Читать книгу Due amori - Farina Salvatore - Страница 8
III.
ОглавлениеEgli era meco. Ma posso io dire che egli fosse ancora quel Raimondo d'una volta, il collegiale taciturno e severo, ma ad ora ad ora confidente ed entusiasta? Io cercavo indarno sotto la sua nera barba le note linee di quel volto pallido ed affilato--il suo sguardo era sempre mesto, ma avea perduto quel fuoco che irraggiava a sprazzi vivissimi di luce la sua testa. Ov'erano quelle espansioni ingenue d'una volta, e quel tenero e soave raccoglimento alle speranze?
--Quanto siamo mutati! mi disse egli un giorno fissandomi in volto impensierito.
--Tu più di me, gli risposi.
--Lo credi. Ma provati a rimontare la corrente degli anni e non t'incresca di rovistare nelle ceneri di quello che fu già di te medesimo.
--Ho paura di farlo.
--Hai ragione, le sono ubbie. Il tempo fa il suo mestiere. Oggi abbiamo i peli sul mento; fra una ventina d'anni saremo canuti--ed ecco la vita.
--L'anima sola non muta, aggiunsi tocco melanconicamente dalle sue parole.
--L'anima!.... ripetè distratto. Tu ci credi....
Fui atterrito da questo dubbio.
--Ma che cosa dunque è avvenuto dentro di te? Qual terribile urto ha spezzato la tua fede così salda?
--La mia fede! So d'averne avuto una. V'è un'età nella vita in cui si è fanciulli; allora è un bisogno; si guarda il cielo, si vedono le stelle, si respira il profumo dei fiori, si è ignari del resto, e si crede.
Quel giorno non parlammo più oltre.
Quando fui solo, ricordando Raimondo e i nostri anni di collegio, fui tratto a pensare ad Eugenio. Egli si era recato da qualche anno a Roma per perfezionarsi nell'arte del disegno, e vi aveva fama di buon pittore. Gli scrissi una lunga lettera e gli palesai, come la fantasia me lo raffigurava, lo stato dell'anima di Raimondo, i suoi dubbii, le sue ansie. Ma non osai dirgli come io lo credessi tanto mutato da essere fatto insensibile all'affetto; non osai dirgli, e non osavo dirlo a me stesso, come io riputassi affievolita d'assai nel suo cuore quell'amicizia che già ne aveva uniti così teneramente.
Quand'ebbi chiuso quel foglio, lo rimirai buona pezza in silenzio. E in un momento di terribile scetticismo temetti anche d'Eugenio.
Che importa egli mai l'aversi ricambiato un saluto ogni mese, se due cuori han cessato di battere vicini da gran tempo? Ahimè! cotesto è il destino delle amicizie strette nell'infanzia. Ci separiamo fra le lagrime, e portiamo scolpita nel petto l'immagine diletta; il tempo ci trasforma e ci guasta, ma quell'immagine non ci abbandona giammai. Di tal guisa noi viviamo in qualche parte la vita d'allora, e alimentiamo col pensiero il nostro affetto. Ma nissuno di noi pensa che l'oggetto del nostro amore non è più; e che la pallida larva che avanza è menzognera. Però se egli avviene che i cadaveri si scontrino per via, e non si riconoscano, e ricordino appena d'essersi amati molto, allora essi scuotono il capo sfiduciati e si chiamano ingrati a vicenda.