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IX.
ОглавлениеAlla sera io mi recai in casa della contessa; mi aspettava d'incontrarvi Raimondo, ma non vi era ancora.
Il generale mi venne incontro; gli domandai notizie della signorina Clelia. Era incomodata lievemente e s'era rimasta a casa.
Raimondo non comparve--quando l'ebbi aspettato tre ore inutilmente, mi allontanai.
Per otto giorni fu la stessa cosa. Sempre che mi recai nelle sale della contessa non vi vidi mai Raimondo--e il generale continuava a dirmi che la signorina Clelia era incomodata.
Io era stato più volte in casa del mio amico; ma Charruà m'avea sempre detto che non era in casa. Vi andai ancora una volta--la stessa risposta.
Raccomandai a Charruà dicesse al suo signore: Che l'amico avea bussato sette volte all'uscio dell'amico, e che l'uscio non s'era aperto.
Charruà accennò del capo; uscii con animo di non più ritornare.
Tre ore dopo Charruà veniva a me e recavami una lettera di Raimondo.
Ne ruppi il sigillo e la lessi con avidità. Quella lettera era così concepita:
"Tu hai ragione di lamentarti di me; tu hai ragione di dire ch'io sono un ingrato; ma benchè sappia d'essere colpevole molto, e d'aver tradito i doveri dell'amicizia, lascio sperare al mio cuore che la franchezza con cui mi faccio accusatore di me medesimo, renderà te giudice più benigno.
"Ti devo una confessione, una confessione che non farei a mia madre s'ella vivesse ancora, che il mio pensiero non vorrebbe fare alla mia anima, se per poco io potessi separarne le facoltà, e fare che il mio solo volere ripartisse a seconda dei suoi capricci la scienza.
"Lo dirò senza esitare più oltre: "io amo." Vorrei anche in questo momento temperare la forza di questa affermazione e dirti solo che "ho paura di amare;" e forse sarei nel vero; ma io penso che in coteste cose il sospetto valga la realtà; e d'altra parte la titubanza prolungherebbe lo strazio che ha durato fin ora.
"Così dunque, anzi che continuare, in una lotta ineguale senza frutto, io preferisco darmi per vinto.
"Devo dirti qual donna io ami? Tu l'hai indovinato--Clelia.
"Non sorridere del mio orgoglio. Tutto ciò che tu potresti dirmi, me lo son detto io stesso. Ho pensato alla sua bellezza, alla sua grazia, al suo candore; poi ho penetrato dentro di me, vi ho rovistato tutto il buono che vi ho trovato, e mi è sembrato assai misera cosa. Debbo dirtelo? mi sono rinchiuso nelle mie camere, e per la prima volta nella mia vita ho dimandato allo specchio una parola di conforto.
"Il risultato di questo supplizio tu lo conosci: ho cessato di frequentare la casa ove avrei incontrato quella creatura. Ho cessato di veder te, perchè non avrei resistito alla tentazione di chiedertene notizie. E d'altra parte tu avresti indovinato il mio segreto; ora poi che io mi lusingava di guarire dal mio delirio, parevami che ove qualcuno, fosse anche il migliore dei miei amici, avesse potuto guardare nel mistero del mio povero cuore, io sarei stato impotente a sanarlo.
"Non ti dirò quanto io abbia sofferto fino ad oggi: non ti dirò quanto io soffra tuttavia; nè come il primo soffio di questa fatale passione venisse a ridestare nel mio seno gli entusiasmi dei primi anni; nè come poche ore dopo soltanto si tramutasse in fuoco insaziabile. È tutt'oggi ch'io mi torturo senza pietà; vorrei piangere molto, e non trovo una lagrima. Non so perchè; ma in mezzo a questa disperanza senza fine, odo talvolta come delle voci che mi ripetono accenti d'amore, e promesse ineffabili; e tutto ciò mi suona improntato a melanconia, come una gioja severa che si accompagni col dolore, ed abbia la stessa sorgente del pianto.
"Ho dei momenti in cui sembro un fanciullo, e vorrei levar dal sepolcro la mia povera nonna per appoggiare sulle sue ginocchìa il mio capo e sognare ad occhi aperti.
"Altre volte inferocisco; passeggio a gran passi, smaniando, e per disfogare il dispetto, tengo il broncio a Charruà.--Povero Charruà! Sono alcune notti ch'egli veglia al mio capezzale. Gli ho detto di dormire, ma non ha voluto darmi retta; ho dovuto mandarlo via dalla mia camera; ma quando credeva ch'io dormissi, ritornava sulle punte dei piedi, mi guardava con tenerezza e si allontanava crollando il capo senza far più rumore d'uno spettro.
"Eccoti il mio segreto. Giudica tu mio buon amico se io meriti compianto o rimprovero.
"Sarei venuto io stesso, ma ho pensato che scrivendoti avrei avuto più coraggio, ed ho scelto questo partito.
"Lo vedi; io sono stremato di forze, il mio animo è fiacco. Perdonami. Una sola parola a Charruà, ed io verrò."
--Farò di meglio, pensai dentro di me, andrò io stesso; e fatto cenno a Charruà che durante tutto quel tempo s'era rimasto immobile e pensieroso, uscimmo.