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Fitz

Ero seduto all’esterno di un famoso pub irlandese di Washington e stavo osservando distrattamente il monumento a Washington in lontananza. Era una limpida giornata di inizio maggio. Era caldo ma il gran calore estivo non era ancora arrivato nella capitale della nazione.

Il senatore Robert Cochran era seduto davanti a me e si stava aprendo il suo secondo pacchetto di Marlboro Rosse. Mentre avvicinava il suo accendino alla punta dell’ennesima sigaretta, mi convinsi che aveva voluto incontrarci lì solo perché il pub permetteva di fumare nel patio esterno.

In realtà non era il posto ideale per incontrarci. Avrei preferito qualcosa di meno pubblico, come una saletta privata per riunioni o una suite al Jefferson Hotel. Cochran mi aveva detto che il mio ufficio era fuori questione e io capivo perché non voleva essere visto entrare nel mio edificio. Nessuno di loro voleva essere trovato lì. Avrebbe segnalato a chiunque stesse controllando che stavano sorgendo problemi. Se l’avessero visto i cani avrebbero cominciato a fiutare in giro. Sarebbero sorte delle domande portando a titoli simili a “Il senatore Cochran entra nell’ufficio di un faccendiere di Washington.” Poi mi sarei trovato un casino ancora più grosso tra le mani.

Mi guardai in giro, controllando la situazione nei dintorni. Era un orario tra il pranzo e la cena e così il ristorante normalmente affollato era quasi vuoto. Oltre a me e Cochran, gli unici altri clienti erano due donne sedute a quattro tavoli da noi. Sembravano giovani, probabilmente appena uscite dal college. Erano vestite professionalmente in tailleur con pantaloni, avevano i tacchi e stavano sorridendo e parlando animatamente tra loro. Potevo appena sentire le loro chiacchiere ma udivo abbastanza per capire che stavano discutendo di politica. Scossi la testa.

Nulla per cui essere eccitate, signore.

I giovani erano sempre così entusiasti. Sapevano così poco, dieci anni a Washington le avrebbero indurite. Avrebbero perso la voglia di lottare—tutta quella speranzosa ambizione che faceva credere loro di poter cambiare il mondo.

Lanciai un’occhiata a Cochran. Anche lui le aveva notate, ma non le stava guardando cautamente come avrebbe dovuto. No, invece di essere preoccupato per le implicazioni di essere visti insieme o per la possibilità che la nostra conversazione fosse sentita, quel coglione era occupato a controllarle. L’espressione sul suo volto era troppo famigliare—stava cercando di ricapitolare quale voleva portarsi a letto per prima.

Disgustoso.

Era vecchio abbastanza per essere il loro nonno.

“Gli occhi di qua,” sibilai a bassa voce. “Quell’occhiata curiosa è quello che l’ha messo nei guai.”

Cochran mi guardò, l’espressione impassibile.

“Ragazzo, non mi dia delle lezioni, sono in grado di cavarmela da solo,” disse in modo strascicato.

“Se fosse vero non sarebbe seduto qui ora. Mentre a me non interessa particolarmente per chi sta prendendo il Viagra, a sua moglie sì”

Questo fece sparire quel sorrisino dal suo volto grasso e arrogante.

Robert Cochran non aveva nulla di speciale nell’aspetto, ma questo non importava a quelle squillo d’alto bordo. Il suo denaro bastava loro perché gareggiassero per avere la loro parte. Patricia, la moglie di Cochran, non era una donna stupida. Dopo aver tollerato per trent’anni i suoi modi di fare beneficenza, alla fine ne aveva avuto abbastanza e aveva assunto un investigatore privato. Cochran era superficiale perciò non c’erano volute particolari abilità investigative per capire cosa fosse accaduto. In pochi giorni l’investigatore privato aveva raccolto centinaia di foto incriminanti—foto che Patricia non avrebbe avuto alcun problema a far trapelare alla stampa se suo marito non avesse pagato. Per la bella somma di cinque milioni. Gli avrebbe concesso un divorzio tranquillo e il Partito Repubblicano avrebbe evitato uno scandalo imbarazzante. Il problema era che Cochran non voleva darle un singolo centesimo.

“Per questo voglio assumere lei e il suo studio per risolvere il problema,” spiegò Cochran. “Suo padre ha detto che lei è il migliore. Si vanta che suo figlio, Fitzgerald Quinn, è il Faccendiere di Washington. Non posso permettere che la mia, fra poco, ex moglie mi rovini tutto. È una troia e sa cosa c’è in ballo. È l’anno delle elezioni e non possiamo permetterci di perdere un singolo seggio.”

Lo guardai freddamente, non interessandomi del modo in cui parlava di sua moglie, la madre dei suoi due figli in età universitaria. Per quello che sapevo di Patricia, sembrava una brava donna. Era impegnata nella comunità, promuovendo attivamente un programma di alfabetizzazione con le mogli degli altri senatori. Agli occhi del popolo sembrava la moglie modello di un funzionario eletto. Mentre potevo non sapere come fosse essere sposato con lei, sapevo che le apparenze erano tutto. E per questo motivo sapevo anche che non c’era alcun modo con cui potessi dare una svolta positiva alle indiscrezioni su Cochran.

“Mio padre ha ragione, sono il migliore. Ma ha sbagliato nel non dirle che io non prendo clienti che tradiscono le loro mogli con le prostitute. Mi dispiace Senatore, ma è venuto dall’uomo sbagliato.”

Mi alzai per andarmene ma Cochran mi afferrò il braccio.

“Non mi dica certe stronzate,” disse bisbigliando rumorosamente. “So che ha aiutato suo padre a uscire da parecchi casini in passato. Si tolga quell’aria di superiorità e scenda dal piedistallo!”

Quasi sussultai alle sue parole ma ero nel ramo da parecchio tempo e sapevo come mantenere il mio volto imperturbabile. Sapevo a cosa si stesse riferendo ma con chi scopasse mio padre non era di nessun interesse per Cochran. Tirai via il mio braccio e mi spazzolai la manica come se stessi scacciando una mosca. Prendendo il portafoglio gettai un pezzo da venti sul tavolo per pagare il gin tonic che avevo ordinato ma non bevuto.

“Abbia una buona giornata, Senatore Cochran,” dissi. Senza degnarlo di una seconda occhiata mi allontanai con noncuranza dal tavolo. Ero sicuro che il vecchio fosse furioso ma non guardai indietro e chiamai un taxi.

“Dove, signore?” chiese il guidatore.

“East End,” gli risposi.

Il conducente mi portò lungo il Potomac, superò gli elaborati memoriali ed entrò nel cuore della città. Rallentò e si fermò vicino alla Casa Bianca per permettere a un gruppo di turisti di attraversare in modo da poter ammirare l’esterno bianco immacolato. Io l’avevo vista innumerevoli volte e, quindi, quelle visioni avevano perso un po’ del loro fascino.

Tuttavia, sentivo sempre che la capitale aveva una forza discreta, una forza che era un costante ricordo del fatto di essere la casa delle persone più potenti della nazione. Con i suoi grandi monumenti, i prati di un verde lussureggiante, i politici e i candidati speranzosi di diventarlo che affollavano i locali e le strade, Washington era orgogliosa di essere la città più maestosa della nazione. Conoscevo la città a memoria. E se ero in grado di apprezzare e capire il suo ritmo, allo stesso tempo lo odiavo. Sì, c’era della bellezza, ma c’era anche una spietatezza di fondo che non poteva essere incontrata da nessuna altra parte. Chiunque doveva capirlo per sopravvivere lì. Chiunque non volesse alla fine diventare un’esca per gli squali.

Quando ci avvicinammo all’East End, diedi istruzioni all’autista affinché accostasse di fronte al mio edificio all’angolo della New Jersey Avenue NW. Pagai la corsa e uscii. Con pochi piccoli passi attraversai il marciapiede, spinsi le porte dai doppi vetri e andai direttamente negli uffici della Quinn & Wilkshire al settimo piano.

Quando si aprirono le porte dell’ascensore, mi apparvero gli interni appena rifatti. Una fontana era posta al centro della sala di attesa, ed emetteva il rilassante suono dell’acqua corrente a tutte le ore della giornata. Tutto era immacolato, compreso il granito nero del bancone della reception e la pelle lucida dei mobili. I pacati tocchi di grigio, crema e bordeaux davano all’agenzia di PR un’aria di fiducia e forza che si adattava bene ai molti clienti che attraversavano le nostre porte. Dai politici alle star del cinema alle importanti figure sportive—lavoravamo duramente per promuovere i nostri clienti e farli apparire di successo, onesti, importanti e il più eccitanti possibile.

Sfortunatamente le persone raramente venivano da noi quando le cose stavano andando bene. I nostri clienti di solito venivano a bussare dopo che le cose si erano messe male. Si andava dall’attrice in ascesa beccata in un video mentre tirava coca, all’atleta che poteva aver festeggiato troppo e aveva preso una multa per guida in stato di ebrezza. Nonostante quello che dicevano le persone sul fatto che non esistesse una cosa come la cattiva stampa, in realtà richiedeva tempo e comunque non era vero. La cattiva stampa non era mai nulla di buono. Il nostro lavoro era quello di allontanarli dalle luci della ribalta negative con una campagna di relazioni pubbliche positive. Lo facevamo e lo facevamo bene.

Quando mi avvicinai al mio ufficio la mia segretaria era lì a salutarmi.

“Buon pomeriggio, Angie,” dissi con un piccolo cenno del capo.

“Salve, signor Quinn. Ehm,” cominciò a dire nervosamente. “L’altro signor Quinn, suo padre, è qui per vederla. È nel suo ufficio.”

Certo che è qui. Quel fottuto Cochran probabilmente lo ha chiamato.

Non dissi, però, queste parole a voce alta. Poteva sapere che non ero felice di sentire che mio padre fosse venuto qui senza annunciarsi ma non c’era alcun bisogno che sapesse cosa fosse successo oggi.

Apparenze. Si tratta tutto di apparenze.

Invece di dire altro, le feci un altro cenno col capo e proseguii verso la porta del mio ufficio. Quando entrai vidi mio padre in piedi vicino alla grande libreria di acero dipinto di nero posta sulla parete sinistra più lontana. Sembrava stesse esaminando attentamente i titoli e questo lo trovai decisamente strano. Non l’avevo mai visto leggere un libro in vita sua nonostante la posizione che copriva all’interno del governo degli Stati Uniti.

Mio padre, Michael Fitzgerald Quinn, senatore dello stato del Maryland, puntava sempre alla perfezione. Emergeva sempre durante i dibattiti pubblici dove non mancava mai di coinvolgere la folla con la meticolosità delle sue parole. Quella precisione si estendeva anche al suo aspetto. Non passavano mai più di due settimane prima che I suoi corti capelli grigi venissero tagliati e il suo volto era sempre accuratamente rasato. Anche il suo abito era sempre impeccabile. Il Maryland, uno stato che normalmente votava democratico, sembrava essere caduto completamente nella trappola di questa finta facciata. Per chiunque lo conoscesse davvero non era altro che un travestimento per nascondere il predatore che si celava sotto la superficie.

“Papà,” dissi, passandogli vicino e prendendo posto dietro la mia scrivania. Mi rifiutai di essere più cortese di quanto meritasse.

“Ha chiamato Robert Cochran,” disse, senza perdere altro tempo sul motivo della sua visita.

“Supponevo che questo fosse il motivo per cui hai abbandonato il tuo piedistallo a Capitol Hill per venire a trovarmi.”

“Perché non te ne stai occupando, Fitzgerald?”

“Perché non voglio farlo,” ribattei realisticamente.

“Dove è Devon? Non è molle come te. Metti lui su questo.”

Non falliva mai. Quell’uomo raramente mi diceva più di due frasi senza lanciarmi una frecciatina. Gli lanciai un’occhiata impaziente mentre contavo mentalmente fino a dieci.

“Devon è ai Caraibi per una meritata vacanza, non che io debba spiegarti dove sia il mio socio. Si è fatto il mazzo e non lo chiamerò qui per questa stronzata e non ci metterò nessun altro membro del mio staff. Sistemare I casini di un viscido politico che non è in grado di tenere il suo uccello nei pantaloni non sarà mai nei programmi del mio studio.”

“Il tuo lavoro è quello di sistemare la pubblicità negativa. Se questo diventerà pubblico, l’intero partito ne soffrirà!”

Sospirai, seccato che mi stesse facendo sprecare il mio tempo e accesi il computer.

“Tu forse puoi esserti fatto l’idea che io sia un faccendiere di Washington, ma che tu ci creda o no, la mia società aderisce a un codice etico,” risposti bruscamente mentre osservano l’icona della piccola mela che si illuminava. Non mi sarei fatto coinvolgere da lui—avevo già dato. Lui sapeva perché non avrei mai preso un cliente come Cochran anche se non l’aveva mai capito o appoggiato perché anche le sue mani erano altrettanto sporche.

“Ah, scordatelo. É comunque ora che Cochran rinunci al suo posto,” concesse. “Ultimamente è finito molto spesso sotto accusa da entrambi i partiti per argomenti diversi. Sicuramente non vogliamo uno scandalo ma almeno ci dà una scusa per cacciarlo.”

Alzai lo sguardo, quasi scioccato per la sua resa così veloce. Mio padre non rinunciava mai senza combattere.

“Quindi tutto a posto?” chiesi con incredulità.

“Perché discuterne? So come la pensi. Sei un debole, nonostante tutti i miei sforzi di renderti più duro. L’unico motivo per cui rifiuti di prendere questo caso è per quello che è accaduto tra me e tua madre.”

Il mio sangue cominciò a ribollire al sentir parlare di mia madre. Il maledetto bastardo non perdeva mai occasione di menzionarla. Lo odiavo ancora per quello che le aveva fatto ma lui amava ancora ricordarmelo a ogni maledetta opportunità.

“Oh, intendi quando l’hai piantata in asso quando si è ammalata?”

Lui rise, il suono spietato e crudele mentre si sedeva sulla sedia davanti a me.

“Tu devi dimenticare. É morta da quasi trent’anni. Tu credi che io non sia migliore di Cochran, ma ci sono alcune cose che non capirai mai, figlio.”

Le mie dita si strinsero attorno al mouse sotto il mio palmo.

“Vattene,” sibilai, lottando contro l’istinto di urlare. Solitamente ero calmo, razionale—con l’eccezione di quando si trattava di mio padre. Lui sapeva sempre come premere i pulsanti giusti. Allentai la mia presa sul mouse e finsi di scorrere le e-mail, avendo bisogno di una distrazione per non prendere a cazzotti il vecchio.

Sfortunatamente, lui proseguì.

“Credi che non sappia come ti senti? Ti conosco meglio di quanto tu voglia ammettere, e so quanto sei stato e sei ancora devoto alla memoria di tua madre.” Fece una pausa e si massaggiò pensierosamente il mento. “Ma potremmo usarlo a nostro vantaggio. Hai perso tua madre quando eri solo un bambino… i votanti potrebbero essere solidali. Chiaramente dovremmo fare un sondaggio. Questo insieme a —”

“Di cosa stai parlando?” lo interruppi. I suoi giri di parole mi stavano stancando. Volevo solo che arrivasse al punto e che si togliesse dai piedi e dal mio ufficio. “Gli elettori non si interessano a me. Si interessano solo dei politici che finiscono con il diventare miei clienti.”

“Si interesseranno molto a te a novembre.”

Novembre?

Lo guardai con cautela. Mio padre aveva sempre un ordine del giorno che pensava solo a se stesso e stavo cominciando a pensare che non fosse venuto lì solamente per la questione Cochran.

“Perché sei venuto a trovarmi oggi?” domandai con cautela.

“Non ci vorrà molto tempo prima che Cochran annunci le sue dimissioni. Il suo tentativo di assumerti era semplicemente un tentativo disperato. Sa che è fuori. Una volta che darà ufficialmente le dimissioni, ci sarà un posto libero in Virginia. E sarai tu a occuparlo.”

Scossi la testa, i miei sospetti erano confermati.

No, ancora questo.

Aveva sollevato l’argomento della mia candidatura alcune volte in precedenza, ma non l’avevo mai preso seriamente. Tuttavia, questa volta c’era qualcosa di diverso nella sua espressione che mi fece gelare il sangue.

“Te l’ho già detto in precedenza, non ho nessun interesse per la politica.”

“Non he importanza quali siano i tuoi interessi. Non hai comunque più scelta.”

Ignorai il suo commento e lo salutai con la mano.

“Non c’è già Bateman pronto per correre?” chiesi, ricordando un’intervista che avevo visto pochi mesi prima in uno dei notiziari locali. “Lascia che lo faccia lui.”

“Bateman è un idiota. Si fa influenzare troppo facilmente dagli altri e non è per nulla sicuro che vinca. Ho già parlato con gli membri del partito. Tu sei una sicurezza, non Bateman. Hai gli agganci familiari e del passato per darti supporto. Le persone votano per coloro che li fanno sentire a loro agio. E tu sei a persona giusta, Fitzgerald.”

“Sono felice di fare quello che sto facendo. Io e Devon abbiamo un’azienda di successo e che fa profitti e che non lascerò perdere. E anche se volessi sarebbe impossibile. Le primarie sono fra due mesi. Non posso mettere insieme una campagna in così poco tempo,” insistetti.

“Abbiamo già i numeri dal comitato esplorativo che ho organizzato,” proseguì lui come se non avesse sentito una parola di quello che avevo detto. “Il comitato nazionale dei senatori repubblicani è d’accordo nel sostenerti. Non vogliono Bateman, ma non vogliono anche apparire prevenuti. Se decide di gettarsi nella mischia non lo fermeranno ma non gli daranno neppure il loro completo appoggio. Una volta che Cochran si dimetterà sarà come se l’elezione fosse incontrastata.”

“Anche senza il mio consenso sei andato avanti e sei partito comunque.” Sentendomi incredulo mi sedetti sulla sedia e scossi la testa. “Qualche volta sei veramente incredibile. Pensi di aver già risolto tutto, vero?”

“La tua più grande preoccupazione sarà a novembre. I sondaggi dicono che una donna da Richmond vincerà le primarie democratiche. Lei è l’unica che potrà mettersi sulla tua strada per la conquista del posto di Cochran.”

Mi chinai in avanti, allargai le mani sulla scrivania e lo guardai direttamente negli occhi.

“Non correrò per quel posto,” dissi per la seconda volta in meno di cinque minuti. “E se avessi anche un minimo desiderio di farlo, non sarebbe certamente per il tuo partito.”

Mio padre si alzò in piedi e colpì con il pugno il bordo della scrivania.

“Maledizione! Non cercare di giocare con me! È ora di crescere, cazzo, Fitzgerald!” urlò. “La tua aziendina ha successo solo perché ci ho pensato io. Ti ho lasciato divertirti, ma il tempo dei giochi è finito! Lascia che sia Devon a gestirla per un po’. Lo farai per il tuo paese e per il partito—il partito per cui sei registrato!”

“O altrimenti?” chiesi alzando un sopracciglio. Poteva infuriarsi quanto voleva. Mi rifiutavo di mostrarmi anche minimamente intimidito.

Lui incrociò le braccia sul petto e sollevò il mento. La sua rabbia si dissolse lentamente in qualcosa di freddo—quasi sinistro—mentre mi guardava con sufficienza.

“Allora farò trapelare la tua piccolo disavventura con quella ragazza durante i tuoi anni a Georgetown.”

Strinsi gli occhi guardandolo.

“Questo è successo anni fa ed è stato un tragico incidente. Lo sai tu come lo so io. Non sono più un ragazzino. Non puoi minacciarmi e continuare a tenere questa tegola sulla mia testa.”

“Non posso?” Disse con un sorriso ampio e a tutti denti. “Credo che la stampa divorerà una storia di una povera ragazza che è affogata a causa tua, incidente o meno. Riesci a immaginarlo? Il mediatore di Washington non è stato in grado di sistemare i suoi casini. Papà ha dovuto salvarlo. La tua vita sarà rovinata. La tua azienda affonderà. E tuo figlio ne soffrirà le conseguenze.”

Impallidii mentre una sensazione di paura cominciava a penetrarmi nelle ossa. Non me ne fregava un cazzo di quello che faceva a me, ma mio figlio era tutta un’altra faccenda. Era la mia vita. La mia responsabilità. La mia completa ragione di vita.

“Non faresti questo a Austin. Non puoi.”

“Posso e lo farò. E parlando di tuo figlio,” disse con disprezzo, enfatizzando la parla come se gli lasciasse un sapore amaro in bocca. “É tempo che tu ti trovi un’altra moglie. Bethany se ne è andata ormai da quasi undici anni. Gli elettori vorranno vederti mostrare forti valori famigliari. Maggiore stabilità.”

Il mio stomaco si contrasse. Era come se stessi vedendo una ripetizione della mia vita, il passato che costantemente tornava. Non gli avrei permesso di farmi questo di nuovo. Roteai gli occhi in un debole tentativo di mostrare che non ero intimorito dalle sue minacce.

“Tu mi stai prendendo in giro. La vecchiaia ti sta dando di volta al cervello. Con tutto quello che ho da fare, ho a malapena il tempo di avere un appuntamento, lasciamo perdere la sola idea di sposarmi.”

“A malapena? Quando è stata l’ultima volta che sei uscito con una donna?”

Strinsi gli occhi.

“Questi sono affari miei.”

“Beh, ora li sto facendo diventare miei. Non provare a prendermi per un idiota. So che non hai avuto nessun appuntamento. Ti stai ancora consumando per quella ragazza da—quanto tempo è passato ora? Sedici anni? La ragazza da—”

“Smettila. Adesso. Non hai idea di quello che stai dicendo,” brontolai. “Non esco a causa di Austin. Non ha bisogno di essere confuso da donne che entrino ed escano dalla mia vita. Tu mi hai insegnato anche troppo bene come è. Non seguirò il tuo esempio.”

Lui sbuffò e fece uscire un’altra risata crudele.

“Ho un incontro programmato con i leader dell’RNC domani sera. Ti farò mandare i dettagli dalla mia segretaria. Assicurati di esserci. Dobbiamo discutere della strategia della campagna. L’orologio sta già correndo,” mi ammonì come se non avessi detto una parola. Si mosse verso la porta per andarsene. Lo stronzo in realtà non sembrava per nulla turbato. Anzi più che sicuro di sé.

Poi…se ne andò. Ai suoi occhi la questione era definita. Mi sedetti alla mia scrivania, sentendomi relativamente stupefatto mentre pensavo a cosa mi fosse successo.

Mi massaggiai il volto con le mani, la barba che mi era cresciuta durante il giorno si fece sentire sui miei palmi. Mi alzai dalla scrivania, andai verso l’angolo bar e mi versai un drink forte. Buttandone giù un sorso il Johnnie Walker etichetta nera scese bruciando e mi scaldò le interiora. Ora, rimasto solo con i miei pensieri, camminai verso la finestra che costituiva la mia parete posteriore e osservai distrattamente il traffico.

Non avevo alcuna intenzione di correre per quel posto, ma le minacce di mio padre incombevano. Dovevo pensare a Austin. Mentre ero riuscito a difendere mio figlio dalla crudeltà di mio padre, sapevo che non era stupido. A quindici anni potevo vedere molto di lui in me—nel bene e nel male. C’era un lato ribelle in lui che mi faceva preoccupare. Anche se sentivo che avevo un buon rapporto con lui, avevamo litigato parecchio ultimamente.

Maledetti adolescenti.

In ogni caso, potevo essere in grado di superare l’imbarazzo di uno scandalo di quasi vent’anni prima ma non ero sicuro che Austin, un adolescente impressionabile, potesse gestirlo. Pensavo anche che una dura campagna politica e un esame pubblico che ne sarebbe derivato non fosse un’alternativa migliore.

“Fanculo,” sussurrai e gettai via quel che rimaneva del mio drink. Fissai il bicchiere vuoto, lottando contro il desiderio di versarmene un altro. L’alcool non era la risposta, un fatto che sapevo anche troppo bene.

Cosa sto facendo?

In quel momento avevo bisogno di un modo per scacciare tutta quella follia ma annegarla nell’alcool non era la risposta. Una rapida corsa attorno al National Mall era l’unica cosa che realmente mi schiariva la mente. Solitamente correvo di mattina quando la temperatura era più fresca, ma una bella sudata sarebbe stata la terapia perfetta dopo aver sentito gli ultimatum di mio padre.

Sciogliendomi la cravatta, mi diressi verso il mio bagno privato collegato all’ufficio per vestirmi da corsa. Mentre mi toglievo la mia camicia button down Calvin Klein, vidi allo specchio il mio tatuaggio sull’avambraccio. Lo fissai mentre le parole precedenti di mio padre mi riempirono la mente.

“Ti stai ancora consumando per quella ragazza…”

Quando l’aveva detto avevo quasi riso. Lui non sapeva delle molte notti che avevo gettato dopo la morte di Bethany, affogando in una bottiglia di scotch e scopando con qualsiasi corpo senza nome che avessi voluto scopare. Non ero a lutto per la morte di mia moglie come avrei dovuto essere. Usavo invece le donne e l’alcool come se avessero il potere di cancellare quello che avevo veramente perso. Non mi ci volle molto per rendermi conto che non mi sarei mai liberato del senso di vuoto che avevo provato da quando avevo lasciato dietro di me il mio primo e unico amore.

Ricordi che avevo cercato di sopprimere per anni ritornarono alla carica—ricordi di Cadence. L’immagine del suo volto mi annebbiava la visione. Per quanto ci provassi non c’era modo di dimenticare un volto come il suo.

Il nostro inizio poteva essere stato comune e dimenticabile se si fosse trattato di chiunque tranne lei. Con i suoi lunghi capelli biondi e il bagliore dei suoi stupendi occhi smeraldo, nessuno poteva dire che Cadence fosse bella. Era troppo stupenda per usare una parola così banale. Cadence non era solo bella. Era meravigliosa. E contrariamente alla maggior parte delle donne in cui mi ero imbattuto nei miei trentanove anni su questa terra, la sua bellezza non era solo superficiale. Non era insolente e aveva un entusiasmo per la vita che nessun altro aveva. Era fragile ma anche decisa e determinata.

Anche se a soli ventidue anni sapevo che lei era la donna che stavo cercando per passare il reso della mia vita, ma non avevo mai avuto modo di farlo. Era deliziosa ed era ancora il mio rimpianto più grande. Eravamo così giovani e il nostro tempo insieme era stato così breve. Era stata una sola estate. Quello era stato tutto il tempo che avevo avuto con lei. Ma era stata l’estate che mi aveva cambiato la vita.

Definita

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