Читать книгу Non resta che uccidere - Блейк Пирс - Страница 5
CAPITOLO DUE
ОглавлениеNiente ascensore nel suo nuovo appartamento, ma ad Adele le scale non davano fastidio. La sua mano scivolava sul corrimano in legno lucido, mentre con la mente rivangava vecchi ricordi. Ricordava di quando scendeva saltellando questi gradini di marmo. Ricordava di quando si fermava a guardare la porta dall’altra parte delle cassette della posta. L’appartamento 1A. Le lettere argentate si erano scrostate ed erano state sostituite. In effetti l’intero appartamento era stato ristrutturato. Anche le luci sopra la sua testa non erano più lampeggianti e soffuse, ma fornivano una solida illuminazione ad atrio e scale. Adele fece l’ultimo gradino fermandosi in fondo alle scale e ricomponendosi.
Di nuovo in Francia. Non l’avrebbe mai detto.
Si passò una mano tra i capelli biondi che le arrivavano alle spalle e sorrise. Era passato meno di un mese dall’ultima volta che aveva visto suo padre. Quella faccenda al resort sciistico si era conclusa in modo strano. Adele avrebbe voluto andare a trovare suo padre per Natale, ora che si era trasferita in Europa. Ma il suo appartamentino in Francia era lontano dalla casa in Germania dove lui abitava, e la tempesta di neve di due settimane fa le aveva impedito il viaggio. Quindi aveva passato quella settimana con Robert, festeggiando il Natale alla sua villa.
Si portò una mano all’orecchio e toccò gli orecchini di diamante a goccia che le aveva comprato. Adele normalmente non era tipa da gioielli, ma un regalo di Robert era sempre qualcosa di speciale. Si accigliò, abbassando la mano e fissando la porta dell’appartamento di fronte. Robert sembrava non stare bene. Ogni volta che glielo chiedeva, lui negava, ma poi si metteva a tossire e a volte addirittura si scusava e usciva dalla stanza.
Scosse la testa, pensando che sarebbe stato meglio affrontare l’argomento in maniera più decisa l’ultima volta che l’aveva visto. Ma i festeggiamenti di Natale non le erano sembrati il momento adatto.
E ora, non solo era tornata in Francia, ma si era trasferita addirittura nell’appartamento dove un tempo viveva con sua madre. Il destino aveva fatto il suo gioco: l’unità si era resa disponibile solo una settimana dopo che Adele aveva iniziato la sua caccia a Parigi. Forse non si trattava solo di destino: forse era qualcosa di più vicino all’inevitabilità.
Adele tirò fuori dalla tasca un piccolo taccuino in pelle marrone e ne sfogliò le pagine, il suo umore che si incupiva. Si appoggiò al corrimano, rivolta verso l’1A mentre studiava il bloc notes.
Ogni indizio, ogni possibile pista, e alcune di quei dettagli – lo sapeva – la polizia non li aveva neanche mai conosciuti. Suo padre aveva cercato per anni l’assassino di Elise. E ora le aveva ceduto il taccuino, passandole effettivamente il testimone.
Erano tre settimane che Adele passava al setaccio il quadernetto, tra i vari spostamenti e i festeggiamenti di Natale. Tre settimane di tempo a scorrere gli appunti di suo padre, a catalogarli, a memorizzarli. Aveva nel suo computer diversi file che usava per smistare gli appunti. Alla fine avrebbe trovato qualcosa.
Tornare a questo appartamento? Non la stessa unità, ma lo stesso edificio che un tempo aveva condiviso con sua madre. Non si trattava di nostalgia: c’era uno scopo. Adele non si considerava una persona particolarmente nostalgica.
Lei era un segugio con una traccia da seguire. Pagina trentasette.
Ci tornò e rilesse le righe ora impresse nella sua mente.
“Qualcuno si sta scambiando biglietti… scritti a mano. Buffo?”
Adele scosse la testa. Aveva già chiesto a suo padre cosa significasse, ma neanche lui non era stato in grado di darle una spiegazione. Era semplicemente il ricordo di una conversazione che aveva avuto con la sua ex moglie. La prima volta che aveva sospettato che in Francia ci fosse qualcosa che non andava. La sua ex moglie lo aveva chiamato e gli era sembrata agitata. Gli aveva detto che qualcuno stava scambiando qualcosa. Adele strinse i denti. Suo padre non era mai stato un grande ascoltatore. Almeno l’aveva scritto prima di dimenticarsene completamente. Qualcuno stava scambiando biglietti, scritti a mano, buffo…
Quindi qualcuno stava scambiando biglietti. Cosa significava esattamente?
Adele tamburellò con il blocchetto contro la mano e fissò le cassette della posta.
Aveva già parlato con il postino. Un tipo giovane, non più di trent’anni. Certo non poteva darle un aiuto in merito. Aveva cercato di avere da lui delle informazioni su chi portasse la posta in quell’edificio quasi dieci anni fa. Non aveva saputo risponderle. Non glielo poteva dire. Informazioni confidenziali.
Se qualcuno stava scambiando la posta di sua madre lasciando dei biglietti, forse si trattava di uno stalker. Qualcuno che aveva un interesse per lei. Forse l’assassino stesso?
Ma le cassette erano chiuse. Non le mandava biglietti… li scambiava. Così diceva il messaggio. Così ricordava suo padre. Era stato irremovibile su quel punto. Al telefono, quella volta, sua madre si era mostrata agitata perché qualcuno scambiava biglietti.
Ma perché succedesse, qualcuno doveva avere bisogno della chiave della posta. Neanche il locatore ne aveva una. Adele aveva già tentato di chiamare l’ufficio postale un po’ di volte, ma si erano rifiutati di fornirle l’informazione al telefono. Aveva pensato di usare le sue credenziali, ma senza una cassetta attiva, sarebbe stata un’infrazione del protocollo e motivo di terminazione del contratto. Questa era solo la seconda settimana che lavorava da corrispondente per il DGSI, fra i casi gestiti dall’Interpol. Usare delle credenziali senza permesso probabilmente non era la tattica migliore.
Ma ora Adele aveva una nuova idea.
Percorse il corridoio e si avvicinò alla porta dell’1A, sollevò la mano e bussò con delicatezza.
Un rumore dall’interno, poi il silenzio. Adele bussò un po’ più forte. Altri fruscii, poi dei passi.
Poi il rumore della catena che tintinnava e la porta si aprì. All’interno, l’appartamento era piuttosto ordinato. Una credenza piena di piatti e tazze era collocata dall’altra parte di un tavolo, attorno al quale erano ordinatamente disposte quattro sedie imbottite. La donna che stava di fronte ad Adele era anziana, con rughe sulla fronte e attorno agli occhi. Aveva al collo un medaglione appeso a una catenina e indossava un cardigan rosa. La donna inarcò un sopracciglio quando il suo sguardo si posò su Adele. “Ancora tu?” disse nel suo roco francese.
“Sì,” rispose Adele, parlando francese e annuendo educatamente. Pochissimi parigini potevano sentire che la prima lingua di Adele non era la loro. Parlava con un leggero accento, secondo alcuni, ma per altri era difficile coglierlo. “Mi chiedevo se avesse un momento per parlare.”
“Non di nuovo riguardo agli affittuari, vero?” disse la proprietaria. “Te l’ho già detto prima: non posso dire niente.”
Adele, il sorriso fisso stampato in faccia, annuì educatamente. “Ricordo. No, niente affittuari. Il postino.”
Le sopracciglia della locatrice sembravano permanentemente inarcate. “Come ti ho detto, non ricordo. Sono passati anni.”
“Sì” disse Adele, “ma i locatori in Francia devono tenere dei registri, no? Per motivi fiscali.” Ecco il rischio. Ma Adele doveva seguire il suo istinto. Si voltò a guardare nell’appartamento, gli occhi che scrutavano l’arredamento ben disposto, i muri dipinti di fresco. Tutto nell’edificio, e nella sua ristrutturazione, suggeriva ordine.
“Lei non usa il computer per i suoi registri, vero?” chiese Adele.
La donna si accigliò. Si sistemò gli occhiali e scosse la testa coronata da capelli d’argento. “E anche se non lo facessi?”
Adele deglutì. “Ed è proprietaria di questo edificio da quanto? Dieci anni?”
“Faccio parte della famiglia da cinquanta. Sì, ne sono la proprietaria. Il mio ultimo marito dava una mano, ma faccio io la maggior parte del lavoro. E quindi?”
“Mi chiedevo se ci fossero delle dispute. Pacchi spariti, reclami. Oggetti fragili che sono andati rotti. In un edificio così grande, dev’esserci ogni tanto qualcuno con un problema.” Adele deglutì ancora. “Nello specifico, qualsiasi cosa sia successa una decina di anni fa o prima.”
La donna sbatté le palpebre dietro alle lenti dei suoi occhiali. “Ho una cartella per i reclami. Non so a quando risalgano. Ma quindi? Senza un mandato, non posso certo mostrarteli.”
Adele annuì, sentendo un brivido lungo la schiena. “Perché non vuole tradire i suoi affittuari, capisco. Ma cosa mi dice di affittuari che non abitano più qui? Gente che se n’è andata? Di sicuro non sarebbe un’invasione della privacy. Nello specifico… che mi dice di mia madre?” Ora toccò ad Adele scrutare la padrona di casa, aspettando con pazienza.
La donna arricciò il naso. “Non vuoi proprio mollare l’osso, eh?” La sua voce era roca per l’età, ma nei suoi occhi c’era un luccichio che spinse Adele a dire: “Se potessi, lo farei. Per favore, non mi interessano i locatari. Solo il postino. Che comunque sarebbe un’informazione pubblica, no?”
La donna si schiarì la gola. “Hai provato a chiamare la società?”
Adele sussultò. “Sì.”
“E?”
“Mi hanno detto che sono informazioni confidenziali,” aggiunse rapidamente. “Ma questo e dalla loro parte. Devono salvaguardare i registri dei dipendenti. Ma una disputa pubblica, un pacco andato perso… oppure,” si leccò le labbra, “posta manomessa… sarebbe scritto nel registro, no? Per favore, non glielo chiederei se non fosse importante. Elise Romei. Se la ricorda? Mia madre. Abitavamo qui una quindicina d’anni fa.”
Con sorpresa di Adele, la donna parve reagire al nome. Sgranò gli occhi e sbatté le palpebre dietro ai suoi occhiali. “Elisa Romei?” disse. “Certo che me la ricordo. Ricordo ancora la polizia, quando sono venuti a fare domande. Che tragedia. Hai detto che è tua madre?”
Adele annuì. “Non so se si ricorda. Ma in effetti vivevo qui anche io. Con mia madre. Avrei dovuto dirglielo quando ho firmato il contratto d’affitto, ma ho pensato che non fosse importante.”
“Sì? Però adesso lo è?”
Adele annuì, in silenzio, paziente. Guardò l’anziana donna. In qualche modo poteva notare qualcosa di familiare in quegli occhi intelligenti che la scrutavano da un volto raggrinzito. La donna guardava Adele a sua volta, studiandola, valutandola. Poi disse: “Non posso farti promesse. Ma darò un’occhiata. Lasciami qualche ora. Se trovo dei nomi su un modulo di reclamo per un postino, dove ci sia coinvolta tua madre, te lo faccio sapere. Ma di altri tenutari non posso. Ti va bene?”
Adele sorrise, pervasa da un’ondata di sollievo. “Sarebbe meraviglioso, grazie.”
La donna sorrise, le rughe attorno agli occhi che si facevano più evidenti, e annuì. Poi, lentamente, fece per chiudere la porta.
Adele fece un altro sospiro di sollievo e fissò la porta chiusa e dipinta da poco. Ora avrebbe solo dovuto aspettare. La locatrice aveva il suo numero.
Sperava solo che quella pista portasse i suoi frutti. Qualcuno scambiava biglietti. Scritti a mano. Buffo? Quell’ultima parte ancora non aveva senso, ma Adele sperava di poter capire tutto parlando con il postino. E se l’assassino era lui? Una persona che anni fa consegnava pacchi e posta avrebbe avuto l’alibi perfetto per intrufolarsi negli edifici e spiare le sue ignare vittime. Adele non ne era certa, ma si sentiva più vicina di prima alla soluzione.
Trattenne comunque l’emozione, non volendo sperare troppo, ed uscì dalla porta sul davanti, passando in strada. Si fermò un momento, rivolta verso la fermata dell’autobus di fronte a un bar. Sopra notò un cartello del limite di velocità. Chilometri, non miglia. Piccole differenze, ma piccole differenze importanti.
Adele sospirò. Doveva solo aspettare la risposta della padrona di casa.