Читать книгу Le vignole des architectes et des élèves en architecture - Charles Normand - Страница 5
PARTE SECONDA Nuove indagini onde misurare le più minute frazioni del tempo.
ОглавлениеPensando anche io sopra lo stesso argomento, e riflettendo che conveniva abbandonare affatto il pensiero di ottenere esattamente le più minute frazioni del secondo, così mediante l’efflusso del mercurio come col mezzo di più ruote, mi son dato a studiare se fosse possibile di rinvenire qualche altra maniera più esatta e più semplice. Fu in allora che mi venne in pensiero di ottenere queste desiderate minutissime frazioni del minuto secondo, mercè un pendolo a secondi, approfittando dell’arco ch’egli descrive nella intera sua oscillazione. Di fatto un pendolo a secondi mosso da una forza animatrice costante, e costrutto in modo che riescano pure costantemente eguali le resistenze, comunque picciole, che dee vincere nel suo moto, dovrà descrivere in tempi eguali archi precisamente eguali. Dietro questo principio basterà dividere gli archi delle semivibrazioni colla legge che osservano i gravi nella loro discesa per un piano circolare, e saremmo certi che gli spazj dall’accennata legge determinati verranno descritti dal pendolo in tempi eguali. Ed ecco in qual maniera ho diviso l’accennato arco per la misura dei minuti terzi e quarti.
Determinato, col metodo che indicherò a suo luogo, l’arco descritto dal pendolo nelle sue intere vibrazioni; ho diviso in 25 parti eguali l’arco della semivibrazione, che nel mio pendolo è di 3°. Or poichè il pendolo impiega 30”’a descrivere la semivibrazione, impieghera ossia 6”’a deserivere parte dell’arco accennato.
Di fatto discendendo per un archetto così piccolo, torna lo stesso come se discendesse per la respettiva corda; e perciò il pendolo descrivera l’accennato piccolissimo arco con un moto uniformemente accelerato. E giacchè il pendolo, passando dall’estremità dell’accennato piccolo archetto al contiguo, non perde niente della sua velocità acquistata (sapendosi bene che l’ostacolo che incontra a passare sopra il piccolo arco successivo, essendo eguale al seno verso di un angolo infinitamente piccolo, viene ad essere un infinitamente piccolo del secondo ordine, e più precisamente eguale a zero, come il d’Alembert l’ha dimostrato); così passando da un punto all’altro della curva senza perder nulla di sua velocità, dovrà nel successivo tempuscolo, eguale al primo, descrivere uno spazio prossimamente triplo del primo, ch’è quanto dire uno spazio = .
Per la stessa ragione nel terzo tempuscolo ne descriverà 5, 7 nel quarto, e finalmente 9 nel quinto. Trattandosi di un arco maggiore si potrà dividere il tempo della semivibrazione in sei tempuscoli di 5’” l’uno.
Ora quantunque per le già note teorie del moto dei corpi per piani inclinati venga ad essere il moto del pendolo un moto inegualmente accelerato, mercecchè può supporsi che discenda per una porzione di poligono di lati infinitamente piccoli egualmente inclinati tra loro, ma inegualmente inclinati all’orizzonte; tuttavolta trattandosi di archetti piccolissimi, come ho accennato, essi vanno a confondersi colle respettive sottese; e perciò senza timore di error sensibile potrà supporsi il suo moto egualmente accelerato.
Non basta. Questa pressochè incalcolabile differenza si può compensare in qualche maniera dividendo coll’accennata legge della discesa dei gravi gli spazj di 6 in 6”, e dividendo altresì gli intervalli in parti respettivamente eguali. In questa maniera la divisione del mio Oligocronometro ha l’impronta di tutto il rigore geometrico: al che può aggiungersi quest’altra ragione, che in un tempo sommamente piccolo il moto si può supporre uniforme, giacchè da un terzo all’altro non vi ha luogo a caugiamento sensibile.
Mi piace innoltre di far riflettere, che con questa mio metodo riescono eguali le divisioni prossime alla metà della intera oscillazione, ch’è quanto a dire per tutto quel piccolo tratto dell’arco, che fisicamente confondendosi colla retta orizzontale, fa che il moto del pendolo si possa assumere come uniforme senza timore di error calcolabile. Si aggiunga che dividendo l’arco colla legge che veramente osserva un grave discendendo per un piano circolare determinata col calcolo; i tre primi spazj descritti nei tre accennati tempuscoli di 6’” l’uno si uniformano quasi rigorosamente, ma nel quarto e quinto tempuscolo si riscontrano delle differenze da non trascurarsi. Quindi affinchè la proposta divisione meccanica riesca esatta, converrà dividere in dodici parti eguali la porzione di arco, che deve essere percorsa nei due ultimi quinti di secoudo; e con tal metodo, anche dopo qualsivoglia numero di secondi, non potrà l’errore essere più grande di , come facilmente dal seguente calcolo si può rilevare.
Determinare la legge con cui un pendolo, che
oscilla, percorre gli archi di circolo.
Si supponga che il pendolo cadendo sia pervenuto in CA (Fig. IV, Tav. I.) dopo un qualunque istante t. Egli è chiaro che la forza acceleratrice della gravità potrà decomporsi in due parti, una delle quali agisca nella direzione della tangente Ao, ed è sola, che faccia discendere il grave lungo la curva; l’altra nella direzione normale alla curva, e va distrutta.
Se rappresentiamo per Aq la forza di gravità, egli è evidente, che decomposta nelle direzioni Ao, Aa, sarà Ao = Aq sen. aAq = Aq. sen. ACB. Ponendo pertanto Aq =g, ACB = θ, sarà la forza acceleratrice del corpo =g.sen.θ. Ora per i principj di meccanica la forza acceleratrice è uguale al differenziale secondo dello spazio diviso per il quadrato del tempuscolo: sarà pertanto, facendo AB=s,
in cui si è posto il segno — perchè crescendo il tempo diminuisce l’arco s. Se si fa CB=a, sarà s=aθ, esseudo θ l’arco che misura l’angolo, e quindi
Questa è l’equazione, che si tratta d’integrare. Essa è trascendente, e non si può integrare che per approssimazione. Fortunatamente nel nostro caso essendo gli archi percorsi molto piccoli, si può supporre sen. θ=θ, ed allora diventa integrabile esattamente. In fatti moltiplicando per dθ si ha integrando
ed osservando che al principio del moto si ha , posto RCB=f, sarà . f2,e quindi si otterrà, estraendo la radice, e dividendo per f2 — θ2,
il cui integrale è
Ora facendo t=0, si trova C’=0, e quindi l’integrale diventa
l’angolo espresso per il tempo.
Se si volesse l’arco, basterebbe supporre che f rappresentasse l’arco RB, e si avrebbe per la medesima formola lo spazio assoluto percorso dal corpo.
Affinchè il pendolo descriva un’intera oscillazione in un secondo di tempo, conviene che posto t=1” z diventi = 2f, ed in conseguenza dovrà essere
sendo t espresso in parti di secondo.
Ora se si faccia f = 1, e t successivamente = 0” . 1; 0” . 2; 0” . 3; 0” . 4; o”. 5.
Pertanto supposto l’arco diviso in 1000 parti, in ciascun tempuscolo percorrerà i seguenti spazj: Tempuscoli 0” . 1; 0” . 2; 0” . 3; 0” . 4; 0” . 5 Spazj corrispondenti 49; 142; 221; 279; 309 Tolta l’ultima cifra si ottiene la seguente progressione:
5. 14. 22. 28. 31.
Dal che si scorge chiaramente che la sopra accennata divisione meccanica coincide quasi precisamente con quella, che ci somministra il calcolo, giacchè l’errore non può essere maggiore di Si aggiunga che volendo il rigore geometrico, basterà tener conto di tali differenze, tanto più che ciò si può eseguire con somma facilità.
Chi vorrà usare della divisione indicata dal calcolo, dovrà primamente dividere l’arco della semivibrazione in 100 parti eguali; secondamente dividere l’accennato arco in cinque parti tali che la prima contenga 0.05, la seconda 0.14, la terza 0.22, 0.28 la quarta, e finalmente 0. 31 la quinta. Si potrà fare il calcolo anche di terzo in terzo collo stesso metodo.
M.r Bouguer (Figure de la terre) usò di una divisione dedotta dallo stesso principio, senza accennarlo, nelle sperienze da lui fatte per determinare la variazione della gravità nei diversi luoghi della terra.
Io peraltro anteporrei il sopraccennato mio metodo, giacchè, eseguito colle indicate avvertenze, riesce egualmente esatto, ed è molto più facile da eseguirsi.
Le resistenze degli attriti e dell’aria sono affatto da trascurarsi in questo mio pendolo, che non deve oscillare che per pochi secondi. Di ciò. ne assicura l’esperienza: senza dire che queste resistenze vengono tolte dallo stesso metodo con cui si determina l’ampiezza dell’arco.
È da riflettersi inoltre che quantunque l’arco delle oscillazioni di questo mio pendolo debba essere di una sufficiente ampiezza, onde potervi segnare la divisione dei terzi; tuttavolta quando il detto arco rimanga entro certi limiti, non vi ha differenza sensibile in confronto di un pendolo che descriva degli archi infinitamente piccoli. L’insigne matematico Bezout ha calcolato questa differenza, e dalla formola
in cui è il seno verso dell’arco descritto in una a semioscillazione (essendo il raggio = 1), rileva che un pendolo della stessa lunghezza di un pendolo a secondi, cui si facesse descrivere degli archi di 5° da una parte e dall’altra della verticale, senza computare gli attriti, non ritarderebbe per ogni minuto secondo che del tempuscolo t= 1” × 0.0004757 = 0”. 0004757 = 0” . 0005, in confronto di quello che descrivesse degli archi infinitamente piccoli.
Ora facendo il calcolo a fin di rilevare il ritardo nel mio pendolo, che deserive un arco di 3° soltanto per ogni semivibraziome, risulta che la differenza per ogni minuto secondo non è che di t= 1” X o. 0001713 = 0”. 0001 713 = 0” 0002, quantità affatto trascurabile, ma che, se occorresse tenerne conto, si potrà fare facilmente, giacchè dopo un numero n di secondi non si avrà che da aggiungere la frazione di secondo = .
Perchè poi lo strumento riesca più corto, e più comodo, mi sono servito di un pendolo composto ACB (Tav. II. Fig. I.). E nel vero, usando di un tal pendolo, si ha da vincere una minor resistenza onde metterlo repentinamente in istato di quiete, giacchè la forza da vincere è = B. BC — A. AC = h, ed h deve essere una quantità positiva, se si vuole che A, oscillando il pendolo, non possa discendere. Ora per Ie note teorie del moto di oscillazione dei corpi d’intorno ad un punto fisso, la forza acceleratrice del nostro pendolo sarà , e la distanza fra il entro di moto e quello di oscillazione del pendolo semplice isocrono, verrà ad essere , ove scorgesi che la lunghezza del pendolo semplice isocrono dipende dalla maggiore o minor ragione che hanno tra loro i pesi A, B, e le distanze AC, BC dei medesimi dal centro di moto. Chi volesse poi determinare col solo calcolo la precisa lunghezza del pendolo semplice isocrono, converrebbe che aggiungesse tanto da un lato che dall’altro il peso della respettiva verga come se fosse posto ai due terzi di sua lunghezza, partendo dal centro comune di moto. In questo modo si può ottenere un pendolo a secondi più comodo per la posizione dell’arco, che deve segnare i terzi, e da fermarsi poi facilissimo, giacchè non si ha da vincere che una piccolissima resistenza: la qual cosa importa moltissimo acciocchè non succeda il più piccolo sconcerto in uno strumento, in cui richiedesi tanta esattezza e precisione.
Chi volesse adoperare a tale oggetto un pendolo a secondi semplice, andrebbe incontro agli inconvenienti che seguono.
1°. Troverebbesi in necessità di vincere (ragguagliato il resto) una forza molto maggiore onde arrestare il pendolo a qual si voglia istante del suo moto, e la macchina per conseguenza sarebbe soggetta ad urti troppo violenti, per cui essa, ancorchè semplicissima, correrebbe a rischio non pure di sconcertarsi, ma di guastarsi ancora e in brevissimo tempo.
2.° L’abbandono improvviso del pendolo dalla quiete al moto lo farebbe nei primi istanti, a motivo della sua lunghezza, oscillare incurvato, cosa che altererebbe l’uniformità e l’aggiustatezza delle vibrazioni.
3°. Riuscirebbe finalmente incomodo a motivo che renderebbesi necessario il sospenderlo ad un sosteguo tropp’alto onde poter comodamente vedere le divisioni dei terzi.
Questa mia maniera di misurare le più minute frazioni del secondo di tempo potrà esser ridotta al più alto grado di perfezione. Di fatto in luogo di un pendolo a secondi, si potrà costruirne uno a mezzi secondi, non già semplice ma composto, ad oggetto di ottenere i mezzi secondi con un pendolo più lungo, giacchè in questo modo, restando eguale il resto, le divisioni dei terzi divengono non solo più esatte, ma ben anche più sensibili.
Ora sia CB (Fig. I.) un pendolo composto, di cui C è il centro di sospensione, ed alle distanze CA, CB sono posti due pesi o lenti A, B. In un tal pendolo, colla già nota formola
si determinerà la posizione del centro di oscillazione, il quale dovrà cadere in un punto tra A, e B. È chiaro dunque che volendo ottenere i mezzi secondi dal pendolo CB (Fig. I’.) dovrà il peso A essere collocato ad una distanza dal centro di moto minore della nota lunghezza del pendolo semplice a mezzi secondi, e B ad una distanza maggiore. Ma siccome nel calcolo si suppone che la verga CB sia immateriale; così essendo essa necessariamente di un dato peso, si dovrà sostituire il suo peso in luogo della lente B, e si verrà ad ottenere il desiderato pendolo composto a mezzi secondi con una sola lente, sostituendo nella formola il peso della verga, e facendo BC eguale alla distanza del centro di oscillazione della verga dal punto C, che sarà facile determinare o col calcolo, o coll’esperienza.
Un pendolo di tal sorta oltrechè potrà ridursi a sofferire il minor possibile attrito intorno all’asse di moto, darà i mezzi secondi, ed i quarti con rigore geometrico, e tutte altresì le frazioni intermedie, cioè i mezzi terzi, i quarti di terzo, e sino l’ottavo di terzo che corrispondono a 30IV, 15IV, 7IV. 5, quanto prossime al vero che si vorrà. Si avverta che riuscendo questo pendolo più veloce del doppio, tauto più rendesi necessario che l’artificio di arrestarlo sia sommamente pronto.
Il detto pendolo si può fare a compensazione coi metodi già noti ai Fisici ed agli esperti Macchinisti; ma trattandosi di uno strumento che non si dee porre in moto che per pochi secondi, sarà sufficiente che il giorno in cui si vorrà porlo in opera si rettifichi coi già conosciuti metodi, onde assicurarsi che dà precisamente i secondi: cosa che io reputo necessaria da farsi anche nel caso che il pendolo sia a compensazione, e ciò per maggior esattezza e precisione, giacchè si tratta di uno strumento che deve segnare i minuti terzi e i quarti.
Fin qui non ho esposto che generalmente il modo di costruire il mio pendolo, che piacemi chiamare Oligocronometro perchè destinato a misurare le più minute frazioni del secondo di tempo: ma dalla seguente descrizione ognuno potrà intendere come si costruisca, qual sia il modo di adoperarlo e di rettificarlo, con quanta facilità si ponga in moto e si fermi a piacere, e con qual precisione si ottengano le più minute frazioni del tempo.
Descrizione del nuovo Oligocronometro.
La Fig. II. della Tav. II. rappresenta tutta la macchina veduta di prospetto.
AC, BD, ÉE sono tre stanti di legno inferiormente fissi in una base tringolare munita di tre viti c, c, c, e superiormente in una tavola AÉB parimenti di figure triangolare. A maggior fermezza dei tre stanti, sei puntelli o contrafforti addentano la base e gli stanti, come, senza più, rilevasi in guardar la figura.
c, d, e, g sono quattro cilindretti fissi con viti negli stanti di legno, e portano il castello di ottone su cui è piantato il pendolo a b con le sue parti, quali si veggono disegnate in grande nella Fig. IV, e che per maggior intelligenza descriveremo a parte.
f l h è una leva, che ha il suo fulcro in l, e che serve ad innalzare, ed abbassare un cerchio di ottone onde porre in moto, e fermare il pendolo a piacere. La stessa leva ė delineata in grande nella Fig. VIII.
ii è il detto arco, che corrisponde ad II della Fig. VIII.
ss è il quadrante dei minuti terzi e quarti segnato in grande nella Fig. III.
r, n, r sono tre lunghe viti di ottone, che vanno tutte e tre ad unirsi in un punto n come scorgesi nella Fig. VI, e che servono primo a tener legati alla metà della loro lunghezza i tre stanti acciocchè non possano così facilmente incurvarsi: secondo ad orizzontare tutta la macchina mediante un piombino che discende dal centro del triangolo AÉB sopra una punta di ottone, che sorge dal centro N, dove esse viti si uniscono ad angolo. Il detto piombino può vedersi nella Fig. VII. Due poi di queste viti sostengono in p, p ( Fig. VII.) tutto il meccanismo che serve a fermare il pendolo, e che scorgesi delineato di grandezza quasi naturale nella Fig. VIII.
Le tre viti c, e, c ( Fig. II.) servono ad orizzontare la macchina mediante il piombino, che ho preferito in questa circostanza al livello a bolla per le ragioni che accennerò più sotto.
Ora che per farne conoscere la posizione ho indicate rapidamente le parti componenti questo mio Oligocronometro, passerò a descriverle partitamente perchè si conosca come son esse costrutte, e qual sia l’uso loro.
Del pendolo, e del meccanismo per cui
si mantiene in moto.
La Fig. IV. rappresenta tutta la macchina in profilo, e fuor dei tre stanti di legno che servono a sostenerla.
CIEK è il piccolo castello di ottone che porta il movimento del pendolo comunemente noto.
AGB è il pendolo composto munito delle due lenti A, B. La lente A ha un micrometro in υ onde ottenere i secondi esatti avvicinandola od allontanandola dal centro di moto secondo il bisogno. L’estremità x del pendolo serve ad indicare i minuti terzi come a suo luogo farò vedere.
c b è l’asse di moto costrutto in modo che soffra il minor possibile attrito, e che non occorre indicare giacchè è cosa nota a tutti gli abili Macchinisti.
H rappresenta l’ancora.
e f la ruota dello scappamento.
h h l’asse della ruota.
g g un piccolo tamburo entro cui vi ha un cricchetto, che serve, com’è già noto, al moto del pendolo unitamente ai due pesi P, L, che vengono sostenuti da un sottil cordone di seta, che accavalcia la carrucola ll.
C E rappresenta il quadrante dei secondi ove scorgesi la sua sfera fissa in h, e parallela al quadrante.