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CAPITOLO QUATTRO

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Il sole del mattino filtrava nel finestrino in raggi abbaglianti. Matt si allungò ed abbassò il visore per oscurarsi la vista. La sua mente vagò su uno dei sui casi, e lo distrasse momentaneamente. Fu quasi un errore fatale. Udì un clacson in lontananza, attirando la sua attenzione dietro di sé, dove un camion nero procedeva a velocità abbastanza sostenuta. Sterzò, cercando di evitare l’impatto, ma non fu abbastanza veloce.

In quel momento si vide la vita davanti. Tutto andò a rallentatore. Il tipo di cose che si vedono nei film quando vogliono enfatizzare l’impatto degli eventi che coinvolgono il protagonista. Piccoli dettagli vengono messi a fuoco, ed anche lui li notò. Il suo caffè s’inclinò di lato e si rovesciò a terra. La valigia aperta sul sedile del passeggerò scivolò in avanti, allontanando il suo telefono. Una piccola macchina sportiva rossa direttamente di fronte a lui inchiodò.

Matt venne messo all’angolo.

Non riuscì ad evitare il veicolo di fronte a lui, e quello dietro stava per colpire la sua auto. Mai nella vita aveva considerato pregare, ma ora tutto era chiaro e desiderava credere in un essere superiore. Qualcosa, qualsiasi cosa che lo salvasse. Era un incubo e non aveva modo di svegliarsi.

Lo stridio dei freni si fece più acuto, ed il dolore alle suo orecchie rese tutto una vibrazione monotona. Venne spinto in avanti e colpì la testa con forza contro il volante. La cintura di sicurezza fece in modo che non venisse catapultato fuori dal sedile. Una fitta di dolore lo colpì alla spalla, fermandogli il respiro. Cercò di alzare le mani per portarsele alla gola e boccheggiò in cerca di aria. Attorno a lui volavano schegge di vetro mentre la sua auto veniva accartocciata. I suoi occhi vennero colpiti da infinitesimali schegge, accecandolo momentaneamente. Matt cercò di allontanare il fastidio crescente nei suoi occhi sbattendo le palpebre, ma più chiudeva gli occhi più il dolore si faceva intenso. Venne pervaso dall’agonia. Il suo corpo era un insieme di interminabile disperazione. Era difficile capire da dove cominciasse. Non era più Matt, era qualcun altro che viveva questo momento tragico.

Il volto di Claire gli balenò nella mente. Aveva così tanti rimpianti. Così tante cose che avrebbe voluto riparare. Ora non avrebbe mai più avuto l’occasione di farlo. L’aver fallito nel cogliere l’occasione con lei era una perdita dalla quale non si sarebbe mai più ripreso. Era l’epifania di cui necessitava—anche se gli era pervenuta troppo tardi per cambiare qualcosa. Tutto accadde in un flash di momenti, eppure lo annientò tutto allo stesso momento. Ciò che vide era il ricordo sfocato di una vita alla quale avrebbe potuto non ritornare mai più. La sua auto venne accartocciata in una scatola di metallo e vetro, e Matt si rese conto che non c’era niente che potesse fare per aiutare sé stesso. Era troppo tardi, era troppo, un finale prima di aver avuto l’occasione di iniziare. Perché non aveva fatto qualcosa prima? Perché era stato stolto…

Si udirono urla nel caos. La sua gola era secca e la sua vista—Dio, non vedeva niente. Qualcosa di liquido gli bagnava il volto. Matt cercò di sollevare la mano ma non riuscì a muoverla. In quel momento si rese conto che le urla provenivano dalle sue labbra, e che era quasi certo che non avrebbe vissuto abbastanza a lungo per dire a Claire che l’amava…

“Matt, svegliati” ordinò Claire.

Non si mosse. La sentiva chiamarlo vagamente. Voleva andare da lei, ma era difficile. Il suo corpo era congelato nell’incubo dell’incidente. La fatica di liberarsi e raggiungere la realtà impiegò ogni briciolo della sua volontà. L’incubo era qualcosa che cercava di evitare, ma che lo perseguitava comunque. Era il tormento con cui viveva ogni giorno. Pensava che quel giorno sarebbe morto, eppure era ancora vivo. I rimpianti che aveva realizzato di avere in quel momento non se n’erano andati.

La differenza era che ora non pensava di meritarsi Claire. Non ne era degno, e non aveva il diritto di dirle quanto il suo amore per lei fosse cresciuto con gli anni. Lui si meritava qualcuno meglio di lui. Matt aprì gli occhi al suono della voce di lei. Sbatté le palpebre diverse volte, ma davanti a lui vedeva comunque tutto sfocato. Il colore biondo oro dei suoi capelli si mescolava al suo viso. Se non fosse stato abituato alla sua voce, non avrebbe avuto idea che davanti a lui si trovava Claire.

“Che succede?” le domandò alzando la mano per asciugarsi il sudore da un sopracciglio. “Perché mi hai svegliato?”

“Stavi urlando”. Gli passò le mani fredde nei capelli bagnati dal sudore. “Era come se…” s’interruppe e rimase in silenzio per qualche momento. “Che cosa stavi sognando?”

La sua voce era colma di preoccupazione. Odiava il fatto che tutto ciò che lui faceva sembrava preoccuparla. Matt non voleva dirle dell’incubo. Lo tormentava molto più di quanto volesse ammettere, ma questa era stata la prima volta in cui si era palesato con Claire presente. Era il suo fardello, e non l’avrebbe sporcata con la bruttezza dello stesso, ed era qualcosa che non poteva essere cambiato. Il risultato era la sua nuova realtà. Aveva tamponato quell’auto, ed il camion dietro di lui aveva tamponato il suo veicolo. La conseguenza era stata una reazione a catena di gomme stridenti, metallo piegato e vetri rotti. Allontanò l’immagine e riportò l’attenzione su di lei. “Non è niente di cui ti devi preoccupare”.

“Troppo tardi” sbuffò lei. “Sono preoccupata. Non puoi fare in modo che io smetta di tenere a te solo perché ti mette a disagio”.

Matt avrebbe desiderato poterla tirare a sé e baciarla. Era una pessima idea. La cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento. Quante volte doveva ricordare a sé stesso che lei meritava molto meglio di lui? Aveva avuto la sua possibilità e l’aveva sprecata. Come avrebbe potuto sapere che la vita gli avrebbe messo davanti una difficoltà di proporzioni epiche? Non c’era modo di saperlo. Lei doveva andare avanti con la sua vita e trovare qualcun altro, perché Matt non sarebbe stato nient’altro che un fardello. Non poteva aspettarsi che Claire si sarebbe presa cure di lui per il resto della sua vita. Se avesse avuto l’occasione di rimettersi in sesto e scoprire chi era adesso, l’avrebbe dovuto fare da solo. Era ora di smettere di compatirsi e ricominciare a vivere. Ciò significava che Claire doveva andarsene, e lui doveva imparare come vivere senza di lei. L’amava—forse l’avrebbe sempre amata, ma non poteva più dipendere da lei. Matt si era preso cura di sé stesso per anni, e si ricordava eccome chi era.

“Hai ragione” certo che aveva ragione. Non significava però che lui sarebbe dovuto essere il soggetto del suo ricordarselo giornalmente. “Non ti avevo detto di andare? Che ci fai qui?”

La donna sospirò. “Credo di averti detto che tu potrai vincere la battaglia, ma io vincerò la guerra”.

Giusto. Aveva detto qualcosa del genere. Beh, poteva lasciare che lei pensasse che i due fossero coinvolti in un match che avrebbe decretato un vincente, ma la verità era che non ne sarebbe valsa la pena. Claire doveva comprendere ciò che lui aveva già fatto. “Non c’è nessuna guerra”.

“Certo che sì. Prima hai delimitato i confini. Io ho colto il guanto di sfida”.

Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Pensavo veramente ciò che ho detto. Forse mi sono espresso male”.

Lei emise una risata nasale. “C’è un solo modo per esprimersi al riguardo”.

“Ad ogni modo…” sentii un muscolo della sua mascella contrarsi quando un dolore lo pervase all’interno. Era più difficile di quanto pensasse. “Ho bisogno che tu vada a casa. Non posso averti qui tutti i giorni”.

Claire rimase in silenzio alle sue parole. A che cosa stava pensando? Matt desiderava più di ogni altra cosa vedere il suo volto. Il suo bellissimo viso a forma di cuore che lo perseguitava. Almeno poteva trovare rifugio nei suoi ricordi, ma non era la stessa cosa come vivere la vita al presente. Claire illuminava il suo mondo come niente e nessun’altro. Sfortunatamente lui rabbuiava invece quello di lei. Non poteva permettere che i suoi problemi ricadessero più su di lei. Matt doveva andare avanti con la propria vita. Non poteva sapere che cosa essa avesse in serbo per lui. Avrebbe o non avrebbe potuto riacquistare la vista. Era qualcosa che solamente il tempo avrebbe potuto rivelare. Nel frattempo doveva pianificare ogni possibilità.

“Non mi chiedi della mia giornata?”

Che cos’era esattamente? Una distrazione? Una mancanza? Non poteva lasciare che questo cambio d’argomento facesse in modo che i suoi desideri fossero ignorati. “Non ignorare ciò che ho detto solo perché non ti piace”.

Lei si alzò dal letto facendolo rimbalzare indietro dallo scompenso del peso. Quando Claire finalmente parlò, sembrava come se si trovasse dalla parte opposta della stanza. Si voltò nella direzione della voce. Un flash di rosa e nero, ed una luce splendente l’avvolse in un’aura dorata. La luce del sole che filtrava dalla finestra donava ai colori un tono più vibrante. Le diverse sfumature quasi bruciavano la sua vista facendogli venire voglia di allungarsi verso di lei e toccarla.

“Ho visto Dani oggi”.

Si morse il labbro. Forse l’avrebbe lasciata parlare un po’ più a lungo. Avevano sparato a Dani ed era quasi morta. La sua migliore amica, e l’unica persona sulla quale era stato in grado di contare nel corso degli anni. “Come sta?”

“È a casa, prova ancora dolore, ma sta organizzando il suo matrimonio”.

Gli angoli della bocca di Matt s’inclinarono in alto. “Non ho mai pensato di vederla legarsi ad un uomo per il resto della sua vita”.

Il sorriso sulle sue labbra cadde alle sue stesse parole. Non l’avrebbe vista perché la sua vita continuava ad eluderlo. Voleva guardarla percorrere la navata. Matt desiderava vedere la felicità brillare sul suo volto. Per tutto il tempo in cui era stato in ospedale, aveva desiderato aprire gli occhi per riuscire finalmente a vedere tutto. Dani e Ren che si erano trovati nel bel mezzo del caos, ed avevano scoperto qualcosa di molto più bello. Per quanto Matt fosse felice per lei, era altrettanto disperato per sé stesso. L’autocommiserazione non aveva mai fatto bene a nessuno, quindi allontanò i pensieri negativi.

“Non hanno stabilito una data certa, per quanto ne so. Dani deve ancora guarire”.

“Già”. Matt odiava l’idea che la sua migliore amica stesse soffrendo, e non poteva aiutarla in nessun modo. Almeno poteva trovare conforto nel sapere che l’uomo responsabile dell’atto si trovava in prigione e non le avrebbe più fatto del male.

Claire si schiarì la voce e poi disse, “Ad ogni modo, mi sono fermata da lei per consegnarle dei documenti dall’ufficio”.

Matt s’accigliò. Non aveva considerato lo stato delle cose in ufficio. Poiché entrambi erano feriti, lo studio sarebbe andato in pezzi. Dani era appena stata dimessa dall’ospedale. “Non dovrebbe lavorare nelle sue condizioni”.

“Non essere ridicolo. Non andrà in tribunale” sospirò Claire. “È ancora in grado di pensare e recensire dei documenti. Dalle un po’ di fiducia per il fatto di aver mantenuto il suo intelletto e la sua abilità di usare il cervello con il quale è nata”.

Accidenti. Aveva ancora ragione. Avrebbe dovuto smetterla di ribattere, intanto che c’era. “Scusami. È—beh—mi preoccupo”.

Claire scoppiò a ridere. “Non saresti tu se non ti preoccupassi. Dani sta bene. Ha il suo dottore personale che si prende cure di lei”.

Una fitta di dolore lo raggiunse al cuore. Non era niente di più di un accenno d’invidia. Desiderava ciò che Dani aveva. La gelosia non era qualcosa con cui solitamente lui aveva avuto a che fare, eppure non poteva sopprimere ciò che provava al momento. Forse quando si sarebbe rimesso in senso l’avrebbe avuto anche lui. Fino ad allora avrebbe solamente dovuto sperare di rispettare le sue aspettative. “Quando ti trasferisci?”

“Siamo già ritornati su quello?”

“Non ce ne siamo mai allontananti” scosse il capo. “Non ho intenzione di lasciar stare”.

Che cosa doveva fare per farle capire? Era così testarda, meravigliosa e bellissima. Ovviamente l’ultimo aspetto rappresentava solo un ricordo.

Gli altri aggettivi invece erano evidenti ogni giorno. Claire sopportava molto da parte di Matt. Era ora che lei ricominciasse a vivere. Dovevano farlo entrambi.

“Che ne dici se intavoliamo questa discussione dopo la tua prossima visita con Ren?”

Lui fece per interromperla, ma lei non glielo concesse.

“Non cercare di convincermi. Non me ne andrò a meno che lui non dica che non è un problema lasciarti solo. Parlerò anche con la tua dottoressa e con Lana. Se tutti e tre sono d’accordo, allora me ne andrò”.

“D’accordo” si trovò d’accordo con riluttanza. Avrebbe telefonato a tutti e tre per assicurarsi personalmente che potessero essere d’accordo sul fatto che avrebbe potuto vivere da solo. Matt non voleva pensare a questa cosa fra di loro come una guerra, ma non significava che non potesse attuare delle strategie meglio di un generale pluridecorato. “Accetto questi termini”.

Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.

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