Читать книгу Il Volto della Paura - Блейк Пирс - Страница 10

CAPITOLO SETTE

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Zoe gironzolò nel piccolo studio, osservando le illustrazioni e i disegni che ricoprivano ogni possibile superficie. Spettava a qualcuno che aveva più interesse di lei per l’arte affermare se Javier avesse o meno del talento. Il fatto che fosse produttivo, tuttavia, era fuori discussione.

“Questi sono tutti per tatuaggi?” domandò, esaminando i disegni.

“Sì, certo.” Javier annuì. “In gran parte sono stati utilizzati. Comunque, posso prepararvi qualcosa di originale, se lo desiderate.”

Zoe si girò di scatto a guardarlo per capire se stesse scherzando. Sembrava serio, il che era peggio.

“Non penso proprio,” disse lei, accontentandosi di impiegare queste semplici parole, sperando che lui non insistesse. Non le sarebbe piaciuto rovinare l’interrogatorio prima ancora di iniziarlo, dicendogli apertamente la sua opinione sulle persone che si facevano i tatuaggi.

Soprattutto tatuaggi del genere: opere casuali, indiscriminate. Zoe riusciva anche capire che a qualcuno potesse piacere la forma fumettistica del viso di una donna come opera d’arte da appendere ad una parete o da riporre in un libro. Ma imprimerlo sul corpo per il resto della propria vita? Indossare il volto di questa persona, questa donna fittizia, che non significava niente per nessuno ed era semplicemente frutto della fantasia occasionale di un artista?

Era strano oltre ogni limite, e lei non sapeva se fidarsi di qualcuno disposto ad accogliere una testimonianza permanente di una cosa così insensata.

“Come vuole.” Javier scrollò le spalle, apparentemente non infastidito dal suo disinteresse. “Non so cosa farò con il disegno che ho creato per Callie. Stavo pensando di tatuarlo su di me, ma potrebbe essere piuttosto inquietante.”

“Per quale motivo?” domandò Zoe, collegandosi alle parole del ragazzo. In base alla sua esperienza, se qualcuno coinvolto in un caso di omicidio riteneva che una cosa fosse “inquietante”, solitamente valeva la pena approfondire.

“Beh, prima di tutto era un’opera commemorativa. Venite, ve la mostro.” Javier iniziò a rovistare su una scrivania piena di scarti di schizzi realizzati su carta da lucido, e tirò fuori un blocchetto da disegno sul quale c’era un’illustrazione più rifinita. Era colorata con intense pennellate di nero, che andavano a costituire la sagoma di un uccello in volo.

“Cos’è?” domandò Zoe, ignorando l’occhiataccia che Javier le aveva rivolto per non aver immediatamente capito la sua opera artistica.

“È un corvo. Basato sul mito di Muninn,” iniziò lui.

“Viene dall’Antico Norreno, significa memoria,” lo interruppe Zoe. Almeno in questo caso, poteva dimostrare di saperne qualcosa. “Un uccello che assisteva il dio Odino. È per questo che l’ha definita un’opera commemorativa.”

“Per questo e per i fiori.” Javier indicò i tralci di fiori dietro l’uccello nero, accuratamente colorati con sfumature lilla e viola. “Sono zinnie, rappresentano la memoria di un amico perduto.”

“In memoria di chi?” domandò delicatamente Shelley, che si trovava dietro Zoe, intenta a osservare il disegno.

“Di un vecchio amico.” Javier storse la bocca, scrollando le spalle. “Un vecchio fidanzato, in realtà. Di quando Callie era, ehm …”

“Drogata?” continuò Zoe. Sentì sussultare Shelley alle sue spalle, ma non ebbe alcuna reazione. Che motivo c’era di girarci attorno? Sapevano tutti di cosa stavano parlando. Non era un segreto per nessuno di loro.

“Già,” disse Javier, grattandosi la nuca. “Stavo per dire in un giro sbagliato, ma sì.”

“Qual è la storia?” chiese Shelley. Il suo tono era molto più sensibile di quello di Zoe. In qualche modo, aveva l’abilità di porre domande ugualmente dirette ma facendole sembrare molto più … gentili.

“Era un brutto tipo. Uno del gruppo che l’ha fatta entrare nel giro della droga. Per quanto ne so, se non erano fatti, erano ubriachi. E se non erano né fatti né ubriachi, erano a sniffare coca nei bagni e a scoparsi a vicenda.” Javier scosse la testa, facendo un respiro profondo. “Scusatemi. Non mi piace pensare a lei in questo modo. Lei non è davvero così. Non era così, in questi ultimi anni in cui l’ho conosciuta.”

“Si è disintossicata dopo il college, giusto?” domandò Shelley.

“Esatto. L’ho aiutata io. All’inizio non poteva permettersi la riabilitazione, quindi abbiamo organizzato una fiera artistica. Abbiamo raccolto un po’ di soldi per lei, per me e per qualcun altro della nostra classe. Siamo rimasti in contatto da allora.”

“Questo ex,” incalzò Zoe, cercando di non farlo divagare.

“È stato ucciso, credo. Non so. A Callie non piaceva molto parlarne, all’epoca. Negli ultimi anni, aveva iniziato a fare i conti con il suo passato, a voltare pagina. Credo avesse finalmente accettato il fatto che lui non fosse il tipo giusto per lei, che il loro rapporto era malato. Ma anche che avevano avuto qualcosa di importante. Ecco il motivo dei fiori. Non si tratta soltanto di amore, ma di un amico perduto.”

Ucciso? Quel dettaglio attirò parecchio l’attenzione di Zoe. “Conosce le circostanze della sua morte?”

“Non è stata un’overdose. La polizia stava indagando, ma non so se hanno mai preso qualcuno. È tutto quello che so.”

Zoe rifletté su questa idea. Poteva trattarsi di un collegamento convincente, se prima questo misterioso ragazzo e poi Callie fossero stati uccisi. Avevano soltanto bisogno di trovare un legame con Dowling, e avrebbero avuto qualcosa per le mani. Magari qualcosa che aveva a che fare con la droga.

Shelley aveva detto che si trattava soltanto di una moda, ma i tatuaggi … Zoe non ne era mai stata una patita. Per lei, si associavano ad una parte della società che vedeva più spesso dietro le sbarre che in posizioni rispettabili. Non era possibile trovare un buon lavoro avendo un tatuaggio. Sicuramente non sarebbe stato possibile trovarlo nelle forze dell’ordine: non con lacrime da prigione tatuate sul viso o il nome del proprio figlio su tutta la gola.

Il tatuaggio che Javier aveva disegnato per Callie era grande. Diciotto centimetri, da una parte all’altra. Era impossibile nasconderlo. Al contrario, era concepito per essere messo in mostra. Le persone con tatuaggi visibili, come il suo e come quelli di Dowling, di solito non erano brave persone.

I conti iniziavano a tornare. Callie e il suo fidanzato erano nel giro della droga, frequentavano le persone sbagliate. Anche se era pulita quando è morta, aveva quel genere di trascorsi che attiravano l’omicidio. E per quanto riguarda Dowling, soltanto perché ormai aveva uno stile di vita sano, non vuol dire che non fosse stato coinvolto in qualcosa di losco in passato.

“Grazie, Javier,” disse bruscamente Zoe. “Il suo aiuto sarà molto prezioso.”

“Aspetta,” la interruppe Shelley. “Ho ancora un paio di domande.”

Zoe le fece cenno di proseguire, dirigendosi verso la porta dove avrebbe potuto attendere senza intralciare la sua partner. Dal suo punto di vista avevano finito, e voleva andar via subito. Non voleva perdere altro tempo a guardare questi inutili disegni di tatuaggi e parlare con Javier, che aveva già detto loro la cosa più interessante che dovevano sapere.

“Conosci qualcuno che avrebbe voluto fare del male a Callie?”

Javier fece cenno di no con la testa. “L’ho già detto prima ai poliziotti. Ultimamente era una ragazza dolcissima. Insomma, era davvero cambiata. Nessuno voleva che le accadesse qualcosa di male.”

Ma era davvero cambiata? Si domandò Zoe. Un lupo poteva perdere il vizio? Callie sicuramente non poteva perdere i suoi, non quelli impressi per sempre sul suo corpo. Per sempre, appunto, a meno che il suo assassino non li avesse eliminati con il fuoco.

Forse era tutto collegato. Forse aveva i tatuaggi di una gang che dovevano essere rimossi attraverso le fiamme. Forse qualcuno la vedeva come l’ultimo collegamento di una serie di omicidi che si era protratta per molto tempo. L’ultima parte di una vendetta compiuta da un trafficante uscito di prigione, o da una gang di motociclisti che desiderava sbarazzarsi di qualcuno che aveva infranto le regole.

“Cosa mi dice di stamattina, stanotte, ieri? Ha notato qualche faccia nuova che si aggirava da queste parti?” domandò Shelley.

“No, assolutamente no,” le rispose Javier. Le sue gambe cedettero e lui si afflosciò su una panca bassa collocata accanto a un tavolo, seppellendosi la testa tra le mani. “Vorrei saperne di più. Vorrei potervi dire qualcosa che possa aiutarvi a trovare il bastardo che le ha fatto questo. Lei non lo meritava.”

Ma forse qualcuno pensava che lo meritasse. Spettava a Zoe e Shelley scoprire chi, e qui non stavano facendo alcun passo avanti.

“La lasceremo con i suoi pensieri,” disse Zoe, una frase che aveva già sentito prima e che pensava sembrasse almeno un po’ sensibile. “Se le viene in mente qualcosa che pensa possa esserci utile, ci chiami, per favore.”

Ignorando le occhiate di biasimo che Shelley le stava lanciando per non essere stata abbastanza gentile, uscì dal monolocale di Javier, felice di respirare aria fresca e di non essere più distratta da tutti quei disegni pacchiani.

Il Volto della Paura

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