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CAPITOLO 2

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Charles avrebbe desiderato non essere costretto a partecipare a quel maledetto ballo. Odiava uscire in società, a meno che non fosse necessario. Sfortunatamente, era importante che lui fosse presente. C’era un lord in carica che voleva attirare al club. Fino a quel momento non era riuscito a localizzarlo, ma c’era da aspettarselo. Il conte di Shelby era una canaglia ancora peggiore di quanto Charles potesse affermare di essere. La moglie di Shelby era morta dopo avere avuto una figlia e lui annegava i dolori nel brandy e nelle donne. Non aveva nemmeno guardato suo figlio o sua figlia per almeno un anno. George pensava che, se avessero invitato Shelby a far parte del club, avrebbero potuto guidarlo su una strada diversa. Il club era qualcosa di più di un covo di peccati. Era anche un posto in cui un uomo poteva trovare un posto comodo se ne aveva bisogno, e ciò non indicava sempre la morbidezza del seno di una donna, anche se quello non guastava.

Charles ridacchiò piano a quell’ultimo pensiero. Non gli sarebbe dispiaciuto trovare una donna calda e disponibile a condividere il suo letto dopo il ballo. Doveva trovare Shelby e velocemente. Poteva quasi sentire tutti gli sguardi di quelle donne. Senza dubbio stavano tutte progettando di metterlo in trappola, almeno per quanto riguardava un ballo. Charles non ballava con nessuna. Ciò faceva venire delle idee alle altre. Le affascinava se era necessario e, sfortunatamente, ciò avveniva spesso durante gli eventi mondani. Di tanto in tanto doveva frequentarle, quindi faceva del suo meglio per non alienarsene nessuna.

“Coventry”, lo chiamò una profonda voce maschile. Si girò ed incontrò lo sguardo di Lord Dashville. I suoi capelli neri erano un po’ spettinati, ma aveva un ampio ghigno sul viso. Era da un po’ che non vedeva il suo amico.

“Dash”, disse lui e poi sorrise. “Come stai? Ho saputo che hai un figlio”.

“Sì”, l’altro sorrise radioso. “Lo abbiamo chiamato Oliver come il mio bisnonno. Stavo per andare al club per vederti ma, con mia grande sorpresa, ho sentito che eri qui. Cosa ti porta al ballo dei Loxton?”

Trovare Lord Dashville al ballo era una benedizione che non si era aspettato. George avrebbe dovuto stare con sua moglie per la maggior parte dell’evento, ma la moglie di Dashville sarebbe rimasta a casa subito dopo la nascita del figlio “Hai visto il Conte di Shelby?”

“In verità, sì”. Guardò oltre le sue spalle verso una fila di porte. “Stava dirigendosi verso la biblioteca, penso per qualche incontro. Era brillo da quanto ho potuto vedere. Ondeggiava un po’ mentre camminava.”

Coventry trattenne un sospiro. Avrebbero avuto molto da fare se lo avessero accettato nel club. Era meglio che Harrington sapesse quello che lo aspettava, perché avrebbero dovuto far tornare sobrio il conte, prima di poter anche solo discutere i dettagli del club con lui. Essere perverso e conte normalmente era un bonus, ma Shelby avrebbe avuto bisogno di raddrizzare la propria vita prima che loro gli concedessero l’ammissione. Non concedevano la chiave di accesso al club a cuor leggero.

“Non devo supporre che tu sia disposto ad aiutarmi con lui?”

“Diventerà il vostro nuovo membro?” Dashville non poteva fare parte del club perché era sposato. A un certo punto lungo il cammino avevano ammesso solo i conti nel club, ma quella non era stata la loro intenzione originale. Dashville era un marchese. Se non fosse stato fidanzato nel momento in cui il club aveva aperto, sarebbe stato invitato a farne parte. Non lo mandavano via se gli succedeva di presentarsi al club. Era più probabile che non avesse l’accesso completo e che fosse portato direttamente nell’ufficio di Harrington. Quello era il modo in cui trattavano i non membri che sapevano veramente che il club esisteva.

“Lo stiamo prendendo in considerazione. Harrington pensa che possa essere salvato.” Charles fece un profondo respiro e poi disse, “Non ne sono così sicuro. Spero di sì perché sarebbe una vergogna perdere un uomo con un tale potenziale. Prima che sua moglie morisse, prometteva così bene. Ora è il peggior depravato di Londra.”

“Pensavo che quel titolo spettasse a te.” Dashville diede una pacca sulla spalla a Charles e ridacchiò.

L’altro guardò l’amico e sogghignò. “In qualche modo mi ha superato. Anche se io mi limito alla seduzione delle innocenti. Non è stato difficile reclamare quel titolo particolare.”

Lasciarono la sala da ballo ed andarono nella direzione in cui Dashville aveva visto Shelby. Svoltarono un angolo e non lo videro da nessuna parte. La stanza sembrava stranamente tranquilla. Non c’erano neppure domestici nei dintorni e Charles dovette ammettere che sarebbe stata una zona adatta per un incontro clandestino. “La biblioteca non è da queste parti?” chiese Dashville.

“Penso di sì. Andrò a controllare, invece perché tu non vai a guardare in giardino? Se lo trovi, portalo a casa mia e chiedi al mio valletto di iniziare a farlo ritornare sobrio. In ogni modo ci vediamo lì tra un’ora.” Era tutto quello che poteva fare per salvare Shelby. Se Dashville o lui stesso non fossero riusciti a trovarlo, avrebbe provato nuovamente un altro giorno, ma non avrebbe continuato se Shelby avesse fatto troppo il difficile.

“Va bene”, concordò Dashville. “Buona fortuna”. Si girò e lasciò Charles da solo nel corridoio che conduceva verso i giardini sul retro. Sperava di trovare Shelby o che almeno Dashville lo facesse. Il conte aveva bisogno di aiuto.

Charles aggrottò la fronte, poi iniziò a camminare verso la libreria. Manteneva un’andatura disinvolta, anche se avrebbe dovuto avere più fretta di trovare il conte. Semplicemente non ci metteva il cuore e non sapeva perché. Di solito si agitava al pensiero di salvare un membro potenziale del suo club. Ultimamente era stato colpito da una certa noia e non riusciva a scacciarla. C’era qualcosa che non andava nella sua vita, ma non sapeva cosa. Tuttavia non poteva soffermarsi a pensare a quello al momento. Charles doveva almeno cercare di localizzare Shelby. Il corridoio era ancora tranquillo e ciò non prometteva bene per la ricerca del conte.

Fece ancora qualche passo, poi si fermò. Una donna era in piedi vicino all’entrata della biblioteca. Charles non riusciva a distinguere i suoi lineamenti, ma la sua silhouette era certamente femminile, e per di più con delle belle curve. Forse Shelby aveva veramente un appuntamento sul posto e Charles lo avrebbe trovato in biblioteca. Odiava veramente interrompere il piacere di un uomo, ma non poteva evitarlo. Charles continuò a dirigersi verso la biblioteca e seguì la donna all’interno. Lei non aveva notato la sua presenza e non sembrava esserci nessun altro nella stanza. La luce della luna che filtrava attraverso le finestre illuminava i suoi lineamenti, ma non abbastanza da permettergli di vederla a sufficienza. Voleva guardarla e scoprire se era bella come suggeriva la sua ombra. Sapeva solo una cosa- era vestita di bianco. Generalmente quello era il colore riservato alle debuttanti, altrimenti dette innocenti. Come mai una vergine stava incontrando segretamente Shelby? Pensava che il conte l’avrebbe sposata? Charles avrebbe dovuto toglierle quell’illusione.

Le si avvicinò e disse, “Vi siete persa?”

Lei sobbalzò alla domanda. Forse dopotutto non stava aspettando nessuno. Una donna che progettava di incontrare un uomo, non sarebbe stata sorpresa dal suono di una voce maschile. “Chi c’è?” domandò.

Aveva un piacevole accento scozzese che gli provocò brividi lungo la spina dorsale. Non c’erano molte donne scozzesi che frequentavano i balli a Londra. Non aveva neppure sentito di qualche nuova arrivata. Non che fosse impossibile che fosse appena arrivata a Londra. Charles non teneva il conto delle debuttanti. Di solito sentiva parlare di loro, che lo volesse o no. “Non avete risposto alla mia domanda”, scherzò. “Rispondere a una domanda con un’altra domanda non è molto opportuno, mia cara”.

Si avvicinò al caminetto e passò le dita sulla mensola finché non trovò la scatola con l’acciarino. Poi si chinò e si accinse ad accendere il fuoco. Faceva un freddo cane nella stanza e aveva l’impressione che sarebbero rimasti lì per un po’. Avrebbe anche aiutato ad illuminare un po’ la stanza, così avrebbe potuto dare un’occhiata migliore alla ragazza.

“Cosa state facendo?” gli chiese.

“Penso che un fuoco renderà le cose migliori, vero?” Non smise di fare quello che stava facendo per guardarla. Charles voleva un fuoco e lo avrebbe acceso. Dopo averlo fatto, le avrebbe rivolto tutta l’attenzione.

“Ma almeno sapete quello che state facendo?” Si era avvicinata a lui ed ora si stava chinando per criticare la sua tecnica.

Charles ridacchiò leggermente. In qualche modo gli piaceva. Lei non stava cercando di corrergli dietro e di attirare la sua attenzione. Ciò era abbastanza un sollievo. “Ho acceso qualche fuoco nella mia vita.” Non in un solo modo…”Si fidi, posso farlo.”

“Qualcosa mi dice che non vi stiate riferendo solo a come accendere una fiamma nel caminetto” La ragazza fece un passo indietro. “Non avete risposto alla mia precedente domanda. Chi siete?”.

Lui si alzò in piedi dopo che il fuoco iniziò a bruciare vivacemente e rimise a posto la scatola. Charles si girò per osservarla e per sgridarla per il suo comportamento maleducato, ma non riuscì a pronunciare una parola. Il fuoco la rendeva assolutamente mozzafiato. I suoi capelli rosso scuro assomigliavano a una fiamma che sfavillava di luce e la sua pelle chiara era deliziosa. Sembrava quasi invitarlo ad assaporarla, ma si trattenne. Quelli erano i suoi desideri, non quelli di lei, che scaturivano. Deglutì con difficoltà e poi si schiarì la gola. Il suo membro si irrigidì nei calzoni e pregò che lei non lo notasse. “Mi sembra di capire dal vostro continuo sviare il discorso, che non vi siate persa.”

“No”, concordò lei. “E immagino che la vostra strana abitudine di cambiare argomento di conversazione sia il vostro modo di evitare di presentarvi.” Un dolce sorriso si formò sul suo viso e la rese ancora più bella. “Ma non dovete preoccuparvi. Il vostro nome non mi interessa.”

“Veramente?” Lui alzò un sopracciglio. “E perché?”

Lei si strinse nelle spalle e si girò dall’altra parte, dirigendosi verso la finestra. La giovane donna guardava fuori e verso il cielo scuro. “Perché non resterò a Londra. Non c’è niente qui per me. Quando mia sorella troverà un marito, andrò a casa e non ritornerò mai più.”

Suonava quasi come una sfida. “Tenete le distanze, così non sarete tentata di restare.” Era qualcosa che avrebbe fatto lui. Lei era uno spirito affine e lui la rispettava, anche se non era d’accordo. Una donna piena di vita come lei non avrebbe dovuto rinchiudersi lontano dal mondo.

“Questo è un modo di considerare le cose.” Lei continuava a guardare fuori dalla finestra e sembrava che volesse ignorarlo. Ciò infastidiva Charles più di quanto volesse ammetterlo.

“Un po’ di conversazione non farà male a nessuno”, iniziò a dire. “ Fare la mia conoscenza non significa che verrete intrappolata da me o da Londra. Perché non facciamo una scommessa e non scopriamo qualcosa di nuovo?”

“Preferirei di no” disse lei. “Non sono un tipo da scommesse. I rischi non portano niente di buono secondo la mia esperienza.”

Era troppo evasiva e lui voleva spezzare la corazza che si era costruita attentamente. Se voleva iniziare ad intaccarla, avrebbe dovuto darle gli strumenti per farlo. “Forse non volete veramente conoscermi”, iniziò, “ma penso che possiamo essere dei grandi amici”. Le fece un inchino. “Lasciate che mi presenti. Sono il Conte di Coventry, ma voi mia cara, potete chiamarmi Charles.”

Lei lo guardò oltre la propria spalla. Aprì le labbra, ma non uscì una parola. Poi sorrise. “E io sto facendo tardi a tornare al ballo, mio signore. Non preoccupatevi di chiamarmi in qualsiasi modo, dubito che ci rivedremo.”

Con quelle parole lo superò e lo lasciò solo nella biblioteca. Charles non era mai stato così intrigato nella sua vita. Avrebbe scoperto il suo nome e si sarebbero rivisti. Avrebbe fatto del suo dannato meglio per assicurarselo.

Tutte Le Signore Amano Coventry

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