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SCENA I.

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IL VECCHIO SERVO GIUSEPPE, MANLIO e LUCIANO.

Giuseppe

(entrando, lento, dalla comune) Abbiano la compiacenza di aspettare qui.

(Lo seguono Manlio e Luciano. — Manlio porta in petto un piccolo fiore con qualche fogliolina.)

Giuseppe

(preoccupato) Si accomodino; ma... vedranno che, come ho già loro avvertito, non potrò annunziarli al professore.

Manlio

Se il professore è impedito davvero, annunziateci a sua moglie.

Giuseppe

Cercherò di accontentarli.... Non mi hanno ancora detto chi devo annunziare....

Manlio

(indicando Luciano) Non vi ricordate neppure di Luciano Marnieri?

Giuseppe

Di lui sì che me ne ricordo.

Manlio

E il suo nome basta. Io sono una quantità trascurabile.

Luciano

Scusa, perchè proprio il mio nome?

Manlio

(canzonandolo) O cielo! «Perchè proprio il mio nome?» Sei stato l'assistente prediletto del professor Artunni. È semplice. Ci riceverà più facilmente.

Luciano

Io mi sono unito a te perchè i nostri compagni lo hanno voluto: non per mia iniziativa.

Manlio

E che c'entra questo?

Luciano

Per me, c'entra.

Manlio

(spazientito, al servo:) Va bene. Annunziate: «due discepoli del professor Artunni». Niente altro.

Giuseppe

(senza affrettarsi, esce a sinistra, aprendo la porta con circospezione e richiudendola sùbito.)

Luciano

In verità, a me pare inutile di parlare con lei. Potremmo andarcene per poi tentare un altro giorno.

Manlio

Andarcene, dopo esserci fatti annunziare?! Sei matto. Sarebbe una bella sconvenienza.

Luciano

(ha un gesto di condiscendenza forzata.)

Giuseppe

(ritornando) La signora verrà a momenti. (Mogio mogio, esce dal fondo.)

Manlio

Ma questo vecchietto è diventato d'una ipocondria allarmante! L'aria della campagna gli è deleteria! Già, ho constatato che avvicinandoci a questa casa non abbiamo più vista una faccia allegra. Ma che ha tutta questa gente?

Luciano

(astratto, si è accostato alla finestra, contemplando l'orizzonte.)

Manlio

Non so se hai notato che anche quella contadinotta paffutella, ch'era quaggiù a guardia del giardino, malgrado la sua abbondante salute, aveva un aspetto molto malinconico. Stesa sulla paglia, con in mano la codetta del maiale che la voleva fuggire, pareva Arianna sul punto d'essere abbandonata da Teseo. «Bella ragazza, è questa la casa del professor Artunni?» Ha risposto un sissignore che mi si è messo come una pietra, qui, sulla bocca dello stomaco. E sai perchè poi le ho chiesto come si chiamasse? Perchè ho sperato di vederla sorridere. Tutte le contadine sorridono quando pronunziano il loro nome. O chiamarsi Mariantonia o chiamarsi Eufemia, per esse è sempre un vivissimo piacere. Ma la fanciulla del maiale ha pronunziato un Carolina con la profonda mestizia con cui avrebbe potuto dire di chiamarsi Ofelia. (Pausa) Che guardi con tanta attenzione?

Luciano

Nulla.

Manlio

Non si vede la nostra comitiva?

Luciano

(distratto) No. (Si scosta come per cedergli il posto.)

Manlio

Sì che si vede. Eccola lì: dove il prato è più verde. Ma che fanno? Sembra che stiano a pascolare come pecore. Hai sentito la promessa di Roberto?... Se non riesce a trovare un trifoglio a quattro foglie, paga la colazione per tutti. Ma io ci scommetterei la testa che non pagherà nemmeno un panino gravido, perchè egli troverà magari un trifoglio a cinque foglie. Capacissimo! Vuoi vedere fino a che punto è fortunato quel ragazzo lì?... Senti questa.

(Entra Giulia dalla sinistra, curando di chiudere la porta.)

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