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L'ALBERGO DELLA GROTTA BLEUE III.

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Ci convincevamo sempre più che le stravaganze esteriori di quella gente non potevano essere che un'abilissima mascheratura di tenebrosi benchè indecifrabili scopi politici.

Prima di tutto era assai sospetto, nel momento attuale, il fatto che numerosi individui appartenenti alle più svariate nazionalità fossero così uniti da legami evidentemente profondi — Truffard, banchiere francese. De Ritten, letterato francese, figlio d'un camerlengo del Papa; Pietrachiara, poeta italiano; Benali, attore italiano, Conte Ladolce, dalmata; Ricard, francese o irlandese; Markoff, deputato della Duma; il granduca Federor Cohn, musicista ebreo inglese che si dichiara cristiano e fa l'antisemita; Djamil, avvocato turco egiziano; Stopwitz, archeologo polacco, ma forse austriaco; Werkopfen, antiquario e numismatico svizzero, ma forse tedesco; il barone Makra, professore ellenista d'origine rumena; Rudolf Thompson, direttore d'una Biblioteca di Chicago, nordamericano d'origine tedesca; Terrapiccola, ricco proprietario brasiliano.

Le nostre indagini, invece di chiarirsi, si annebbiavano. E vi naufragavano dentro gli isolotti incerti delle nostre ipotesi.

Nel corridoio sentimmo: da una porta semiaperta il brontolio di Markoff che dettava al segretario: “non dimenticate di porre nettamente la questione del disarmo...„.

Ma fummo distratti dalla voce concitata di De Ritten che usciva velocemente dalla sua camera senza vederci, sbattendo dietro di sè la porta. Origliammo, poi guardammo dal buco della serratura. La contessa De Ritten, deliziosamente discinta, singhiozzava su una poltrona.

Pensammo che la Contessa De Ritten fosse di una nazionalità nemica e che da questo derivasse il dissidio evidente che agitava la coppia.

Farle la corte —, ci sembrò l'unico modo per capire e orizzontarci. L'amico Ricard diventava sempre più evasivo nelle sue risposte alle nostre interrogazioni. Avevamo forse svegliato i sospetti della comitiva.

Mentre scendevamo giù per il pranzo, un cameriere ci portò un biglietto da visita: Paolo Castretta, viaggiatore di commercio —, e sotto, a matita: “ha l'onore di chiedere un breve colloquio„.

Lo indovinammo, a una tavola, sulla terrazza alberata: tipo meridionale, occhi neri vivacissimi, baffetti neri. Egli sembrò non vederci e noi, obbedendo a un istintivo piano tattico, senza guardarlo ci sedemmo a un tavolo lontanissimo dal suo.

Nel caldo e morbido crepuscolo lilla che soffocava di dolcezza e spegneva i profili scabri dell'isola, i volumi verdi della vegetazione e le chiazze bianche delle ville, agonizzava il vociare dei barcaioli della Marina Grande.

A quando a quando, tintinnio di bicchieri e brontolio di Markoff già ubbriaco di champagne. Castretta, del quale sbirciavamo le spalle, era, come noi, preoccupato dalla misteriosa comitiva.

Sentivamo, con profonda gioia artistica, di esser stati condotti dal caso proprio nel centro di uno di quei viluppi di realtà illogiche, di apparenze assurde e contradittorie, ma condotte con assoluta naturalezza, in una di quelle zone sature di eccezionalità, il cui studio appassiona e eccita in modo particolare i nostri intuiti futuristi, sempre affamati di novità.

Tutti quei viaggiatori sembravano spostati in quel luogo e in quel momento. Nondimeno, a misura che la notte di Capri scendeva a inzuppare col suo triple extrait di chiaro lunare le eleganti forme delle rupi sdraiate sul mare, sentivamo che la loro presenza era veramente naturale e giustificata da ragioni indiscutibili.

Marinetti d'altra parte sentiva brutalmente discordante il tinnire dei suoi speroni da bombardiere. Le bambagie e il liquore perlaceo dell'atmosfera vile per troppo languore si sforzavano di spegnere sulla sua uniforme grigioverde la fiamma dorata della bombarda e il taglio argenteo della ferita.

Il musicista Cohn ebbe qualche colpo di tosse. Mi ricordai che Ricard lo aveva detto tisico spedito. Tutti si alzarono parlando dell'umidità pericolosa delle notti di Capri. Vi furono dei brevi saluti.

E noi rimanemmo silenziosi davanti all'enorme Mistero illimitato, seducentissimo, insidioso, penetrante e sfuggente che aveva la forma stessa del golfo notturno.

L'isola dei baci: Romanzo erotico-sociale

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