Читать книгу Il Volto della Paura - Блейк Пирс - Страница 12
CAPITOLO NOVE
ОглавлениеZoe attese l’elaborazione del comando di ricerca, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto.
“Ancora niente?” domandò Shelley.
“Dai un minuto al sistema,” rispose Zoe. Era ancora un po’ di cattivo umore per prima, e si sentiva talmente a suo agio attorno a Shelley da non preoccuparsi di nasconderlo. “Non è un film. Qui serve davvero del tempo per elaborare le informazioni.”
“Ok, ok,” disse Shelley. “Sono soltanto emozionata. Insomma, potrebbe trattarsi di un grosso indizio.”
Zoe la guardò con aria cupa, chiedendosi come fosse possibile per una persona passare da un’emozione all’altra così intensamente. Com’era possibile che Shelley potesse essere così sconvolta, quasi sul punto di piangere, ogni volta che vedeva un cadavere e interrogava un familiare, ed emozionarsi come una scolaretta alla prospettiva di risolvere il caso?
Lo schermo che aveva di fronte lampeggiò, attirando la sua attenzione verso una lista di risultati. Sembrava che la loro seconda vittima, Callie Everard, si fosse data da fare per diversi anni. C’erano molti verbali che la riguardavano all’interno del sistema del commissariato di polizia locale, tra cui un paio di arresti per possesso di sostanze illegali.
“Ci siamo,” disse Zoe. “È stata interrogata un paio di volte in relazione alla morte di un certo Clay Jackson. Deve essere lui.”
“Clay Jackson? Perfetto,” ripeté Shelley, digitando il nome dell’uomo nella barra di ricerca sul computer che era stato portato nella loro temporanea stanza delle indagini.
A volte era estenuante lavorare in queste condizioni. Spostandosi sempre di città in città, riuscendo a malapena ad ambientarsi per poi essere spedite da qualche altra parte. Tornare a casa soltanto per le udienze, che erano sempre indesiderate e inevitabilmente inopportune.
Zoe cliccò sul nome dell’uomo e studiò i rapporti delle indagini. Stava ancora aspettando che la pagina si caricasse quando Shelley prese la parola. Non c’era da sorprendersi che i motori di ricerca su internet fossero più veloci rispetto al sistema della polizia di stato.
“Ho trovato qualcosa. L’account social commemorativo di Clay Jackson. Ci sono diversi post, ogni anno, in occasione dell’anniversario della sua morte e del compleanno, ma ci sono anche foto. Aveva un sacco di tatuaggi.”
“Un sacco?”
“Più di Callie. E credo di poterne riconoscere uno o due che hanno un particolare significato di strada. La teoria della gang potrebbe reggere.”
Zoe sbuffò, scuotendo la testa. Si alzò per dare un’occhiata, guardando le foto di Clay Jackson. Era alto un metro e ottantacinque e pesava sessantatre chili nella sua ultima immagine. Strafatto, a stento mangiava. Aveva l’aria di chi un tempo era stato in forma e in salute, muscoloso, prima che questa dipendenza prendesse il controllo della sua vita. Nelle foto diventava sempre più magro. Non ha mai portato a termine quel percorso, è stato ucciso prima.
“Perché i criminali fanno questo?” domandò.
“Fare cosa?”
“Si marchiano per noi. Ce la rendono facile con i loro tatuaggi da gang.”
“Non credo sia questo il senso di tatuarsi,” disse Shelley, sorridendo ironicamente mentre continuava a darle le spalle. “Si tratta di conformismo sociale. Mostrare l’appartenenza ad un determinato gruppo. A volte, il sentimento di lealtà e cameratismo che si ottiene da quel senso di appartenenza oltrepassa la necessità di proteggersi o la logica di evitare l’arresto.”
“Non farei mai un tatuaggio da gang. Anche se fosse un requisito per entrare a farne parte. Anzi, soprattutto se fosse così. Che regola idiota.”
Shelley girò leggermente la sua sedia, rivolgendo a Zoe uno sguardo divertito. “Comunque non penso proprio che ti uniresti a una gang. Richiederebbe troppi convenevoli. Non credo ti piacerebbe.”
“Non farei un tatuaggio per nessun motivo al mondo,” rispose Zoe, sottolineando l’altra parte della questione. “E non capisco perché qualcuno voglia farlo. Cosa può esserci di tanto importante da spingere una persona a disegnare qualcosa di permanente sul suo corpo?”
“Proprio non ti piacciono i tatuaggi, vero?”
Zoe non capiva se Shelley la stesse prendendo in giro o meno. “Sono un segno di scarsa intelligenza. Statisticamente, è molto più probabile che a tatuarsi siano i criminali rispetto ai cittadini onesti. E col passare del tempo, i tatuaggi assumono inevitabilmente un aspetto idiota. Perché stai sorridendo in quel modo?”
“Perché c’è qualcosa di me che non sai.” Shelley allontanò leggermente la sedia dalla scrivania e sollevò il piede. Prima che Zoe potesse protestare o chiederle cosa stesse facendo, Shelley alzò l’orlo dei pantaloni per mostrarle la pelle della sua gamba.
Sopra era tatuato un papavero in miniatura, di rosso brillante e nero, così realistico da far pensare a Zoe che quasi potesse allungarsi e coglierlo.
“Hai un tatuaggio?” disse Zoe, nonostante fosse ovvio. Era rimasta davvero basita. Non avrebbe mai immaginato che Shelley fosse tipa da profanare il suo corpo in quel modo.
“Ha ancora un bell’aspetto, no?” disse Shelley. Stava sorridendo: Zoe pensò che fosse una risata bonaria, ma non ne era del tutto convinta. “L’ho fatto quando ero al college. Il nome di mia nonna era Poppy. Dopo che è morta, ho pensato potesse essere un bel modo per ricordarla.”
Zoe si accasciò sulla sua sedia. Si sentiva a corto di fiato. “Ne hai altri?”
“No,” rise Shelley. “Ha fatto un male cane. Ho giurato a me stessa che avrei chiuso con i tatuaggi.”
“Non conoscevo questa … questa parte di te.”
“Quale parte? Quella criminale e scarsamente intelligente?”
Zoe deglutì. Poteva anche avere difficoltà a capire le emozioni umane e le regole sociali, ma in questo caso sapeva cosa fare: doveva scusarsi con la sua partner.
“Non volevo riferirmi a te,” disse. “Non sapevo che …”
“Hai fatto un’ipotesi,” continuò Shelley. “So che non pensi che io sia una persona cattiva, quindi devi considerare l’eventualità che la tua ipotesi non sia del tutto corretta. Non si tatuano soltanto i criminali e gli idioti.”
Zoe annuì, ponderando attentamente le sue parole. “Ammetto che un marchio di rispetto e commemorazione nei confronti di un caro scomparso possa essere una valida ragione per fare una cosa del genere.”
“Beh, almeno è un progresso,” disse Shelley. Stava ancora sorridendo, e Zoe aveva la sensazione che la stesse ancora prendendo in giro. Ma aveva incasinato le cose e detto qualcosa di potenzialmente offensivo, quindi le sembrava giusto. “Come sta andando la tua ricerca?”
Zoe colse la sottile allusione e rivolse nuovamente la propria attenzione al monitor, dove i precedenti penali di Clay Jackson si erano finalmente caricati del tutto. Fischiò debolmente, scuotendo la testa alla lunga lista di risultati che era comparsa. “Ok, ha decisamente dei precedenti. Pare fosse affiliato a una gang locale, come sospettavamo.”
Ora toccò a Shelley alzarsi e sporgersi verso il monitor di Zoe. Lessero insieme i risultati. Non raccontavano una bella storia.
Clay Jackson era stato un membro di una gang di LA, una nota banda pesantemente coinvolta nel traffico di stupefacenti, tra le varie cose. Il genere di sostanze con cui Callie aveva incasinato la propria vita. Non era difficile capire dove si rifornisse.
I tatuaggi di Clay erano soltanto l’inizio. Quell’uomo era un elemento chiave della gang, sospettato di aver guidato attacchi in territorio rivale e di essere il cervello dietro diversi affari tra la gang e i fornitori e gli acquirenti. Aveva ricevuto diverse diffide per possesso di droga e di armi, ad ognuna delle quali ha fatto seguito un arresto e varie condanne. Aveva trascorso del tempo in carcere, entrando e uscendo continuamente dopo qualche mese, ma non lo avevano mai beccato a commettere qualcosa di abbastanza grave da sbatterlo in cella una volta per tutte.
Fino a quando non è finito tutto: il momento in cui è stato freddato in un vicoletto; il suo corpo è stato ritrovato in una pozza di sangue dalla polizia, dopo che i residenti dell’area avevano segnalato diversi colpi d’arma da fuoco. Non c’è mai stata nessuna vera prova su chi fosse il responsabile; soltanto legami indiziari e sospetti, facilmente visibili nella sequela di interrogatori e arresti successivi al delitto.
“Guarda qui,” indicò Zoe, battendo l’indice sullo schermo. “L’unica accusa che sono riusciti a confermare durante l’intera indagine è stata quella per possesso di arma da fuoco illegale. Il tizio che pensavano potesse essere il responsabile, solo che non potevano provarlo. Questo è stato il massimo che hanno ottenuto per lui. Gli hanno dato cinque anni.”
“Diamo un’occhiata,” disse Shelley. “Qual è il suo nome? Cesar Diaz?”
“Sì,” rispose Zoe, aspettando che la pagina si caricasse nuovamente. “La sua gang aveva legami stretti con i trafficanti Messicani. Pare che avessero combattuto per il controllo del territorio. Per avere il diritto di spacciare in quell’area.”
“Tutto torna. Clay era un pezzo grosso nella sua organizzazione; era quello che chiudeva gli affari e portava a termine le vendite, quindi ha senso che le gang rivali volessero fare fuori soprattutto lui, per mettere bene in chiaro chi avesse il controllo.”
I dati di Cesar Diaz apparvero sullo schermo.
Lessero entrambe l’ultimo aggiornamento, poi fecero una pausa e si guardarono.
Era una cosa grossa.
“Cesar Diaz è stato rilasciato con la condizionale qualche mese fa,” disse Shelley, dicendo ad alta voce ciò che avevano letto.
“Cesar Diaz è lì fuori, in strada, e forse cerca vendetta. Spiegherebbe l’omicidio di Callie. Elimina le cose alle quali Clay teneva di più per far sapere a tutti di essere tornato e mostrare che non si è indebolito. Che è ancora lui che comanda.”
“Ma cosa c’entra John Dowling? Quello non ha ancora senso per me.” Shelley aggrottò la fronte. “C’è una qualche connessione tra John e Cesar?”
Zoe esaminò la pagina, cercando di tirare fuori qualcosa. A quanto pare non c’era niente. Tornò immediatamente alla pagina precedente, al profilo di Clay Jackson.
Sotto il suo nome e la foto, accanto ai suoi dati fisici, c’erano alcuni link che portavano a sezioni più ampie. Una di queste riguardava le affiliazioni conosciute, e Zoe vi cliccò sopra per continuare a leggere il testo.
“Aspetta un secondo,” disse, notando qualcosa che fece scattare la sua memoria. “Alicia Smith. Sembra un nome comune, ma …”
Si alzò, prendendo il dossier di John Dowling dalla posizione in cui l’avevano lasciato, sul tavolo centrale. Sfogliò diverse pagine prima di trovare finalmente quello che stava cercando.
“Di cosa si tratta?” domandò Shelley, guardandola con ansia, con le dita che giocavano con il pendente a forma di freccia appeso al suo collo.
“Alicia Smith. Interrogata un paio di giorni fa da agenti in divisa in relazione all’indagine sulla morte di John Dowling.”
“Quale legame aveva?”
Zoe sorrise, assumendo un’espressione vittoriosa. “Alicia Smith è la madre di John Dowling.”
“Ma che …” Shelley si sporse in avanti, leggendo nuovamente sullo schermo. “Aspetta. Alicia Smith è anche la zia di Clay Jackson, da parte di sua madre.”
“John Dowling è il cugino di Clay Jackson. Ecco com’è connesso a Callie Everard.”
E, all’improvviso, tutti i pezzi si collocarono a formare il mosaico.
Shelley passò subito all’azione, digitando qualcosa sul PC di Zoe e muovendo il mouse con impazienza mentre la pagina si caricava nuovamente. “Ho i dettagli sulla libertà vigilata di Cesar Diaz. Meglio andare a fargli una visita.”