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I.

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Una promessa di matrimonio.

—Buona sera, Gustavo—disse la signora Valeria Inverigo, alzando gli occhi dal suo ricamo e tendendo la mano a un uomo di mezza età, di statura giusta, d'aspetto simpatico, ch'era entrato senza farsi annunziare.

—Buona Sera, Valeria. Come va?

Erano fratello e sorella, ella vedova, egli scapolo. Scambiati i saluti, l'ingegnere Gustavo Aldini si avvicinò alla stufa.—Qui si sta bene. Dai Nocera faceva un freddo….

—Vieni di là?

—Sì…. Anzi l'Adelaide m'incarica di dirti che ti rimanderà presto quei giornali.

—Non c'è fretta—replicò la signora Valeria. Stette un momento soprappensiero; poi soggiunse:

—E il consigliere è contento d'essere tornato a Venezia?

—Perchè non dovrebb'essere? Il trasloco a Venezia l'ha chiesto lui.

—Lui o lei?

—Lui, lui. Tutti gl'impiegati chiedono di tornar nel loro paese.

—Sarà… Se però i Nocera restavano ancora qualche anno laggiù era meglio.

—Oh, Valeria…. Un tempo tu volevi molto bene all'Adelaide….

—E gliene voglio sempre…. È come una sorella minore per me…. Ma via, tu capisci….

L'ingegnere si portò un dito alla bocca.—Zitto…. Non esser cattiva.

Parliamo di Diana piuttosto. È al liceo Marcello?

—Sarà qui a momenti…. Il professore Varedo s'è impegnato a non parlare che per cinquanta minuti al più.

—Uhm!

—Già avresti fatto bene ad andarci alla sua conferenza.

—Io? No, no…. Sono refrattario alle conferenze, io…. E perchè non ci sei andata tu?

—Ah, d'inverno la sera io non esco quasi mai. Tu potevi far un'eccezione per una volta.

—Per sentire una predica?… Figurati!… Con quel tema: Il dovere?… Che zuppa!

—Sei ingiusto con Varedo. È un giovine d'ingegno.

—Si può avere ingegno ed esser noiosi.

—Ma lui non è noioso…

—Opinioni. È un punto in cui non sono d'accordo con te e con

Diana…. Con Diana soprattutto.

Dalla fisonomia dolce e placida della signora Valeria trasparì il dispiacere che le recava questo dissidio, ed ella borbottò:—E pure…

—Lo so, lo so—rispose l'ingegnere con una spallucciata—che mi toccherà accettarlo per nipote…. s'egli ti farà l'altissimo onore di domandarti la mano della tua figliuola… Perchè sarebbe tempo che si decidesse, mi pare…. A ogni gita di quel signore a Venezia si crede che la bomba debba scoppiare; poi egli torna tranquillamente alla sua cattedra, e la conclusione è rimandata alle calende greche… Tirare in lungo così non è bello.

—Verissimo…. E son risoluta anch'io a metterlo alle strette… Ma io spero…. Zitto!… Hanno suonato…. Sarà Diana.

—Con chi è andata alla conferenza?

—Con miss Jane e con le Duranti che sono passate a prenderla….

Eccola.

Diana irruppe nel salotto, raggiante.

Portava un tòcco di lontra, una giacchetta color marrone guarnita di lontra anch'essa, un vestito di lana scura, succinto, accollato. Poteva avere ventuno o ventidue anni; aveva occhi bruni, a mandorla, folti e indocili capelli castani che le ombravano la fronte, e si raccoglievano in trecce dietro la nuca; persona svelta e ben proporzionata; grandi, ma non tanto da sconciarle la fisonomia, il naso e la bocca. In complesso piacente, senza essere bella.

—Sola?—chiese la signora Valeria.

—Miss Jane è qui dietro… Ci mette un secolo a far la scala…. Le Duranti verranno domani. Ah, mamma, che peccato che tu non abbia assistito alla conferenza!

—Troppo freddo in istrada, bambina mia, troppo caldo nella sala, troppa folla—rispose la signora Valeria.

—Oh in quanto a questo, sì… La sala era gremita. Fino nel vestibolo, fino sul pianerottolo, fin su nella galleria s'accalcava la gente.

—Vedi dunque….

—Ma tu, zio—ripigliò la ragazza—non hai una scusa al mondo.

—Abbi pazienza; alle conferenze mi addormento, e se mi addormento russo.

—A questa di Varedo non ti saresti addormentato…. Me ne appello a miss Jane.

Miss Jane, ch'entrava in quel momento, rivolse uno sguardo interrogativo alla sua pupilla. Era un'inglese, che aveva piuttosto il tipo d'una tedesca, piccola, rosea, grassottella, flemmatica.

—Dica lei, dica il suo parere sulla conferenza di questa sera.

Miss Jane, che ansava un poco, posò il manicotto sopra una sedia, si sbottonò i guanti, e rispose:—O yes, beautiful indeed… Molto bella.

Pronunciata questa sentenza, la governante si sprofondò in una poltrona in un angolo del salotto.

Per Diana ci voleva ben altro.—Una maraviglia, un incanto… E mai un pentimento, mai un'esitazione… E neanche una nota.

—Che memoria!—esclamò lo zio.

—Nossignore, improvvisava.

—Demostene addirittura.

La signora Valeria slanciò un'occhiata di rimprovero al fratello, mentre Diana, piccata, replicava:

—Oh c'erano tante persone che applaudivano… tanti professori, tante signore.

—Sentiamo, sentiamo di chi era composto questo sinedrio femminino?

—Ho proprio tempo da passarle in rassegna… C'era la Rigaldi con le figliuole.

—Anche con quella di due anni?

—Sei intollerabile.

—So ch'è una famiglia dove si comincia tutto presto… Avanti…

—C'era la contessa Bisenti, la marchesa Terriani con la nuora, la signora Astolfi, la moglie del provveditore agli studi…

—Povera donna!… Condannata a subirsi tutte le conferenze dalla prima all'ultima… Suo marito crede che questo entri nei doveri d'ufficio… Avanti…

—Non dico altro.

—E adesso non c'è più nessuno che non sappia quale sia il suo dovere—ripigliò Gustavo Aldini con aria di mite canzonatura.

—Non la tormentare—interruppe la signora Valeria.—E tu, Diana, levati il tòcco e la giacchetta, chè qui fa caldo e rischi di prenderti un malanno. Dov'è la Giuseppina?

—Non ne ho bisogno. Or ora vado in camera per un minuto. Ma mi fa una rabbia quello zio…

—O perchè gli dai retta?

L'ingegnere, che si divertiva un mondo a punzecchiar la nipote, tornò alla carica.—Insomma io vorrei che così in due parole tu mi dicessi il sugo di questa famosa conferenza.

—La finisci, Gustavo?—ammonì la sorella.

—Che male c'è?—replicò Aldini candidamente.—Desidero istruirmi.

—Oh—saltò su la ragazza—se desideravi istruirti sul serio, dovevi venire e avresti imparato anche tu qualche cosa…

—Il mio dovere?

—Per esempio il dovere di non esser seccante.

—Brava! È una risposta che mi piace.

—Le tiri pei capelli le impertinenze—notò la signora Valeria.

—Ma che impertinenze? Non son mica permaloso, io.

—Oh, è buono in fondo—disse, carezzevole, Diana.

Aldini ricominciò:—E se domando il sunto della conferenza…

—Ma basta—supplicò la signora Valeria.

—Il professore Varedo la stamperà… La leggerai—rispose la giovinetta.

—Vedi che non era improvvisata.

—A momenti ti graffio il viso—minacciò Diana mostrando le unghie.

—Fammi la grazia, Diana—disse la madre,—giacchè devi andare nella tua camera, vacci subito.

—Sì… Ma prima una parolina all'orecchio… Non voglio che lo zio senta… È troppo cattivo.

—Mi licenzi?

—No… resta lì accanto alla stufa.

L'ingegnere accese un sigaro, Diana si avvicinò alla signora Valeria e le sussurrò piano, dopo aver guardato l'orologio:—Alberto… il professore Varedo sarà qui verso le undici a prender il the con noi… Lo scuserai se non viene prima, ma deve liberarsi dagli amici che gli si sono attaccati ai panni per festeggiarlo… Se tu avessi visto!… E quante signore se lo disputavano!… Ma egli preferisce la nostra casa.

E gli occhi della giovinetta sfavillavano nella gioia del trionfo.

La madre le diede un buffetto sotto il mento.

—Sta bene. Lo scuseremo… e lo aspetteremo. C'è dell'altro?

Diana abbassò ancora la voce.—Mammina cara, non te ne hai a male se, prima d'interrogarti, ho dato un ordine alla servitù?

—Che ordine?

—Quello di non ricevere stasera nessuno, a eccezione del professore

Varedo.

—Oh Diana, Diana!… E perchè?

—Ho ragione di credere—seguitò la ragazza—ch'egli abbia da parlarti in segreto.

—Davvero?

—Sì.

La signora Valeria tirò a sè la figliuola e la baciò teneramente. Indi Diana, svincolandosi dall'amplesso, si avviò saltellante verso l'uscio. Ma, così di passaggio, fece una breve sosta presso la stufa, appoggiò le due mani sulle spalle dello zio, e con accento risoluto le disse:—Se mi vuoi bene, e son sicura che me ne vuoi molto, non devi fare opposizione. Sai che sono ostinata. O lui o nessuno.

Prima ch'egli avesse tempo di rispondere, ella era già fuori della stanza.

Miss Jane s'era, alzata per uscire anche lei, ma la signora Valeria la trattenne con un gesto. E le chiese:—C'è stato un colloquio stasera fra il professore Varedo e la signorina?

La governante protestò vivamente in un suo italiano particolare che conservava la costruzione inglese.—Colloquio?… Avrei non permesso… Dopo la conferenza, Miss Diana volle complimentare l'oratore come tutti… Io ero con lei. Il professore appena vide noi venne incontro a noi con mani tese… Feci mie congratulazioni… Molte altre signore e gentlemen spingevano da tutte parti… Per mezzo minuto io fui separata da Miss Diana… Forse allora il professore le parlò piano… Io potevo non… non potevo sentire… Signorina raggiunse me subito dopo, incantata, enchanted, delighted, yes.

—E per la strada il professore era con loro?

—Oh no… Avrei non permesso… Eravamo con signora e signorina Duranti… Signorina diede suo braccia a Miss Diana. Io fui con la madre, o yes.

—Basta così. Se vuol ritirarsi, vada pure.

Miss Jane riprese il manicotto e uscì salutando.

Fata trahunt—borbottò Aldini.

—Per carità, non sfoggiare il tuo latino. Ne ho d'avanzo dell'inglese di Miss Jane.

—Dianzi parlava italiano.

—Peggio ancora. Stento quasi altrettanto a capirla. Ma vuol fare esercizio. Ha già dichiarato che quando Diana si sposi ella si ritirerà a Londra per darvi lezioni di lingua italiana.

—Staranno fresche le sue allieve… Ma tornando a noi, ci siamo, pare?

—Pare… E ti confesso che sarò liberata da un gran peso… Lo dicevi tu stesso; così non poteva durare.

—No certo.

—Dunque?

L'ingegnere allargò le braccia con un gesto rassegnato.

—Ma perchè, santo Iddio, devi esser così ostile ad Alberto

Varedo?—proruppe la signora Inverigo.

—Andiamo, Valeria, non ci badare—replicò Gustavo Aldini con dolcezza.—Lo sai ch'io vado soggetto alle antipatie.

—No, tu ti sei fitto in capo che Diana non debba esser felice con quell'uomo… E pure l'hai sentita un momento fa:—O lui, o nessuno.

—Verissimo… Avrò torto io.

—Io vorrei delle ragioni—insisteva la signora Valeria, incapace d'adattarsi a non esser d'accordo con suo fratello in un argomento di tanto rilievo.—Alberto Varedo è un galantuomo, viene da una famiglia di galantuomini… Il suo papà, la sua mamma, morti, poveretti, in età ancor vegeta, erano fior di gente sulla cui memoria non c'è un'ombra.

Gustavo approvò con un cenno del capo.

—Lui, Alberto—proseguì la Inverigo—è un bravo giovine, sfido a negarlo.

—Non lo nego.

—A ventisett'anni ha vinto un concorso alla Università di Torino: È già lì da due anni professore straordinario; ha pubblicato opuscoli, libri, collabora in vari giornali scientifici, è molto stimato, non ha vizi… Ne hai chiesto informazioni anche tu a que' tuoi amici di Torino e mi hai confessato lealmente di averle avute ottime. A meno che tu non mi nasconda qualche cosa…

—Nemmen per sogno.

—Te lo giuro, vi son dei momenti in cui penso che tu sia in possesso di qualche segreto relativo a Varedo…

—Sei pazza?

—Che so io? Di qualche pasticcio galante?… Di qualche catena?

Aldini scoppiò in una risata.—Alberto Varedo?… Che diamine?—Poi soggiunse serio:—E puoi credere che se avessi un indizio, un dubbio su questo proposito non sarei voluto andare a fondo, non mi sarei confidato con te? No, no, Valeria, levati queste ubbie dalla mente e non far d'una mosca un elefante… Io non ho nessun fatto da rimproverare a Varedo, non ho nessuna colpa da addebitargli; mi è poco simpatico, è vero, ma che vuol dir questo? Ho forse da sposarlo io?… E adesso, perchè tu non debba annaspar nebbia, e anche perchè questa è l'ultima volta che si torna sull'argomento, e se di qui a mezz'ora Alberto e Diana sono promessi sposi io non fiaterò più e farò invece ogni sforzo per vincere quella mia antipatia; adesso ti dico in poche parole perchè non mi piace… Intanto non mi piace fisicamente… questo ti fa ridere?… Bello o brutto non vorrebbe dir niente, pur che avesse l'aspetto giovine come si ha l'obbligo di averlo a ventinov'anni. Invece ne mostra quasi quaranta, con quel viso grave, con quel vestito da pastore evangelico, con quell'aria cattedratica di uomo che sia nato professore… Ed ecco il secondo motivo per cui non mi piace… È un pedante… Dà lezioni sempre, forse senza volerlo… In fine è un puritano, si scandalizza di tutto, non ammette scherzi… Anche la conferenza di stasera…

—Se non l'hai sentita!—esclamò la sorella.

—Basta il titolo: Il dovere… Lasciamolo in pace questo famoso dovere… Ossia ognuno ne faccia quel tanto che può, e discorriamone meno.

—Non hai altro… proprio altro?—domandò la signora Valeria.

—Non ho altro.

—Sia lodato Iddio!… Perchè questo è ben poco… Che Varedo sia brutto o bello, che mostri più meno della sua età, quando Diana n'è contenta!… Ella non si sarebbe adattata a sposare un uomo frivolo. Lo sai, è uno spirito entusiasta.

—Sotto cui si nasconde uno spirito critico.

—Credi?

—Ne son sicuro. Non rammenti quelle novelline, quei bozzetti satirici che si divertiva a scrivere anni fa?

—Bambinate. Ora ha smesso, e mostra un'inclinazione a studi più seri. Aiuterà suo marito, con cui è d'accordo anche nel puritanismo… Un po' puritana è anche lei… Tiene del suo povero babbo.

—Oh per questo non ho paura. Le lezioni della vita le insegneranno a essere indulgente come la sua mamma.

—Non però di manica larga come il suo zio materno—disse ridendo la signora Inverigo.

—Del resto—concluse l'ingegnere—poichè Domeneddio ha disposto nella sua sapienza ch'io diventi zio del professore Alberto Varedo, spero che finiremo coll'essere amici… Io ci metterò tutto il mio buon volere.

La signora Valeria tese al fratello ancora una volta la mano.—Grazie,

Gustavo.

Egli strinse quella bella mano bianca e nello stesso tempo si chinò su

Valeria e la baciò in fronte.

S'erano amati da bambini in su, ed egli era un cuor d'oro sotto il suo scetticismo apparente.

—Sono le dieci e tre quarti—notò la signora guardando l'orologio.—Varedo non può tardare… Non capisco che cosa faccia mia figlia… A meno che non voglia lasciarmi sola col suo aspirante.

—In questo caso batto in ritirata.

—Ma no; tu sei, dopo di me, il più stretto parente che abbia Diana;

Varedo è avvezzo a vederti qui; rimani.

Il colloquio fu troncato dalla comparsa di Diana. Ella s'era mutata da capo a piedi; aveva un elegantissimo vestito chiaro, un po' aperto sul davanti. I suoi occhi ridevano.

La madre e lo zio ebbero un'esclamazione di maraviglia.—Che lusso!

—Se gli abiti belli non si mettono in queste circostanze—ribattè la ragazza—quando si devono mettere?

—Diana, Diana—ripigliò la signora Inverigo, e c'era una nota di sgomento nella sua voce;—sei poi sicura che accadrà stasera quello che tu desideri?

—Sicurissima—replicò con baldanza la figliuola.

—E se qualcheduno desidera parlarmi a tu per tu?

—Quel qualcheduno avrà molto piacere ch'io ci sia.

—E io?—domandò Gustavo Aldini.

—Tu?… Ecco, se tu sei lo zio buono, accondiscendente, gentile ch'io sono avvezza a conoscere e ad amare, la tua presenza sarà per noi una gioia di più… se poi…

Anzichè terminare la frase. Diana tese l'orecchio e con un cenno della mano intimò silenzio.

Com'erano accese le sue guancie! Come batteva il suo cuore!

L'uscio s'aperse; il domestico annunziò:—Il professore Varedo.

Mostrava realmente un po' più de' suoi ventinove anni; non ne mostrava quaranta come aveva detto Gustavo Aldini; era piuttosto brutto che bello; nella gravità, nell'andatura, nel vestito poteva risvegliar l'immagine d'un pastore evangelico; ma in complesso non era nè così brutto, nè così grave, nè così solenne come si sarebbe supposto badando alla descrizione iperbolica dell'ingegnere. O forse l'emozione naturale di quell'ora decisiva dava alla sua fisonomia un'insolita mobilità.

Fatto si è che quella sera stessa Alberto Varedo chiese ed ottenne la mano di Diana Inverigo.

I coniugi Varedo

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