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La cosa essenziale
ОглавлениеUn giorno di febbraio dopo che sul Maidan è caduto il silenzio e non sentivano più i colpi di fucile, lamenti e suoni di “Plyve kacha po Tysyni”(Nuota l’anatra lungo la Tysyna, canzone viene riconosciuta non ufficialmente un inno-requiem per i caduti attivisti di Euromaidan), dopo che il fumo dal Palazzo del sindacato bruciato è disperso, è stato convocato il Consiglio dell’Autodifesa del Maidan. Gli attivisti si sono incontrati con Olexander Turchinov, Arsen Avakov, Igor Teniukh, Arseniy Jatseniuk e Andriy Parubiy. Il Consiglio ha deciso di formare un battaglione di volontari.
Il 13 marzo più del cinque cento dei uomini salivano nei bus e andavano al Novi Petrivtsi, una contrada vicino a Kyiv al poligono per educazione e addestramento militare. La fila di 530 uomini si era estesa per tutta la piazza, quelli erano i cosacchi liberi pronti a gettarsi in combattimento per difendere la Crimea. – cosi ricorda quell giorno Andriy Antonyshchak, il comandante del nuovo battaglione.
Per qualche settimana Andriy non aveva visto il Markiv perchè l’ultimo si è unito all’altra centuria trasferitosi dalla centuria nova la cui è stata sotto il commando di Andriy.
La nova centuria si aggirava 700 uomini essendo abbastanza grande. Il più importante scopo della formazione è stato quello di controllare le uscite dalla metropolitana. Quella centuria è stata unica che non si trovava al Maidan. Dopo aver vegliato la notte gli attivisti di Maidan si tornavano al luogo di ubicazione.
Vitaliy era diverso da quelli 700 uomini. Era giovane, entusiastico, ansioso. Dopo aver venuto da Italia era pronto ad agire. Andriy lo ricorda bene: “oppure come si dice da noi a Leopoli “gli è venuto il pepe al culo” – il ragazzo era sempre pieno di idee, sempre si dava da fare”.
Ma a Vitaliy non è bastato solo prestare il servizio. Lui invece voleva sempre stare al Maidan. Per questo ha chieso il trasfeimento.
A Petrivka sono stati uomini dalle cinturie diverse del Maidan. Qualcuno di loro erano assolutamente sconosciuti. Erano dalle parte del paese diversi ma tutti condividevano lo stesso desiderio di impedire la guerra in Ucraina. C’era tra quelli cinque cento uomini anchè Vitaliy Markiv.
“E’ stato molto diverso dagli altri”, dice il suo fratello d’armi, ufficiale della Guardia nazionale d’Ucraina, Serhiy che non ha voluto dire nè il suo cognome nè il suo nome in codice. Prima della guerra Serhiy non faceva il militare benchè anni fa ha prestato servizio obbligatorio di leva ed è stato da sempre interessano nei servizio militare. Si sono conosciuti con Vitaliy alla fine del febbraio mentre si formava il primo battaglione di volontari e si cominciava l’addestrazione militare.
Vitaliy spiccava dal suo aspetto fisico: alto di statura, benfatto vestito in abito militare che sembrava come cucito su sua misura. Come si dice: l’abito fa il monaco. Anchè l’altri uomini hanno notato che aveva un’abito militare americano o inglese e anche nuovo e cucito su misura.
“A quell tempi ognuno indossava quello che avava a disposizione. All’inizio della guerra si diceva che i mercenari facciano la Guerra perchè nelle nostre schiere c’erano gli abiti inglesi, quegli tedeschi e neanchè gli abiti da caccia cioè non abbiamo avuto un’uniforme militare”, oggi racconta il suo fratello d’armi Serhiy sorridendo.
Un ragazzo serio, un po’ impertinente dava nell’occhio a un fratello d’armi future. Comunque, secondo Serhiy era un impertinente in buon senso della parola. Più che altro è stato insistente. “Prima quella sua qualità era seccante”, racconta il suo fratello d’armi.
La storia del ritorno di Markiv da Italia per difendere la patria ed il suo decisione di prestare il giuramento risaltavano e ispiravano gli altri ragazzi per combattere. Gia a quei giorni è diventato un leader per cosi dire, una persona che attira l’attenzione dei ragazzi. Questi sono i ricordi di Bohdan Matkivskiy che ha conoscito Markiv durante l’addestramento militare e che è stato il comandante dell’unità della Guardia nazionale a cui Markiv è stato sottoposto. Più tardi Matkivskiy diventerà un parlamentario contro cui il Tribunale italiano avvia la procedura.
“Si sentiva che abbia avuto una grandissima fiducia nella nostra causa con fiamma nel cuore. Cosi come abbiano avuto neanchè l’altri soldati. Era piuttosto motivato e pieno di energia per fare le cosec he abbiamo dovuto fare. Più volte avrebbe chiesto “Quando interveniamo in prima linea? Ci gia hanno sottratto la Crimea. Quando partiamo all’Est?”, ricorda il commandante.
Vitaliy si prendeva tutto lo spazio: “Vitaliy qua, Vitaliy la, non stava mai a sedere”, raccontava il fratello d’armi.
Si potrebbe vederlo in qualunque posto. Vitaliy inciampavo ovunque pensando: “Ma chi è quello qua?” Risolveva tutti i problemi con sana impertinenza. L’ hanno detto di aspettare invece lui trattavauna questione da lati diverso finchè otteneva quello che voleva – racconta di Markiv il suo amico d’armi.
Non era sulla breccia mai. Non ha avuto come l’oviettivo d’attirare l’attenzione su se stesso ma aveva il sangue in ebollizione e voleva risolvere al più possibile tutti i problemi suoi e quelli dei suoi uomini dalla sua unità. Ha voluto decidere come proseguire con l’addestramento. Comunque, lui non era un comandante. Semmai era un guida spirituale.
Questi soldati novizi praticamente non li avevano i comandanti. Invece Markiv ha avuto il modo di raccogliere attorno a sé un gruppo di compagni che lo riguardavano come un capo.
A Novi Petrivtsi gli attivisti d’Autodifesa di Maidan hanno conosciuto il maggiore generale Serhiy Kulchitskyi, il capo della direzione del’addestramento al combattimento e del’addestramento formale della Direzione generale della Guardia nazionale d’Ucraina.
Serhiy Kulchitskyi ha preso di persona una parte attiva alla formazione della prima unità dei volontari, cioè il primo battaglione di reserva della Guardia nazionale. Insieme ai volontari è partito per settore dello svolgimento dell’operazione antiterrorismo. Dal ben primo giorno lui è stato insieme ai suoi soldati abitando nella tenda da soldati, mangiando il cibo da caserma e a volte anchè cucinava per i soldati. È stato soprannominato “il generale con il cuore di un soldato”.
Anchè adesso Kulchitskyi è una figura simbolica per i militari. Lo chiamano nientedimeno che “il padre”: a tal punto era stimata la sua autorità, a tal punto era capace di unirli e gettare le basi di addestramento dei soldati. Questi ragazzi, li sono stati diversi. “C’erano pochissimi tra loro chi conosceva l’arte di guerra, quelli ragazzi erano gia “soldati in erba” ma grazie al generale Kulchitskyi loro capivano che strada l’hanno presi; lui davvero è riuscito a trasformarli in soldati veri”, dice la madre di Markiv.
“Gli sono bastati letteralmente tre minuti per far capire a cinque cento uomini che è un Uomo per eccelenza, – queste esatte parole di Markiv sono state citate durante la mostra fotografica “Se non ci fosse la Guerra”-Siamo stati colpiti dal suo comportamento: al terzo giorno sul poligone ci è stato un vento fortissimo che travolgeva le tende. Il generale ha preso un maglio e ha fatto chiamare il Capo di Stato maggiore ed il Capo dell’unità militare. Ha detto il primo di tenere fermo il paletto da tenda, ha fatto il capo dell’unita di tesare la tenda e lui stesso con un maglio nelle mani piantava i paletti delle tende nel terreno. Per noi, i soldati! Quest’uomo stendeva accanto a noi sul terreno del poligone per insegnarci a sparare, quest’uomo si trascinava per terra in fango accanto a noi. Quest’uomo ci sono stato insieme per tutto il periodo del’addestramento. Se avevi bisogno di un consiglio, lui te lo avrebbe dato. E’ una persona speciale per me”.
Allora Vitaliy ha detto sua madre che vorebbe stipulare un contratto per fare il militare a contratto temporaneo. Inizialmente, il contratto prevedeva il termine di 5 anni. “la mia unica risposta è stata solo questa: Sarà la tua scelta. Comunque, non sarà possibile dopo aver stipulato oggi il contratto di tornare indietro se qualcosa venisse male. Quella è la tua scelta. Cosi devi fare le funzioni assunte fieramente neanchè tutto ciò che è nel tuo potere”, questi sono stati gli insegnamenti che la madre dava al suo figlio.
Lei diceva che avrebbe potuto soltanto essere dalla parte del figlio perchè spettava a lui come uomo di difendere la sua patria.
“Lui agiva a difesa d’Ucraina da sempre anche prima della guerra. Spiegava a mio marito che l’Ucraina non sia lo stesso che Unione Sovietica o la Russia. Perchè in Italia sanno pochissimo d’Ucrana. Ogni volta che ci è stata una discusssione a proposito d’Ucraina e mio marito la paragonava con la Russia, Vitaliy sempre sottolineava che noi avessimo la nostra propria storia, quella ucraina.”
La moglie di Vitaliy nota che la decisione fatta da Vitaliy di andare alla Guerra è stato prevedibile come una implicazione logica dai avvenimenti al Maidan.
“Allora non ho avuto una sensazione che sarebbe stata una cosa lunga. Pensavo che in due mesi la Guerra sarebbe finita e noi cominceremmo a vivere una vita serena e tranquilla. Col passare del tempo ho dovuto riconsolarmi con il fatto che mio marito facesse la Guerra e che ci volesse molto tempo. Dopo la prima sostituzione delle truppe, ho capito che la Guerra sia la cosa lunga”, ricorda Diana.
I novizi sono stati circa 1, 5 mese a Novi Petrivtsi. Hanno avuto l’ addestramento al tiro, la formazione tattica, prove attitudinali fisiche. “Tutto ciò io lo chiamo “formazione del guerriero novello” perchè ben metà degli uomini che c’erano sul poligono non ha fatto il servizio militare mai. Benchè ci siano i professionisti, uomini dotati di talento nell’ambito del’arte militare”, racconta Serhiy.
Per esempio quando scegliavamo i cecchini se succedeva a un ragazzo che non ha sparato mai in vita sua, di colpire con un singolo tiro un’uovo dalla distanza di cento metri, lo nominavamo un cecchino. “A dire la verità ci sono stata la gente piùttosto varia. Direi, una specia dello spaccato della società. C’era chi aveva tre diploma universitari, e c’erano quelli sgramaticati che si vedeva dal loro modo di parlare. C’erano grandi e piccini. C’era la gente ricca, gli uomini d’affari. Ma perlopiù erano i quadri intermedi, gli elettricisti, i tecnici, tutti quelli che esistevano nella società. Nei tempi di Maidan questa gente o ha lasciato il suo posto di lavoro o le sono state concesse le “ferie di Maidan”. Qualcuno ha letto qualche libro dall’ambito militare altri no, qualcuno si interessava nell’arte militare altri invece tempo fa hanno giocato a paintball e pensavano che sia questo l’arte militare e che la guerra sia la stessa cosa”, aggiunge l’ufficiale della Guardia nazionale.
Prima di partire per il Donbass dove fomentavano azioni belliche e le forze ucraine gia hanno subito le perdite di uomini premeva di andare alla zona di confine tra la regione di Dnipropetrovsk ed il Donbass. Quello era la località dove i gruppi di novizzi abbiano dovuto essere divisi nelle unità minori. Per due settimane i soldati della Guardia nazionale prestavano servizio ai posti di blocco a Pavlograd nella regione di Dnipropetrovsk. lì si dovevano abituarsi alla situazione di combattimento, neanchè hanno ricevuto le armi e le munizioni per arma. Li dovavano salvaguardare la regione dal eventuale forzamento da parte dei separatisti.
“A dire la verità all’inizio pernsavo che un’unita militare fatta da non professionisti non potesse partecipare alle azioni belliche. Capivo che non ci fosse un comando ordinato, c’erano i comandanti sconosciuti a noi, ufficiali giovanissimi. Mentre tra di noi c’erano gli uomini più maturi, che avessero più di 50 anni. Comunque la base della unità si era formata dagli uomini di 30–40 anni. Non è cosi facile da comandare gli uomini maturi perciò i tenenti maggiori che sono stati mandati per comandarci rimanevano perplessi. E in più, siamo tutti i volontari da Maidan perciò sarebbe inutile far l’abbaiata a noi o applicare una pena disciplinare. Non ricevevamo nessun pagamento per questo non si applicano le sanzioni finanziarie. Cosi, non hanno avuto una pallida idea come comandarci. Invece tra di noi c’èrano uomini più anziani, quelli che gia avevano avuto una certa esperienza nell’ambito e cosi abbiamo trovato la soluzione. C’erano quelli che non hanno saputo nulla dell’arte militare invece hanno saputo di riunire la gente”, dice Serhiy.
Quel fatto che il suo fratello d’armi ha lasciato dietro le spalle la vita serena in Italia per non soltanto essere al Maidan ma anchè per partecipare con determinazione alle azioni belliche e per riconquistare la sua paese d’origine dalle mani degli intrusi Serhiy ha communicato agli altri soldati solo dopo che l’addestramento militare a Novi Petrivtsi fosse compiuto ed i volontari fossero partiti per Sloviansk.
* * *
La città di Sloviansk era un posto da dove la guerra è iniziata. Il posto delle azioni belliche le più intense e la città in cui la popolazione locale ha sputtava oddio verso i soldati. Certo non tutta la popolazione ma quella la più incativita era molto attiva appoggiata dai separatisti e dai russi che venivano da altre città.
Nella città i membri del primo battaglione della Guardia nazionale sono stati raggruppati in due gruppi ed erano trasportati all’elicottero a più riprese vicino al monte Karachun. Sul ponte presso il villaggio chiamato Andriivka si sono uniti al primo battaglione della 95-ma brigata. Ci è stata una coincidenza perchè si sono uniti la seconda compagnia del primo battaglione della 95-ma brigata e seconda compagnia del primo battaglione della Guardia nazionale.
Il 2 maggio la colonna dei militari ucraini della 95-ma brigata aeromobile è stata bloccata dai civili e dai guerriglieri sul ponte attraverso il fiume di Suhyi Torets.
“Erano bloccati perchè da una parte i separatisti hanno saldato ai binari una locomotiva perciò non è stato possibile di passare il ponte con i veicoli militari. D’altra parte è stata riportata la gente locale insiame a quella da Kramatorsk. Controllavamo i loro documenti personali per far melina”, ricorda un fratello d’armi di Markiv.
La Guardia nazionale ha ricevuto un compito di aggirare la città di Sloviansk. Vitaliy si trovava al cosidetto “settimo posto di blocco”. Le truppe hanno dovuto attraversando la falda e il ponte, passando attraverso l’area rurale, entrare alla città. Ma sul ponte sono rimasti bloccati e si sono ritirati combattendo più vicino al monte Karachun. Cosi Markiv e gli altri si sono coinvolti nella loro prima battaglia.
“Quelle qualità che ha mostrato durante il primo combattimento marciando davanti al VTT insieme agli uomini sulla linea di fuoco pussono dire molto del soldato che accetta il combattimento per la prima folta nella vita sua essendo assolutamente consapevole di essere circondati dal nemico e non c’è nessuno dietro le spalle tranne i fratelli d’armi. Loro ti coprono e tu a sua volta devi comprire loro”, racconta Matkivsky.
Il comandante sottolinea che Vitaliy pur avento un interesse vivido per tutte le azioni belliche il suo comportamento in battaglia conferma il suo carattere di una persona prudente e riservata. “E che nella situazione come quella ci è stata una immensa possibilità di commetere un errore”, aggiunge poi.
Nel primo combattimento Vitaliy è stato nella colonna d’avanguardia mentre il suo fratello d’armi è stato nell’ultima colonna di soccorso insieme all’intelligenza della 95-ma brigata.
“Al monte Karachun c’erano 15 soldati della difesa che hanno notato che avicinassero circa 150 uomini sui VVT armati con le mitragliatrici. Abbiamo fatto alle fucillate brevissime in seguito ai quali abbiamo occupato il territorio del centro televisione”, racconta Serhiy parlando in un modo un po’ caotico.
Durante il combattimento i civili gettavano olio sulle fiamme bloccando le unità militari. E poi sono arrivati gli uomini vestiti nelle divise con passamontagne che proponevano darsi per vinti e cedere le armi ai paracadutisti e membri della Guardia nazionale. Alle circa 22:15 ci è stata una provocazione infame cioè i guerriglieri hanno iniziato il tiro di efficacia sparando ai soldati ucraini da dietro le spalle della popolazione civile. I militari avanzavano combattendo sul monte Karachun. In seguito ci hanno organizzato il loro campo militare di base.
La 95-ma brigata ha posizionato tutte le artiglierie e la Guardia nazionale è stata armata dai fucili mitragliatori e dalle bombe controcarro per fucile.
La 95-ma brigata ha ricevuto un ordine di sorvegliare la strada che andava su a partire dal villaggio di Andriivka. Se si guarda verso l’Andriivka si vede un campo aperto e in tal modo prestavano servizio militare. Le posizioni della 95-ma brigata si davano anchè sul insediamento industriale”, ricordava il coordinator del primo battaglione della Guardia nazionale.
La buona parte della popolazione locale nutrivano sentimento d’ostilità per i military ucraini. Non si accorgevano che compiti facevano i soldati ucraini nella zona perciò subito trattavano tutti con ostilità. C’erano moltissimi infiltrati o quelli vestiti da borghesi andando in avanscoperta. Hanno voluto sapere la quantità dei militari, il comportamento delle soldati delle Forze armate ucraini e membri della Guardia nazionale nei vari situazioni. I militari ucraini si trovavano nella loro terra ma tra la gente che non aveva ne occhi ne orecchii.
I militari hanno provato di far ragionare la gente. Sono riusciti anche far cambiare idea qualche persona spieganto che i militari non siano il “Settore Destro” A quei tempi tutti hanno paura di questo partito paramilitare a tal punto che dicevano che sarebbero venuti purchè il “Settore Destro” non sarebbe entrato nella città.
– Ci vedete il “Settore Destro” da qualche parte? – chiedevamo.
– E no, non lo vediamo da nessuna parte, – rispondevano loro.
– Cosi, andatevi a casa sua. Assumiamo noi la funzione di far passare o vietare il passaggio. Il discorso dei militari con la popolazione locale era questo.
“Noi siamo venuti per impedire i scontri armati tra soldati delle Forze armate e la popolazione locale. Abbiamo dovuto aiutare di portar fuori i veicoli militari e condurre il personale effettivo delle Forze armate ucraine dall’accerchiamento”, ha spiegato Matkivsky.
Molta gente si è fatta persuasa che tutto fosse in ordine e andassero a casa sua. Invece molti di loro davano il passaggio agli infiltrati, la gente ubriaca che sono stati insegnati a parlare in un certo modo come se recitando le frasi da un manuale; dicendo che i militari ucraini sarebbero nemici e la Russia invece sia un amico, che ci sarebbe stato un colpo di stato e che ora loro farebbero parlare tutta la popolazione locale la lingua ucraina.
Nel bataglione abbiamo avuto la metà di quelli che parlavano l’ucraino e metà di quelli che parlavano il russo. Comunque nessuno voleva parlare con i soldati ucrainofoni perciò abbiamo dovuto parlare il russo”, dice Serhiy.
Il membro della Guardia nazionale, sorridendo ricorda cosi: “E poi Vitaliy trovandosi sul ponte ha dato l’intervista agli giornalisti italiani in italiano e questo ha mandato in fumo la spiegazione da parte mia che non siamo i mercenari stranieri. La popolazione locale ha notato che il militare con fucile concede un’intervista agli giornalisti italiani parlando l’italiano pulito. E cosi i telecanali russi e canali separatista che hanno subito raccolto “le informazioni” dei mercenari italiani”.
Vitaliy appunto spiegava agli giornalisti italiani che non i militari ucraini non fossero i mercenari, che non combattassero per soldi, che fossero gli ucraini che difendessero la loro terra dopo aver sentito che i giornalisti tra se li chiamassero “mercenari”. Vitaliy e uno di loro, Marcello Fauci, si conoscevano dai tempi di Maidan e si rimanevano in contatto. Più tardi l’italiano avrà una certa parte nel destino di Markiv.
Quando il 2 maggio i militari ucraini sono stati bloccati sul posto si sono stati presenti due giornalisti russi e uno quello italiano.Andriy Antonyshchak spiega la presenza dell’italiano con il fatto che, come sappiamo più tardi, il cosidetto sindaco popolare di Sloviansk Viacheslav Ponomariov ha avuto una portavoce Stella Khorosheva che si teneva in contatto con il Rocchelli che sarebbe morto tra poco e il suo traduttore mentre andavano al territorio controllato da guarriglieri di RPD. Dunque, gli italiani sapevano bene cosa sta succedendo nei dintorni della città.
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Insieme ai membri della Guardia nazionale prestava servizio il “Berkut”, le forze speciali.
“La prima notte per poco non ci siamo venuti alle mani dopo aver visto le loro divise con galloni”, racconta Serhiy, il membro della Guardia nazionale. Con il tempo abbiamo capito invece che quelli erano gli uomini professionisti nell’ambito dell’arte militare che con i suoi gesti e la sua prodezza si hanno fatto rispettare. “Sei di loro più tardi moriranno insieme al generale Kulchitskyi durante il volo in elicottero”, dice ancora Serhiy.
Serhiy Kulchitskyi è stato il primo generale ucraino che fosse caduto vittima durante la guerra nel Donbass. Il fatto è accaduto il 29 maggio 2014 alle ore 12:30 ca, alle vicinanze della citt’à di Sloviansk dopo la scarica dei viveri presso il 4 posto di blocco e la sostituizione del personale effettivo. L’elicottero Mi-8MT della Guardia nazionale ucraina mentre ritornava dalla zona del monte Karachun è stato bombardato dalla boscata ed è stato colpito da missile antiaerei spalleggiabile.Al bordo era il maggiore generale Kulchitskyi. I serbatoi dei carburanti si sono esplosi durante la caduta. Dodici persone sono morti tra le cui sei militari della Guardia nazionale inclusi due membri dell’equipaggio e sei soldati delle forze speciali del Ministero degli Interni d’Ucraina (precedentemente il “Berkut”). Oleksander Makeienko, il tenente maggiore e il navigatore, è rimasto vivo ma è stato trasportato nell’ospedale a Kharkiv nelle gravissimi condizioni.
Il 31 maggio 2014 Serhiy Kulchitskyi è stato sepolto nel “Campo delle sepolture d’onore” del cimitero “Lychiakivske” a Lviv.
Vitaliy Markiv concedendo l’intervista per una mostra delle foto “Se non ci fosse la guerra” diceva cosi: “è sucesso davanti ai miei occhi. La maggiore parte degli altri l’ha visto insieme a me. Quella era la perdita pesantissima per tutti noi. Un dolore immenso. Abbiamo pianto tutti quanti. Anch’io. Era un’uomo per eccelenza. Un comandante che ci teneva a ognuno di noi. Non era solo un generale, era un padre per noi”.
* * *
Qualche giorno prima, il 17 aprile, i guerriglieri russofili sono invasi nella Torre della televisione e il Centro della trasmissione radiofonica alla monte Karachun, l’altura dominante su Sloviansk e hanno ordinato di disabilitare la trasmissione dei canali di televisione ucraina. Stavano per impostare il canale di trassmisione del primo multiplex televisivo di Federazione Russa.
Grazie alla importanza strategica, l’altura dominante sulla città e la presenza della torre di televisione il monte Karachun è diventato l’ obiettivo del combattimento di lunga durata tra le forze della repubblica autoproclamata di Donbas e le Forze armate ucraine.
Un Fratello d’armi racconta che Vitaliy Markiv si comportava peritamente nelle situazioni grave: era all’altezza, riuniva gli soldati attorno a se. “Ci hanno detto che dovessimo scavare le trincee ma non avessimo avuto nè palate nè niente altro del genere. Vitaliy ed io abbiamo deciso di metterci in communicazione con la 95-ma brigata perchè c’erano i militari professionisti e invece noi ci sentivamo come dilettanti. Il comandante ci ha detto: “la prima notte riposate voi e noi stiamo a difesa e poi ci cediamo a voi una parte della difesa e voi fate come vi pare”. Il giorno dopo siamo andati a trovare le palate per cominciare a scavare le trancee. Vitaliy era uno dei primi a trovare tutto che occoreva per allestire la posizione di combattimento neppure un posto ottimo per la sua trancea e la difesa. Sapeva prendere soldati per il suo verso, tra poco c’era gia cinquina d’uomini che gli accompagnava dapertutto”, racconta Serhiy.
Al monte di Karachun Vitaliy era anchè pieno di energia, interessato a tutto ciò che riguarda la guerra. Sebbene il comandante sottolinea il suo atteggiamento pacifico alla vita. Quando ha raccontato della sua vita in Italia prima della guerra si sentiva una certa leggerezza di vita alla quale aspirava anchè l’Ucraina.
“Non è persona facile da trattare.Un ragazzo pieno di energia e giovane con una natura ardente. Sempre otteneva quello che occoreva ai soldati”, parla di lui il comandante.
Il fratello d’armi racconta che Markiv a volte dava nel naso a qualche comandante ma senza cattiveria. Se pensava che non fosse giusto fare quello che gli dicessero si ostinava con la bava alla bocca di fare quello che ritenesse giusto. “Nella maggioranza dei casi Vitaliy ha avuto raggione”, racconta il membro della Guardia nazionale.
“I suoli nel territorio di Donbas sono compatti e al monte Karachun quelli sono anchè più compatti. C’erano moltissimi rifiuti solidi urbani: – rovinaccio, frantumi di vetro, il terreno era difficile da scavare e, faceva molto caldo. Una volta abbiamo ricevuto un ordine di scavare ogni 5 metri. Vitaliy ed io ci rendevamo conto che fosse una scavatura molto fitta e nel caso in cui ci saremmo stati bombardati dal cannone semovente di tipo “Nona” (abbiamo saputo che i terroristi ne fosssero armati), quello sparasse come un mortaio. Se scavare ogni cinque metri potremmo perdere cinque o sei soldati in un tiro.”
Al Karachun Vitaliy era sempre con il suo gruppo. La cosa tornava comoda ai comandanti perchè i membri di ogni team eventualmente suddividono in gruppi più piccoli. Il suo gruppo era sempre molto unito, i soldati sapevano bene pinti di forza di ognuno e perciò sapevano aiutarsi reciprocamente in tempo, dare una mano uno all’altro e in caso di necessità di tenere la situazione sotto controllo.
Serhiy ricorda che il Markiv sapeva conciderare non solo le necessità militari ma neanchè quelle quatitdiane. “Dapprima c’era l’acqua corrente ma io ho detto a Vitaliy che dovessimo fare una scorta dell’acqua. La maggior parte del ragazzi non erano d’accordo dicendo che ci bastasse l’acqua corrente e sarebbe stata una cosa inutile. Invece Vitaliy ed io abbiamo fatto una scorta. Eventualmente come non di rado accade durante una guerra, ci l’hanno staccata tre giorni dopo e non c’era mai più”.
“Non direi che Vitaliy ed io siamo amici ma io fosse il comandante tacito di una cinquina e Vitaliy fosse il comandante dell’altra”, dice Serhiy. “Sostituivamo uno l’altro reciprocamente sulla stessa linea di difesa. Non ci incontravamo spesso ma sostituivamo uno l’altro alle posizioni. Ero pratico di stazioni radio portatili ma mancavano tutto incluse stazioni radio portatili e termocamere. Più tardi Vitaliy ha ricevuto dai volontari qualche stazione radio portatile e cosi ci abbiamo cominciato a parlare delle questi dispositivi e di altre cose più spesso.
Vitaliy era una persona molto responsabile e non solo se si trattava della vita quatidiana. Se abbiamo avuto un ordine di subentrare alle certe ore seguendo certi segnali lo faceva subito. Chiedeva spesso il permesso di effettuare le visite in loco. Non gli piaceva a stare fermo. Era molto scrupoloso nell’eseguire i suoi compiti.
Parlando di Vitaliy con la madre i suoi fratelli d’armi notano che è difficile farlo cambiare idea perchè pensa che abbia sempre ragione. Invece le cose di cui è stato responsabile come per esempio l’addestramento militare, le faceva in un modo giusto”, cosi raccontano i soldati alla madre di Markiv.
“I ragazzi dicono che sentono la sua mancanza: sapiamo che se ci siano problemi e Vitaliy ci sia insieme a noi, i problemi sarebbero subito risolti. Io gli riferisco le loro parole e gli fa piacere di sentirle. Stampo gli articolo in cui si tratta della Guardia nazionale per tenerlo informato un po’. Una volta mi ha risposto: Se solo avrei un solo giorno e un cassone di proiettili io entrassi in azione subito”, racconta Oksana Maksymchuk.
Il servizio militare manca a Markiv. Ora come tre anni fa non pensa altro che l’arte militare e la difesa d’Ucraina. Sua madre dice cosi: “direi che la sua vita si sono fermata in tempo, precisamente – tre anni fa. Nessuno se la aspettava. Il suo è stato un bataglione di destinazione speciale. Ognuno era responsabile del proprio settore, ognuno contribuiva nel combattimento, ognuno è antato avanti nell’ambito d’arte militare affinendo le proprie capacità o si è ritirato dall’esercito per vivere la vita civile. Invece Vitaliy sembra fermato. Come se qualcuno gli si toccasse il pulsante per fermarlo”.
E poi la donna aggiunge: “gli dico: Vitaliy non sarà facile per te di ritornare nell’esercito, se il Dio ci aiuterà e questa vicenda finirà. Comunque il suo comandante mi dice di non stare in pena: lo facciamo subito entrare in azione, non ci sarà nessun problema. La cosa più importante è che lui esca dal carcere”.
* * *
La madre e la moglie di Vitaliy raccontano che la Guerra non l’ha cambiato, sebbene Vitaliy nell’intervista per la mostra delle foto chiamata “Se non ci fosse la Guerra” diceva che avesse imparato di non dare per scontato la vita, che avesse capito come fosse facile di perderla, che avesse compreso la nozione di fratelli di sangue e ne avesse stampato in memoria che si deve vivere alla giornata e non rimandare a domani quel che potrebbe fare oggi.
La signora Oksana racconta che a volte i ragazzi con i quali Vitaliy è cresciuto lo domandavano “perchè non fosse restato in Italia per vivere tranquillamente, perchè fosse partito a fare la guerra o forse non avesse avuto nulla da fare?”
“Lui non rispondeva a queste” domende perchè riteneva uniliante risponderle. Sapeva perchè lo faceva, sapeva cosa fosse dietro questa decisione. Sapeva che se la patria chiamasse l’aiuto tutti dovessero venirci. Lui dice cosi: ‘stavamo li instieme ai fratelli d’armi e altrettanto tutti insieme abbiamo visto e vissuto cose di ogni genere; ma sapevamo che ci fossero quelli che ci aspettassero a casa nostra neanchè sapevamo cosa ci fosse dietro le nostre spalle da diffendere’”.
La madre del ragazzo è certa che questa sua grandissima amore per la patria non possa essere falsa – se cosi fosse la cosa eventualmente si sarebbe rivelata. “Nessuno può far finta per qualche anno perchè un giorno tutto sarebbe chiaro”, dice la donna.
Il figlio non diceva mai alla madre come stessero le cose per davvero. Anchè ai tempi di Maidan quando la donna chiamava il figlio lui sempre diceva: tutto vada bene, mamma, tutto tranquillo. Anchè se la donna sentiva gli spari. In tal caso lui riattaccava.
Più volte il figlio diceva alla madre che addestravano al poligone e invece lei vedeva nella cronaca che fosse cominciata la sostituzione delle truppe e lui fosse lì insieme agli altri ragazzi.
“Era impossibile chiederlo perchè faceva cosi…”, raccontava la signora Oksana.
Gia essendo nella zona di azioni belliche a volte non poteva rispondere al telefono o diceva solo che tutto sia a posto. E questa era la unica cosa in cui la madre potrebbe trovare conforto. “Perchè quando si sentiva il segnale e nessuno rispondeva mi sentivo molto più difficile perchè nel capo mi brulicavano mille idee”.
“Sapevo tutto solo grazie alla cronaca, solo in questo trovavo conforto sperando che il Dio lo proteggesse”, aggiunge la madre poi.
Nell’intervista concessa per un progetto della mostra fotografica “Se non ci fosse la guerra” raccontava della guerra cosi: “Dal punto di vista psicologico è molto difficile per una persona ad effettuare il fuoco di risposta. Comunque grazied all’esperienza di Maidan siamo gia stati pronti. Come se fossimo gia stati nell’inferno; ci gia sparavano adosso. Quando ci è stato ordinato di sparare agli “ometti verdi” non ci pensavamo due volte. L’abbiamo preso sul serio e abbiamo fatto un passo specifico che sarebbe diventato una svolta in seguito. Siamo stati accerchiati. Poi siamo usciti dall’accerchiamento, spezzandolo e poi siamo saliti al monte Karachun al sesto posto di blocco. E ci siamo aggrappati al terreno.”
Lui ha ricevuto una lesione traumatica una volta hanno dovuto ingessare la gamba: dureante il bombardamento è caduto nella trincea e ha lacerato i legamenti. “Diana gia mel’ha detto di essere tranquilla perchè non era niente di grave e che lo avrebbero portato a Kyiv finchè sarebbe guarito”, racconta Oksana Maksymchuk.
“Aveva anchè piccole lessioni dalle schegge di granata”, dice la madre. “Gia dopo essere stato portato a Kyiv mi ha spedito una foto con la gamba ingessata. Abbiamo visto tantissime lessioni riportati dai soldati che allora capiamo perfettamente che Vitaliy era protetto dal Dio.”
“Mamma, la guerra mi basta in esercito perciò a casa voglio stare con la famiglia”, sempre diceva Vitaliy quando veniva dopo la sostituzione delle truppe o per ferie.
Non aveva mai un tempo libero, sempre sbrigava, ma non voleva pensare della guerra restando a casa: “Vorrei stare con la moglie per un po’ senza pensare di guerra perchè quando sono nelle trincee vivo per niente altro che la guerra, non penso della vita civile”, cosi rispondeva alla madre.
Diana, la moglie, racconta anchè che Vitaliy sa non mescolare vita di un militare dalla vita civile e la vita nella famiglia.
“A casa viveva la vita civile, non condivideva la sua esperienza militare con nessuno e non parlava della guerra. Tutta la nostra vita era staccata in periodi tra una sostituzione delle truppe e una vacanza. Lui viene arrestato proprio mentre ritornava a casa per un mese di licenza. E andato da madre in Italia dopo di che avrebbe dovuto ritornare nella zona di operazione antiterrorismo”, dice la moglie.
Piange ricordando il giorno di ritorno del marito durante la prima sostituzione delle truppe. “A Sloviansk dove sono arivati le truppe di rimpiazzo per la prima volta, era un posto delle azioni belliche molto intense. E ritornato a casa molto magro, dimagrito per circa 15 kg con le borse agli occhi e con qualche capello bianco…”, la ragazza sta per piangere.
La ragazza presto ha fatto apello a tutte le sue forze spiegando che senta mancanza del marito. “Dopo di questo ho capito che quella sia la guerra vera. Il secondo rimpiazzo delle truppe per me era più difficile perchè ora capivo dove vada. Non lo capivo prima”, Diana Markiva aggiunge.
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Nella parte orientale della città è iniziata una battaglia intensa. Prima la città era bombardata dai mortai poi i guerriglieri hanno messo in azione l’arma automatica. “Gia da un’ora e mezzo in città si senta lo scroscio della artiglieria. C’è una sparatoria vicino al posto di blocco ‘BZS’ (‘distributore di benzina’), la zona è coperta dalle nuvole di fumo.” “Secondo i resoconti le forti forze avversari si intraprenderebbero un tentativo di accerchiare i posti di blocco nella zona. C’è una sparatoria continua d’ogni intorno. Accesso al uno dei posti di blocco è tagliato; lo stesso sarà successo neanchè al secondo posto di blocco. Vicino a uno dei posti di blocco dalle colline impiegano i lanciabombe anticarro a sola distanza di 400 metri. Sembra che da distanza molto ravvicinata i guerreglieri bombardino dalla “Nona” sebbene l’nformazione non sia certa. C’è il bombardamento fitto dai mortai con raggio del tiro effettivo molto ampio. Prima sparavano localmente a qualche posto di blocco e allora bombardano almeno due a volta. I cecchini tengono sotto il fuoco l’impianto chimico. Un tentativo di scalamento è molto plausibile.”
Queste erano notizie divulgate dalle media il 14 maggio 2014. I giornalisti riferivano le parole dei testimoni oculari pubblicate su Twitter neanche i post di Facebook del giornalista ucraino Arkadii Babchenko.
I corrispondenti che lavoravano sul loco vicino a Sloviansk riferivano che i cecchini dai gruppi terroristici sparavano intensamente. Trovandosi sull’impianto chimico ai dintorni della città sparavano adosso i soldati ucraini. Qualche mina è precipitata sul posto di blocco ucraino in pieno giorno.
La sera del 24 maggio vicino al villaggio di Karpivka, i guarriglieri armati con i mortai ed i lanciabombe hanno attacato il posto di blocco della Guardia nazionale ucraina alla periferia settentrionale della città. Il combattimento è continuato da due ore. Uno membro della Guardia nazionale è morto, altri due sono stati feriti. Nel villaggio di Semenivka vicino a Sloviansk quel giorno i guarriglieri hanno destrutto fabbricati residenziali e il manicomio che in seguito ha preso fuoco.