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Capitolo 3

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Giugno 1911

Brianne odiava il teatro. Sfortunatamente, era uno dei pochi posti in cui potesse andare per mettersi in mostra ed anche per socializzare. Non era mai riuscita a capire il senso dell’usare il teatro per quello scopo. L’unico momento in cui si potesse veramente avere una conversazione, era l’intervallo. Per il resto del tempo, ci si trovava o rinchiusi in un palco privato- per quelli abbastanza ricchi da permettersene uno, e grazie a Dio sua madre lo era-o schiacciati nei posti stretti della parte principale del teatro. Non aveva mai assistito ad uno spettacolo che le fosse piaciuto e, come debuttante, ne aveva visti molti. Almeno le davano una scusa per vestirsi con fantasia. Il suo vestito era di una tollerabile seta viola coperta da un pizzo delicato. Aveva anche una morbida stola bianca da drappeggiare intorno alle spalle per proteggersi dal freddo, ed aveva acconciato i capelli con delle perle, quasi come una corona.

Entrarono nell’Harris Theater e si avviarono verso il palco che avevano riservato per tutta la durata del soggiorno a New York. William condusse Brianne e la madre al palco. Neppure lui sembrava più contento di Brianne di essere a teatro. Si trovavano in città ormai da un mese e, fino a quel momento, non aveva soddisfatto le loro aspettative. Era noiosa come Lilimar e non dava segni di potere procurare neppure un grammo di divertimento.

William tirò indietro la tenda che portava al loro palco ed indicò loro di entrare. La madre entrò per prima, sedendosi sul lato destro, mentre William si sarebbe seduto accanto a lei. Brianne entrò nel palco dopo di lei e si fermò, vedendo un volto maschile familiare che si trovava già lì. Accidenti. Sarebbe stata costretta a parlare con quell’animale perverso durante lo spettacolo, perché il suo posto era proprio vicino a quello di Brianne, dal lato opposto del palco rispetto alla madre e al fratello.

“Milord”, Brianne chinò il capo. Sia madre aveva insistito riguardo alla giusta etichetta con lei ed anche se era cresciuta in America, Brianne non rinnegava le proprie radici inglesi. Julian Kendall era il figlio di un duca e quella posizione andava rispettata. “Non sapevo che conoscesse i Dewitt.” Era la famiglia proprietaria del palco che avrebbero usato per quella serata. Si accomodò alla destra di Julian, mentre William si sedette vicino alla madre.

“Sono dei miei parenti”, rispose lui tranquillamente. “Un po’ alla lontana. Siamo imparentati attraverso la mia trisnonna Alys Dewitt Kendall, ma non ho mai capito veramente in che modo. Ho imparato a non farmi domande riguardo alle stranezze della mia famiglia o, soprattutto, riguardo a qualsiasi cosa che coinvolga quell’antenata in particolare.”

A Brianne non importava realmente molto della sua parentela con la famiglia Dewitt. Avrebbe preferito esserne a conoscenza, prima di acconsentire a quella serata. Era stato William a proporre il teatro. Già solo per quello, avrebbe dovuto capire che era una cattiva idea. Suo fratello non proponeva mai di uscire di casa ed odiava gli spettacoli. Beh, forse stava un po’ esagerando, ma Brianne non riusciva a ricordare l’ultima volta che si era sentita così irritata. “Affascinante”, disse con un tono leggermente sarcastico. “Per favore, mi racconti qualcosa di più.” La sua voce non avrebbe potuto essere più priva di emozioni. Sperava che lui non prendesse realmente le sue parole come un incoraggiamento.

“Principessa”, disse Julian, poi ridacchiò sommesso. Come se quella parola affettuosa lo divertisse in particolare. Servì solo ad aumentare l’irritazione di Brianne. “Non si preoccupi, non oserei mai raccontarle tutti i dettagli delle mie parentele. Quello va bene per gli individui che fanno già parte della famiglia o che hanno in effetti una possibilità di diventare uno dei nostri stimati membri.”

Se si trattava di insulti…quello in particolare la colpì come uno schiaffo. Come osava? “Allora è una fortuna che io non abbia alcuna aspirazione ad imparentarmi con qualcuno di prossimo e caro a lei.” Si chinò leggermente verso di lui e disse, in un sussurro pungente, “Preferirei ficcarmi un pugnale in un occhio che passare il resto dei miei giorni al suo fianco.”

Sin dal loro primo incontro alla Penn Station, erano stati in disaccordo. Brianne cercava il più possibile di evitarlo. Era veramente un uomo orribile. Era andato varie volte a casa loro in città, per incontrare William, ma lei aveva fatto del proprio meglio per evitarlo in ogni occasione. Una volta lo aveva visto passeggiare a Gramercy Park e si era diretta apposta in un ’altra direzione.

“Che meraviglia”, rispose lui tranquillamente. “Allora siamo assolutamente d’accordo.” Si accomodò di nuovo al proprio posto e fissò il palco. “Cosa sa dello spettacolo al quale stiamo per assistere?”

Niente. Perché non le importava assolutamente di cosa si trattasse. Brianne guardò intorno a sé nel teatro. C’era una ragione per la quale aveva acconsentito ad andare lì, e non aveva niente a che fare con lo spettacolo. Chinò la testa da un lato. Dove erano tutte le ragazze della buona società e le loro madri? E i gentiluomini in cerca di una moglie? Quella non era la solita folla che era abituata a vedere a teatro. “Che posto è questo?”

“E’ sotto una nuova direzione”, rispose Julian. “Conosco il proprietario, Henry Harris. E’ un socio del mio nuovo club. Io e William gli abbiamo detto che saremmo venuti allo spettacolo di questa sera. E’ emozionato- è il loro primo musical.”

“Musical?”, gemette Brianne. “Ho paura di cosa possa significare.”

Julian sorrise in modo quasi perverso, o forse si trattava di allegria. In ogni caso, non le piacque. “Sono sicuro che sarà magnifico. C’è di tutto: amore, intrigo, dramma familiare…”

“Fatemi indovinare”, iniziò lei. “Tutto quanto in musica.”

“Mi hanno detto che canteranno molto. E, Miss Collins”, disse in modo sinistro, “dura più di cinque ore. Spero che lei sia pronta a rimanere qui per un po’ di tempo.”

Lei non riuscì a frenare il lamento che le sfuggì dalla bocca. Brianne si portò la mano alla bocca, ma era già troppo tardi. Perché la stavano punendo così? Cinque ore rinchiusa con Julian Kendall come compagno di teatro. Qualcuno, da qualche parte, doveva odiarla. “Shh”, disse. “Si è aperto il sipario.”

“Non mi inganna”, disse Julian sussurrando. Era così vicino che lei poteva sentire il calore del suo respiro sulla propria pelle. “Riesco a leggerle dentro. Non ha molta sostanza. Una donna che vuole cambiare il mondo, dovrebbe avere occupazioni migliori dei frivoli incontri mondani.”

Brianne digrignò i denti. Non avrebbe abboccato a quell’esca. Non l’avrebbe fatto. Dannazione, non aveva alcun auto-controllo. “Quindi è un bene che io non abbia alcuna vera aspirazione a cambiare il mondo nel quale vivo. Sono perfettamente soddisfatta della mia vita così com’è. Perché dovrei desiderare qualcosa di diverso?” Si girò verso di lui, alzando un sopracciglio. “Ho tutto quello che desidero. I soldi e tutto ciò che il lusso può procurare.

“Non desidera veramente cambiare nulla?” Sembrava quasi stupito di quella rivelazione. “Cosa mi dice della sua amica?”

“Che amica?” Non aveva idea riguardo a che cosa, o piuttosto, a chi si riferisse.

“Alice Paul”, rispose lui.

Le ci volle un attimo per mettere a fuoco quel nome. “Quella donna alla stazione? Perché dovrebbe importarmi di lei? La conosco a malapena.”

“Crede nei diritti delle donne- cose da suffragisti”, disse lui. Aveva ancora un accenno di confusione nella sua voce.

“Oh, quello”, Brianne scosse la mano con noncuranza. “E’ mia cugina, Angeline, che si interessa a quelle faccende. Per quanto mi riguarda, se non ci sono problemi, non vedo ragioni per andare in giro a cambiare o sistemare le cose. Perché dovrei desiderare il voto? E’ talmente noioso…”

Julian scosse la testa e restò in silenzio. Rivolse l’attenzione allo spettacolo e la lasciò stare per il resto della performance. Probabilmente Brianne avrebbe dovuto preoccuparsi di ciò, ma era troppo sollevata per farsi delle domande.


Il calore a New York non era affatto insopportabile come in un giorno d’estate della Carolina del Sud, ma ciò non significava molto. L’aria sembrava- più densa a Lilimar. C’era ancora molta umidità in città e Brianne desiderava il fresco dell’autunno. Si guardò intorno nel parco dove stava passeggiando. Il lussureggiante Gramercy Park era un sollievo, anche con il calore del giorno estivo. Brianne non aveva molta libertà in città e il parco era una delle poche eccezioni. Siccome era a disposizione delle persone che avevano delle proprietà nei dintorni, William e suo padre pensavano che sarebbe stata al sicuro all’interno dell’inferriata chiusa a chiave che lo circondava. Per questa ragione, Brianne si assicurava di approfittare del loro accesso all’area recintata ogni volta che poteva.

Quel giorno, indossava un vestito da passeggiata azzurro, con un parasole abbinato, per ripararsi dal sole. Sarebbe stato orribile se la sua pelle si fosse abbronzata. Solo gli appartenenti alla classe operaia si abbronzavano.

Non c’era molta gente nel parco e Brianne ne era felice. Non aveva voglia di parlare e si stava godendo la pace. Svoltò un angolo e si diresse verso una panchina vicina, situata sotto una grande quercia. L’area ombrosa sarebbe stata più fresca ed avrebbe potuto riposare un po’.

Quando raggiunse la panchina, si sedette e chiuse l’ombrellino, poi chinò la testa all’indietro, con gli occhi chiusi. Fece un profondo respiro, poi espirò. C’era qualcosa nel parco che calmava la sua anima e non si faceva domande al riguardo. Forse era giunto il momento di accettare la sconfitta e dire a sua madre che voleva tornare a casa. William se ne era andato un mese prima, quando era arrivato suo padre. Brianne aveva quasi ceduto allora, ma poi era rimasta salda. Se si fosse arresa troppo presto, non le avrebbero mai concesso nessuna libertà.

“Si può sapere come mai se ne sta qui seduta da sola?” Il brontolio familiare della profonda voce baritonale di Julian interruppe i suoi pensieri. “Preferisce che la lasci da sola?” Non avevano parlato molto da quando avevano assistito insieme al musical. Doveva essere gentile. Forse se fosse riuscita ad esserlo, lui sarebbe stato piacevole. Era stato veramente un imbecille durante la loro conversazione a teatro. Non voleva farselo piacere- anche se era abbastanza affascinante. Beh, quando non diceva che lei era frivola o non la giudicava.

“Ormai è un po’ tardi per farlo, non crede?” Brianne aprì gli occhi ed incontrò il suo sguardo. “Avrebbe potuto continuare a camminare. Mi dica, milord, cosa c’è in me che le fa sentire il bisogno di terrorizzarmi ogni volta che le nostre strade si incrociano?”

“Il fatto è, principessa”, iniziò lui, “che lo trovo abbastanza divertente.”

Ohhh. Lo odiava. Brianne respirò a fondo e cercò di controllare la propria ira. “Qui non c’è niente che la possa divertire. Si senta pure libero di continuare a passeggiare nel parco- da solo.”

Chiuse gli occhi e pregò di avere pazienza. Non era uno dei suoi punti forti e lui la faceva impazzire già solo respirando in sua presenza. Brianne non riusciva a ricordare una sola volta nella quale la loro conversazione non fosse iniziata e finita in disaccordo. Tutto quello che desiderava, era avere del tempo da sola, mentre lui era arrivato a rovinare tutto. E non dava alcun segno di volerla lasciare in pace.

“Perché dovrei fare una passeggiata solitaria, quando è evidente che lei si trova in una situazione disperata?”

“Veramente?” Lei alzò un sopracciglio, poi si guardò intorno. “Per favore, mi dica esattamente in che modo?”

“E’ qui da sola, e già questo non va bene. Una donna nella sua posizione non dovrebbe mai essere lasciata sola con i propri pensieri. Ciò potrebbe portarvi sulla via della perdizione.”

“Si fidi di me”, disse in tono fermo. “Sto assolutamente bene. Mi sto godendo tutto ciò che il parco ha da offrire, da quando sono arrivata in città. Non ho bisogno della sua presenza per garantirmi la sicurezza.”

“Chi ha parlato della sua sicurezza?” Lui scosse la testa. Poi disse con uno sguardo diretto, “No, mi preoccupo di più per tutti gli altri abitanti di Gramercy. Una donna come lei è pericolosa. Potrebbe iniziare a riflettere, e ciò porta ad agire.”

“Ora sta dicendo delle assurdità.” Era impazzito? “Sto già riflettendo e, in un certo senso, agendo. Vada via, prima che la sua pazzia si trasferisca anche a me in qualche modo. Non la voglio vicino, se è contagiosa.”

Le labbra di Julian tremolarono leggermente. “Venga”, le disse porgendole la mano. “Cammini un po’ con me. Sto diventando curioso.”

Lui le aveva già rovinato il momento di solitudine, quindi decise di farsi gioco di lui. Brianne mise la sua mano in quella di Julian e si alzò. Camminarono per molti minuti in silenzio. Odiava doverlo ammettere ad alta voce, ma anche lei era curiosa riguardo a lui. “Non mi ha mai detto cosa l’ha portata a New York.”

“Non l’ho fatto?”

“No”, disse lei, “O almeno non ricordo che lei lo abbia fatto. Forse sì, ma io non le stavo prestando attenzione oppure ho dimenticato tutto. Forse ciò può sorprenderla, ma non inizio e finisco le mie giornate pensando a lei.”

La sua risata sommessa riecheggiò intorno a lei. “E’ abbastanza corretto. Sono qui più o meno in vacanza.”

“Ciò implica che lei sia qui anche per qualcos’altro.”

“Può essere”, aggiunse, ma senza spiegare oltre. “Parliamo di altro.”

Brianne non apprezzò che lui non chiarisse oltre. Si ripromise di ottenere di più da lui, nel tempo. “Ad esempio?” Gli avrebbe concesso di cambiare argomento, ma lui le aveva fornito qualcosa di cui essere curiosa. Non era veramente importante perché fosse venuto a New York, era più il fatto che lui rifiutasse di dirglielo a farle desiderare di scoprire la verità.

“Per quanto tempo resterà qui a New York?”

Brianne aveva deciso di tornare a casa, prima che lui la raggiungesse nel parco. Tuttavia, ora era propensa a restare più a lungo. Forse quella questione le avrebbe dato qualcosa si nuovo per passare il tempo. Gli incontri mondani lì non erano assolutamente come se li era aspettati. Certamente, avrebbe dovuto saperne di più. Erano noiosi nella Carolina del Sud, ma lo erano altrettanto a New York. Il solo fatto di essere in città non cambiava il risultato. Doveva comportarsi come una signora per bene, e non era affatto eccitante. “Sono indecisa”, rispose alzando le spalle. “Mia madre resterà fino a quando io lo desidero. Penso che torneremo per una parte dell’inverno, ma potremmo cambiare idea.”

Lui annuì. “Sarà più bello a casa nei mesi freddi; tutto ciò ha senso. Ma ho sentito che New York in inverno è qualcosa da vedere.”

“Forse”, concordò lei. Voleva veramente restare in città così a lungo? “Si rende conto che questa è la prima conversazione civile che abbiamo?”

“Non vorremo di certo iniziare ad andare d’accordo adesso, vero?” L’angolo della bocca gli si sollevò in un sorriso spavaldo. “La accompagno a casa.”

Brianne non riusciva a capire quell’uomo e stava iniziando a pensare che non l’avrebbe mai fatto. Perché era così enigmatico e cosa era cambiato in lui da farlo sembrare quasi- simpatico? Brianne si mordicchiò il labbro inferiore e gli permise di scortarla fino a casa. Avrebbe scoperto tutti i suoi segreti e allora forse, dopo averlo fatto, sarebbe tornata a casa. Scoprire tutto quello che era Julian sarebbe dovuto bastare come passatempo, e qualcosa le diceva che la cosa sarebbe stata molto più avvincente di quanto potesse immaginare.

Le Tentazioni Di Una Principessa Americana

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