Читать книгу Il diritto di vivere: Dramma in tre atti - Bracco Roberto - Страница 5
ATTO PRIMO
SCENA III
ОглавлениеANTONIO, MICHELE, MARTINO, GIACOBELLI, MANGIULLI – altri operai
Antonio
(che è ora comparso sul pianerottolo, piegando un po' il corpo sul parapetto, parla in tono alto e fraterno ai compagni che sono giù:) Il nuovo strumento di produzione, di cui oggi abbiamo sperimentata la potenza con una prova vittoriosa, è sproporzionato alle nostre attuali forze finanziarie, e potrebbe riuscirci fatale se altre forze non sapessimo trarre dalla pazienza, dalla pertinacia e sopra tutto dai sacrifizi. Pel nostro avvenire e per affrontare ogni probabile lotta è stata necessaria l'audacia d'impiantarlo. Ma esso non comincerà ad essere remuneratore per noi che quando avrà pagato completamente sè stesso. Tutto ciò voi lo sapete, e sui vostri sacrifizi io ci conto.
Voci
Sì… sì… sì…
Martino
(a Michele:) Dunque, questa scimmia si chiamava: Pigliabene…
Michele
Va al diavolo!
Antonio
(continuando:) Resti dentro di noi, oggi, la festa che ci esalta. Non clamori e non baldorie. Sia frugale come al solito, oggi, il nostro desco; ma più dolce e più gaio sia il riposo, ma più saldo il proposito di arrivare, ma più libero il respiro, più libero l'animo, più libero il pensiero, più alta la fronte, e gli occhi al sole: al sole che offre a tutta quanta la natura il sacro beneficio della vita!
(Ancora un vocìo di compiacenza e di adesione.)
Michele
(col cuore riboccante di tenerezza e di giubilo) Antonio!
Antonio
(discende gli scalini e lo abbraccia.) Babbo mio caro, tu sei tanto contento, lo so.
Michele
E rimproveri a me non ne spettano. (Indicando il braccio mancante) Io non potevo batterti le mani.
Antonio
Hai visto? Il risultato è preciso quello che io calcolavo quando la mia macchina era soltanto un semplice schizzo sopra un pezzo di carta. In fondo, anche tu non eri sicuro.
Michele
E che conto io? Io fido ciecamente in te, e poi diffido un poco della sorte.
Martino
(che s'era tratto da canto) E allora non dovreste rifiutare i servigi di chi viene a portarvi fortuna.
Antonio
(voltandosi a lui) E di dove esci, tu?
Martino
Congratulazioni e augurii!
Antonio
Da parte del tuo padrone?
Martino
Il padrone è morto.
Antonio
Morto?!
Martino
Per me.
Antonio
Stupido!
Martino
Per lui, campa. Altro che campa!
Michele
Pare che il signor Guido Salviati lo abbia mandato a spasso.
Antonio
(a Martino:) E com'è accaduto?
Martino
L'amante gli faceva le corna.
Antonio
E tu che c'entri?
Martino
Gliele faceva col figlio, con l'ingegnere Franz Salviati, che è tornato dal Belgio con la barbetta a punta e il sangue in ebollizione.
Antonio
E che colpa ne avevi, tu?
Martino
Il padre ha creduto che io facessi da mezzano nella faccenda.
Antonio
(con un gesto di protesta fiduciosa) Non era vero!?
(Un silenzio.)
Martino
Papà Michele, perchè non andate un po' a guardare la macchina portentosa del vostro figliuolo?
Michele
Ti disturbo?
Martino
Voi siete come una zitella. Certe cose non dovete sentirle.
Michele
(andandosene, con disgusto) E tanto meno vorrei dirle, io.
Martino
A rivederci, papà Michele.
Michele
(a Martino:) E non gli far perdere tanto tempo con questo luridume. Puah! (Esce per la porta a sinistra.)
(Qualche operaio attraversa in fretta il pianerottolo.)
Martino
(chiudendone pazientemente l'uscio di vetro, si rivolge ad Antonio con aria misteriosa) E seccature non ne vogliamo.
Antonio
Sicchè, non era vero?
Martino
A quattr'occhi: era vero!
Antonio
(con indignazione e ribrezzo) Sporcaccione! Un operaio onesto cade così in basso!
Martino
(siede presso la scrivania) Mettiamo le cose a posto. Onesto, non mi sono mai vantato di esserlo. Non dico che… ma… l'onestà è un oggetto di lusso, e io… Parliamoci chiaro! (Pausa.) Dunque, il padre mi teneva a stecchetto come operaio, e il figlio mi pagava bene… come uomo di mondo. Potevo immaginare che nel caso di essere scacciato dal padre, anche il figlio avrebbe avuto il prurito di lasciarmi in asso? E intanto, per San Gioacchino protettore dei gobbi, così è successo, capite!
Antonio
Ben ti sta. (Siede dall'altro lato della scrivania.)
Martino
È mala gente, credete a me; è gente che ha tanto di pelo sulla coscienza.
Antonio
Ma si lavora, mio caro, si lavora tranquillamente, e non si va a giuocare e a bere e a ubbriacarsi come hai fatto sempre tu. Con la vitaccia che hai menata, chi vuoi che ti compatisca, ora?
Martino
Giuocare e bere, non lo nego. Ma si giuoca per vincere e non già per perdere; e poi… si beve per dimenticare che invece di vincere si è perduto. E fossero questi i guai! I guai stanno a casa: quei cinque chiodi che mi mettono in croce!..
Antonio
Cinque figli hai?!..
Martino
Oltre la madre che li ha fatti. Lei dice che li ho fatti anch'io; ma io non ci metterei la mano sul fuoco. Qualche farfallone c'è sempre intorno a mia moglie…
Antonio
E tu te la tieni?
Martino
E me la tengo, perchè dove la troverei un'altra donna che mi scaldasse il letto? Ne trovai una che mi disse di sì, e me la sposai. Se perdo questa, felicissima notte! Dunque, i figli ci sono. Miei o non miei, questo è un altro paio di maniche. Stanno in casa mia e ci devo pensare io, perchè il Governo non ci pensa, e non ci pensa nessuno. Quando saranno grandi, se la sbrigheranno loro. Per ora sono piccoli, e, a quell'età, poveretti, non potrebbero nemmeno rubare. Non dico che… ma… se ne avessero la vocazione…
Antonio
(interrompendolo) Per quanto è vero che esisto, sei un gran brutto mostro! E il peggio è che qualche cosa di giusto c'è nelle mostruosità che ti escono di bocca.
Martino
Voi siete un uomo col quale si può discorrere.
Antonio
E si può sopratutto fare a meno dei preamboli. La ragione della tua visita non è ancora venuta fuori. Abbrevia e concludi, perchè ho da fare.
Martino
Se mi favorite da bagnarmi la gola, parlerò più spedito. La Cooperativa oggi è in festa e un bicchiere di vino vecchio ci deve essere.
Antonio
Non rompere le scatole! Qui si beve acqua nei giorni solenni come negli altri.
Martino
(con gravità comica) Non abbiamo gli stessi principii! E vengo al quidquid del nostro discorso. Bazzicando, per quel che v'ho detto, nella casa e nell'ufficio dei signori Salviati padre e figlio, un poco afferrando qualche parola in aria, un poco mettendo l'orecchio alle porte, ho appurato che la vostra Cooperativa avrà vita breve!
Antonio
Non continuare, chè ti spacco la testa!
Martino
Spaccate quel che volete, ma la verità resta in piedi.
Antonio
La verità è che il signor Salviati si rode ch'io non abbia ceduti a lui i miei progetti per una manciata di soldi, quando gli ero anch'io sottoposto.
Martino
La verità è che egli è deciso a tutto per accopparvi.
Antonio
E noi siamo decisi a tutto per difenderci!
(Attraverso la vetrata, si vede un giocondo andirivieni di operai. Sono dapprima due o tre, poi son quattro, poi dieci, poi una quindicina. Si scorge, dai gesti, che alcuni di essi parlano e scherzano con i compagni che sono giù nella sala del lavoro o per la scala. Indi, alcuni portano scodelle, forchette e grossi pezzi di pane. Si ciarla, si ride, qualche tovagliolo vola per aria dall'uno all'altro. C'è chi rincorre il suo compagno, chi l'afferra, chi si lascia afferrare. Qualcuno guarda con curiosità dietro la vetrata.)
(La conversazione fra Antonio e Martino continua, senza interruzione, chiara e serrata.)
Martino
Ingrandirà la sua officina, aumenterà il numero degli operai, accetterà commissioni senza guardare a prezzo, se voi domanderete dieci, egli domanderà cinque, e così… tutto quello che segue in San Matteo. Ci rimetterà un occhio e magari tutt'e due, e se ne infischierà, perchè chi ha panno da tagliare e scherza coi milioncini non ci pensa due volte a cavarsi certi gusti: e, quando vi avrà messi con le spalle al muro, chiamerà i creditori della Cooperativa, e farà il resto. La vostra officina meccanica con tutte le vostre invenzioni, presto o tardi, dovrà cadere nelle sue grinfe; e allora, qui, nelle province meridionali, egli resterà senza concorrenti e guadagnerà ciò che vorrà guadagnare. Questo è il catechismo, e adesso leggetevelo voi. Io ho fatto il mio dovere, e, se Dio vuole, (battendo sulla scrivania la pipa spenta per vuotarla) anche il tabacco è terminato.
Antonio
(alquanto impressionato, dissimula, e, con alterigia sprezzante, lentamente si alza, si avvicina alla cassa forte e ne tira lo sportello.)
Martino
Si apre la custodia… Alle reliquie, ci siamo!
Antonio
(cava un po' di danaro e lo dà a Martino) Questo, per i tuoi figli.
Martino
(intascando) E per i miei vizi, niente?
Antonio
(dandogli ancora qualche moneta) Prendi. E che sia l'ultima volta. Storie vecchie le tue rivelazioni. E poi, è inutile! Il tuo spionaggio, qui non attecchisce. Ci siamo capiti?
Michele
(entra dalla porta a sinistra, portando una scodella fumante e del pane.) Ma lascialo gracchiare, e vieni a prendere un boccone, che è tardi. (Attraversa la scena e spinge col piede l'uscio di fondo, che resta aperto.)
Antonio
Oh! oh! Credevo che proprio oggi io dovessi fare penitenza. Portamela laggiù, babbo, la mia colazione: presso la macchina nuova. Senza perdere tempo, voglio rispondere a certe acute osservazioni fattemi da Giacobelli e da Mangiulli.
Michele
(scende la scala.)
Giacobelli
(avanzandosi dal fondo) Ma no, Antonio, oramai sono convinto.
Antonio
O che ti penti di essere stato franco? Io voglio mostrarti chiaramente che quel centimetro di distanza fra i due «ganci di presa» ci basta e ci soverchia. Ci deve bastare.
(Altri operai sono entrati, altri sono rimasti sul pianerottolo presso la porta.)
Martino
(avviandosi comicamente verso l'officina) Vado a darci un'occhiata anch'io.
Giacobelli
(mettendoglisi dinanzi) Chi ti prega d'immischiarti dei fatti altrui?
Martino
Non tanta superbia, oh!
Mangiulli
(a Martino:) Sanguisuga!
Martino
Con questa sanguisuga, però, chi sa che presto o tardi non vi ritroverete tutti quanti sotto lo stesso padrone come in temporibus illis!
Antonio
Ritornaci tu, per ora, da chi può aver bisogno dei tuoi mestieri.
Martino
Eh!.. quanto a me, in un modo o nell'altro, ci ritorno.
Antonio
E digli bene, a quel gentiluomo, che, essendo venuto tu a farci una visita con la bocca piena di fiele e lo stomaco vuoto, hai trovata la nostra officina viva, esultante, fiorente…
Martino
Se vi fa piacere…
Antonio
… e che mentre mi raccontavi le tue pene e la tua fame e le turpitudini sue e di suo figlio, gli operai della Cooperativa, godendosi una mezz'ora di riposo, mangiavano allegramente la loro brava minestra…
Martino
Dirò anche questo…
Antonio
… e che io, Antonio Altieri, dopo di aver compiuto un piccolo atto di pietà per conto mio e dei miei compagni soccorrendo un operaio senza lavoro…
Martino
(interrompendolo con falsa ammirazione) Avete tanto di cuore, questo è vero!..
Antonio
(mal frenandosi) … ho guardata con ribrezzo la faccia del più volgare traffichino, e, per essere sicuro di non vedermelo più capitare fra i piedi, (con ira e disprezzo) … l'ho messo alla porta! Questo devi dirgli.
Martino
(dà a sè stesso uno scappellotto e alza grottescamente le spalle) Ecco… non dico che… ma…
Antonio
(tonante) Vattene! (Gli fissa addosso uno sguardo di fiamma.)
Martino
(se ne sente come sopraffatto. Non scherza più. Non osa più parlare. Mette il berretto, e, quatto quatto, guardando Antonio con la coda dell'occhio, va via per la porta a destra.)
Antonio
(che non ha cessato di fissarlo finchè non sia sparito, esce, indi, per l'uscio di fondo, dicendo a Mangiulli e a Giacobelli:) Andiamo.
(Mangiulli e Giacobelli lo seguono.)