Читать книгу I Segreti Del Mio Amato - Dawn Brower - Страница 6
CAPITOLO SECONDO
ОглавлениеNicholas si era preso tutto il tempo necessario per leggere il lungo il diario di sua madre. Ci aveva messo quasi tutta la notte per finirlo. Ora, avrebbe dovuto dormire un po’, ma i domestici sarebbero arrivati presto, e troppi pensieri gli frullavano per il capo e non avrebbe riposato di certo. Probabilmente sua sorella avrebbe dormito almeno per un'altra ora. Poteva andare a farsi un giretto di mattino presto e, al suo ritorno, lei sarebbe stata in vena per parlare con lui. Se Nicholas avesse cercato di parlarle prima che lei si fosse riposata per bene, Elisabeth si sarebbe sentita male per tutta la giornata, e lui non voleva questo. Gli serviva bella in forma, e quindi avrebbe evitato gesti inconsulti di cui si sarebbe sicuramente pentito.
Presa questa decisione, si vestì senza l'aiuto del cameriere e scese le scale. Quando raggiunse il corridoio, quasi si scontrò con suo padre. Nicholas fece un passo indietro prima di crollargli addosso.
"Perdonate – disse – Stamane sono un po’ frastornato. Come mai in piedi così presto?”
Suo padre, James, il duca di Weston sorrise. Gli occhi blu dell’uomo erano luminosi e ben svegli. Probabilmente si era alzato molto presto. Perfino i suoi capelli scuri erano perfettamente pettinati e senza una ciocca fuori posto. Il suo cameriere doveva essere in attività da ore. “E’ quello che chiedo a voi. In genere non siete così mattiniero. Dove state andando?"
"Pensavo di andare a fare un giro." Sperava che suo padre non lo mettesse sotto torchio. Nicholas non aveva molta voglia di spiegargli cosa gli passava per la mente.. "Era da un po’ che non guardavo l’alba…”
Il duca sollevò un sopracciglio con aria interrogativa. “Sinceramente, non ricordo di avervi mai visto uscire di così buon’ora. Parlate chiaro, ragazzo. Cosa state combinando? Avete un appuntamento galante?”
Sarebbe stato molto più facile mentire e rispondere che era proprio quello che stava andando a fare. Se avesse detto a suo padre che stava programmando di fare un viaggio nel tempo, si sarebbe ammalato di crepacuore… Una nozione che aveva imparato leggendo fino in fondo il diario di sua madre. Christian aveva ragione, comunque. La maggior parte delle informazioni che lei aveva annotato riguardavano la medicina. Era davvero molto interessante.
"Non state in pensiero, padre. – disse- Non ho appuntamento con nessuno. Semplicemente, stamane mi andava così…" Sorrise nel modo più rassicurante che gli riuscì. O almeno, così sperava che fosse … "Vorrei farmi una bella galoppata. Voi, piuttosto, dove andate?” Sperò che, cambiando discorso, suo padre avrebbe smesso di interrogarlo.
“Vado a dare un’occhiata ad alcune delle fattorie nella nostra tenuta. Visto che vi va di fare una bella galoppata, perché non mi accompagnate?”
Nicholas arricciò il naso. "Non dovrebbe essere Christian a occuparsi di queste cose?" Dato che il suo gemello si preparava a diventare duca, era obbligo suo accompagnare il padre in queste visite di perlustrazione. Nicholas non lo aveva mai fatto e se ne guardava bene. Tanto, lui non sarebbe mai diventato duca. Mai. Quindi perché annoiarsi con tutti quei dettagli sulla gestione della tenuta di Weston? Lui era solo la ruota di scorta e per fortuna aveva molte più…possibilità di scelta. Poteva dedicarsi alla carriera militare, come suo padre, anche lui figlio cadetto. Se suo fratello maggiore, Edward, non fosse morto, lui non sarebbe mai stato duca.
Qualche volta in famiglia gli avevano fatto notare che anche a Christian poteva capitare qualcosa, ma Nicholas non voleva prendere in considerazione una cosa del genere. Non solo perché voleva bene a suo fratello, ma soprattutto perché detestava l’idea di diventare duca, con tutte le responsabilità del caso. Anche la possibilità di dedicarsi alla carriera ecclesiastica era fuori discussione. Nicholas non sarebbe mai stato in grado di fingere una fede che non aveva. Ecco perché si sentiva così frustrato. La sua vita non aveva uno scopo preciso.
“Christian ha altri impegni oggi. Comunque, come non detto. Mi sarebbe solo piaciuto passare la mattinata con mio figlio. Ma ho capito che preferite stare da solo.”
Nicholas quasi gemette. Suo padre era un maestro nel farlo sentire in colpa. Anche se sua madre era più subdola al riguardo. Ma l’astuzia non era una dote di suo padre. Se voleva davvero mettere in pratica i suoi disegni, forse avrebbe dovuto rassegnarsi a tenere compagnia a suo padre quella mattina. Forse non avrebbe più avuto l’occasione di rimanere da solo con lui. Forse non sarebbe più tornato. Se fosse riuscito ad attuare il suo piano, avrebbe ricordato con affetto quel giorno come l'ultimo che aveva trascorso con suo padre. Doveva ideare una cosa del genere anche con sua madre e i suoi fratelli. Dirgli addio senza parlare… Magari, avrebbe potuto lasciare loro una lettera di commiato e spiegare cosa aveva fatto… Odiava l’idea di vederli piangere.
"Avete ragione. Potrebbe essere una buona idea venire con voi. Potrei davvero imparare qualcosa." In realtà trovava la cosa dannatamente noiosa, ma non era il caso che lo dicesse proprio a suo padre. "Prego, dopo di voi." Mormorò, indicando rispettosamente l'atrio con la mano..
Si diressero verso la porta ed uscirono di casa. Dopo alcuni istanti, suo padre si mise a fissarlo attentamente. "Mi siete sembrato un po’ nervoso, negli ultimi tempi. Forse dovreste trovare un’attività su cui concentrarvi. Avete considerato tutte le eventuali possibilità? "
Non avrebbe risposto con tono sarcastico. No, avrebbe mantenuto il controllo. Nicholas digrignò i denti.
"Certo." rispose. Sapeva bene cosa intendesse dire suo padre, ma ignorava dove volesse arrivare. Diavolo, Nicholas non era neanche sicuro di averci riflettuto davvero su! "Niente mi … interessa." Tranne prendere una pagina dal libro di sua madre e fare l'esperienza del viaggio nel tempo. Ma era certo che suo padre non intendesse quello, quando considerava le varie possibilità.
L’ uomo annuì gravemente. "Avete mai pensato di imparare ad amministrare i beni di famiglia?" Nicholas aprì la bocca per dire qualcosa, ma il padre alzò una mano per zittirlo. "Non rispondete prima che io abbia finito. Weston è destinato a Christian. Capisco perché vi ostinate a non prendere parte alla sua gestione, ma ricordate che avete terre vostre di cui potervi occupare."
Nicholas sospirò. "Non fanno parte della tenuta Weston?"
"Attualmente sì – rispose il padre – Perché fino ad oggi ve ne siete completamente disinteressato. E comunque, sarebbero state vostre al raggiungimento della maggiore età. Ormai avete venticinque anni, ed è quindi tempo che rivendichiate la vostra parte di eredità. Che cosa vi trattiene dal farlo?”
Non gli interessavano quelle terre. Nicholas era un marmocchio viziato. Si rese conto che c'erano molte persone che avrebbero volentieri fatto a cambio con lui. Doveva esserci qualcosa che non andava nella sua testa. Non si sentiva come se facesse parte … Si strinse nelle spalle e incontrò lo sguardo di suo padre.
“Perché dovrei cambiare le cose? Quei terreni sono in ottime mani con la gestione vostra e di mio fratello.”
"Ma io non vivrò per sempre. – sussurrò il padre. "E non è giusto lasciare tutto l’onere a vostro fratello."
Nicholas distolse lo sguardo. Odiava pensare alla morte di suo padre. Sentiva male al cuore ogni volta che ci pensava. Eppure … non vedeva l'ora di fuggire in qualche parte del mondo in cui suo padre non potesse trovarlo. Sì, c’era un vero caos nella sua testa!
"Ci penserò." disse. Era la migliore risposta che potesse dare in quel momento.. Comunque, se avesse portato a termine il suo piano, la terra sarebbe tornata lo stesso a Christian.
"Va bene." esclamò l’uomo, poco convinto. Alla fine giunsero alle stalle ed entrarono. Un garzone aveva già sellato il cavallo di suo padre. “Verrà anche Nicholas con me. Per favore, preparate subito il suo cavallo."
"Subito, milord.” rispose il servo. Il duca prese le redini del suo animale
e lo condusse alla scaletta per montarci su. Scivolò con eleganza sul dorso del cavallo e aspettò Nicholas.
Non ci volle molto perché il garzone sellasse anche l’altro cavallo. Nicholas ci montò su e subito padre e figlio partirono a galoppo. Nicholas si augurò che la mattinata passasse velocemente, così avrebbe potuto raggiungere sua sorella nel pomeriggio.
Non si mostrò particolarmente vivace, mentre andavano a visitare le fattorie. Comunque, onorò l’impegno preso. Rimase in compagnia del padre per tutto il tempo, senza accorgersi delle occhiatine di delusione che quello ogni tanto gli lanciava di nascosto…
Nicholas passeggiava lungo il sentiero del giardino che portava al gazebo, vicino alle rose. Una cameriera lo aveva indirizzato lì. Sperava di trovare sua sorella … da sola. Non voleva che qualcun altro ascoltasse la loro conversazione, altrimenti c’era il rischio che non avrebbe potuto attuare il suo progetto. Girò l'angolo e trovò Elisabeth seduta su una panchina con un libro in grembo. Aveva il viso rivolto verso il cielo e gli occhi chiusi, mentre si crogiolava beatamente al sole. I suoi capelli biondi erano perfettamente raccolti in un elegante chignon e il suo cappellino di paglia era tenuto ben saldo intorno al collo da due morbidi nastri.
"Che cosa starà pensando?" si chiese Nicholas. Gli seccava interrompere le sue meditazioni, ma non ammettere con se stesso che disturbarla quando era così assorta non scatenava in lui un morboso piacere sarebbe stata una bugia. Fin da piccolo non aspettava altro che sua sorella fosse intenta in qualcosa per romperle le scatole.
Al sentirlo avvicinare di soppiatto Elisabeth si spaventò e si mise una mano sul petto.
"Nicholas! – esclamò – Mi avete spaventato!" Le sue labbra si contrassero mentre incontrava lo sguardo di suo fratello. “State giocando a nascondino? Sperate di sorprendere qualche bella ragazza in un angolo buio e rubarle un bacio?”
"Un altro giorno, forse – rispose Nicholas, con un sorriso cattivo – Oggi ho occhi solo per la mia cara sorella. Sono passati secoli da quando vi ho visto l’ultima volta. Allora, come vi tratta quel losco individuo che chiamate marito? Se non vi rispetta abbastanza ditelo a me, che gliene farò passare la voglia!”
Elisabeth alzò gli occhi al cielo. “Jack è un marito meraviglioso. Sapete che ha abbandonato la pirateria nel XVIII secolo. Adesso è un perfetto gentiluomo. "
Jackerson Morgan Carwyn, il duca di Whitewood, era un ex pirata noto come Capitano Jack Morgan. Beh, almeno questo succedeva nel diciottesimo secolo, come gli aveva ricordato sua sorella! Anche lui era stato oggetto di un viaggio nel tempo, che lo aveva catapultato improvvisamente nel diciannovesimo secolo. Il re gli aveva assegnato un ducato dopo che lui gli aveva salvato la vita.
"Se lo dite voi…" mormorò Nicholas e si sedette sulla panchina accanto a Elisabeth. “Comunque, sono contento di averti trovato qui." Che bugiardo! Come se non fosse andato lui a cercarla!
"Davvero? – esclamò Elisabeth guardandolo con furbizia – E come mai?”
"Ho trovato il diario della mamma qualche tempo fa. È stata una lettura interessante, soprattutto in alcuni passaggi…"
Tutta la famiglia era a conoscenza del viaggio nel tempo. Di sicuro, l’arrivo della loro madre in quel secolo, e a Weston, non era passato inosservato, anche se la sorella con quel marito pirata si era addirittura superata!… Sarebbe stato impossibile per lui pensare che ciò che aveva scritto sua madre fossero frottole. "Fino a che non vi siete sposata, ignoravo che anche voi avevate avuto le stesse… esperienze della mamma! Beh…”
“Chiaramente, vi riferite al mio viaggio nel tempo. – lo interruppe Elisabeth – Beh, questa è una cosa che deve rimanere tra voi e me. Jack ammattirebbe se lo sapesse! Per lui non ho fatto altro che guardarmi allo specchio! Ma è stato davvero emozionante!” Lo guardò dritto in faccia. “Perché me lo chiedete? Cosa morite dalla voglia di sapere?”
Nicholas scrollò le spalle. “Niente. Mi è sembrata una cosa divertente. In genere la mia vita è sempre così…”
"Noiosa, vero?" Elisabeth fece un sospiro profondo. "Non si gioca con cose come questa, fratellino."
"Non ho mai detto …"
Lei alzò la mano per interromperlo. "Non provateci con me. Vi conosco troppo bene. Non mi fareste tutte queste domande se non aveste già deciso di provare a farvi il vostro viaggetto nel tempo. Ma è pericoloso! Non si può decidere prima in quale secolo finire! Potreste mettere a rischio la vostra vita per niente!”
"Voi come avete fatto?” chiese Nicholas. Questa era la parte che ignorava. Sua madre non aveva scritto niente al proposito sul suo diario. E lui non capiva perché. "Come mai alcuni riescono a viaggiare nel tempo e altri sono bloccati per sempre lì dove sono nati?"
"Beh, io mi sono data una spiegazione. – rispose Elisabeth – L’ ho scritto anche sul mio diario personale, ma non ho modo di dimostrarlo. Ho sempre avuto strane visioni, soprattutto quando mi guardavo allo specchio. È così che ho visto Jack la prima volta … "
Nicholas lo ignorava. "Affascinante. E che cosa hanno a che fare le vostre visioni con il viaggio nel tempo? ” Di norma non avrebbe fatto una domanda così diretta, ma quel giorno moriva dalla voglia di sapere. Elisabeth scosse la testa, seccata. "Siete un rompiscatole, lo sapete?"
"Sì, ma voi mi volete bene lo stesso!” giocò lui.
"Che str…" sbuffò lei.. “Ok, per rispondere alla vostra domanda, credo che, per accedere alla capacità di viaggiare nel tempo, bisogna possedere una specie di capacità personale. La mia è quella di avere visioni, la mamma ha una memoria eccezionale, Jack può vedere negli specchi come me. Ma non credo che sia la sua unica abilità perché in genere non ama parlarne."
Nicholas non era sicuro di avere abilità straordinarie. Averle significava poter viaggiare nel tempo? Questa conversazione con Elisabeth, piuttosto che chiarire i suoi dubbi, gliene stava facendo nascere di nuovi!
"E ora vi state domandando se avete anche voi qualche dono particolare." esclamò Elisabeth sorridendo, mentre lo guardava con malizia. "Sì, anche voi ne avete uno. Se ci riflettete vi renderete conto di cosa intendo. Anche Christian ne ha uno simile al vostro.”
Nicholas si sentiva irritato. Cos’era quella cosa che gli altri sapevano che aveva e che lui ignorava di possedere? "Davvero? E di cosa si tratta?”
"Si chiama chiaroveggenza – esclamò Elisabeth, con convinzione. – È un modo per indicare un intuito eccezionale. Mio caro fratello, voi avete un dono meraviglioso e non lo usate quasi mai!”
Lui alzò gli occhi al cielo. "Non sono sicuro che non vi stiate prendendo gioco di me. Sembra un parto della vostra immaginazione. " Anche se, a proposito di Christian, era successo varie volte che lo aveva messo in guardia su alcuni comportamenti sbagliati, prevedendo come sarebbero andate le cose. Ed erano andate davvero come aveva detto lui! Gli seccava ammetterlo con se stesso, ma forse Elizabeth aveva ragione.
"Per niente. – lo rassicurò Elisabeth – Ricordate quando eravate bambino e facevate quegli strani disegni?”
Certo che se lo ricordava. "E allora? I disegni sono disegni! Tutti i bambini li fanno!”
"Certo, ma non tutti i marmocchi disegnano di oggetti provenienti dal futuro! Avete il dono, caro fratello. La mamma mi disse che una volta avevate disegnato un'automobile, che è un mezzo di trasporto che prenderà il posto della carrozza…tra un po’. Lei non ce ne aveva mai parlato e quindi come avete fatto a disegnarla? Vedevate le cose e riuscivate a metterle su carta senza neanche pensarci, automaticamente… È un tipo di capacità psichica, e da quando avete smesso di disegnare non usate più il vostro dono. È un vero peccato! Disegnavate così bene…”
Lui si strinse nelle spalle. "Non mi piace più." Ma ora era davvero incuriosito. Forse avrebbe potuto riprovarci. Forse disegnare lo avrebbe aiutato a capire. O magari sua sorella mentiva, nel tentativo di farlo sentire speciale. Ma no, che stupidaggine, non poteva essere così! Alla fine avrebbe scoperto che era tutta una fantasia e ci sarebbe rimasto troppo male!
Si alzò in piedi. "È stato bello parlare con voi, sorellina. Spero che tornerete più spesso a Weston. Senza di voi, questo posto non è più lo stesso!"
"Oh, non dite idiozie!” esclamò Elisabeth, distogliendo lo sguardo.
"Io?" Le lanciò un sorriso innocente. "Non farei mai niente del genere."
"Allora non vi prendete gioco di me!” esclamò la sorella, leggermente stizzita – Andate a giocare da qualche altra parte!”
Il sorriso scomparve dalla faccia di Nicholas. "Vi assicuro che non mi sto prendendo gioco di voi. Quello che ho detto lo penso davvero.” Esclamò, con tono contrito.
Elisabeth lo guardò con affetto. " Allora va bene!" esclamò. Si alzò e gli strinse le braccia intorno alla vita e poi lo attirò forte a sé. "Questo nel caso non ci rivedessimo più. Vi voglio bene, fratellino. "
"Vi voglio bene anch'io!" disse Nicholas, e l'abbracciò con più forza.. Adorava sua sorella. "Ok, ora vado. Ho promesso a Christian che l'avrei battuto a biliardo. Vi auguro un buon pomeriggio."
Si liberò dal suo abbraccio e la lasciò sola nel giardino. Elisabeth gli aveva fornito molti spunti su cui riflettere.
Nicholas entrò nella sala giochi di Weston. Christian era già lì, a caricare le palle sul tavolo. “Oh bene, finalmente siete arrivato! Pensavo che vi foste dimenticato della nostra partita pomeridiana. "
Nicholas si mise teatralmente una mano sul cuore. “Mi avete ferito, caro fratello! Potrei io volervi fare aspettare così a lungo?”
Christian incontrò il suo sguardo. "Guardate che state parlando con me. E’ inutile fare la commedia! So bene quanto siete bugiardo e malfidato!”
"Un appuntamento dimenticato e mi maltrattate così? Bene, allora qual è la mia penitenza, affinché mi lavi dai miei peccati?” Nicholas adorava suo fratello e, tra tutte le persone che si sarebbe lasciato alle spalle, Christian era quello che gli sarebbe mancato di più. Facevano tutto insieme, da quando erano nati, ma era inevitabile che un giorno avrebbero seguito ognuno la propria strada. Solo che Nicholas non avrebbe mai pensato che sarebbe stato lui, il primo.
"Allora, quanto tempo mi concederete", oggi?” rispose Christian, impassibile.
"A voi?" Nicholas gli si avvicinò. "Un’oretta, credo, e poi sarò costretto a lasciavi ai vostri impegni di nobile.”
Christian sospirò. "Già, un futuro duca ha sempre qualcosa da fare."
"Parole sante!” concordò Nicholas. "Vi verso un bicchierino? Un bel brandy?"
"Sì, uno doppio, grazie." annuì Christian.
Nicholas andò al bar e versò del brandy in due calici, poi si avvicinò a Christian e glielo porse. Sorseggiò il liquido color ambra e si appoggiò al lato del tavolo da biliardo. Questa sarebbe stata la sua ultima partita con Christian. Si augurava che, in tutti quegli anni, suo fratello avesse capito quanto era importante per lui. Forse, una volta che fosse andato via, Christian avrebbe trovato la felicità e l'amore. A volte Nicholas pensava che il loro legame a doppio filo impedisse al fratello di avere una vita tutta sua.
"Cosa vi preoccupa?" gli chiese Nicholas.
"Tutto. E niente.." Christian colpì forte la palla e fece segno. Aveva già guadagnato un punto e ora si preparava al tiro successivo. "Nostro padre pensa che sia ora che mi sposi."
Nicholas alzò un sopracciglio. "Adesso?" Fu sorpreso che il padre non gliene avesse parlato, quando avevano fatto il giro delle fattorie. "E come mai?"
"Non mi sta obbligando, se è quello che pensate. È molto peggio …" Tacque, mentre cercava le parole giuste. “Vuole che sia aperto a questa possibilità. Dice che a un certo punto avrò bisogno di una moglie, e se non sarò ricettivo a questa idea non riconoscerò la donna giusta e, se sarò abbastanza idiota, me la farò anche scappare."
"Ah, davvero? – disse Nicholas con voce piatta – " E come si fa a sapere qual è la donna giusta da sposare?"
Christian scrollò le spalle. "Non chiedetelo a me. Finora non ho incontrato questa creatura mitica. Certo, magari sono davvero ottuso e non ho saputo riconoscerla. Immagino che nostro padre intendesse dire proprio questo."
Lui ridacchiò. "Allora sono idiota come voi! La maggior parte delle femmine mi esaspera non appena aprono la bocca. Non lasciate che le parole di nostro padre vi condizionino. Sono sicuro che sarete in grado di riconoscere l'amore della vostra vita, se mai si presenterà. Non tutti sono abbastanza fortunati da sposare una donna che ha viaggiato nel tempo come è successo al caro paparino. "
Fu la volta di Christian di ridere. "Non fatevi sentire! Non gli piace che si parli del tempo da cui proviene nostra madre!"
"E’ vero!" ridacchiò Nicholas. Christian sbagliò il tiro e gli porse la stecca da biliardo. "Siete pronto a farvi battere?"
"Proprio come se doveste darmi un pugno! – scherzò Christian – Avanti, fate la vostra pessima figura, come al solito!”
Nicholas provò colpire una delle palline ma mancò tiro. "Probabilmente non è la mia giornata fortunata." Porse la stecca a Christian. Normalmente amava dar battaglia, ma oggi aveva deciso di far vincere Christian. Era il suo ultimo regalo al fratello prima di andarsene.
Alla fine vinse Christian. "Complimenti! – disse Nicholas – Oggi la fortuna era dalla vostra parte."
"Non la chiamerei fortuna. " esclamò Christian. Lo guardò con aria interrogativa. "Cosa diavolo avete? Non avevate mai giocato così male, prima d’ora!” "
"Non ho niente." Rispose Nicholas. Sperava che la sua risposta avrebbe zittito il fratello, ma sapeva che Christian gli leggeva dentro come in un libro aperto.
"Sono solo un po’ stanco. Ho avuto problemi a dormire, stanotte. Forse mi farò un pisolino prima di cena." Dette una pacca sulla spalla a Christian. “Ci vediamo dopo?"
" Certo.” rispose Christian, guardandolo fisso. La sua espressione indicava chiaramente che intendeva rispettare l’ esigenza di privacy del fratello, perché non indagò oltre. Nicholas pensò di approfittarne per eclissarsi, prima che Christian cambiasse idea. Ma il fratello lo precedette.
"Ora purtroppo devo tornare ai miei conti. Godetevi il vostro pisolino." Ciò detto, Christian uscì dalla sala del biliardo.
Il sorriso di Nicholas svanì. Gli sarebbe mancato il suo gemello, ma doveva andarsene. Lo sentiva profondamente nelle sue ossa. Quando fu certo che Christian si fosse sistemato di nuovo nello studio, Nicholas lasciò la sala giochi. Ma non si diresse verso sua stanza. Invece, andò in biblioteca e si fermò davanti al lungo specchio che partiva dal pavimento. Non aveva idea di cosa stesse facendo o se la cosa avrebbe funzionato. E se non usare la sua abilità gli avesse reso impossibile utilizzare la magia del viaggio nel tempo?
Appoggiò le mani sullo specchio e si concentrò. Ma non accadde nulla… Nessuna nebbia grigia, come quella che sua sorella aveva annotato nel diario della mamma…
Chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro. Lui e quella bislacca idea dei viaggi nel tempo … Tanto non aveva detto addio a nessuno e, a quanto pare, era bloccato per sempre in quello stupidissimo diciannovesimo secolo…
Nicholas stava per lasciar perdere quando qualcosa o qualcuno lo attirò a sé, lui perse l'equilibrio e cadde in avanti attraversando lo specchio. Agitò le braccia, cercando di aggrapparsi a qualcosa, a qualsiasi cosa, ma non c'era nulla intorno a lui a cui afferrarsi.
Che diavolo era successo e dove stava andando?