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Prologo

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I fulmini saettavano nel cielo notturno illuminandolo a giorno, e rischiarando l’ambiente molto di più di quello che poteva fare la luce di una minuscola candela. Il boato del tuono echeggiò nel silenzio che permeava la stanza. Era la fine di marzo, ma poteva anche essere inverno pieno, per quello che poteva interessare a Lady Wilhelmina Neverhartt, Billie per la sua famiglia e gli amici. Aveva cose più importanti per la testa. Deglutì a fatica e fece un passo verso il capezzale di sua madre. Suo padre, Richard Neverhartt, il conte di Siviglia, era morto proprio quel giorno, a causa di una folgorante malattia. Sua madre, Augusta, la contessa di Siviglia, era ormai in agonia e si sarebbe presto unita al marito per l’eternità.

“Billie - le sussurrò sua sorella, Theodora, detta Teddy - Non entrate lì dentro.”

"Devo.” rispose la ragazza, ma era facile percepire il terrore nella sua voce. Nessuna di loro voleva vedere morire la cara madre. Qualunque malattia i loro genitori avessero portato in quella casa dal loro ultimo viaggio sembrava letale, e l'idea che potessero ammalarsi anche loro ... Billie deglutì a fatica. Doveva mostrarsi forte. Presto avrebbe avuto la responsabilità di se stessa e dei suoi quattro fratelli.

Damon, il più giovane di tutti, aveva appena tredici anni ed era il legittimo erede del titolo del padre. Non che significasse molto, visto che la famiglia era ormai indigente e non c’era proprio nulla da ereditare. Ecco perché il loro padre era andato in un altro paese. Aveva fatto degli investimenti, che qualcuno gli aveva assicurato essere molto promettenti. Di certo l’uomo non si aspettava che l’unica cosa che avrebbe guadagnato sarebbe stata la sua morte e quella dell’amata moglie. Tuttavia, quel viaggio aveva portato la rovina in quella casa.

Si voltò verso sua sorella e disse con tono deciso: "Teddy, fate in modo che Carly e Chris non entrino qui dentro. Non possiamo rischiare di ammalarci tutti. Per fortuna Damon sta dormendo, grazie al cielo."

Ma le gemelle, Carolina e Christiana, erano due ragazzine testarde e sarebbe stato difficile tenerle a freno. Teddy invece era timida e riservata. Probabilmente non sarebbe stata capace di costringerle a rimanere nella loro camera da letto. Chris era quella che creava più problemi; Carly invece era probabile che avrebbe obbedito.

"Ci proverò - disse dolcemente Teddy - Ma sapete bene come sono ..." La sua voce si spense. Si mordicchiò il labbro inferiore, quasi fagocitata dall’ansia, mentre teneva gli occhi fissi sulla camera della mamma morente. "Dovete davvero entrare?"

"Sì. - insistette la ragazza - Ora andate a occuparvi delle nostre impetuose sorelle." Billie non poteva occuparsi dei fratelli e nel frattempo prendersi cura della madre che stava per esalare l’ultimo respiro. Teddy avrebbe dovuto farsi forza e darle una mano.

Teddy annuì e voltò le spalle a Billie, che fece un altro passo esitante verso la stanza, mentre un lampo le rischiarava il cammino. Il fragore del tuono che seguì la fece sobbalzare, anche se sapeva che sarebbe arrivato. Si fece strada nella stanza lentamente fino a raggiungere il capezzale della madre. I capelli biondi della donna sembravano bianchi quasi quanto il cuscino sotto la sua testa. La sua pelle aveva perso tutto il colore e le sue labbra erano secche e screpolate.

Ogni tanto levava un respiro affannoso denso di crepitii minacciosi, ma si capiva che faticava a respirare. Le sue guance erano scavate e gli zigomi erano diventati aguzzi, tanto era dimagrita in quei giorni. La donna sdraiata nel letto era sua madre, ma ormai non assomigliava più alla donna brillante e piena di vita che era stata fino a una settimana…no, fino a qualche giorno prima.

"Mamma.” la chiamò. Ma la sua voce era poco più che un sussurro. Billie deglutì e la chiamò di nuovo, questa volta a voce più alta. "Mamma, sono qui."

Le palpebre della contessa si spalancarono e lei puntò gli occhi verso Billie. Erano vitrei, quasi vacui, mentre cercava di mettere a fuoco la figlia. "Billie?"

"Sì, mamma.” rispose Billie. Avrebbe dovuto toccarla? Mettere la mano nella sua? Billie non aveva idea di come comportarsi con la fragile creatura che era diventata sua madre. Non aveva esperienza di morti o malattie. Aveva paura di fare una cosa sbagliata o di peggiorare la situazione, se ciò fosse stato possibile. "Cosa ..." Billie fece un respiro profondo. "Ditemi cosa posso fare per voi…”

"Fatevi un po’ più vicino, cara.”

Billie fece un altro passo incerto. Ora era molto vicina a sua madre. Forse, se non fosse stata costretta a sfiorarla, avrebbe potuto sopportare quell’immagine cadaverica. Almeno un altro po’…Non c’erano più servi che le dessero una mano. Erano tutti fuggiti, quando la malattia si era rivelata in tutta la sua potenza. Nessuno di loro voleva rischiare la vita, dopo quanto era successo al Conte e alla Contessa, e comunque…nessuno avrebbe pagato per il loro aiuto. Quindi, quel compito ingrato era ricaduto tutto sulle spalle di Billie, e lei non poteva esimersi.

Ogni sua fibra le urlava di scappare, ma aveva già perso suo padre e sperava fortemente di poter salvare almeno la mamma. Per miracolo né lei né i suoi fratelli sembravano essere stati contagiati, ma nulla escludeva che si sarebbero ammalati più tardi. Poteva ancora succedere, e lei sperava nel profondo del cuore che non accadesse mai una cosa simile.

Sua madre mosse la mano verso Billie. "Mi dispiace per il dolore che io e vostro padre vi abbiamo causato." Billie non le aveva detto che il suo caro marito era già andato in cielo. Non le sembrava il caso di darle un altro dolore, mentre stava cercando di combattere quella tremenda malattia. Sarebbe stato un colpo fatale per sua madre, che era già allo stremo delle forze. Meglio non dirle nulla. "Temo che i prossimi giorni saranno molto più difficili - disse la madre, ansimando - Non voglio morire!" La sua voce tremava di paura, mentre diceva queste cose.

Billie stava per scoppiare a piangere, ma si trattenne. Avrebbe pianto più tardi, nell’intimità della sua stanza.

“Ma temo che morirò, invece - continuò sua madre - Mi dispiace così tanto, figlia mia. Non ci sono parole per esprimervi la mia angoscia. Vostro padre è stato un incosciente, e ancora di più io, che l’ho seguito in quel posto abbandonato da Dio. Ora stiamo pagando entrambi il pezzo della nostra scelleratezza…”

Billie non riusciva a trattenere le lacrime. "Va tutto bene, mamma."

"Non va niente bene - mormorò la madre, con voce spezzata - Ma grazie per cercare di consolarmi. Avrei voluto lasciarvi almeno un po’ di soldi, una piccola dote…qualcosa…ma non c’è rimasto proprio nulla. E non temete, potete esprimervi liberamente, ormai: so bene che vostro padre mi ha preceduto in cielo. L’ho visto qui davanti a me, proprio poco fa, e sono sicura che è venuto a prendermi.”

"Mi dispiace, mi dispiace tanto mamma!” esclamò Billie. Non si sarebbe mai aspettata che sua madre le confessasse una cosa del genere. Billie non sapeva nemmeno che fosse possibile ... "Non volevo darvi un altro dolore, per questo non ve l’ho detto.”

Sul viso della donna morente apparve un pallido sorriso. Si vedeva che anche sorridere le consumava le forze, e a quella vista il cuore di Billie si spezzò del tutto.

"Siete una ragazza forte e coraggiosa. Ma dovete esserlo ancora di più, ora che sarete costretta a occuparvi dei vostri fratelli. Non hanno che voi. Non potete immaginare quanto soffra, a questo pensiero. Ma provate e chiedere aiuto al vostro padrino, il duca di Graystone: vedrete che non vi abbandonerà. "

Quelle furono le sue ultime parole. Poi la donna esalò il suo ultimo respiro. Una lacrima solitaria scese lungo la guancia di Billie. Aveva la pessima sensazione che il Duca di Graystone non li avrebbe aiutati affatto, ma doveva raccogliere tutte le sue forze e almeno provare a recarsi da lui. Era quello che le aveva consigliato sua madre morente, e d’altra parte da ora in poi aveva i suoi fratelli da mantenere.

La sua giovinezza era finita, e nel profondo del suo cuore sentì di odiare i suoi genitori per averla lasciata in quel mare di guai. Erano stati egoisti e avevano gettato un carico da novanta sulle sue fragili spalle da sorella maggiore. Ormai non era più padrona della sua vita…se mai lo fosse stata...

Mai Sfidare Una Volpina

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