Читать книгу Non resta che nascondersi - Блейк Пирс - Страница 11

CAPITOLO OTTO

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Adele sentì bussare alla porta. Sollevò un dito, poi si rese conto che la persona dall’altra parte della soglia non poteva vederla. “Un momento,” esclamò.

Ritornò al suo computer e gli occhi passarono poi all’agente Marshall che stava seduta dall’altra parte del tavolo di legno rotondo. Adele inspirò profondamente, raccogliendo i pensieri. “Quindi mi stai dicendo che i Beneveti si occupavano intensamente di attività collegate all’estrazione del petrolio,” disse.

L’agente Marshall annuì e i suoi capelli corti brillarono alla luce che filtrava dalla finestra e le disegnava una strana figura sulla testa, come una sorta di macchia sulla sua fronte.

“Cosa ci facevano questi due quassù? Pensi fossero coinvolti nell’apertura del nuovo resort?”

L’agente Marshall scosse la testa. “Non lo so. Questa informazione è protetta. Anche per noi. Dove ci sono in ballo i soldi, entra in gioco anche il potere.”

Qualcuno bussò ancora alla porta, educatamente ma questa volta un po’ più forte.

“Quasi finito,” disse Adele.  Riportò l’attenzione sull’agente tedesca. “Pezzo grosso italiano dell’industria del petrolio sparisce nelle Alpi. Ecco un titolo per te.”

L’agente Marshall le sorrise educatamente, le braccia incrociate davanti a sé. Ma trattenne la lingua. Adele la scrutò, cercando di decifrare la sua espressione. La Marshall era qui per aiutarla nel caso, o doveva solo evitare che Adele si immischiasse troppo?

Prima che la persona alla porta potesse bussare una terza volta, Adele chiamò: “Avanti, prego.”

La serratura emise un click e la porta si aprì leggermente. Un uomo con un’uniforme da inserviente si fermò a disagio sulla soglia.

“Salve?” disse Adele con tono curioso.

“Sì,” disse l’uomo con voce esitante. Fece un passo strascicato entrando nella stanza, ma poi parve ripensarci e si ritirò con la medesima rapidità. Rimase ad aspettare incerto sulla soglia, spostando lo sguardo da Adele all’agente Marshall.

Adele voltò il proprio sguardo interrogativo verso la giovane collega. La Marshall però si alzò in piedi e fece segno all’uomo. “Grazie per essere venuto, Otto.” La Marshall lanciò poi un’occhiata ad Adele. “Avevi detto che volevi parlare con alcuni dei dipendenti riguardo ai Beneveti.”

Adele inarcò le sopracciglia, indicando che aveva capito.

“Questo è Otto Klein,” disse la Marshall. “Lavora al resort da quasi cinque anni. Interagiva spesso con il signore e la signora Beneveti.”

Con espressione ora più morbida, Adele si voltò a guardare l’uomo. “Lei è un inserviente?”

Otto annuì e si schiarì la gola. “Sì,” disse in preciso tedesco.

“E la coppia scomparsa, li conosceva?”

Il signor Klein era ancora sulla porta, ma a un gesto di Adele entrò riluttante e si avvicinò al tavolo. La porta alle sue spalle era ancora aperta, e Adele sapeva per esperienza che le persone che venivano a trovarsi in una situazione da ‘combatti o scappa’ tentavano spesso di organizzare un punto di fuga il più rapido possibile. Quelli che preferivano la fuga, non chiudevano mai la porta. Quelli che preferivano lo scontro, sì.

Esaminò l’inserviente dalla sua sedia. L’uomo non si sedette e la guardò con espressione nervosa. Era di bell’aspetto, come la maggior parte dei dipendenti lì al resort. Adele sapeva che un elemento in comune tra il suo caso e quello che stavano gestendo John e Robert era il livello della clientela. La maggior parte degli ospiti in questo resort erano straordinariamente abbienti. In effetti dubitava che qualcuno di estraneo al club dei miliardari potesse permettersi di soggiornare in un posto come quello.

Sentì una folata di profumo di colonia provenire da Otto: un aroma fragrante e floreale, mescolato con l’odore di auto nuova. Le venne in mente un pensiero improvviso: ricordò vagamente la sua infanzia. I ricordi affiorarono, per un brevissimo momento, come un rapido sussurro. Immaginò se stessa, suo padre, sua madre. Prima del divorzio. Vide le colline innevate, le scivolate giù dai pendii. Ricordò la cioccolata calda vicino al fuoco e le battaglie a palle di neve tra loro, mentre correvano dalla vasca esterna calda a quella interna. Sorrise debolmente, ma poi il suo sorriso svanì mentre altri ricordi le sopraggiungevano. Ricordi di litigi, di rabbia.

Arricciò il naso e cacciò via le emozioni, mettendo da parte i pensieri.

Fissò il suo sguardo su Otto. “Cosa pensava del signore e della signora Beneveti?”

Otto esitò. L’inserviente si grattò il mento e si sistemò la sottile fibbia che penzolava dal cappello che aveva sulla testa.

“Erano dei clienti eccellenti, e davano delle ottime mance,” disse.

Adele socchiuse gli occhi. Clienti. Mance. Entrambi commenti che riguardavano la situazione finanziaria degli ospiti. Frutti penzolanti dai rami più bassi. Ma anche dettagli rivelatori.

“La coppia italiana le piaceva?”

“Come ho detto,” disse Otto con esitazione, “erano generosi. Davano delle buonissime mance.”

“Sì, ma le piacevano? Se non avessero dato delle buone mance, si sarebbe bevuto una birra con il signor Beneveti?”

Otto fece una pausa. “Non penso che il signor Beneveti bevesse. Non che io sappia. Non stavano mai ai bar.”

Ai bar? Il resort ha più bar? Plurale?”

“Sì,” disse Otto, sempre esitante. “Ce ne sono quattro. E un paio delle stanze più costose hanno il loro.”

Adele cercò di non lasciar trasparire la sua sorpresa. Forse le sarebbe stato necessario rivalutare il lusso e lo sfarzo di quella struttura. “Va bene. Ma il signor Beneveti, partiamo da lui. Cosa ne pensava di lui? Mance a parte.”

Otto alzò le mani sulla difensiva e dondolò all’indietro sui talloni, come a volersi spostare verso la porta, ma poi si ricompose e rimase fermo. “Non lo conoscevo bene,” disse.

“Non le piaceva, giusto?”

Gli occhi dell’agente Marshall sfrecciarono su Adele, la fronte leggermente corrugata. Ma Adele mantenne lo sguardo fisso su Otto.

L’inserviente si grattò ancora il lato del mento, risistemando un’altra volta la fibbia del cappello.

“Ho avuto un paio di interazioni con il signor Beneveti,” disse il signor Klein con attenzione, “che non sono state esattamente piacevoli.”

Adele annuì. “Lei è un uomo molto cortese, Otto. Rispetto il fatto che lei stia facendo il suo lavoro anche ora. Ma questa è un’indagine. Un’indagine per omicidio.”

A quelle parole, per la prima volta l’atteggiamento di Otto mutò. Silenzioso, nervoso, esitante: la maschera si dissolse e venne sostituita da orrore e paura. La fissò. “Omicidio? Pensavo si fosse trattato dell’attacco di un orso.”

Adele socchiuse gli occhi. “Lo dicono le notizie locali, giusto?”

Otto annuì. “Anche i proprietari del resort. I direttori. Tutti lo stanno dicendo.”

Adele scosse la testa. “Nein. Non sono ancora convinta. Non abbiamo ricevuto il rapporto del medico legale.”

Otto annuì. “Oh Gott! È terribile. Nessuno si merita una cosa così, neanche…”

“Neanche?” chiese Adele, afferrando al volo la sua allusione.

Il signor Klein arrossì leggermente, le guance che assumevano un colore simile a quello della sua uniforme. Ma alla fine tossì e disse: “Il signor Beneveti poteva essere maleducato, a volte arrogante. Una volta ha lanciato un bicchiere contro un mio amico. Ha detto che era imbevibile, che era un deterrente contro le sbornie. Ha infradiciato il cameriere di vodka e tonic. Il ragazzo aveva semplicemente preso male l’ordine. L’aveva portato nella stanza sbagliata. Ha ricevuto un richiamo. Il signor Beneveti è andato dal direttore e ha tentato di farlo licenziare.”

“È stato licenziato?”

Otto scosse la testa. “No, ma gli hanno cambiato i turni. Gli hanno tagliato il monte ore in modo che non potesse interagire con loro. Gli è costato l’affitto per un paio di mesi. Noi altri lo abbiamo aiutato meglio che potevamo. Il signor Beneveti aveva un caratteraccio. Aveva soldi, un sacco. E lo sapeva.”

Otto fece silenzio, rendendosi conto di aver forse parlato più di quanto avrebbe voluto. Scrollò le spalle imbarazzato, le guance che arrossivano di nuovo. “Ma come ho detto, erano generosi.”

Adele inclinò la testa di lato, congiungendo le dita delle mani sotto al mento mentre osservava l’inserviente. “Nient’altro? Qualche altra interazione? Qualcun altro che potrebbe avere del rancore nei confronti della coppia italiana?”

Otto scosse rapidamente la testa. “Io non nutro nessun rancore. Come ho detto, non ho niente di personale contro di lui. Era maleducato e insopportabile. Poteva essere un po’ dispotico, il signor Beneveti. Protettivo. Ma un sacco di clienti qui sono fatti così. Sono abbienti, e con i soldi vengono le paranoie. Non sanno mai cosa la gente voglia effettivamente da loro. È un peccato se ci si pensa.” Otto annuì con certezza, come a tentare di convincere se stesso, poi abbassò nuovamente la testa, con minore sicurezza, e si grattò il lato del viso.

“Va bene,” disse Adele. “Non c’è nient’altro che le viene in mente?”

Otto scosse la testa. “No, ma,” disse esitando, “quel cameriere, quello che gli aveva portato la vodka col tonic. Lui potrebbe sapere qualcosa di più. È solo un ragazzino, ha diciannove anni. Ma fa ancora parte del personale.”

“È qui adesso?” chiese Adele.

“Sì, devo andare a chiamarlo?”

Adele scosse la testa. “No, vado a parlarci io. Dove si trova? Non vogliamo rubarle altro tempo, so che ha i suoi orari precisi.”

“Va bene. Si chiama Joseph Meissner.”

“Joseph Meissner?” chiese Beatrice Marshall.

“Sì, lavora in uno dei bar adesso. Si chiama Tregua tra le Rupi. Dopo il corso interno di golf.”

“C’è un corso interno di golf?” chiese Adele con tono piatto.

“Vicino alla piscina riscaldata,” disse Otto con un sorrisino. “Benvenuta all’uno per cento.”

Le guardò tutte e due con sorriso professionale e allenato, poi andò con esitazione verso la porta e scomparve, lasciando le due agenti di nuovo sole nella stanza.

Adele scambiò un’occhiata con l’agente Marshall. “Hai sentito?” chiese sottovoce.

“Ho sentito un sacco di cose,” disse lei. “A cosa ti riferisci in particolare?”

“La storia dell’attacco dell’orso. I proprietari la ripetono. I direttori. Come se preferissero che tra le piste ci fosse un orso scatenato, piuttosto che un assassino.”

La Marshall fischiò. “Avrebbe senso. I clienti qui pagano bene. Molto bene. I proprietari di certo non vorrebbero spaventarli.”

Adele si rimise in piedi, chiudendo il suo portatile e dirigendosi verso la porta. Strada facendo, afferrò la giacca.

“Sai dove si trova il Tregua tra le Rupi?” le chiese.

“Onestamente, un drink ci starebbe proprio bene adesso.”

“Si, ma dobbiamo parlare con questo Joseph Meissner. Pare che possa aver covato del rancore nei confronti dei Beneveti.”

“Non pensi davvero che un garzoncello li abbia ammazzati, vero? Neanche sappiamo ancora se sia stato davvero un omicidio. Non è ancora arrivato il rapporto del medico legale.”

Adele scrollò le spalle. Non lo disse, ma dentro di sé sapeva benissimo che lo era. Come un segugio che sente la traccia di un odore, lei lo sapeva. “Va bene,” disse. “Pensi che ci sia qualcuno che può portarci al bar?”

Anche la Marshall prese la sua giacca, infilandosela mentre seguiva Adele. “Ci sono golf cart che si spostano ovunque qui. Le chiavi sono giù al bancone.”

Adele resistette all’impulso di ruotare gli occhi al cielo. Golf cart a richiesta. Piscine private riscaldate accanto a campi da golf indoor. Bar privati nelle stanze. Le sembrava tutto stupefacente. Ma allo stesso tempo era anche così alieno e strano. Un modo estraneo di vivere. Però lei stessa aveva i suoi ricordi sulle piste da sci. Non erano mai venuti in un posto così bello. La sua famiglia non se l’era mai potuto permettere. Ma Adele ricordava le piste. Le belle conversazioni vicino al fuoco. I litigi di notte. Ricordava tutto.

Non resta che nascondersi

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