anziché a partecipare alle lezioni ed ai vari addestramenti alla base.

Il suo mentore, l’Agente Speciale Jake Crivaro, l’aveva strappata via dall’Accademia, senza molti complimenti, per farla lavorare ad un caso in West Virginia: si era trattato di un caso davvero orribile di un killer che uccideva le sue vittime, avvolgendole nel filo spinato.

Dopo quell’esperienza, recuperare il tempo perso all’Accademia era stato difficile. Aveva invidiato gli altri studenti, che avevano più tempo per un compito così impegnativo. Ma, alla fine, Riley sapeva che quel giorno non si sarebbero diplomati tutti i 200 studenti che avevano iniziato con lei: alcuni avevano fallito e altri avevano semplicemente gettato la spugna.

Riley era orgogliosa di essere riuscita ad ottenere il diploma, nonostante tutto; tornò a rivolgere la sua attenzione al discorso del Direttore Cormack.

“Ripenso con stupore al viaggio che io e molti altri agenti abbiamo fatto prima di voi, e a quello che state per intraprendere oggi. Posso dirvi, per esperienza personale, che è un viaggio profondamente gratificante, ma, talvolta, non si ottiene molta riconoscenza. Le vostre azioni altruiste non sempre saranno accolte pubblicamente con gratitudine.”

Si fermò per un istante, come se riflettesse sulle esperienze personali.

Poi riprese: “Ricordate che ben poche persone, al di fuori del Bureau, hanno idea delle vostre importantissime responsabilità. Sarete criticati per come svolgerete il vostro lavoro; ogni vostro errore sarà soggetto ad un’analisi spietata, spesso sotto lo sguardo dei media. Quando non riuscirete a risolvere un caso, vi sembrerà di essere messi all’indice da tutto il mondo. Quando invece avrete successo, spesso vi sentirete trascurati e sottovalutati.”

Si protese appena in avanti, aggiungendo quasi in un sussurro …

“Ma ricordate sempre, non sarete soli. Ora siete parte di una famiglia, la famiglia più orgogliosa, leale e rassicurante che possiate immaginare. Ci sarà sempre qualcuno qui a confortarvi nella sconfitta e a celebrare con voi in caso di trionfo.”

Riley sentì formarsi un nodo in gola al semplice suono di quella parola …

Famiglia.

Di fatto non ne aveva più avuta una, dal momento in cui sua madre era stata uccisa proprio davanti ai suoi occhi, quando era ancora una bambina. Suo padre era vivo, già, un ex-Marine inasprito e solitario, che viveva sugli Appalachi. Ma non lo aveva visto da …

Quando?

L’ultima volta era stato prima di laurearsi, al college, nell’autunno precedente, ricordò. E quell’incontro non era stato affatto piacevole. In realtà, con ogni probabilità, suo padre non sapeva quasi nulla di quello che lei aveva fatto da allora, in quei mesi. Gliene avrebbe mai parlato? Si chiese, incerta anche sulla sola prospettiva di rivederlo.

E, ora, il Direttore Cormack le stava offrendo la promessa di qualcosa che aveva sognato, ma non aveva mai avuto.

Famiglia!

Era davvero possibile?

Si sarebbe sentita come parte di una grande famiglia nei giorni a venire?

Si guardò intorno, osservando i volti dei colleghi diplomati. Molti si sorridevano tra loro, altri invece sussurravano l’uno all’altro, mentre il discorso del Direttore Cormack proseguiva. Riley sapeva che molti avevano creato delle amicizie durevoli in Accademia.

Soffocò un sospiro, consapevole di non aver davvero trovato una “famiglia” in quel luogo. Impegnata totalmente dall’ultimo caso di omicidio, non aveva avuto molto tempo a disposizione per socializzare e uscire con gli amici.

Tuttavia, aveva scoperto due amicizie molto solide nel tempo che aveva trascorso in Accademia: la sua coinquilina, Frankie Dow, e John Welch, un ragazzo idealista e bello che aveva imparato a conoscere durante l’estate, quando entrambi avevano partecipato alle dieci settimane del Programma d’Internato dell’FBI.

Anche John e Frankie erano presenti. Visto che la classe di diplomati era seduta in ordine alfabetico, Riley e i due amici non avevano potuto sedersi insieme e lei non conosceva i colleghi che le erano accanto.

Riley ricordò a se stessa che lei e il suo fidanzato, Ryan Paige, erano già, o quasi, una famiglia. Si doveva presto trasferire con lui nel loro appartamento di Washington DC ed avevano progettato di sposarsi presto. Riley aveva subito un aborto all’inizio della sua gravidanza, ma sicuramente avrebbero avuto figli negli anni a venire.

Si domandò se Ryan fosse lì tra il pubblico. Era sabato e poteva essere un giorno lavorativo per un avvocato all’inizio della sua carriera come Ryan. Inoltre, Riley sapeva che l’uomo nutriva sentimenti misti nei confronti della carriera che lei aveva scelto.

Il discorso del Direttore Cormack giunse al termine; era arrivato il momento del giuramento di tutti i nuovi agenti. Ad uno ad uno, l’uomo avrebbe pronunciato i loro nomi. Ognuno di loro avrebbe raggiunto il palco e prestato il giuramento dell’FBI; una volta ricevuto il proprio distintivo, sarebbe poi tornato a sedersi.

Furono chiamati in ordine alfabetico, e, mentre Cormack proseguiva a leggere la lista, Riley si ritrovò a desiderare che il suo cognome non iniziasse con la diciannovesima lettera dell’alfabeto. Fu una lunga attesa. Frankie, naturalmente, salì sul palco prima di lei; le fece um cenno di un saluto, sorridendo, mentre tornava al proprio posto.

Quando, finalmente, il direttore chiamò il nome di Riley, sentì le ginocchia diventare deboli, mentre si alzava e si faceva strada passando davanti agli altri diplomati seduti, fino ad imboccare il corridoio. Quando salì sul palco, le parve di distaccarsi dal proprio corpo.

Finalmente, si ritrovò sul palco, sollevò la mano e ripeté dopo il Direttore Cormack …

“Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, stranieri e interni …”

Dovette soffocare una lacrima, mentre continuava.

E’ tutto vero, si disse. Sta succedendo davvero.

Il giuramento era breve, ma a Riley sembrò che la voce potesse cederle prima che di giungere al termine. Infine, pronunciò le ultime parole …

“… e che adempierò bene e fedelmente ai doveri del servizio in cui sto per entrare. Che Dio mi aiuti.”

Riley protese la mano, aspettando che il Direttore Cormack le consegnasse il distintivo. Invece, l’uomo robusto le rivolse un largo sorriso, in qualche modo malizioso, e poggiò il distintivo sul podio.

“Adesso, aspetta, ragazza. Abbiamo una piccola questione di cui occuparci.”

Riley sussultò. Non sarebbe dunque riuscita a diplomarsi?

Il direttore estrasse una piccola scatola nera dalla tasca della sua giacca e disse …

“Riley Sweeney, è con mio grande onore che ti conferisco il Premio del Direttore per l’Eccellenza nella Leadership.”

Riley era stupita.

Il direttore aprì la piccola scatola ed estrasse un nastro al quale era attaccata una medaglia. Esplose un fragoroso applauso, mentre Cormack le metteva la medaglia intorno al collo. Cormack elogiò Riley per il suo spirito di iniziativa e la sua leadership durante le sue settimane all’Accademia.

Riley provò ad ascoltare attentamente quelle parole, ma si sentì stordita.

Non svenire, si ordinò. Resta in piedi.

Sperava che qualcuno stesse registrando qualunque cosa il direttore stava dicendo, perché era tutto confuso per lei.

Cormack le diede qualcosa.

Il mio distintivo dell’FBI, comprese Riley e l’accettò.

Poi, l’uomo le porse la mano. Lei la strinse, e poi si voltò per andarsene.

Mentre, da nuova agente dell’FBI, scendeva dal palco, Riley Sweeney vide che non tutti i diplomati sembravano felici per lei. Infatti, aveva appena finito di lavorare ad un caso di omicidio ed era stata premiata come team leader per le attività in Accademia. Non era un segreto che alcuni studenti sentivano che il recente lavoro sul campo svolto da Riley le avesse dato un ingiusto vantaggio su di loro. Era sicura che qualcuno, nell’ambiente delle forze dell’ordine, dovesse esserne particolarmente infastidito.

Riley tornò al proprio posto, sentendosi arrossita per l’emozione provocata dal premio conferitole. Non riusciva a ricordare che qualcosa di simile le fosse mai accaduto prima. Nel frattempo, le ultime reclute salivano ad una ad una sul palco, prestando il giuramento e ricevendo i distintivi. Quando fu il turno di John, Riley sorrise e gli fece un cenno di un saluto, ricambiato timidamente.

Dopo che gli ultimi studenti avevano prestato giuramento, il Direttore Cormack si congratulò di nuovo con le reclute per il risultato raggiunto e la cerimonia si concluse. Gli studenti si alzarono dai loro posti, cercando impazienti i loro amici.

Riley trovò rapidamente John e Frankie, raggianti d’orgoglio, mentre stringevano i loro nuovi distintivi.

“Ce l’abbiamo fatta!” John disse, abbracciando Riley.

“Siamo davvero agenti dell’FBI!” Frankie aggiunse, abbracciando anche lei Riley.

“Certo che lo siamo” Riley replicò.

Frankie aggiunse: “E la cosa migliore di tutte è che lavoreremo alla Sede Centrale di Washington DC. Potremo stare insieme!”

“Che cosa grandiosa!” Riley acconsentì.

Poi fece un respiro profondo. Dopo quell’estate difficile, tutto stava procedendo proprio bene. Meglio di quanto aveva immaginato.

Si guardò intorno, cercando Ryan, e lo vide muoversi attraverso la folla, verso di lei.

Era riuscito a venire dopotutto, e aveva un piacevole sorriso sul volto.

“Congratulazioni, tesoro” le disse, dandole un bacio sulla guancia.

“Grazie” Riley rispose, baciandolo a sua volta.

Prendendo la mano di Riley, Ryan soggiunse: “E ora, possiamo andare a casa.”

Riley sorrise ed annuì. Sì, quella era davvero una gran cosa in quella giornata. Durante tutte le sue settimane all’Accademia, aveva dovuto dormire nel dormitorio, mentre Ryan era rimasto nel loro appartamento di Washington DC. Non avevano passato molto tempo insieme, come entrambi avrebbero voluto.

La sua assegnazione alla Sede Centrale di Washington dell’FBI significava che avrebbe lavorato a poche fermate di metro dal loro appartamento. Potevano stabilirsi lì e creare una vita insieme, forse persino programmare presto il loro matrimonio.

Ma, prima che Ryan e Riley potessero andar via, John la chiamò.

“Aspetta un attimo, Riley. C’è ancora una cosa di cui occuparsi.”

Riley sgranò gli occhi, ricordando …

Sì, c’è ancora una cosa da fare.

Lei e i suoi amici uscirono nella fredda aria invernale; i nuovi agenti erano tutti allineati e attraversavano il cortile interno, diretti al poligono di tiro dell’FBI. Riley e gli amici si precipitarono a unirsi alla fila, mentre Ryan li seguì.

Riley si accorse che Ryan sembrava alquanto perplesso.

Non capisce che cosa sta succedendo, pensò.

Non c’era tempo per discutere in quel momento. Riley e gli amici si stavano avvicinando al quartiermastro.

Quando lo raggiunsero, l’uomo diede ad ognuno di loro un’arma di servizio, una pistola Glock calibro 22.

Ryan spalancò la bocca, sorpreso e anche un po’ agitato, Riley ne era sicura.

Dovrà abituarsi al fatto che io abbia un’arma da fuoco, lei pensò.

Riley gli sorrise e disse: “OK, possiamo andare a casa ora.”

Tirò un sospiro di sollievo, quando comprese che l’uomo non intendeva dire alcunché il fatto che stesse portando con sé un’arma letale. Entrambi salutarono i suoi amici e attraversarono di nuovo il cortile interno.

Andrà tutto bene, pensò.

Poi, improvvisamente, un ragazzo le si avvicinò, dandole una busta.

“Sei Riley Sweeney?” il giovane chiese.

“Sì” Riley rispose.

Il giovane le porse la busta e disse: “Mi hanno chiesto di darti questo. Devi firmarlo.”

Riley firmò per la busta, poi la aprì frettolosamente.

Lei barcollò, indietreggiando di alcuni passi, mentre leggeva.

“Di che cosa si tratta?” Ryan chiese.

Lei deglutì e gli disse: “Mi hanno cambiato incarico.”

“Che cosa significa?” lui chiese.

“Non lavorerò più alla Sede Centrale del Bureau di Washington DC. Sono stata assegnata all’Unità di Analisi Comportamentale, proprio qui a Quantico.”

Ryan balbettò: “Ma, ma tu hai detto … che avremmo vissuto insieme.”

“Lo faremo” Riley gli rispose in fretta, rassicurandolo. “Dopotutto, non è un viaggio così lungo.”

Nonostante le sue parole rassicuranti, sapeva che il cambiamento avrebbe senz’altro complicato le loro vite: non avrebbe reso impossibile la loro convivenza, ma non l’avrebbe resa facile.

Ryan scattò: “Beh, non puoi farlo. Dovranno cambiarlo.”

“Non posso far cambiare niente” Riley replicò. “Sono l’ultima ruota del carro qui, proprio come lo sei tu nello studio legale.”

Ryan restò in silenzio per un lungo istante, poi brontolò: “Ma di chi è stata quest’idea?”

Riley ci rifletté. Non aveva mai neppure inserito Quantico tra le sue scelte. Chi era intervenuto per farla assumere lì?

Poi, comprese con un sospiro …

Credo davvero di saperlo.

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